Giorgio Orefice




Aldo Bello



Orefice costituisce un esempio, forse fra i più probanti, della possibilità di riscattare la tela dai condizionamenti epidermici della realtà esterna. Non è che la sua arte sia intellettualizzata al punto da costituire un ambiguo enigma, o, un ermetico incrocio di sciarade. E' che etica ed estetica procedono su binari paralleli, e nel suo caso le ragioni dell'una e dell'altra sono reciprocamente vincolate. Questo pittore, dunque, che non appare minimamente interessato all'accidentalità degli esempi minori, è attratto - per converso, e in sommo grado - da un teatro umano problematico, che vede in lui stesso un regista coerente e crudele, che sonda i lati in ombra della vita e dei suoi codici di comportamento. Ecco il phylum conduttore di un originale impegno artistico, che ha steccati storici e latitudinali accertati, una psicologia individuale, e di conseguenza una logica pittorica emblematica.

Abbiamo scritto in un'altra occasione che il suo peccato originale si chiama Sicilitude, cioè una condizione che è, prima di ogni altra cosa, una inquietante disposizione critica di fronte alle cose del mondo, ma anche la capacità oggettiva di tradurre l'ispirazione in opere sospese tra il reale e il magico (il primo Orefice, quello dei paesaggi senza tempo e senza finestre, o solo con progetti di alte finestre; e case come piramidi sghembe, addossate quasi fossero in stato di assedio - nemica è la storia - incomunicanti con l'esterno); tra il reale e il mitico (l'altro Orefice, quello delle figure femminili, la cui anatomia in parte sezionata, in parte desublimata da straordinari innesti meccanici, polemicamente smorza l'illusorio splendore delle forme, anticipando temi di un dibattito civile che è proprio dei nostri giorni); e infine tra il reale e il non-reale: Orefice di oggi, cioè l'Orefice di questa impietosa spogliazione formale, né paesaggio, né natura morta, né puro e semplice segno tecnico: ma forse tutto questo insieme. L'artista trasferisce al colore, al suo giuoco apparentemente semplice, alle misurate scansioni sulla tela, il compito di rimarcare gli elementi di una nuova esplorazione, i fermenti di una ricerca e di una problematica già arricchiti di una matura esperienza, e che sono, alla resa dei conti, la lezione pittorica nella quale ci sono tutta la tensione artistica e culturale, e tutta la dimensione umana - difficile da cogliere se non in particolari momenti: Orefice è uomo di schivo pudore coranico - di questo pittore.


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