Unificare gli obiettivi di politica monetaria




Guido Carli
Presidente Confindustria




Io credo che nel caso dell'Italia gli impulsi inflazionistici siano essenzialmente endogeni. I contratti di lavoro in corso di negoziazione costituiranno certamente un elemento determinante. Conviene chiedersi se la nostra partecipazione al Sistema Monetario Europeo non implicherebbe da parte nostra l'accettazione degli stessi obiettivi intermedi di politica monetaria degli altri paesi, cioè il controllo della massa monetaria, quindi una politica monetaria meno accomodante. Se ciò venisse accettato, che conseguenze produrrebbe? Di norma, quando, i contratti si concludono con aumenti non conciliabili con la stabilità, comunque con il tasso d'inflazione a cui viene commisurata la massa monetaria, l'aggiustamento si fa dal lato dell'occupazione. Attualmente, l'obiettivo intermedio della politica monetaria è quello stabilito nella lettera d'intenti al Fondo Monetario del 1974 , ossia il contenimento del credito totale interno. La qual cosa ha una doppia motivazione: la prima, di collegare più direttamente la variazione delle attività finanziarie alla variazione del saldo della bilancia dei pagamenti; la seconda, di non vincolare nell'interno delle attività finanziarie quelle rappresentate da moneta o quasi moneta, esigenza maggiormente avvertita in Paesi nei quali si debba condurre una politica di amministrazione del debito pubblico. Altrimenti, in assenza della possibilità di aggiustare la quantità di moneta, tutto l'aggiustamento si fa sul tasso di interesse. Il mondo produttivo teme questo evento.
Entrando nello Sme, si pone l'esigenza di unificare gli obiettivi di politica monetaria. Se però i contratti che si stipuleranno indurranno aumenti di costi salariali eccedenti quelli finanziabili sulla base della massa monetaria che verrebbe creata, l'aggiustamento si farà dal lato dell'occupazione.
L'altro elemento di tensione nel sistema risiede nella circostanza che nel nostro paese, dal '60 a oggi, il reddito interno del lavoro dipendente per occupato, fatto 100 il livello del 1960, è salito oggi a 262 nell'Industria, a 410 nell'Agricoltura, a 153 nella Pubblica Amministrazione: quindi non possiamo non attenderci tensioni da quest'ultimo settore nel corso dell'anno.


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