Erano spesso
manciate di case sparse all'interno o lungo le coste: oggi, i centri storici
e i nuclei tradizionali, assediati dalle nuove costruzioni, conservano
intatto il fascino del tempo.
Si dice che il Sud
è la terra della relatività. Di fatto, gli uomini in queste
terre hanno, sviluppato in modo particolare il senso dell'individualismo,
derivante non da sentimenti di egoismo, ma dalla convinzione che la
coscienza individuale abbia priorità sull'autorità esterna;
e, con esso, strettamente complementare, è proprio dei meridionali
il senso della solidarietà, che ha dato coesione ed unità
alle comunità: individualismo e solidarietà, in fondo,
hanno consentito la sopravvivenza contro una storia assai più
tragica che grande (non solo sopravvivenza fisica; ma anche di lingue,
tradizioni, usi e costumi, riti, letteratura e arte).
Come spiegarsi diversamente l'esistenza, ad esempio, dei nuclei urbani,
o meglio, "paesani ", che formano oggi, in mezzo al dilagare
delle costruzioni moderne, diversificate nel gusto e nello stile, dei
centri storici meridionali? Fu il sentimento collettivo della solidarietà,
della necessità di una difesa comune, e della comune necessità
a spingere gli uomini a costruire case accanto a case, addossate, strette,
interconnesse, e molto spesso intercomunicanti fra loro; e fu per le
medesime ragioni che nacquero, magnifica invenzione delle genti del
Sud, le " corti ", generalmente ad angolo tondo, cioè
ad arco, più spesso mimetizzate da ingressi a rettangolo, angusti,
con gli slarghi all'interno, in cui le case formavano un vicolo cieco
e avevano assai frequentemente un'uscita posteriore, che sboccava su
altre vie o su altre piazze, lontane rispetto all'ingresso della "
corte ", che consentivano una fuga o una salvezza in caso di pericolo.
Potevano essere difese ad oltranza, le corti dalla stretta imboccatura,
e da pochi uomini validi: una specie di accordo silenzioso dettò
questo tipo di architettura spontanea, che diede una impronta originale
all'urbanistica popolare meridionale: quella dei paesi che si affacciano
sul mare, mete di sanguinose scorrerie piratesche (e dunque difesi da
muraglie che in realtà poi si dimostravano di scarsa consistenza,
basse com'erano, spesso improvvisate dagli stessi abitatori del luogo;
più tardi precedute dalle torri di vedetta, dalle quali si comunicava
l'imminenza o l'incombenza del pericolo; e infine seguite, per le città
di maggior rilevanza e più esposte alle incursioni, da vere e
proprie cinte murarie o da poderosi complessi di difesa, come nel caso
di Pizzo Calabro, o, per il Salento, di Otranto, che ha imponenti bastioni
all'esterno della città vecchia, o da Gallipoli, con il castello
fortificato che fu superato militarmente solo con l'avvento delle artiglierie
pesanti e delle nuove tecniche d'assedio e di guerra).
Dentro a queste mura, stradette tortuose (è sempre l'architettura
spontanea che detta le sue leggi urbanistiche); e case dai minuscoli
ingressi, con le finestrelle protette dalla " croce " di ferro;
e lazzaretti, porticati, labirinti segnati ai margini dalle chiese del
quartiere, e piccole piazze solitarie ove i terraggeri, a bocca larga,
decidevano le loro liti; e poi la chiesa grande, o matrice, che insieme
con i palazzi gentilizi formava il punto di riferimento della vita pubblica,
civile e religiosa, economica e politica.
A ripercorrerli, oggi, questi centri innumerevoli danno l'impressione
di una calma cortese e al margine del tempo. La vita che ancora si vive,
all'interno, quando non siano stati abbandonati dalle migrazioni fulminee
e totali, o dagli spostamenti verso la costa (quelle migrazioni di tipo
diverso, che portavano a qualche chilometro di distanza, alla fondazione
di " doppioni " di paesi, alle " marine ", alle
vere e proprie "città nuove "), la vita che si vive
dentro, dicevo, porta con sé come il tepore dei secoli: il culto
per l'antico, un moderato desiderio del nuovo, la semplicità
e l'orgoglio, solide virtù e durevoli passioni. Più marcato,
tutto questo, nei paesi dell'interno, nei quali l'impatto del turismo,
con la sua carica sconvolgente, e molto spesso con la sua forza dirompente,
non ha conosciuto una sola stagione. Lì, allora, il tempo sembra
essersi fermato, o scorre con un ritmo proprio, così lento da
non esser percettibile, come a confermare l'assunto secondo il quale,
se l'ambizione del nostro Paese è quella di esser compreso, quella
del Sud è di essere vero.
Una terra verde di speranza e rossa di solitudine. Tra le vie e nelle
piazze dei paesi spontanei, volti aperti scarni franchi: è la
terra in cui il vomere è ancora strumento di lavoro, e strumento
di lavoro sono le coralline, le lampare, il traino, la zappa, lo scalpellino:
e la scienza meccanica e di precisione sembra una scienza d'un altro
pianeta. E questi occhi vivi degli uomini e delle donne: questi occhi
allegri dei bambini di una terra storicamente infelice; questi linguaggi
di parole strette ma dai significati infiniti. Le parole del Sud: una
terra che si prende per amore.
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