§ Culti e miti del Salento

La leggenda di Cesārea




Romana Turchini



La vicenda che portò alla santificazione della giovane sfuggita alla violenza del padre collocata nell'area adriatica termale. Ma c'è chi la vuole spostata sull'altro versante, quello ionico, a Porto Cesareo. Le ragioni dei sostenitori delle due ipotesi.

La leggenda vuole che una giovane, di nome Cesàrea, per sfuggire alle insane voglie del padre, fuggi via, gettandosi nelle grotte che si aprivano sul mare. Per questo suo sacrificio, la giovane vergine divenne Santa. Anche il disonesto genitore cadde nelle grotte, mentre la inseguiva. Rimasto ucciso, dal terreno, imputridito dal suo cadavere, sgorgarono le fonti delle acque sulfuree. Dunque, si tratta dell'area di Santa Cesarea Terme.
La leggenda ha tutta una serie di varianti ma il nocciolo rimane sempre lo stesso. Il problema, posto da diversi studiosi, è un altro, e può riassumersi nella domanda: si tratta di Santa Cesarea Terme e delle sue notissime grotte sulfuree, oppure questa leggenda va collocata sul versante salentino opposto, quello occidentale, nell'area di Porto Cesareo, e in grotte, spelonche o sprofondi esistenti in questa parte della fascia salentina?
Occorre premettere innanzitutto che la leggenda della giovane Cesarea è, quasi senza esclusione, ritenuta da tutti gli studiosi una trasformazione, o meglio, un adattamento, in epoca cristiana, di un precedente mito, quello dei giganti Leuterni. Questi, secondo la tradizione pagana, cacciati da Ercole dalle terre di Campania, percorsero un lungo tragitto in direzione del sole sorgente, e giunsero in vista dell'Adriatico, scegliendo per rifugio le grotte di Santa Cesarea Terme. Qui, tuttavia, ancora una volta raggiunti da Ercole, sarebbero stati tutti uccisi: e dal terreno, reso putrido dai loro corpi in decomposizione, avrebbero -avuto origine quelle che sono le odierne sorgenti di acque sulfuree della città termale.
In realtà, non esiste memoria e non c'è notizia storica di una Santa Cesarea nella Penisola Salentina. L'unica Cesarea ;santa fu francese, della città di Arles, sorella di San Cesario, monaca, poi badessa, morta, pare, intorno al 524. Che il culto di questa Santa si sia diffuso e abbia raggiunto la Penisola Salentina non è proprio da escludere. In questo caso, non ci sarà stata alcuna difficoltà ad inserire il culto della Santa di Arles nell'ambiente locale, culto ovviamente adattato al nuovo ambiente. Il problema di fondo resta sempre quello posto dalla prima domanda, poi proiettato in una seconda: il culto si è diffuso da Santa Cesarea Terme a Porto Cesareo, oppure ha percorso la via inversa?
Secondo Mario Moscardino, la leggenda iniziale va ubicata nell'area ionica, a Porto Cesareo, fino a non molto tempo fa (e da secoli) dipendenza di Nardò. Le ragioni, in base alle quali Moscardino sosteneva la direttrice da Porto Cesareo a Santa Cesarea Terme del culto di Cesarea, si possono così riassumere: l'attuale Porto Cesareo, nell'epoca romana imperiale, sarebbe stata la città di " Cesarea " (avendo preso il nome dall'imperatore Cesare Augusto); proprio in questa città si sarebbe tenuta in onore una dèa pagana di nome Cesarea; con la venuta del Cristianesimo, il riadattamento del culto: la venerazione della dèa pagana si sarebbe semplicemente trasformata nel culto di una Santa cristiana, sulla scorta di quanto era accaduto altrove, e molto più spesso di quanto sia possibile credere.
Da qui, garbate polemiche e discussioni che, tuttavia, non sono ancora concluse, né conclusive. Le ragioni di chi sostiene l'area adriatica come punto di partenza del mito di Cesarea si fondano sulla tradizione orale e scritta salentina; sulla grandiosità delle grotte termali di Santa Cesarea Terme, note anche nell'antichità, tant'è che furono citate anche da Aristotele, nel quinto secolo avanti Cristo; sul fatto che nell'area di Porto Cesareo non esistono grotte delle maestose dimensioni di quelle termali adriatiche; sulla leggenda di Ercole che uccide i giganti Leuterni, rifugiatisi nell'area dell'attuale Santa Cesarea Terme; sull'inesistenza di una tradizione che parli di una dèa pagana di nome Cesarea; infine, sulle notizie del De Ferrariis Galateo, notizie che riportiamo dal " De situ Japygiae ". Dice il testo, nella traduzione di Gabriella Miccoli: " Quindi si trova Castro, città vescovile: a due miglia da essa sorge un tempio, il secondo dedicato a Santa Cesarea. Nei pressi del tempio c'è una sorgente di acqua calda, salutare, a quanto ci insegna l'esperienza, per parecchie malattie. La sorgente è in una grotta in cui non si può accedere se non dagli scogli a picco sul mare, per mezzo di tavole sospese a mo' di ponti: ciò avviene una volta l'anno, a maggio. Gli abitanti del luogo raccontano che in questa grotta si nascose Santa Cesarea per sfuggire all'ira del padre ed alcuni di loro assicurano di aver visto lì la Santa con una lampada in mano. Ci si può avvicinare alla grotta soltanto quando il mare è calmo; si dice che una volta, durante una tempesta scoppiata all'improvviso, una madre atterrita abbandonò lì il figlio che, secondo la tradizione, fu allevato per un anno dalla Santa. C'è un mio inno in versi saffici e adonici dedicato a Lei che comincia così: ' La Santa, nascondendosi nelle latebre profonde... '; i poeti raccontano che i Giganti, dopo che furono scacciati dai Campi Flegrei, si rifugiarono qui. Da questo punto a Otranto c'è una distanza di sei miglia. C'è poi, a quattro miglia da Otranto, una vallata, piccola ma assai ridente, coltivata ad ulivi, solcata da ruscelli, chiamata Pomario dagli abitanti. Forma un porto detto Vadisco (Badisco) per la sua modestissima dimensione, nel quale possono sostare soltanto imbarcazioni piccole... ". Dunque, il culto di Santa Cesarea era abbastanza vivo nella fascia adriatica, se il Galateo cita il tempio esistente nell'area: è da qui, sostengono quanti ipotizzano questa località come fulcro del mito, che si è mosso il culto stesso; ed è da qui che, attraverso il centro del Salento, ha poi raggiunto l'area ionica di Porto Cesareo, che allora si chiamava ancora Cesarea.


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