Problemi e prospettive del credito




F. Parrillo



L'evoluzione economica e finanziaria ci induce ad un esame approfondito del settore del credito in vista di un triennio che si annuncia ricco di impegni e carico di responsabilità per il sistema bancario in particolare.
E' stato più volte ribadito, in queste colonne, il ruolo insostituibile di Propulsione e stabilizzazione dell'economia italiana svolto dalle aziende di credito; ci preme ora sottolineare, nella nuova prospettiva di politica economica, la funzione strategica e vivificatrice che le banche saranno chiamate ad assolvere, se saranno ripristinate alcune condizioni di fondo e corrette alcune distorsioni del mercato monetario e finanziario, che attualmente ne imbrigliano notevolmente la capacità operativa.
Nel nostro paese, come nella generalità di quelli sviluppati, esiste una frattura tra scelte operate nelle famiglie e centri di utilizzo del risparmio (imprese e pubblica amministrazione ).
I dati disponibili mostrano come le opzioni del settore eccedentario non siano in sintonia con la scala di preferenza espressa dai comparti debitori in tema di strumenti di finanziamento.
La crisi dei titoli azionari, che hanno subìto la duplice erosione del degrado monetario e del ribasso dei corsi, la fuga del risparmio privato dal mercato obbligazionario solo di recente in via di attenuazione le tendenze degli investitori, tipiche in momenti di incertezza a preferire forme di impiego liquido, sono fattori che hanno contribuito ad alterare la fisiologica ripartizione dei flussi finanziari, concentrando presso una sola categoria di istituti un cospicuo volume di intermediazione.
Sulla scarsa propensione all'investimento azionario, hanno inciso una pluralità di elementi: la flessione dei profitti aziendali, il divario fra tasso di investimento domandato ed offerta, la variabilità idei corsi, il non soddisfacente funzionamento della borsa, il trattamento fiscale discriminatorio. Dal lato della domanda, la capacità di intermediazione del mercato primario delle azioni è stata negativamente influenzata dal maggiore costo che il capitale di rischio comporta rispetto all'indebitamento ed, in particolare, al credito agevolato.
Ciò non è senza conseguenze, giacché esiste un legame tra tipo di struttura finanziaria delle imprese ed accumulazione. Ed infatti un peggioramento del grado di " leverage " rispetto a quello ritenuto ideale provoca, a parità di profitti attesi, una caduta delle propensioni ad investire che si riflette sulla capacità di reddito ed occupazione del comparto.
Il possesso obbligazionario, d'altronde, non è appetibile in presenza di attese inflazionistiche vivaci che erodano il valore capitale dell'attività e riducano, sino ad annullarlo, il frutto reale dell'investimento. In un simile contesto il mercato si sviluppa in modo anomalo, e, seppure formalmente articolato su di una pluralità di centri, trova il principale punto di appoggio nella crescita di intermediari che operano nel breve termine.
L'incompatibilità fra esigenze di chi risparmia e di chi domanda risorse è sanata, quindi, dall'opera delle banche. Il tipo' di passività offerto soddisfa le scelte delle unità in surplus :ed in deficit, ma ciò comporta un costo per la maggiore tortuosità ed onerosità del circuito finanziario, per l'inaridimento del canale diretto famiglie-imprese, per la rapida espansione dell'indebitamento delle aziende produttrici, per l'adozione di misure amministrative a carico del settore bancario.
E' noto che la necessità di sostenere gli investimenti e favorire la copertura del disavanzo pubblico ha indotto le autorità ad introdurre vincoli all'operare delle aziende di credito. Si verifica, pertanto, il paradosso di un gigantismo bancario nella raccolta e il crescente spiazzamento del sistema per effetto dell'espansione della spesa in disavanzo. Nei primi otto mesi dello scorso anno, 16.900 miliardi su di un flusso di credito totale interno di 26.200 miliardi, sono stati assorbiti dalle occorrenze dello Stato che, si ,stima, opererà nel 1978, trasferimenti per undicimila miliardi, circa il doppio dell'anno precedente. Ne deriva un effetto di emarginazione dell'attività di finanziamento delle banche a favore delle imprese sostituite da un " banchiere occulto ", la Pubblica Amministrazione.
