§ Viaggio attraverso l'architettura spontanea

Bianchi paesi del Sud




Vittorio A. Stagno



Erano spesso manciate di case sparse all'interno o lungo le coste: oggi, i centri storici e i nuclei tradizionali, assediati dalle nuove costruzioni, conservano intatto il fascino del tempo.

Si dice che il Sud è la terra della relatività. Di fatto, gli uomini in queste terre hanno, sviluppato in modo particolare il senso dell'individualismo, derivante non da sentimenti di egoismo, ma dalla convinzione che la coscienza individuale abbia priorità sull'autorità esterna; e, con esso, strettamente complementare, è proprio dei meridionali il senso della solidarietà, che ha dato coesione ed unità alle comunità: individualismo e solidarietà, in fondo, hanno consentito la sopravvivenza contro una storia assai più tragica che grande (non solo sopravvivenza fisica; ma anche di lingue, tradizioni, usi e costumi, riti, letteratura e arte).
Come spiegarsi diversamente l'esistenza, ad esempio, dei nuclei urbani, o meglio, "paesani ", che formano oggi, in mezzo al dilagare delle costruzioni moderne, diversificate nel gusto e nello stile, dei centri storici meridionali? Fu il sentimento collettivo della solidarietà, della necessità di una difesa comune, e della comune necessità a spingere gli uomini a costruire case accanto a case, addossate, strette, interconnesse, e molto spesso intercomunicanti fra loro; e fu per le medesime ragioni che nacquero, magnifica invenzione delle genti del Sud, le " corti ", generalmente ad angolo tondo, cioè ad arco, più spesso mimetizzate da ingressi a rettangolo, angusti, con gli slarghi all'interno, in cui le case formavano un vicolo cieco e avevano assai frequentemente un'uscita posteriore, che sboccava su altre vie o su altre piazze, lontane rispetto all'ingresso della " corte ", che consentivano una fuga o una salvezza in caso di pericolo. Potevano essere difese ad oltranza, le corti dalla stretta imboccatura, e da pochi uomini validi: una specie di accordo silenzioso dettò questo tipo di architettura spontanea, che diede una impronta originale all'urbanistica popolare meridionale: quella dei paesi che si affacciano sul mare, mete di sanguinose scorrerie piratesche (e dunque difesi da muraglie che in realtà poi si dimostravano di scarsa consistenza, basse com'erano, spesso improvvisate dagli stessi abitatori del luogo; più tardi precedute dalle torri di vedetta, dalle quali si comunicava l'imminenza o l'incombenza del pericolo; e infine seguite, per le città di maggior rilevanza e più esposte alle incursioni, da vere e proprie cinte murarie o da poderosi complessi di difesa, come nel caso di Pizzo Calabro, o, per il Salento, di Otranto, che ha imponenti bastioni all'esterno della città vecchia, o da Gallipoli, con il castello fortificato che fu superato militarmente solo con l'avvento delle artiglierie pesanti e delle nuove tecniche d'assedio e di guerra).
Dentro a queste mura, stradette tortuose (è sempre l'architettura spontanea che detta le sue leggi urbanistiche); e case dai minuscoli ingressi, con le finestrelle protette dalla " croce " di ferro; e lazzaretti, porticati, labirinti segnati ai margini dalle chiese del quartiere, e piccole piazze solitarie ove i terraggeri, a bocca larga, decidevano le loro liti; e poi la chiesa grande, o matrice, che insieme con i palazzi gentilizi formava il punto di riferimento della vita pubblica, civile e religiosa, economica e politica.
A ripercorrerli, oggi, questi centri innumerevoli danno l'impressione di una calma cortese e al margine del tempo. La vita che ancora si vive, all'interno, quando non siano stati abbandonati dalle migrazioni fulminee e totali, o dagli spostamenti verso la costa (quelle migrazioni di tipo diverso, che portavano a qualche chilometro di distanza, alla fondazione di " doppioni " di paesi, alle " marine ", alle vere e proprie "città nuove "), la vita che si vive dentro, dicevo, porta con sé come il tepore dei secoli: il culto per l'antico, un moderato desiderio del nuovo, la semplicità e l'orgoglio, solide virtù e durevoli passioni. Più marcato, tutto questo, nei paesi dell'interno, nei quali l'impatto del turismo, con la sua carica sconvolgente, e molto spesso con la sua forza dirompente, non ha conosciuto una sola stagione. Lì, allora, il tempo sembra essersi fermato, o scorre con un ritmo proprio, così lento da non esser percettibile, come a confermare l'assunto secondo il quale, se l'ambizione del nostro Paese è quella di esser compreso, quella del Sud è di essere vero.
Una terra verde di speranza e rossa di solitudine. Tra le vie e nelle piazze dei paesi spontanei, volti aperti scarni franchi: è la terra in cui il vomere è ancora strumento di lavoro, e strumento di lavoro sono le coralline, le lampare, il traino, la zappa, lo scalpellino: e la scienza meccanica e di precisione sembra una scienza d'un altro pianeta. E questi occhi vivi degli uomini e delle donne: questi occhi allegri dei bambini di una terra storicamente infelice; questi linguaggi di parole strette ma dai significati infiniti. Le parole del Sud: una terra che si prende per amore.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000