§ Il Sud nel "piano triennale"

Un dialogo sui massimi sistemi




Luigi Del Piano, Rosy Gulino



404 paragrafi e 26 tabelle: questa, la struttura " fisica " del Piano triennale 1979-1981: nel quale trovano organica sistemazione tutti i dati concernenti ipotesi di sviluppo del Paese, Sud compreso; una specie di " summa " degli intenti, è bene precisarlo subito, una serie di considerazioni, premesse e condizioni che, globalmente determinate, possono dar luogo a certi risultati, far raggiungere certi obiettivi: se " salta " una sola delle condizioni, " salta " l'intero Piano.
Qual'è la " filosofia " che interessa le regioni meridionali? Ne riassumiamo le parti salienti. Stabilito che il sistema di programmazione procede lungo tre linee (il quadro offerto dal " Piano ", integrato dalle relazioni previsionali e programmatiche e dai bilanci pluriennali e annuali dello Stato; le programmazioni di settore; le programmazioni regionali), il Piano si caratterizza per la scelta di due obiettivi finali: l'aumento dell'occupazione e lo sviluppo nel Mezzogiorno. I due obiettivi assumono il valore di elementi unificanti: occupazione e Sud non vengono più visti, come nel passato, quali aspetti isolati di politiche settoriali. La realizzazione dei due obiettivi è quindi " tutt'uno con il rientro dell'Italia sul sentiero di una crescita elevata, stabile, equilibrata ". L'elevatezza si misura in prima istanza in termini di incremento del prodotto lordo interno. Ma ancora più importante è l'aspetto qualitativo, da cui dipende la continuità o meno dello sviluppo negli anni successivi. E poi, stabilità significa " contenimento delle oscillazioni temporali nella produzione e nel reddito ": nel lungo periodo essa è il risultato di una maggiore solidità complessiva dell'economia; ma nel più breve periodo dipende dall'andamento dei prezzi, degli aggregati monetari, di quelli finanziari. " Non è perciò conseguibile se non riportando, nel triennio, il tasso d'inflazione italiano alla media di quello che registrano gli altri Paesi industriali ". L'equilibrio, infine, consiste nella riduzione dei divari territoriali nella produzione, nel reddito, nell'occupazione. E ciò " corrisponde all'esigenza storica del riscatto economico sociale, umano delle aree meno prospere del Paese ".
Il programma triennale mira a provocare un netto cambiamento di marcia: tende a riassorbire l'occupazione precaria; a creare posti in misura superiore agli incrementi della forza-lavoro; a localizzare principalmente nel Sud i nuovi posti di lavoro; a fare emergere l'occupazione nascosta che riguarda quanti, in attesa di impieghi più soddisfacenti, si celano alle statistiche della disoccupazione; a conseguire negli anni successivi al triennio una tendenza nettamente espansiva.
Il Piano riconosce che la crescita del Sud poggia sulla strategia degli investimenti: da quelli pubblici a quelli pubblicamente controllati, a quelli del settore privato, a quelli di origine estera. Ma la strada non dev'essere più solo quella degli incentivi finanziari e delle grandi infrastrutture: " A fronte dei deludenti risultati del passato e dei già intravedibili problemi del domani, si rende necessaria un'azione preliminare di promozione e di supporto tecnico. Si pone l'esigenza di una gamma ampia e differenziata di servizi di ricerca, informazione, formazione, commercializzazione, indispensabili ad un'economia in grado di generare forze autopropulsive ". Non si tratta più solo di avvicinare il Sud al Nord: è tutto il Paese che va avvicinato al resto dell'Europa. L'economia europea, sospinta dalla dinamica dei Paesi in via di sviluppo, è ,impegnata in un processo di riconversione. L'Italia deve fare altrettanto. La politica per il Sud va inquadrata nel nuovo contesto di convenienze e di necessità determinatosi sui mercati internazionali.

Le condizioni

Prima condizione. La politica della finanza pubblica deve ridurre nel triennio sia il disavanzo di parte corrente, sia il fabbisogno complessivo del settore pubblico allargato in rapporto al prodotto interno lordo. Nel contempo deve realizzare un aumento degli investimenti pubblici tale da farne crescere il rapporto con il prodotto lordo.
Seconda condizione. La politica salariale non deve comportare nel triennio aumenti del costo del lavoro per ora lavorata in termini reali in un contesto non inflazionistico.
Terza condizione. La politica del lavoro dovrà consentire modalità più flessibili di utilizzo della manodopera impiegata.
Condizione complementare. Il degrado della Pubblica Amministrazione e un grande problema nazionale. " Occorre risalire la china ", promuovendo uno spirito di servizio inteso in senso creativo e costruttivo.

