Più viva
che mai è l'esigenza di avvicinare il risparmiatore al mondo delle
piccole imprese, individuando soluzioni che salvaguardino la "proprietà",
non sottopongano la gestione a condizionamenti, garantiscano il risparmiatore
della serietà dei programmi aziendali e gli assicurino un rendimento
stabile e un'adeguata ripartizione del rischio.
La Conferenza nazionale
sulla piccola industria ha costituito un momento di riflessione e di
proposta per una nuova politica economica che assecondi le capacità
di sviluppo della minore impresa, essenziale per restituire vitalità
ed elasticità al sistema produttivo in un momento chiave per
la nostra economia. Il tema della conferenza "Crescita della piccola
industria, crescita del sistema" appare quanto mai significativo
in proposito; è un tema, altresì, che è stato oggetto
di ripetuta attenzione e considerazione da parte della nostra Rassegna,
giacché l'assistenza ed il finanziamento delle piccole e medie
imprese rappresentano l'attività piú congeniale delle
istituzioni di credito popolare.
E' generalmente riconosciuto che l'impresa di minori proporzioni mostra
andamenti più favorevoli, maggiore adattamento e migliore capacità
di resistenza rispetto al19 grande industria.
E altresì noto che la più elevata produttività,
la propensione ad investire e la più ampia attitudine a creare
posti di lavoro appaiono radicate, come rileva lo stesso rapporto del
Censis al Cnel, nelle minori dimensioni di impresa.
Nel documento si fa ripetutamente cenno alla crescita delle aziende
piccole e medie, uno dei quattro fattori che hanno "permesso al
sistema italiano di garantirsi sopravvivenza rispetto alle altalene
degli ultimi anni". La società italiana si troverebbe in
una "fase del cespuglio", fondata sullo sviluppo di molteplici
fili d'erba di vitalità tra cui si annoverano le piccole imprese,
ricche di attività decentrate, di azioni policentriche in un
sistema che trova motivo di forza in un "arcipelago" di società
ed economie locali. Da qui la conclusione di valorizzare i punti di
forza della nostra economia rivolgendosi all'area sana e vitale delle
aziende minori caratterizzate da una maggiore intraprendenza, senso
del rischio, responsabilità e le cui scelte sono svincolate dalle
grandi opzioni politiche ed economiche a carattere nazionale.
Alcune interessanti valutazioni sull'andamento delle imprese diversamente
dimensionate possono trarsi dagli indici del Mediocredito Centrale.
Il confronto delle intensità di capitale pone in evidenza come
nelle piccole imprese l'incremento è maggiore che nelle medie
e, in queste, superi quello delle grandi. Anche lo sviluppo del prodotto
lordo per addetto ha interessato in misura maggiore le minori aziende
che hanno aumentato la propria produttività relativamente di
più di quelle di grandi dimensioni. Le spese di personale si
collocano ad un livello inferiore per le unità produttive minime
che mostrano, altresì, un più elevato rapporto patrimonio
netto a capitale fisso di proprietà. Questa situazione determina
che il rapporto debiti verso istituti di credito a capitale fisso appare
generalmente crescente secondo le dimensioni aziendali; le minori imprese
ricorrono, perciò, in misura più contenuta a forme di
indebitamento a medio e lungo termine per la copertura delle proprie
immobilizzazioni tecniche. Nonostante ciò il problema finanziario,
comune a tutte le aziende, assume per le piccole e medie valore determinante.
Si afferma che i soggetti aziendali di minore entità devono affrontare
e superare ostacoli particolari derivanti da un continuo incremento
del fabbisogno in sincronia con il crescente volume operativo, da una
minore elasticità di accesso alle fonti esterne, dalla difficoltà
di attuare la necessaria e conveniente modificazione della composizione
qualitativa dei mezzi acquisiti.
E' nota, inoltre, la possibilità per le imprese minori di avvalersi
dei mercati finanziari per la raccolta di capitale di rischio e di credito
nella forma obbligazionaria. La capacità di provvista risulta
limitata, pertanto, all'autofinanziamento, per il capitale di rischio,
ed al mercato monetario ed a quello dei prestiti a medio e lungo termine,
per il capitale di credito.
Si aggiunga che il risparmio interno è insidiato dalla progressiva
creazione dei margini di profitto, mentre la crescita della produttività
non sempre compensa il continuo e troppo veloce aumento dei costi che
si verifica in periodi di inflazione.