Come è stato correttamente sottolineato, ciò comporta un costo aggiuntivo per la minore efficienza allocativa, giacché lo Stato non può concedere finanziamenti con la flessibilità di forme tecniche delle banche.
Si attenua il potere di scelta dell'erogatore e cessa la funzione selettiva tipica del banchiere tra le varie iniziative imprenditoriali. Tutto si " confonde ed ingrigisce, l'intermediazione finanziaria entra nello Stato e in cambio la burocratizzazione entra in banca ". Si aggravano, pertanto, le distorsioni per i dubbi che l'allocazione pubblica privilegi le grandi imprese e :sostenga aziende decotte. D'altra parte, la povertà del mercato, l'assenza di alternative valide, se rafforzano la raccolta delle aziende di credito, le gravano di compiti che ne indeboliscono le funzioni proprie e ne riducono il margine di autonomia.
In quest'ottica si collocano i controlli diretti e le eccessive aspettative riposte nell'utilizzo della leva monetaria. Le banche sono al centro degli " interventi di crisi " che le autorità di governo elaborano, di volta in volta, facendo carico al sistema di correggere distorsioni nella creazione e nella ripartizione dei flussi finanziari. E' stato più volte detto che l'attribuzione di compiti impropri, quali il risanamento delle imprese ed il superamento delle difficoltà del settore pubblico, dà luogo ad inefficienze allocative, ad una riduzione del volume di attività delle istituzioni e un aumento del divario tra tassi attivi e tassi passivi deresponsabilizza il banchiere, riduce il ruolo e la funzione stabilizzatrice e di stimolo del sistema.
Dalla diagnosi delle cause che hanno determinato le attuali distorsioni, si ricavano le terapie: ridurre il grado d'inflazione, perché ciò porta ad una struttura più armonica dei tassi e ad un processo di scelte dei risparmiatori più equilibrato, contenere la spesa corrente ed il fabbisogno pubblico che incide sul logorio monetario e determinare un allargamento della quota di credito totale interno al :settore privato, limitare l'attività di intermediazione dello Stato che emargina e burocratizza il ruolo delle banche, recuperare l'impresa come centro di produzione di nuova ricchezza, ristrutturare il credito agevolato.
Al ridimensionamento delle distorsioni di flussi finanziari ,originati da squilibri reali delle aziende e della pubblica amministrazione dedica la propria attenzione il Piano Pandolfi. Non esistono dubbi sul fatto che il disavanzo del settore pubblico esercita una pressione tanto ingente quanto disordinata sulle componenti del nostro sistema finanziario.
Il Tesoro, attraverso la richiesta alla Banca d'Italia, concorre ad alimentare la formazione di base monetaria, " materia prima " del processo di intermediazione e, al tempo stesso, assorbe una quota rilevante dei prodotti dell'attività delle banche, sia prestiti in senso stretto che titoli collocati presso gli intermediari e investitori individuali.
Specie nei periodi in cui le autorità monetarie sono indotte a limitare l'afflusso di liquidità al sistema, la pressione esercitata dal settore pubblico sull'offerta di prestiti si traduce in un razionamento :del credito per altri settori ed in un aumento del prezzo. In definitiva, il comportamento della Pubblica Amministrazione aggrava la gestione delle aziende :e tende ad espellere le istituzioni bancarie, costrette ad operare su flussi di risparmio ridotti, o, addirittura, residuali.
Nel periodo gennaio-giugno 1978 gli impieghi che le aziende di credito hanno erogato al settore pubblico :sono diminuiti di 3.204 miliardi (23,1% in totale), mentre sono cresciuti di 2.332 miliardi quelli destinati al comparto privato.