Le politiche

Politica della finanza pubblica. Si è creato spazio per maggiori investimenti, diretti e indiretti, per 2.250 miliardi. Il rientro netto in Tesoreria delle giacenze bancarie, in particolare quelle delle Regioni e degli Enti Previdenziali, raggiungerà i 3.350 miliardi. Tenuto conto delle maggiori entrate per 2.000 miliardi ottenuti con la lotta all'evasione, il fabbisogno complessivo del settore pubblico allargato viene condotto a 36.830 miliardi. In termini percentuali, sul prodotto interno lordo, si scende dal 16,6% del 1978 al 15,6% del 1979.
Politica degli investimenti. Gli investimenti fissi lordi dovranno aumentare, in termini reali, del 7,1% nel '79; dell'8% nell'80; del 9% nell'81. La componente privata di essi è collegata alle politiche delle retribuzioni, del lavoro e del credito. La componente pubblica :si realizzerà, se i programmi verranno incrementati di 1.000 e di 4.000 miliardi rispettivamente nel 1980 e nel 1981.


Politica del lavoro. Vi è l'aspetto delle retribuzioni e quello della struttura del mercato del lavoro. Le linee direttrici per l'uno e per l'altro aspetto sono state espressamente indicate come due delle condizioni della strategia globale.
Politica monetaria e del credito. In relazione alla cifra di 35.000 miliardi in cui si esprime per il '79 il fabbisogno del settore pubblico allargato, per il credito totale interno nell'anno si può ipotizzare un'espansione di 53.000 miliardi Resterebbero 18.000 miliardi per le erogazioni delle Istituzioni Creditizie al settore privato dell'economia. L'importo appare adeguato a consentire il finanziamento della ripresa produttiva e di una accelerazione degli investimenti. Politica del cambio. L'adesione allo Sme rende più impegnativa la necessità di rallentamento del tasso d'inflazione in corso di anno. Il legame alla nuova moneta europea comporterà la stabilità del cambio medio effettivo della lira, o un qualche suo lieve apprezzamento. Ma potrà anche provocare, se non si riduce il differenziale inflazionistico, una perdita di competitività e quindi un rallentamento delle nostre esportazioni. In questo caso, ci rimetterebbero investimenti, sviluppo e occupazione. Per effettuare le necessarie correzioni, la politica monetaria e creditizia, avendo minori possibilità di usare la manovra del cambio, si troverebbe costretta ad agire sulla quantità e sul costo del credito.

I programmi dell'industria pubblica

L'IRI prevede per il triennio investimenti per circa 13.400 miliardi di lire , di cui 4.100 nel '79. Gli investimenti localizzati nel Mezzogiorno ammonteranno a 4.650 miliardi, di cui 1.310 nel '79. Nel settore manifatturiero i programmi riguardano prevalentemente ristrutturazioni e riconversioni di impianti per migliorare l'economicità delle gestioni. Affinché il risanamento economico del gruppo avvenga senza perdite di occupazione, i posti di lavoro che non potranno essere mantenuti saranno compensati da quelli creati con i programmi di ampliamento e con le nuove iniziative.
L'ENI prevede per il triennio investimenti per 6.560 miliardi, di cui 3.916 in Italia (al 1981 la quota destinata al Sud sarà del 59,5%). Le nuove iniziative manifatturiere del gruppo sono tutte localizzate nel Mezzogiorno. L'occupazione, nell'arco del triennio, resterà praticamente costante: i posti di lavoro creati nei settori in espansione compenseranno la riduzione prevista per i settori tessile e chimico.
L'EFIM investirà nel triennio 1.547 miliardi, di cui il 70To nel Sud. Nel quinquennio 1978-82 dovrà creare 18.000 nuovi posti di lavoro, di cui 16.000 nelle regioni meridionali.

Il settore primario

L'agricoltura, sostiene il piano triennale, " deve diventare un settore ad elevata efficienza produttiva per assicurare posti di lavoro stabili e qualificati, un miglioramento del reddito agricolo " e una riduzione del disavanzo agricolo-alimentare, aumentando nel contempo " la competitività delle nostre produzioni ". La legislazione esistente rende disponibili nel triennio investimenti per circa 9.700 miliardi (leggi nazionali, regolamenti comunitari, Cassa per il Mezzogiorno). A questi, vanno aggiunti gli stanziamenti delle Regioni. Nel '79 si prevedono finanziamenti per 3.006 miliardi; nei due anni successivi, rispettivamente per 3.825 e per 2.858 miliardi.
Per conseguire risultati positivi, afferma il Piano, " occorre assicurare il pieno utilizzo delle risorse disponibili, in particolare della risorsa-terra; riorganizzare la struttura fondiaria; ammodernare il processo di produzione, trasformazione e distribuzione dei prodotti agricoli ". Gli interventi si propongono anche lo scopo di contribuire al superamento degli squilibri territoriali tra aree ricche e aree depresse.

