Ancora oggi sopravvivono,
nei nove paesi della Grecia salentina, credenze che risalgono nel tempo:
ne elenchiamo le più note, quelle che sono rimaste usuali nel linguaggio
e nei comportamenti dell'" énclave " dell'estrema penisola
italiana.
Formano l'isola
grecanica del Salento nove paesi: Castrignano dei Greci, Corigliano
d'Otranto, Melpignano, Martano, Martignano, Sternatia, Soleto, Zollino
e Calimera. Proprio Calimera può essere considerata la capitale
di questa splendida " énclave ". Sono paesi ancora
oggi bilingui, malgrado l'irruzione dell'italiano radiotelevisivo e
malgrado l'evoluzione dei tempi. Tipico il paesaggio: paesi di case
bianche, a uno o a due piani; vie strette, linde, fiori alle finestre
basse, comunità solidali, comportamenti pressoché analoghi;
e tutt'intorno, campagne riarse, colture resistenti alle fortissime
calure, appena attenuate da recenti sistemi di irrigazione. Dato comune,
un'economia che stenta a venir fuori dalla dimensione agricolo-artigianale,
poiché questi centri sono lontani dalle grandi vie di comunicazione
e dai grandi complessi urbani, e perché il mare (un giorno addirittura
nemico) non dà un reddito e non garantisce (o non garantisce
più) sbocchi commerciali e stabili " autostrade d'acqua
".
Nove paesi. Scrive Angiolino Cotardo, e - ospite - raccontava ai greci
di Atene: " Pellegrini e monaci orientali, i Calogeri, i cosiddetti
monaci di San Basilio, oltre che continuare la cultura classica e bizantino-cristiana,
crearono in queste terre - forse abitate da antiche colonie greche rimaste
come ultimi relitti di un'epoca gloriosa dell'Italia meridionale - strade,
romitaggi, chiese e cripte, conventi, abbazie, le cui rovine ancor oggi
attestano un passato eminentemente civile, quando ancora in altri luoghi
regnava la barbarie. In questo ambiente, rapidamente tracciato, come
in cerchio, sorgono i nove comuni della Grecia Salentina ".
Aggiunge Cotardo che i quartieri vecchi di questi paesi bilingui conservano
ancora la caratteristica architettura ellenica: casette bianche ad un
piano, con la volta a tetto o in pietra e con una finestrella che dia
aria all'interno. Sulla strada si apre un piccolo cortile con tutt'intorno
sedili di pietra, vasi di fiori, e, dietro la casa, l'orto o il giardinetto,
con erbe aromatiche, piante di garofani e quasi sempre qualche alberello,
che la tradizione consiglia alla giovanetta di piantare nel giorno del
suo primo incontro con il fidanzato, quale oroscopo perfetto della sua
felicità.
A proposito di tradizioni, di riti, di credenze nella Grecia salentina,
ve ne sono molti sopravvissuti al tempo e alla trasformazione direi
quasi naturale dei costumi. Ne elenchiamo i più usuali, facendo
riferimento a quanto riferito dal Cotardo: le vecchie case dei contadini
e le stalle vengono preservate dalle streghe e dagli spiriti malefici
da un paio di corna di bue, poste all'esterno sulle porte d'ingresso,
" come talismano zoologico, per impedire la loro malvagia influenza
sulle persone e sulle bestie ". Inoltre, racconta Cotardo, potere
curativo e terapeutico hanno alcune piante, come il timo per la forza
antistregatoria, l'alloro che preserva dai fulmini, la ruta che previene
e mirabilmente cura i mali, anche quelli prodotti da influenze sinistre.
Si teme l'azione nefasta del malocchio, si crede alle fattucchiere:
costituisce cattivo augurio il versarsi dell'olio d'oliva sulla tavola
dove si sta desinando, il collocare due oggetti in forma di croce, lo
spegnersi improvviso della lampada votiva senza alcuna causa, il lasciare
dei fiori sul letto.