Tuttavia alla riduzione del sostegno diretto si è sostituito, come già nel 1977, il forte aumento del portafoglio titoli pubblici delle banche.
Infatti, su un totale di 10.171 miliardi di acquisti, oltre 6.603 riguardano emittenti pubblici (63,9%). Della quota rimanente: 3.668 miliardi, la gran parte riguarda istituti speciali che hanno finanziato sia il settore pubblico (+ 47,3% pari a 1.273 miliardi, contro 39,7 dell'anno precedente a 28,8% del '76) che quello privato (+ 52,7% pari a 1.415 miliardi, contro il 60,3% dell'anno precedente e il 71,2% del '76).
Nel complesso, dunque, nel primo semestre del '78 le aziende bancarie hanno fornito credito per 4.253 miliardi alla Pubblica Amministrazione (64,6% del totale erogato contro il 59,1% del 77 e il 37,5% del 76) e circa 2.332 miliardi al settore privato.
Il contenimento del fabbisogno pubblico e la riaffermazione della particolare funzione delle aziende di credito sono tra le attestazioni più significative del Piano triennale, che sottolinea con forza il ruolo strategico e propulsivo dell'impresa in una ristabilita logica di mercato.
La doppia intermediazione e l'accresciuto ricorso all'emissione di titoli sono il riflesso, anche, e soprattutto, delle difficili situazioni reddituali delle aziende; se l'unità produttiva non crea ricchezza non vi può essere autofinanziamento, né la possibilità di remunerare il risparmiatore che ha sottoscritto il capitale.
Sostenere, quindi, come si fa nel Piano Pandolfi, il ripristino della redditività di impresa è condizione fondamentale non solo per una crescita dell'accumulazione del sistema, ma per un ridimensionamento dei saldi finanziari ed un alleggerimento dei flussi creditizi oggetto di intermediazione.
Non di meno interventi sulla struttura finanziaria possono ottenere risultati significativi sia sull'accorciamento dei circuiti che sulle scelte degli operatori. La rivalutazione della Borsa, come mercato allocativo Per eccellenza, contraddistinto da caratteristiche particolari, quali l'essere di ausilio alla gestione imprenditoriale, consentire la pronta trasferibilità dei fondi, offrire possibilità di accesso ai risparmiatori con disponibilità ridotte, valutare le prospettive future dell'azienda, potrebbe consentire a tale centro di raccolta e smistamento del risparmio un compito di rilievo in :una economia pluralista.
Per favorire il classamento dei titoli primari delle aziende produttive appare opportuna una attenta considerazione della possibilità di sviluppo dell'attività di intermediazione anche nella Borsa attraverso la diffusione di organismi non bancari capaci di dare funzionalità di mercati secondari e continuità di offerta di risparmio in quelli primari. La rivitalizzazione del mercato a reddito fisso con una struttura di tassi che torni a rispecchiare il diverso grado di liquidità e di rischio delle attività, può contribuire, in presenza di un degrado monetario che si affievolisce, a ridurre il " dominio " del deposito bancario.
Il governatore della Banca d'Italia ha osservato come il filo che lega la raccolta dell'investimento sia " troppo teso e sottile per resistere allo strappo di una qualsiasi perturbazione finanziaria, commerciale e valutaria ".
Se si vuole garantire un processo di accumulazione meno incerto, è necessario rafforzare il canale diretto risparmiatori-richiedenti credito.
A tale scopo l'indicazione che Baffi rivolge alle Banche è di rinunciare ad una quota del mercato in favore di un classamento nel portafoglio del pubblico; una rinuncia saggia perché la riduzione ha proporzioni più accettabili dell'intermediazione e la trasformazione qualitativa da parte degli istituti bancari avrebbe come conseguenza il recupero di un rinnovato slancio operativo.
