Viaggiatori in Salento




Enzo Panareo



Consapevolmente, nel 1889, il Carducci ammoniva: " Non sarebbe male che gl'italiani conoscessero un po' più ora, che, se vogliono, lo possono fare senza viltà, senza stizze e senza rancori, ciò che gli stranieri han detto per tanti e ,tanti anni del loro Paese e di loro. Alessandro D'Ancona ultimamente pubblicò e illustrò, che non si poteva meglio, il giornale del viaggio di Montaigne per l'Italia nel 1580 e '81. Chi traducesse meglio che non sia stato fatto e specialmente rispetto all'arte e ai costumi illustrasse il viaggio del Goethe nel 1786 e '87, darebbe un buon aiuto al dovere e al piacere che noi abbiamo o dovremmo avere di meglio studiare noi stessi " (1).
Il Seicento dispotico e fastoso aveva immaginato, come risarcimento, terre inesistenti, regni della felicità e del benessere. Dalla Francia di Luigi XIV erano partiti con la fantasia, per viaggi verso l'astratto, i primi viaggiatori. Ma nel Settecento gli orizzonti diventano concreti e la ricerca investe regioni realmente esistenti. Anche le rappresentazioni grafiche si rifanno, con gusto mirabile, alla realtà e restano esemplari, tra gli stranieri, il monumentale Voyage del Saint-Non e la descrizione, raffinatissima, del Salmon. Anche l'Italia entra in questi itinerari.
Questo interesse per l'Italia e gli italiani da parte degli stranieri può esser fatto risalire, come produzione, se si eccettua la brillante relazione di un viaggio in Italia compiuto dal Montaigne tra il 1580 ed il 1581, al famoso Presidente Charles de Brosses, la cui visione antiutopica, allevata da stanche pregiudiziali, dell'Italia sarà fatta conoscere, con la pubblicazione postuma delle sue Lettres familieres sur I'Italie (2), scritte in chiave di autobiografia tra il 1739 ed il 1740, soltanto nel 1799. Ed è, questa, data cui va idealmente ricondotta molta della problematica che i viaggiatori stranieri cominciano ad agitare.
In realtà, l'anno in cui si gettano le basi di un colloquio intenso ed, estremamente efficace sul piano dei valori politici e culturali tra l'Italia ed il resto del mondo è il 1723, quando hanno inizio i muratoriani Rerum italicarum scriptores ed appare l'Istoria civile del Regno di Napoli del Giannone. La massiccia e sistematica riscoperta del passato dell'Italia, operata dal dotto spirito speculativo del Muratori, e quella di una parte del Paese, il regno di Napoli, realizzata da uno spirito originalmente laico quale era il Giannone - il quale, unico tra i rappresentanti della cultura napoletana, meritò una citazione del Montesquieu (3) -, sollecitano, non soltanto negli italiani, la conoscenza del Presente, di una immagine realistica dell'Italia, disancorata dal mito, disponibile alle esaltanti avventure del pensiero che l'Europa si prepara a correre.
E' ormai lontana, per quel che riguarda la Penisola, la visione, favolosa ed utopica, di un Fénelon, per fare un caso: la Penisola, adesso, comincia ad assumere i connotati di una salda realtà, percorsa com'è in lungo e in largo da una folla di viaggiatori d'ogni Paese europeo, politici, storici, letterati, economisti, senza dubbio affascinati dai richiami di un passato glorioso, ma, d'altra parte, vivamente suggestionati, ed in molti casi colpiti amaramente, da una realtà in fermento, con tratti culturali peculiari che però lasciano scorgere, in economia forse più che in politica, intuizioni lucide le quali altro non cercano che governanti disposti a tradurle in pratica di stato.
Concorre all'intenso processo di conoscenza dell'Italia in questo periodo tutta una somma di fattori. L'influenza delle gazzette, che, con la modernità della loro impostazione strutturale e ideologica, diffondono in tutta l'Europa gli echi della cultura politica e letteraria italiana; certo cosmopolitismo degli italiani, precedente e contemporaneo del secolo dei lumi; l'osmosi feconda, nello stesso secolo, nel quadro del movimento illuminista prima e romantico poi, tra intellettuali italiani e stranieri, tutto favorisce un clima di intelligente curiosità e di reciproca conoscenza dal quale certamente l'Italia trae i benefici di un europeismo dinamico, proiettato verso inevitabili riforme di struttura (4).