Cotardo elenca poi gli amuleti caratteristici: il ferro di cavallo,
le forbici, la falce e la scopa contro le streghe, per preservare i
bambini dai loro malefizi. Forma scongiuratoria hanno alcuni frammenti
di pietre, " le cui virtù magiche, trasferendosi nell'organismo
umano, per via di contatto, comunicano la loro durezza. E' il caso del
pezzettino di selce che la donna incinta appende alla giarrettiera fino
al parto, perché la difenda dagli aborti e le assicuri un parto
felice. Così i cornetti e i coralli rossi che la mamma mette
,attorno al collo e al polso del poppante per evitare che le streghe,
durante la notte, soffochino i bambini attaccati alle poppe materne
".
Altre caratteristiche magiche mette il rilievo il fenomeno del tarantolismo,
Che colpisce le persone morsicate da una fantomatica tarantola. Per
guarire dalle crisi isteriche, oltre la coreutica, simile alle danze
delle Menadi nei riti orfici e dionisiaci, unico rimedio è l'acqua
del pozzo della chiesa galatinese di San Paolo. " Le pie donne
che fanno germogliare il grano o altra erba nei piatti o in altri recipienti,
che poi ornano con fiori, e che portano per devozione in chiesa il giovedì
santo, per il Sepolcro di Cristo, oltre che celebrare l'inizio della
bella stagione, credono, secondo un rito antichissimo, di trasferire
l'energia vegetativa di queste piante a quelle già germogliate
nei campi. L'usanza della cuddhura (ciambella simile a un tarallo con
uova sode) che il fidanzato offre alla fidanzata in occasione della
Pasqua, ci fa ricordare l'antica credenza presso tutti i popoli di tutte
le epoche nel simbolo della fecondità dell'uovo ".
Infine, i riti funerari della madre Grecia sopravvivono ancora in parte
nelle credenze popolari degli abitanti della Grecia salentina. Secondo
gli studi di Cotardo, lo testimoniano le credenze in Caronte, che è
nominato nelle invettive e nelle " frasi a spauracchio ",
quelle nel Fato, nel mito del Tempo e delle Stagioni, nella concezione
pessimistica dell'Ade, nelle tristi nenie che le prefiche cantano intorno
al morto per elogiarne le opere e per far partecipare alla loro commozione
famigliari e amici presenti. Scrive l'autore: " La scena è
così drammatica, le nenie funebri, sono così acute, stilizzanti,
pungenti, che si ha l'impressione di rivivere il passato classico e
tanti secoli di Cristianesimo non sono riusciti a sradicare tali concezioni
mitiche e pagane. E conclude: Le giovani d'oggi, forse per risultanza
a costumi che potrebbero discordare con la civiltà moderna, sembrano
respingere queste cerimonie già religiosamente conservate dalle
loro nonne e dalle loro madri; ma quando si trovano nella casa del defunto,
si sentono anch'esse invasate dalla tradizione, e con il vigore dei
loro giovani anni cantano, battono i piedi in cadenza, gesticolano col
fazzoletto, per sfogarsi in quella emozione collettiva e in quella scena
così drammatica. La loro modernità si sfalda, la saggezza
delle loro mamme e delle loro nonne le ha ripigliate, niente esitazione,
nessuna vergogna per queste tradizioni millenarie. Cedono al loro parossismo
soltanto alla presenza del sacerdote, che sostituisce l'antico culto
matriarcale con quello cristiano. Subito dopo il mondo circostante le
fa ritornare in sé, come se fossero uscite da un incubo, da uno
stato di semincoscienza, nel quale erano cadute in preda al fascino
della tradizione e della razza, e ritrovano il mondo dei loro interessi
presenti ".
Senza dubbio, dunque (e non si può non condividere l'opinione
del nostro studioso), la modernità ha fatto presa sulla vita
e sul costume dei greco-salentini, ma nei momenti essenziali della vita,
la tradizione riprende il sopravvento, " perché mille legami
la richiamano al passato e rinchiudono l'individuo in un cerchio di
ferro ".
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