L'invito è di ricercare con attenzione " la corretta linea di confine tra l'area del comune interesse e quella della competizione ". Forzare la raccolta è un comportamento che si può tradurre in una moltiplicazione eccessiva degli strumenti finanziari che impedisce un rapido ritorno ai meccanismi spontanei. In un contesto caratterizzato da anomalie nella ripartizione dei flussi delle risorse e dall'esigenza di perseguire obiettivi plurimi risulta difficile rinunciare ad interventi amministrativi.
Se, al contrario, al contenimento del disavanzo del Tesoro ,si contrappone una ripresa negli acquisti di titoli da parte delle unità in :surplus, le autorità possono allentare i " lacci ed i laccioli " che vincolano la condotta delle banche senza dover creare base monetaria aggiuntiva. In modo non diverso il policy-maker è indotto ad operare se il risparmiatore sostiene direttamente la provvista degli istituti di credito speciale.
L'accorciamento dei circuiti ed una maggiore partecipazione diretta di risparmio nelle imprese possono essere perseguiti, oltre che con un maggior utilizzo degli strumenti finanziari rappresentativi di capitale di rischio, anche mediante l'allargamento di prestiti obbligazionari, specie a medio-lungo termine, offrendo " assets " con clausole di correzione monetaria.
Il governatore ha riproposto l'emissione di titoli indicizzati sia per il funzionamento dell'edilizia che per le imprese fornitrici di servizi di pubblica utilità. Si dimostra, sulla base di ipotesi realistiche, quali avversione al rischio, sensibilità al tasso d'interesse, medesime aspettative, che l'indicizzazione, limitata ad alcuni comparti, può rendere graditi i titoli di reddito sia ai risparmiatori che agli utilizzatori finali del credito.
Nello stesso senso vanno le proposte sull'introduzione, nel nostro mercato, di obbligazioni fondiarie protette e di depositi anch'essi indicizzati nell'ambito del risparmio-casa. Una particolare forma di attività finanziaria a prova d'inflazione potrebbe essere offerta dall'INA; una rendita vitalizia indicizzata, a partire dal momento del pensionamento. Si discute di soluzioni tecniche diverse, ma che rispondono ad un'unica esigenza, quella di garantire al risparmiatore, penalizzato dall'erosione monetaria, la disponibilità di alternative di investimento meno esposte ai rischi dell'inflazione.
Per quel che qui interessa, non si tratta solo di salvaguardare il capitale accantonato ed il suo frutto, bensì di incidere sulle turbative che lo svilimento monetario genera nel processo di scelta e, di conseguenza, sulla destinazione dei flussi finanziari.
Il nostro sistema finanziario appare pertanto eccessivamente dilatato in alcuni comparti e scarsamente irrorato in altri. Il modo autenticamente corretto per equilibrarlo e garantire una sua :maggiore efficienza funzionale ed allocativa sta nella individuazione di soluzioni idonee a problemi quali l'altezza dei disavanzi da colmare, quindi nella riattivazione del risparmio pubblico e nel rafforzamento di quello di impresa. Non meno importante è agire su punti che si trovano all'interno dei circuiti, incidendo sulle preferenze dei risparmiatori, sì da evitare una patologica espansione delle attività liquide, e della intermediazione bancaria.
Soluzioni alternative non esistono, giacché operare esclusivamente sulle aziende di credito, attribuendo ad esse la facoltà (o magari l'obbligo) di fornire capitale di rischio alle imprese, accollando alle banche una maggiore quantità di obbligazioni o trasformando i crediti esistenti, può forse attenuare temporaneamente la portata dei problemi, ma può tradursi in un completo stravolgimento delle funzioni originarie e tipiche degli intermediari stessi.
In conclusione, si impone di riaffermare le finalità proprie delle istituzioni bancarie, finalità che :si manifestano in un'azione di stabilizzazione dell'economia, di risanamento delle imprese, di stimolo allo sviluppo del reddito.

Banca Popolare Pugliese
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