I viaggiatori stranieri in Italia, d'altronde, già conosciuti attraverso le loro opere, sono magnificamente accolti nei salotti, i più in vista per il loro intelligente fervore di iniziative culturali, dove trasmettono, ricevendone sollecitazioni molto interessanti, esperienze di viaggio che, talvolta, agevolano agli stessi italiani la conoscenza del loro paese.
Si pensi alle Italianische Reise (1786-1788) di un Goethe, dove è data dell'Italia una immagine in chiave di mero godimento estetico, e si pensi, successivamente, all'opera di uno Stendhal, le cui Promenades dans Rome (5) - per non Parlare dei romanzi di soggetto italiano - restituiscono, in, un certo modo, Roma ai romani. Si pensi anche ai delicati disegni di località italiane tracciati dallo stesso Goethe, rivelanti una forte capacità di penetrazione.
Non si tratta, comunque, come s'è detto, di interesse puramente storico o letterario, come, d'altra parte, non si tratta soltanto di mere annotazioni di costume in chiave impressionistica. Quel che i viaggiatori stranieri cercano in Italia al di là della curiosità episodica per le vestigia romane o per i monumenti del Rinascimento, è una realtà attuale con la quale confrontarsi, dalla quale, anche, trarre stimoli di efficace modernità. Infatti, sugli echi fecondi che la cattedra di economia del Genovesi diffonde, destano, presso gli studiosi stranieri più che presso quelli italiani, il più vivo interesse, per scendere nel Salento, le intuizioni di un Palmieri il quale va elaborando un articolato programma neomercantilistico per lo sviluppo dell'industria nazionale e chiede realisticamente con insistenza riforme finanziarie, mentre a Gallipoli Filippo e Domenico Briganti e Giovanni Presta tentano metodi nuovi per l'incremento della produzione dell'olio. Più tardi, il Gregorovius, storico dagli orizzonti vasti, di portata europea, nel corso del suo studio sulla storia italiana, percepisce della realtà della Penisola qualcosa di molto importante, la miseria, cioè, e lo stato di oppressione nel quale versano i contadini e le plebi. I quali, a loro volta, rappresentano l'incredibile risvolto di una società per moltissimi versi ancora di mentalità feudale, dedita all'agiatezza, al lusso, allo spreco. In mezzo sta, consapevole delle contraddizioni che inficiano il processo di evoluzione della società italiana e pensosa del domani, la classe intellettuale con funzioni di mediazione.
In tutti i viaggiatori, comunque, dopo le esperienze compiute visitando luoghi e colloquiando con gente di tutte le classi sociali, si fa diffusa l'idea del divario che corre tra le potenzialità economiche del Paese e la situazione delle varie classi sociali, con particolare riferimento a quelle lavoratrici, tenute ai margini dei processi produttivi. Si tratta, per lo più, di accenni, molto spregiudicati anche, i quali consentono di costruire, tra la commossa descrizione di una serie di ruderi romani e le pittoresche annotazioni intorno alla vita quotidiana di un paese o di una città, una prima, e fondata, sociologia del paesaggio umano della Penisola.
Decentrato geograficamente com'è, il Salento resta fuori degli itinerari tradizionali del turismo d'élite. Fino ad un certo momento il massimo dei traguardi di questo turismo è Napoli, la caotica capitale del reame, che richiama. Poi è la volta della Sicilia, dopo il Lazio e la Campania, a richiamare i viaggiatori stranieri che faticosamente e non senza rischi, dato lo stato delle strade per di più rese insicure dalle micidiali scorrerie dei briganti, si spingono nel Mezzogiorno d'Italia. Ma, ad un certo momento, meta diventa, per il fascino che prepotentemente esercita per i ricordi della Magna Grecia, la Penisola Salentina. Città ambíta è Taranto, come quella che più d'ogni altra custodisce tali ricordi da esibire, ma anche l'estrema Penisola Salentina offre aspetti, a dir poco, interessanti di riflessione intorno ad una realtà agraria peculiare: l'olivo, la vite, il tabacco, il cotone, gli agrumi, (sollecitano, in questi viaggiatori, sondaggi ed esperienze da portare in patria.