L'accesso al credito è tutt'altro che agevole, dato il minore
potere contrattuale delle piccole e medie imprese e la posizione preferenziale
dei grandi complessi pubblici e privati. E' bene precisare, peraltro,
che i dati degli ultimi due anni sembrano non confermare questa diffusa
convinzione, giacché il sistema bancario ha sovvenuto con maggior
vigore le iniziative di minori dimensioni in conseguenza del mutamento
della durata del finanziamento al settore pubblico, dell'abbondante
liquidità creata dal surplus dei conti con l'estero e della spesa
pubblica, unitamente ad un andamento riflessivo delle grandezze reali.
I dati consuntivi del 1977 e 1978 mostrano, infatti, che i prestiti
alle "imprese private di piccole e medie dimensioni" sono
cresciuti del +19,4% e +14,3%, mentre il sostegno fornito alle "principali
imprese private" è stato rispettivamente del +8, 1% del
+6,4%. Notevole l'inversione di tendenza registratasi nelle voci "principali
imprese pubbliche", +8,9% nel 1977, -8, 1% nel 1978, e "pubblica
amministrazione" +15% nel 1977, -50,3% nel 1978. (Il periodo di
riferimento è agosto-agosto).
In sostanza se la maggior quota di risorse affluita alle minori aziende
è frutto di una situazione contingente, caratterizzata dall'esistenza
di ampie disponibilità e da una non costante domanda di credito,
è anche conseguenza della stasi produttiva dei grandi complessi,
che induce le banche ad una maggiore attenzione verso le minori unità.
Tale inversione di tendenza non ha tuttavia eliminato i problemi di
reperimento delle risorse finanziarie che rimangono immutati, soprattutto
sotto l'aspetto qualitativo.
Iniziative atte a migliorare l'accesso al credito ordinario e speciale
non possono, quindi, che meritare attenta considerazione e la meritano'
in particolare, le proposte di accrescere il grado di conoscenza della
realtà dell'imprenditore minore, la predisposizione di tecniche
in grado di semplificare e facilitare la concessione di fido (bilanci
standard e certificazione), il potenziamento del sistema degli istituti
regionali e del Mediocredito Centrale, la rivitalizzazione e la razionalizzazione
del sistema del credito agevolato.
Su quest'ultimo problema, riaffermata la convinzione che solo attraverso
un adeguato finanziamento si può ripristinare la competitività
nei confronti del mercato internazionale, per l'immediato è necessario
attivare gli strumenti esistenti quanto meno per riequilibrare le condizioni
di sfavore per gli investimenti delle minori aziende.
In un periodo in cui si chiede lo sviluppo del reddito e dell'occupazione,
l'accrescimento dell'esportazione e dell'accumulazione, non possono
rimanere inutilizzati cospicui mezzi già stanziati per questi
scopi. Ancora più grave è che ad essere danneggiata sia
proprio quella categoria di imprese che è la più efficace
moltiplicatrice di risorse del nostro Paese. D'altronde, in un contesto
in cui il costo del capitale da indirizzare agli investimenti è
superiore ai livelli europei, lo strumento agevolativo di programmi
seri è da sostenere e da rendere meno complesso nelle procedure
e nei tempi di erogazione. Ciò non deve indurre ad un'accettazione
acritica dell'attuale sistema che, come più volte sottolineato,
va riordinato nella sua articolazione territoriale, dimensionale e settoriale
oltre che congegnato in modo da assistere le nuove iniziative sia nella
fase di realizzazione che in quella successiva. Quel che si vuole sostenere
è che, seppur contrari ad una politica industriale incentrata
esclusivamente sul sistema dei finanziamenti agevolati, la situazione
è tale che, per dare alle piccole e medie imprese i mezzi di
ammodernarsi ed espandersi non si può attendere il soddisfacimento
di auspicate diverse condizioni di fondo.
Importanti sono le istanze per un nuovo stile di relazione tra l'organismo
finanziario e l'impresa. Vivo è il desiderio di vedere la banca
o l'istituto comportarsi in modo da tenere effettivamente in migliore
considerazione l'insieme della realtà dell'impresa sia valutandola
negli aspetti strettamente finanziari e patrimoniali che nelle prospettive
reddituali e di crescita.
