§ I mari del Sud in crisi

La lunga strada azzurra




Lucio Tartaro



Ogni anno, quattrocentomila quintali di pesce azzurro, in massima parte alici e sardine, vengono ributtati in mare, anche dai battelli da pesca, per non compromettere gli affari di un giro ristrettissimo di venditori e di speculatori. Contemporaneamente, importiamo prodotti ittici congelati dai mercati della Francia, della Spagna, del Marocco, della Tunisia, persino del Senegal: miliardi di lire dissipati all'estero, che vanno ad aggiungersi a quelli spesi per l'acquisto di carne e di petrolio; quattrini bruciati per salvare gli interessi di una minoranza senza scrupoli, che, come è stato scritto. " rifiuta la sola idea di vendere " a basso costo il pescato. Uno spreco immorale, con i tempi che corrono.
Lo scandalo diventa macroscopico se il discorso si allarga alla sfera delle industrie, che nel nostro Paese " inscatolano " ogni anno tonnellate di pesce, acquistando regolarmente sardine dal Marocco, alici ovviamente congelate dalla Spagna e dal Portogallo, tonno da Cuba e dal Giappone. Da anni si parla di " piani verdi " e di " piani carne " per il rilancio dell'agricoltura e della zootecnia. Si " incentivano " i contadini e i pochi allevatori ancora sulla piazza, per contenere le spese all'estero e i pesanti deficit della nostra bilancia alimentare, che nel 1978 ha raggiunto i cinquemila miliardi di lire. La pesca, invece, resta ignorata dalle autorità centrali e da quelle delle regioni, competenti soltanto " per l'esercizio delta pesca nelle acque interne, le riserve di pesca, la piscicoltura, il ripopolamento ittico ".
Competenze evidentemente rimaste sulla carta, a giudicare dalle numerose occasioni perdute in tema di acque interne, di piscicoltura e di specchi d'acqua preziosi per la produzione o la riproduzione ittica. E intanto il Mediterraneo, un tempo ricchissimo di ogni specie pregiata di pesce, sta morendo sotto il peso di milioni di tonnellate di nafta, scarichi industriali e urbani, liquami, lavaggi di cisterne, sbocchi di fiumi inquinati, residui tossici d'ogni genere. E di fronte a questo " mare chiuso ", che ha tutto l'aspetto di un gigantesco lago, destinato a ritrovarsi fra non molto acque stagnanti e senza vita, la Comunità Economica Europea ha stanziato solo due miliardi di lire per l'avvio di opere di disinquinamento!
Le coste pugliesi, in particolare quelle adriatiche a nord e a sud di Bari; quelle siciliane (con i vertici a Palermo, a Trapani e a Mazara del Vallo); quelle campane, da Napoli alla Penisola Sorrentina; le aree sarde, comprese quelle degli stagni interni e a marea; la fascia marchigiana, con il vertice a San Benedetto del Tronto: questi, i punti in cui si è tradizionalmente esercitata la pesca, non solo a livello meridionale, ma fornitrice di buona parte dei mercati nazionali (occorre andare a Comacchio per la pesca interna, e nelle coste venete e liguri per quella marina del Nord). Le più grandi flottiglie pescherecce italiane sono del Sud, di San Benedetto e di Mazara. Quanti saranno i pescatori? Forse cinquemila; depurato dagli, " stagionali ", (contadini-pescatori, ma anche artigiani-pescatori), il numero scende ancora: intorno a tremila unità, che affrontano ogni giorno le insidie del mare e le difficoltà del lavoro e i condizionamenti dei mercati, dominati da mafie e camorre. Niente programmazione, niente moratoria della pesca intensiva per consentire un minimo di riproduzione ittica, niente ricerca scientifica applicata, niente ristrutturazione. Mentre i giapponesi hanno invaso mari e oceani di tutto il mondo, noi andiamo a pagare tangenti pesantissime ai Paesi della costa africana, (che poi sequestrano i nostri pescherecci, li depredano delle attrezzature di bordo, applicano pesanti multe pecuniarie, e li rispediscono indietro) e alla Jugoslavia, che pratica la stessa tattica. Eppure, insieme con l'agricoltura, la pesca può rappresentare per il Sud un'attività altamente redditizia. In che modo? Eliminando innanzitutto quelli che sono stati definiti " i sette peccati capitali " che hanno spopolato i nostri mari, in particolare quelli del Sud. Li elenchiamo:

1) STRASCICO - Le devastazioni sottocosta delle medie e grosse paranze con reti a strascico di ogni tipo e di ogni dimensione si ripetono a vista d'occhio. Secondo la legge, questi natanti dovrebbero operare almeno a tre miglia dalla terraferma. Invece, è possibile vederle fino a tre-cinquecento metri dalla costa: rastrellano quintali e quintali di novellame, distruggono milioni di uova, con danni che si proiettano per decenni.

