Un anno preoccupante




Giorgio Benvenuto
Segretario nazionale Uil




Il 1979? Lo vedo con grande preoccupazione: è un anno di estrema importanza, ma ricco di difficoltà. Visto che come sindacalista penso di non dover fare solo l'indovino, non esito a dire che il '79 potrà essere buono o cattivo, anche in relazione a quello che noi sapremo fare. Come movimento sindacale, come Uil, posso assicurare che noi faremo tutto il possibile perché non si avverino le previsioni di aggravamento della crisi: i Sindacati lavoreranno, anzi, per far uscire dalla congiuntura economica sfavorevole il Paese. C'è poi il problema dell'unità sindacale. A questo proposito bisogna mettere i piedi per terra, essere meno retorici ed affrontare il vero problema che non è tanto quello della unità fra Cgil, Cisl, Uil. Il rapporto unitario fra le tre organizzazioni c'è, anche se è necessario che questo rapporto si realizzi valorizzando sempre più i singoli apporti, le singole esperienze, i singoli patrimoni. Il grosso problema, dicevo, non è tanto quello di essere d'accordo fra di noi, che è pure importante, ma è quello di realizzare l'accordo nel Paese, fra Nord e Sud, fra chi lavora e chi è emarginato, di realizzare una unità nostra con i giovani. La mia più grande preoccupazione è questa: che nel momento in cui in Italia c'è più unità a livello politico e al livello sindacale, questa unità non corrisponda poi ad una unità reale, sostanziale nel Paese. Ne sono un riscontro i fenomeni dell'autonomismo, della emarginazione, della contestazione. Il vero problema del '79 sarà proprio quello di ricostruire l'unità del Paese, e questa unità non passa attraverso l'unanimismo.

Come problema più grave, più difficile da risolvere, quello dei giovani: di dare loro cioè delle prospettive serie, che consentano loro di contare nel Paese. I giovani non possono più stare ad aspettare. Io sono convinto che debba cambiare anche il gruppo dirigente italiano che ha fatto tutte le politiche, da quelle del '45 a quelle del '47, a quelle degli anni '50 prima, e '60 poi. Forse, cambiando la classe politica dirigente, saremo più credibili anche per i giovani, verso i quali dobbiamo smettere di fare alternativamente discorsi paternalistici e repressivi. Ecco, quello dei giovani è insieme il problema più grave ed urgente. Una questione che ha poi tanti nomi (giovani, donne, emarginazione, disoccupazione, Mezzogiorno), ma una stessa sostanza. Il problema di assicurare un futuro a tutte le categorie che oggi non I' anno, a tutti coloro che sono tagliati fuori dalla vita sociale, dalla vita politica ed economica del nostro Paese. Dobbiamo dare una possibilità concreta, e non solo parole, a chi non ne ha mai avuta e sta perdendo la speranza di averne. Risolvere questo problema non significa privilegiare alcune categorie rispetto ad altre, ma consentire la ripresa di tutto il Paese.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000