Ugualmente apprezzabili sono le indicazioni volte ad accrescere la presenza
delle minori imprese sui mercati finanziari, nazionale ed internazionale,
attraverso l'emissione indiretta di accettazioni bancarie e la raccolta
all'estero effettuata da un apposito intermediario, nonché la
costituzione di un organismo che mobilizzi i crediti vantati verso il
settore pubblico in analogia a quanto avviene in altri paesi.
Di particolare gravità è la pratica dell'arbitraria dilazione
dei pagamenti delle forniture; si è in presenza di un meccanismo
di traslazione del credito che ha origine nel settore pubblico, passa
attraverso la grande industria e si scarica in modo violento e diffuso
sulle piccole e medie imprese che costituiscono l'anello contrattualmente
più debole della catena. Le minori unità non hanno né
i mezzi né la possibilità di contrastare un tale comportamento,
dato che la sua esistenza è anche legata al mantenimento di buone
relazioni con i grandi committenti pubblici e privati. L'industria minore
si trova, pertanto, nella scomoda situazione di subire una duplice conseguenza,
quella generale dipendente dalla politica monetaria e dal comportamento
del sistema bancario e quella specifica delle condizioni di pagamento
subite. Correggere questa distorsione significa ridurre un pesante vincolo
per la vitalità ed a volte la stessa sopravvivenza delle minori
aziende.
Alla difficoltà di reperire credito un altro fattore di aggravio
si aggiunge, rappresentato dal costo del denaro, in molti casi superiore
per le minori aziende. Al problema generale dell'elevatezza dei tassi,
quale conseguenza della politica monetaria, dei vincoli posti alle banche
e delle attese inflazionistiche, esiste un problema particolare per
le piccole e medie imprese che può trovare soluzione in accordi
sulle condizioni tra banche e categorie imprenditoriali.
In sostanza, l'interesse per le minori unità produttive, istituzionale
per le banche locali, nuovo per i maggiori istituti, deve tradursi in
condizioni migliori ed omogenee che avvicinano il prezzo del credito
al prime rate.
Quanto al perfezionamento e potenziamento degli istituti regionali e
del Mediocredito Centrale il problema di fondo è quello di indurre
il risparmiatore a sottoscrivere titoli a reddito fisso con scadenza
protratta; per cui l'ambito di ricerca delle soluzioni travalica il
settore delle minori imprese per riguardare i grandi temi dell'efficienza
e della funzionalità del mercato del risparmio e più in
generale della politica economica.
Solo in tal modo potrà aversi un sistema di prestiti a medio
termine stabile, svincolato da quello a breve, e perciò meno
esposto alle alternanze della manovra monetaria.
Il fatto positivo è che il tema dell'accesso al credito e l'evolversi
dello stato dei rapporti tra enti creditizi ed imprese minori venga
analizzato.
Vorremmo sottolineare che al XVI Congresso Internazionale del Credito
Popolare, tenuto a Bruxelles nel maggio del 1975, tale problematica
venne affrontata e fu sottolineato come si stava dischiudendo un'ampia
prospettiva di lavoro nel campo degli organismi finanziari ed in particolare
alla banca; ma già in quell'occasione rilevammo che il tema centrale
in materia finanziaria era rappresentato dall'ampliamento dei mezzi
propri a disposizione dell'azienda.
Fu allora osservata l'opportunità di seguire l'impresa in tutte
le sue esigenze finanziarie e non. Le inchieste condotte dalle Banche
Popolari hanno mostrato che la gamma dei fabbisogni riguarda praticamente
l'insieme delle funzioni aziendali. La risposta a tali esigenze è
assai scarsa, (rammentaria e poco qualificata.
E' necessario apprestare un ventaglio di forme di assistenza bancaria
che riguardino sia la gestione, sia il credito, sia la capacità
di adattamento all'ambiente economico ed alle condizioni generali in
cui è svolta l'attività imprenditoriale.
Dall'introduzione di servizi specializzati e diversificati per contribuire
a risolvere i problemi finanziari (leasing, factoring, ecc.) si deve
giungere all'introduzione di prestazioni consultive ampliando il campo
d'azione in particolare all'informazione economica, di mercato, giuridica
e fiscale. E' questa l'ottica con cui in occasione del Congresso di
Bruxelles si è voluto affrontare il problema delle piccole e
medie imprese, valutate in modo globale.