2) AVVELENATORI - Con quintali di potassio e altre sostanze tossiche facilmente reperibili sui mercati (nelle acque interne i rizomi della " peperia ", una pianta fortemente urticante), si avvelenano centinaia di tane, gli anfratti delle scogliere e delle banchine, dopo averle accuratamente chiuse nella morsa di un fittissimo tramaglio di nylon: saraghi, cefalotti, spigole, corvine, salpe, mazzoni, scorfani, con gli occhi arsi dal veleno fuggono dalle tane e finiscono nelle reti. Ovviamente, i veleni distruggono milioni di capi di novellame, granchi, gamberi, alghe, piante e plancton. Occorrono mesi perché si ricostituisca l'ambiente naturale.

3) BOMBE - I famigerati " bombardieri ", quelli che hanno trasformato tanti fondali marini in deserti, agiscono ancora sotto costa con rudimentali bombe da uno a più chilogrammi, e al largo con ordigni da cinque a più chilogrammi. Esplodendo in acqua, il tritolo o la dinamite provoca la frattura della spina dorsale e, dunque, la morte istantanea dei pesci che si trovano in un raggio ristretto; ma anche migliaia di avannotti restano coinvolti in un più ampi . o raggio. Solitamente, i bombardieri si procurano micce ed esplosivi nelle cave di pietra, numerose in tutto il Mezzogiorno.

4) NOVELLAME - Squadre specializzate e perfettamente attrezzate nei mesi primaverili, in particolare, battono i litorali più riparati, setacciando gli arenili sommersi da pochi centimetri di acqua, e rastrellando quantità enormi di cefalotti e di spigole appena nati, insieme con altro novellame. Destinatari di questa pesca, gli allevatori privati del Lazio, della Toscana, di Chioggia. Con autobotti speciali, ad ossigeno dosato, in poche ore il novellame viene trasferito nelle acque da allevamento. La legge è severa nel proibire operazioni del genere, ma i servizi di sorveglianza sono pochi e inadeguati,

5) CIANCIOLE - La frode consiste nel tipo di maglia molto stretto impiegato per la rete a cianciola, che in se stessa è un attrezzo da pesca consentito dalla legge. Il pesce si raccoglie nella sfera luminosa della lampara e viene catturato con la cianciola quasi sempre azionata da motori speciali. Quando la maglia della rete è eccessivamente stretta, milioni di piccoli e piccolissimi capi restano inesorabilmente e inutilmente schiacciati e imprigionati.

6) TRAMAGLI - Anche per questo diverso tipo, di rete il problema è costituito dalla maggiore o minore ampiezza della maglia della rete. La legge impone condizioni e misure rigorose, per i pescatori con tramagli. Ma la caccia accanita ad alcune specie pregiate (le fragaglie di triglia, ad esempio; i cuocci o i merluzzetti), soprattutto nei mesi primaverili, porta all'uso di questo tipo micidiale di rete.

7) RESPIRATORI - Oltre centoventimila sommozzatori italiani, ai quali vanno aggiunti gli stranieri che sapevano vietata la pesca nei loro paesi con gli autorespiratori, hanno svolto cacce serrate a corvine, occhiate, saraghi, spiegare, cernie, polpi. Hanno portato in superficie tutto, e non hanno risparmiato né la costa della penisola, né quelle delle isole: e lo hanno fatto nel periodo estivo, quando cioè le femmine si' avvicinano lungo gli ottomila chilometri di costa della nostra penisola per depositare le uova.
Questi, solo gli aspetti più clamorosi della strage che si è latta nei mari meridionali. Una strage che continua, e contro la quale poco o nulla possono fare le scarse pattuglie di vigilanza, che neppure dispongono di moderni strumenti di localizzazione dei pescatori di frodo. Così, il settore della pesca resta una mancata fonte di reddito per l'intero Paese, ma soprattutto per il Mezzogiorno peninsulare ed insulare.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000