Sul vino la scure dei birrai




B. M.



Fra gli altri, c'è un grosso handicap che frena le esportazioni dei nostri prodotti agricoli: le tassazioni aggiuntive in vigore nella maggioranza dei partners europei. Questi balzelli fiscali (che in termine tecnico si chiamano " accise ") sono contrari allo spirito di Roma, con il quale si stabiliva la libera commercializzazione delle derrate agricole all'interno della Cee. Ma tant'è: la tassazione viene mantenuta, in barba a tutte le norme. E a farne le spese sono ancora una volta i produttori più deboli sul piano economico e politico.
E' il caso del vino. L'Italia, con la Francia, è la più grande cantina del mondo: oltre 600 milioni di ettolitri all'anno. L'esportazione si presenta fortissima, ma ben più ampi potrebbero essere i mercati se in alcuni Stati dell'Europa comunitaria il nostro vino (in particolare quello da tavola) non venisse tartassato in tal misura, da scoraggiarne il consumo. Come si la a penetrare, ad esempio, in Inghilterra, quando Londra impone una tassa sul vino tre volte superiore al suo valore reale? Si tratta di misure protezionistiche inaccettabili. Il protezionismo viene giustificato, dai paesi che applicano le accise, con la lotta contro l'alcoolismo. Ma va detto chiaramente che dietro queste motivazioni si muovono i grossi interessi dei birrai e dei produttori di whisky, che temono la concorrenza del vino. E birra e whisky (e vodka ed acquavite) incidono sullo sviluppo dell'alcolismo in misura ben maggiore del vino.
Incredibile l'ostruzionismo praticato da alcune nazioni contro il vino italiano, con l'adozione delle accise in aggiunta alla normale IVA che viene applicata anche nel nostro Paese.
Per i vini da 10 a 15 gradi, in Inghilterra, oltre all'otto per cento di IVA, il governo impone un diritto di accisa di 97.200 lire per ettolitro: che è come dire quasi mille lire al litro, mentre il valore medio del vino esportato, fino allo scadere del 1978, era di 260 lire al litro. In Irlanda, dieci per cento di IVA e 77.726 lire di accisa per ettolitro. In Belgio, in Olanda e in Lussemburgo, accisa di sole 29.640 lire, ma ben il 25 per cento di IVA. Nella Danimarca, IVA del 15 per cento e accisa di 81.009 lire per ettolitro per i vini in bottiglia. Ricarichi del 300-350 per cento sul prezzo originale rendono inappetibili i nostri vini su questi mercati, come è dimostrato dalla crescita troppo lenta dei consumi.
Non si tratta di mettere in atto una crociata. E' indispensabile rendere realmente operative le norme dei Trattati di Roma: libera circolazione dei prodotti alimentari nei Nove Paesi. Senza protezionismi, che richiamano ad età feudali ormai così lontanamente tramontate da essere solo memoria storica: ricordo di un passato che è assurdo pretendere di far tornare.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000