Queste considerazioni non debbono far ritenere che l'impresa può
poggiare, per la propria espansione, esclusivamente sul reinvestimento
dei profitti e sugli apporti esterni di capitali, ma è certo
che l'indebitamento deve assumere un ruolo complementare e servire per
ampliare o ricreare margini entro cui rafforzare la compagine patrimoniale
dell'azienda.
Più viva che mai è, dunque, l'esigenza di avvicinare il
risparmiatore al mondo delle piccole imprese, individuando soluzioni
che salvaguardino la "proprietà", non sottopongano
la gestione a condizionamenti, assicurino una maggiore certezza di acquisire
le risorse necessarie, garantiscano il risparmiatore stesso della serietà
dei programmi aziendali e, soprattutto, gli assicurino un rendimento
stabile ed un'adeguata ripartizione del rischio.
Se si riconosce che il rilancio degli investimenti è condizione
necessaria per una crescita stabile e duratura dell'economia a livello
internazionale e comunitario, è parimenti pacifico che non si
stimola l'accumulazione, se non si creano le premesse per un recupero
della redditività aziendale; da qui l'interesse per l'impresa,
ed in specie la piccola e media, rivelatasi elemento stabilizzante in
tempi economicamente difficili.
L'Europa crede nelle minori unità dotate di flessibilità
ed adattamento alle alternanze cicliche, capaci di una risposta concreta
alla crisi ed alla disoccupazione. E' in questa visuale che si collocano
una serie di iniziative dei Nove, quali la predisposizione da parte
della Commissione di un programma di aiuti che prevede l'utilizzo di
più ampi fondi comunitari per il sostegno dei minori organismi
ed il coordinamento delle politiche nazionali. Il Piano Davignon trae
impulso da una iniziativa del Parlamento europeo che, nel febbraio del
1978, ha approvato una relazione sui problemi delle piccole e medie
imprese, problemi che frenano la capacità di crescita e ne condizionano
l'adattamento all'evoluzione economica. La Commissione propone azioni
complementari a quelle nazionali ed a quelle in vigore a livello comunitario
(norme sulla concorrenza, aiuti dal fondo sociale, regionale ed agricolo,
BEI, CECA), interventi che riguardano le risorse finanzarie (potenziamento
dei cinque canali di finanziamento della CEE, oltre a miglioramenti
attinenti l'importo dei prestiti globali BEI, la garanzia di cambio,
l'abbuono di interesse sui prestiti comunitari) la fiscalità
(semplificazione delle formalità e dei controlli, armonizzazione
IVA), la formazione del personale (corsi per l'addestramento), la cooperazione
tra imprese (progetto di costituzione di un gruppo europeo di cooperazione),
l'informazione (studio dei mezzi e dei metodi per convogliare le notizie
scientifiche, tecniche e socio-economiche al settore delle minori aziende).
E'da ricordare che dal 1973 opera il Bureau de Mariage, la cui azione
positiva va ulteriormente potenziata, allargando l'area geografica degli
interventi, concentrando l'attività su di un numero di settori
prioritari, dotando l'Ufficio di capacità di iniziativa autonoma.
E' annunciata, altresì, l'imminente pubblicazione di un "Livre
vert", che tratterà le più attuali questioni concernenti
le minori aziende con l'indicazione delle azioni che saranno intraprese
dalla Comunità. Di recente, è stato divulgato un ponderoso
rapporto dell'UNICE sui problemi di carattere creditizio e finanziario
che ostacolano, nella CEE, lo sviluppo e la creazione di piccoli e medi
organismi; tale rapporto contiene una serie di raccomandazioni rivolte
alle istituzioni comunitarie soprattutto in materia creditizia e finanziaria.
In questo contesto concettuale ed operativo che rivaluta le minori imprese,
si inserisce il lavoro della Confederazione Internazionale del Credito
Popolare. Già nel 1972 la Confederazione costituì un Ufficio
permanente di rappresentanza a Bruxelles per raccogliere e canalizzare
le informazioni utili alle Popolari ed alla loro clientela, e trasmettere
agli organismi competenti le proposte e le osservazioni della categoria.
Si è già fatto cenno al Congresso del 1975, occasione
di chiarimento e di riflessione sull'attitudine e la volontà
delle nostre banche a cogliere e soddisfare le necessità espresse
dai richiedenti il credito.
