La vicenda che
portò alla santificazione della giovane sfuggita alla violenza
del padre collocata nell'area adriatica termale. Ma c'è chi la
vuole spostata sull'altro versante, quello ionico, a Porto Cesareo. Le
ragioni dei sostenitori delle due ipotesi.
La leggenda vuole
che una giovane, di nome Cesàrea, per sfuggire alle insane voglie
del padre, fuggi via, gettandosi nelle grotte che si aprivano sul mare.
Per questo suo sacrificio, la giovane vergine divenne Santa. Anche il
disonesto genitore cadde nelle grotte, mentre la inseguiva. Rimasto
ucciso, dal terreno, imputridito dal suo cadavere, sgorgarono le fonti
delle acque sulfuree. Dunque, si tratta dell'area di Santa Cesarea Terme.
La leggenda ha tutta una serie di varianti ma il nocciolo rimane sempre
lo stesso. Il problema, posto da diversi studiosi, è un altro,
e può riassumersi nella domanda: si tratta di Santa Cesarea Terme
e delle sue notissime grotte sulfuree, oppure questa leggenda va collocata
sul versante salentino opposto, quello occidentale, nell'area di Porto
Cesareo, e in grotte, spelonche o sprofondi esistenti in questa parte
della fascia salentina?
Occorre premettere innanzitutto che la leggenda della giovane Cesarea
è, quasi senza esclusione, ritenuta da tutti gli studiosi una
trasformazione, o meglio, un adattamento, in epoca cristiana, di un
precedente mito, quello dei giganti Leuterni. Questi, secondo la tradizione
pagana, cacciati da Ercole dalle terre di Campania, percorsero un lungo
tragitto in direzione del sole sorgente, e giunsero in vista dell'Adriatico,
scegliendo per rifugio le grotte di Santa Cesarea Terme. Qui, tuttavia,
ancora una volta raggiunti da Ercole, sarebbero stati tutti uccisi:
e dal terreno, reso putrido dai loro corpi in decomposizione, avrebbero
-avuto origine quelle che sono le odierne sorgenti di acque sulfuree
della città termale.
In realtà, non esiste memoria e non c'è notizia storica
di una Santa Cesarea nella Penisola Salentina. L'unica Cesarea ;santa
fu francese, della città di Arles, sorella di San Cesario, monaca,
poi badessa, morta, pare, intorno al 524. Che il culto di questa Santa
si sia diffuso e abbia raggiunto la Penisola Salentina non è
proprio da escludere. In questo caso, non ci sarà stata alcuna
difficoltà ad inserire il culto della Santa di Arles nell'ambiente
locale, culto ovviamente adattato al nuovo ambiente. Il problema di
fondo resta sempre quello posto dalla prima domanda, poi proiettato
in una seconda: il culto si è diffuso da Santa Cesarea Terme
a Porto Cesareo, oppure ha percorso la via inversa?
Secondo Mario Moscardino, la leggenda iniziale va ubicata nell'area
ionica, a Porto Cesareo, fino a non molto tempo fa (e da secoli) dipendenza
di Nardò. Le ragioni, in base alle quali Moscardino sosteneva
la direttrice da Porto Cesareo a Santa Cesarea Terme del culto di Cesarea,
si possono così riassumere: l'attuale Porto Cesareo, nell'epoca
romana imperiale, sarebbe stata la città di " Cesarea "
(avendo preso il nome dall'imperatore Cesare Augusto); proprio in questa
città si sarebbe tenuta in onore una dèa pagana di nome
Cesarea; con la venuta del Cristianesimo, il riadattamento del culto:
la venerazione della dèa pagana si sarebbe semplicemente trasformata
nel culto di una Santa cristiana, sulla scorta di quanto era accaduto
altrove, e molto più spesso di quanto sia possibile credere.
Da qui, garbate polemiche e discussioni che, tuttavia, non sono ancora
concluse, né conclusive. Le ragioni di chi sostiene l'area adriatica
come punto di partenza del mito di Cesarea si fondano sulla tradizione
orale e scritta salentina; sulla grandiosità delle grotte termali
di Santa Cesarea Terme, note anche nell'antichità, tant'è
che furono citate anche da Aristotele, nel quinto secolo avanti Cristo;
sul fatto che nell'area di Porto Cesareo non esistono grotte delle maestose
dimensioni di quelle termali adriatiche; sulla leggenda di Ercole che
uccide i giganti Leuterni, rifugiatisi nell'area dell'attuale Santa
Cesarea Terme; sull'inesistenza di una tradizione che parli di una dèa
pagana di nome Cesarea; infine, sulle notizie del De Ferrariis Galateo,
notizie che riportiamo dal " De situ Japygiae ". Dice il testo,
nella traduzione di Gabriella Miccoli: " Quindi si trova Castro,
città vescovile: a due miglia da essa sorge un tempio, il secondo
dedicato a Santa Cesarea. Nei pressi del tempio c'è una sorgente
di acqua calda, salutare, a quanto ci insegna l'esperienza, per parecchie
malattie. La sorgente è in una grotta in cui non si può
accedere se non dagli scogli a picco sul mare, per mezzo di tavole sospese
a mo' di ponti: ciò avviene una volta l'anno, a maggio. Gli abitanti
del luogo raccontano che in questa grotta si nascose Santa Cesarea per
sfuggire all'ira del padre ed alcuni di loro assicurano di aver visto
lì la Santa con una lampada in mano. Ci si può avvicinare
alla grotta soltanto quando il mare è calmo; si dice che una
volta, durante una tempesta scoppiata all'improvviso, una madre atterrita
abbandonò lì il figlio che, secondo la tradizione, fu
allevato per un anno dalla Santa. C'è un mio inno in versi saffici
e adonici dedicato a Lei che comincia così: ' La Santa, nascondendosi
nelle latebre profonde... '; i poeti raccontano che i Giganti, dopo
che furono scacciati dai Campi Flegrei, si rifugiarono qui. Da questo
punto a Otranto c'è una distanza di sei miglia. C'è poi,
a quattro miglia da Otranto, una vallata, piccola ma assai ridente,
coltivata ad ulivi, solcata da ruscelli, chiamata Pomario dagli abitanti.
Forma un porto detto Vadisco (Badisco) per la sua modestissima dimensione,
nel quale possono sostare soltanto imbarcazioni piccole... ". Dunque,
il culto di Santa Cesarea era abbastanza vivo nella fascia adriatica,
se il Galateo cita il tempio esistente nell'area: è da qui, sostengono
quanti ipotizzano questa località come fulcro del mito, che si
è mosso il culto stesso; ed è da qui che, attraverso il
centro del Salento, ha poi raggiunto l'area ionica di Porto Cesareo,
che allora si chiamava ancora Cesarea.
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