E' nel 1767 che scende, primo tra i tedeschi a percorrere le strade del Sud, nell'Italia meridionale I.H. Riedesel, uomo, secondo un contemporaneo, estimable à tous égards pour l'esprit et pour les moeurs. Gentiluomo di camera alla Corte prussiana, a Roma aveva conosciuto e frequentato il Winckelmann, il quale gli era stato guida nella esplorazione dei monumenti della città. Infatti, nella descrizione che il Riedesel. fa dell'Italia Meridionale, della Regione Salentina, si avverte l'influenza gratificante della dottrina e del gusto del Winckelmann al quale la descrizione stessa, in forma di lettere, è diretta. Non restano però estranee al tedesco, acuto osservatore di uomini e cose, la vita economica e quella sociale delle contrade visitate.
Ne vien fuori, dice il Goethe, un " libricino " che, per la puntualità e spregiudicatezza dei giudizi su uomini e cose, per la precisione ed il fascino delle notazioni paesistiche, ,dice ancora il Goethe, " ... porto meco sul petto, come un breviario od un talismano ".
Le note di viaggio del Riedesel furono pubblicate a Zurigo nel 1771 e, per la parte che riguarda il Salento, furono tradotte e pubblicate per la prima volta nel 1912, nel quadro di una benemerita impresa editoriale (6).
Pur non immune da mende, il racconto del Riedesel, è preciso ed articolato, disponibile all'osservazione d'i tutti gli aspetti della vita sociale, culturale, artistica ed economica della Regione. Vi si sente la perspicacia dell'uomo di mondo, aduso ai maneggi della politica, il quale non si ferma alla prima impressione, ma va oltre, alla ricerca di un contesto globale che deve riflettere, compiutamente, tutta la contrada, in maniera che dal viaggio sia tratto tutto il profitto possibile. Da buon tedesco detesta il barocco, che però chiama gotico, e detesta, comprensibilmente data la sua psicologia, i leccesi alla cui " crassa stupidità " contrappone " il genio delicato degli abitanti di Bari ". Spirito fattivo, ha acute osservazioni, tradotte in calibrati giudizi, per l'agricoltura della regione che va visitando e non si sottrae ad " una breve digressione sulla parola Brindisi, usata nel più puro toscano, per annunziare che si beve alla salute di qualche persona ". Ci si sente, in altri termini, l'uomo sicuro di sé, che sa cogliere, di ogni situazione umana e sociale, gli aspetti più determinanti che quella situazione presenta ad in ciò, malgrado una certa giustificata tendenza alla generalizzazione, pone uno spirito che agevola, in ogni caso, l'analisi.


Note
1) G. Carducci, Augusto Barbier in Italia, in Bozzetti e scherme, Ed. Nazionale delle opere di Giosuè Carducci, vol. XXIII, Bologna, Zanichelli, 1944, pp. 397-398.
2) Charles de Brosses, Viaggio in Italia, Bari, Editori Laterza, 1973;
3) Montesquieu, Viaggio in Italia, a cura di Giovanni Macchia e Massimo Colasanti, Bari, Editori Laterza, 1971, p. 253.
4) Indispensabile per una globale messa a fuoco di questa problematica F. Venturi, L'Italia fuori d'Italia, in Storia d'Italia, volume terzo: Dal primo Settecento all'Unità, Torino, Einaudi, 1973, pp. 987-1481.
5) Stendhal, Passeggiate romane, Bari, Editori Laterza, 1973.
6) Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII . Lettere di I.H. Riedesel a J.J. Winckelmann. Traduzione, prefazione e note di Luigi Correra. Martina Franca, Casa Editrice " Apulia ", 1913.
7) Gli originali delle riproduzioni (tranne il frontespizio) appartengono alla collezione del dott. Mario Congedo, Galatina.


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