I servizi

Si punterà sulla creazione di centri annonari e mercati agricolo-alimentari all'ingrosso, soprattutto nel Sud. Si avvierà rapidamente la realizzazione di alcune strutture in zone di intensa vita agricola e commerciale, in particolare negli Abruzzi, in Sardegna, in Calabria, in Puglia, in Sicilia.
Per le attività turistiche, " si intende avviare un piano di riconversione e di razionalizzazione, strutturale e gestionale, del sistema turistico italiano. Esso si propone obiettivi in campo occupazionale, valutario e di sviluppo del Mezzogiorno ".
Nel settore delle opere pubbliche, i piani straordinari triennali riguardano:
- strade da realizzare da parte dell'ANAS per 2.500 miliardi, (60% nel Mezzogiorno);
- costruzione e sistemazione di porti per 800 miliardi (46% nelle regioni meridionali);
- costruzione, sistemazione e riparazione di opere idrauliche per 680 miliardi (41% nel Sud);
- programma :straordinario di opere igienico-sanitarie per 500 miliardi, interamente destinati al Mezzogiorno.

Progetti speciali

Sono impostati, nel triennio, lungo tre "linee prioritarie": assicurare continuità d'azione e conseguimento di risultati completi e coerenti per l'utilizzazione delle risorse idriche e nel campo dell'irrigazione. Si incrementeranno di oltre un miliardo di metri cubi all'anno i volumi di acqua per usi potabili (gli abitanti serviti cresceranno di 3,7 milioni); di un miliardo e mezzo di metri cubi quelli per usi agricoli; di 400 milioni per usi industriali. Su un impegno finanziario globale di 4.000 miliardi, nel triennio si spenderanno 1.300 miliardi. Ai 260 mila ettari irrigui previsti dal Progetto speciale se ne aggiungeranno altri 403 mila;
- determinare un processo di :sviluppo nel Sud che, oltre a :una riduzione del divario tra l'area e il resto del Paese. porti ad attenuare squilibri interni all'area stessa;
- sostenere lo sviluppo delle attività produttive (soprattutto quelle connesse con l'agricoltura); creare una moderna zootecnia (275 miliardi nel triennio); sostenere la agrumicoltura (122 miliardi) con la creazione di nuovi impianti su 36 mila ettari; rimboschire 20 mila ettari all'anno (153 miliardi); potenziare la ricerca scientifica e tecnologica (non meno di 3.500 nuovi ricercatori e tecnici). Il programma della Cassa per il Mezzogiorno, con un ruolo di supporto e di stimolo al processo di industrializzazione, riguarda tre categorie di interventi:
- completamento funzionale degli agglomerati industriali (966 miliardi nel triennio);
- prima attrezzatura minima funzionale a scopo promozionale degli agglomerati interni, con energia elettrica, acquedotti, fognature, viabilità (spesa prevista, 100 miliardi); creazione di infrastrutture connesse (1.000 miliardi nel triennio, sui 1.600 previsti complessivamente).


L'incentivazione nel settore industriale è prevista nell'ordine di circa 3.100 miliardi.
Questa, l'ossatura portante del Piano triennale per quel che riguarda direttamente le regioni meridionali. Ora, si pone l'antica domanda: è una reale base operativa, esprime intendimenti politico-operativi reali; oppure è, anche questo, un " libro dei sogni "?
Il Piano, in realtà, è nato dall'esigenza di dar vita ad uno strumento di riorganizzazione degli interventi: è, in realtà, uno specchio delle " necessità " e delle " emergenze " italiane, e di quelle particolari, del Mezzogiorno. Da questo alla sua completa attuazione, ce ne vuole. Un dialogo sui massimi sistemi è pur sempre utile: emblematico com'è della situazione del Paese, delle sue risorse dei suoi punti di crisi, dei riferimenti di politica e di politica economica, delle ipotesi di intervento. Il problema, comunque, resta quello di sempre: passare dalla " filosofia " (sia pure contrassegnata da cifre e da proiezioni geometriche d'intervento finanziario) alla realtà. E qui il discorso si complica. Disattesi i regolamenti comunitari in campo agricolo, perdiamo quattrini per negligenza, per superficialità, per incapacità della nostra burocrazia; i piani di risanamento igienico-sanitario :Sembrano scienza d'un altro pianeta, almeno fino a che Napoli e Palermo, per esempio, resteranno due inferni di metropoli, dove è più facile morire che vivere; la politica ambientale è sparsa e quasi dispersa in mille rivoli, la speculazione edilizia dilaga, la politica energetica è una politica ancora in bilico fra petrolio e uranio, il turismo è disordinato (nel Sud in particolare), il deficit alimentare sbilancia i nostri pagamenti con lo estero.
In questo senso, il Piano riassume e sintetizza mali antichi del Paese e del Mezzogiorno, e indica vie d'uscita note da sempre, o da molto tempo. Semmai, riempie vasi vecchi di numeri nuovi: eppure, è un necessario aggiornamento. E sarà già qualcosa se, allo scadere del triennio, (ma è già diventato un biennio, o poco più), sarà stata realizzata una buona parte degli obiettivi che si propone.


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