Il Congresso ha suscitato un notevole interesse da parte delle autorità
comunitarie per la sua ampiezza, per le indicazioni concrete che se
ne potevano trarre a favore delle piccole e medie aziende. In questo
senso l'incontro del 18 ottobre 1977 nella sede del Comitato economico
fra il Comitato centrale della Confederazione ed i più autorevoli
esponenti comunitari ha costituito un riconoscimento tangibile del ruolo
preminente svolto dal credito popolare nel sostegno di uno dei pilastri
fondamentali delle singole economie.
In quella occasione la presidenza della Confederazione Internazionale
del Credito Popolare, ha proposto, in sede CEE, facilitazioni per il
finanziamento delle piccole e medie imprese, in particolare nel quadro
del Fondo di sviluppo regionale e, precisamente, la concessione della
garanzia di cambio (concessione di prestiti in moneta nazionale), di
contributi d'interesse su prestiti a medio termine (abbuono sistematico
del Fondo regionale per tutti i crediti globali) e l'assunzione di partecipazioni
minoritarie nel capitale di rischio. E' stata riaffermata la piena disponibilità
della BEI a favorire l'erogazione di prestiti da parte di organismi
specializzati dei paesi aderenti alla Confederazione; per quanto riguarda
l'Italia, la Centrobanca è stata autorizzata ad operare nel Mezzogiorno
e nell'Italia Centro-Settentrionale - aree insufficientemente sviluppate
- per finanziare a tassi inferiori a quelli di mercato le minori imprese
attraverso i prestiti globali.
Utilizzando la struttura capillare della categoria, la Comunità
ha proposto agli istituti di credito popolare di fungere da canale di
informazione tra la Commissione e gli organismi minori. La CICP è
stata chiamata ad operare concretamente nel quadro dell'ufficio di cooperazione
tra imprese (o Bureau de Mariage) come valido intermediario tra le offerte
e la ricerca di collaborazione.
La Confederazione ha prospettato, altresì, la possibilità
di costituire - quando tutte le condizioni politiche, valutarie ed operative
lo consentano - una Banca Popolare Internazionale a completamento ed
integrazione degli istituti a carattere nazionale. Il nuovo organismo,
che si fornirebbe di mezzi sul mercato internazionale, dovrebbe destinare
le proprie risorse alla formazione ed al rafforzamento di un tessuto
industriale di piccole e medie aziende nel pieno rispetto delle finalità
e del ruolo delle Banche Popolari di cui accrescerebbe le possibilità
funzionali e competitive.
Allo stesso spirito di consolidamento e sviluppo del comparto produttivo
delle minori imprese, è stato ispirato il XVII Congresso di Colonia,
che ha confermato il rapporto privilegiato che lega le nostre banche
al mondo delle unità produttive di ridotte dimensioni. Tale è
stato il contenuto comune delle dieci relazioni nazionali e di quella
generale che, illustrando il tema "Le Banche Popolari al servizio
della loro clientela" mira a creare rapporti istituzionalizzati
e permanenti con un settore tra i più vitali dell'economia, attraverso
l'esame globale delle esigenze del settore stesso per poterlo assistere
e finanziare non episodicamente, ma nella sua crescita.
All'impegno sul piano internazionale, espressione del dilatato respiro
dell'economia, le Popolari aggiungono sul piano nazionale un costante
processo di affinamento ed ampliamento dei servizi offerti. La fedeltà
alle opzioni di fondo ha arricchito l'esperienza della categoria di
comportamenti e sensibilità, che permettono di recepire, con
prontezza e maggiore aderenza alla realtà, i problemi delle piccole
e medie imprese, talvolta frenate nel processo di sviluppo da vincoli
molteplici.
La varietà degli interventi predisposti ed il continuo sforzo
di rappresentazione delle esigenze emergenti sono testimonianza tangibile
della capacità di assistenza prioritaria e dell'interesse specifico
delle istituzioni di credito popolare per le attività di minori
dimensioni.
Come è stato più volte sottolineato, il finanziamento
e l'assistenza del mondo delle piccole e medie imprese costituiscono
una scelta di fondo della categoria, che aspira a conservare, nell'ambito
del sistema creditizio, questo gratificante ruolo.
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