§ Nella capitale del Salento

Strade di Lecce




Palmi Gaias



Città più spontaneamente architettonica del mondo, come la definì, pellegrino di Puglia, Cesare Brandi, Lecce ha una vitalità artistica che supera quella dei suoi monumenti isolati: ed è in questa città che l'urbanistica fonde nell'architettura, dappertutto, tranne che nelle aree " moderne ", con gli anonimi parallelepipedi di precompressi che assediano le case e le strette strade del capoluogo salentino.

La vitalità di Lecce, ha scritto Cesare Brandi nel suo aureo " Pellegrino di Puglia ", si scopre al di là del singolo monumento e del singolo artista. " Non basterebbe infatti né la Chiesa di Santa Croce, né il Palazzo del Seminario, per eterocliti che siano, a giustificare l'entusiasmo che la città suscita: anzi verrebbe fatto di dire che, inversamente, è la città a suscitare quei monumenti. Questi, in un certo senso, concludono, sono la cadenza finale. Ma il valore singolarissimo della città non risiede unicamente in loro ".
Sostiene il viaggiatore che si incomincia a capire la Capitale del Salento quando ci si accorge dell'assoluta congruenza che lega l'altezza dei palazzi alla larghezza delle strade, la costante considerazione del punto di vista che è implicito fin nelle mensole che reggono i balconcini. " Sono, queste mensole, una specie di punto nevralgico di tutta l'architettura leccese, del variatissimo scenario che si svolge passo passo allo spettatore. Con tutta l'abbondanza di balconi che ci si offre in Italia, da Roma in giù, mai la mensola aveva assunto una Preminenza così precisa. Esempi di ricche mensole figurate se ne ha, naturalmente, dal Dugento in poi: nell'architettura normanna in Puglia, erano, in particolare, curatissime. Ma a Lecce si prende atto che, data la larghezza ridotta delle strade, le facciate si vedono da sott'in su e che perciò la cosa più in vista sono le mensole dei balconi. Donde la fantasia sempre nuova nella inserzione della mensola relativamente allo sporto del balcone ".
Non casi sporadici, dunque, né architettura occasionale, ma segno di un gusto diffuso negli architetti leccesi. E questo particolare produce un fatto nuovo e soprattutto " d'una applicazione estesissima: l'architettura degli esterni diviene, relativamente al vano della strada con cui fa sistema, un'architettura d'interno: donde il senso architettonico straordinario che produce Lecce nell'osservatore, che intuitivamente realizza di trovarsi sempre ' interno ' ad un'architettura. L'urbanistica fonde nell'architettura. Non si vuol dire con questo che precedenti sporadici non ce ne siano, e per la congruenza dell'architettura alla luce della strada, basti ricordare la facciata del Borromini per la Propaganda Fide: il fastigio dei finestroni che si incurva sotto la cornice. Ma a Lecce colpisce la sistematica applicazione.
Ciò è tanto più singolare in quanto l'educazione prospettica italiana nelle strade pur meravigliose, come Via Nuova a Genova o Via Giulia a Roma, nell'Addizione erculea di Ferrara, come nella Piazza di Pienza, si è sempre a stretta ad un coordinamento prospettico degli edilici, ma non ha propriamente ' lavorato ' il vano. Il punto di vista che gli sciagurati sventratori moderni ignorano per ignoranza culturale e per ottusità congenita - conclude il pellegrino di Puglia - è sempre in relazione alla visione della singola architettura, non " in relazione alla strada pensata essa stessa come architettura d'interno ". Questa la novità delle strade di Lecce; e se par poco, innestare una simile novità, in Italia dove hanno fiorito, dal Dugento in poi, quasi tutti i più grandi architetti del mondo ".
Una città, si può dire, che non " vive " attraverso i suoi monumenti isolati, che questi, anzi, spesso suscitano stupore per le evidenti " diversità ", per la vicinanza di opere dal gusto anche discutibile, e sul quale si è a lungo discusso e polemizzato. Preso a se, ciascuno dei monumenti della capitale salentina può anche suscitare scalpore (e si pensi al barocco leccese, opera di pasticceria per alcuni, riflesso di un plateresco locale per altri, Messico e Spagna tirati in ballo dai più). Tutte le polemiche sono spazzate via dalla " visione d'insieme " di strade e quartieri e aree monumentali, dal mosaico complesso e articolato che forma questa città. Non meraviglia, per Brandi, che la Piazza del Duomo sia come un grande cortile, a cui dà accesso un grande portone: ma scoperto come una terrazza. " Non è, intendiamoci, il quadriportico antistante alla Chiesa, e in questo senso è difficile pensare un'accozzaglia di edifici più diversi: ma rappresenta la sublimazione di questa architettura che è ad un tempo d'esterno e d'interno. La Piazza del Duomo è davvero una meraviglia da celebrare fra le meraviglie italiane, anche se nessuno dei suoi monumenti, preso a sé, risulti eccezionale. Ma i compensi misteriosi e precisissimi che passano fra l'altezza del Campanile e la larghezza del Sagrato, il cannocchiale dell'ingresso e quella specie di scenario solido che è la loggetta di fondo, determinano un così sicuro addentellato di volumi, una frattura così salutifera degli usati allineamenti prospettici, che non si riesce mai a cogliere sul fatto la ragione di quel prodigioso, serrato equilibrio che la piazza sviluppa ".
E, di fronte alla Piazza del Duomo, e alle sue spalle, le strade, le stradine, i vicoli di Lecce: l'architettura 'd'interno' fusa dall'arte spontanea di un popolo urbanista, che non è stato certamente smentito dalla clamorosa bruttezza di Piazza Sant'Oronzo (nella quale si allarga lo spicchio dell'anfiteatro romano, per il resto sommerso), e tanto meno da quella, emblematica al confronto con la splendida Lecce cara al Brandi, al Gabrieli, allo stesso Gregorovius, che percorreva le terre del Sud alla scoperta di glorie e di memorie proto-tedesche, della gran piazza che fu detta " dei 300 mila ". La tenera pietra di Lecce, che s'indora ai tramonti salentini, di gran lunga vince sugli anonimi precompressi con, cui si sono innalzati, in tutta la periferia, insensati cubi e parallelepipedi per uffici e per abitazioni. Lo stato d'assedio posto dal cemento, ovviamente, è storia contemporanea di tutte le periferie di tutte le città, senza più alcuna esclusione. Il progresso e le esigenze della popolazione impongono troppe perfidie e qualche tradimento, un prezzo che va pure pagato, anche se soluzioni più dignitose si possono e si debbono cercare: il patrimonio artistico e urbanistico di Lecce, questa splendida architettura che l'accompagna per le strade come tenendoti per mano, e invitandoti a procedere con il naso all'insù, e con gli occhi fissi a balconi e a mensole, agli spicchi di cielo che si aprono in cima ai bugnati, oltre le cornici, tra arcipelaghi -di ferri battuti, ecco, va tutto Protetto accanitamente: tutto in blocco, senza alcuna remora. Questa città è un salotto d'Italia, nel quale si muove agevolmente chi non ha rinunciato al buon gusto e al senso estetico. Non molti, si dirà: ma anche per questi pochi, ne vale la pena.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000