La prima cifra indica
che il Mezzogiorno continua a, trovarsi penalizzato per quel che riguarda
gli incentivi. Sono rallentati anche gli impieghi degli Istituti Speciali
di Credito. L'ultimo conteggio definitivo, risultante dai dati messi
a disposizione dalla Banca d'Italia, sottolinea che alla fine del 1978
tali impieghi ammontavano a 14.708 miliardi di lire: l'incremento, rispetto
all'anno precedente, è stato pari all'8,8 per cento; ma resta
la metà di quello (pari al 15,5 per cento) che si è registrato
a favore delle aree del Centro-Nord, dove è stata toccata la
cifra di 39.738 miliardi di lire.
Fra l'altro, il divario è da attribuire in sensibile parte alla
cospicua differenza che si registra tra l'incremento del credito all'industria
delle regioni centro-settentrionali (16,8 per cento) rispetto al Mezzogiorno
(2,5 per cento).
E' da rilevare anche che l'aumento registrato nel Sud risulta per giunta
relativo allo stesso 1978. Le quote maggiori degli impieghi degli Istituti
di Credito Speciale si sono avute in Puglia (3.430 miliardi di lire),
e in Sicilia (3.207 miliardi di lire).
Il cinquantasette per cento degli iscritti nelle liste di collocamento
risiede nelle regioni del Mezzogiorno. Lo ha reso noto la Svimez, che
ha elaborato dati relativi alla fine dello scorso mese di giugno. Secondo
queste rilevazioni, i disoccupati delle regioni meridionali hanno raggiunto
la cifra di 961 mila unità. Nei confronti dell'analogo mese dello
scorso anno, pertanto, si è avuto un incremento inquietante,
pari all'8,5 per cento.
Le regioni meridionali maggiormente colpite dalla piaga della disoccupazione
sono la Basilicata (18,6 per cento in più rispetto allo stesso
mese dello scorso anno), la Calabria (18,8 per cento in più)
e la Sardegna (23,5 per cento in più). Un aumento relativamente
modesto è stato registrato nella regione campana (più
4,4 per cento): va messo in rilievo, in ogni caso, che proprio la Campania
raccoglie, sempre secondo l'indagine della Svimez, il 39 per cento del
totale degli iscritti alle liste di collocamento nel Mezzogiorno. A
sottolineare la gravità dei problemi dell'occupazione nelle regioni
meridionali vengono anche queste cifre fornite dall'Istituto per lo
sviluppo del Sud: gli abitanti del Mezzogiorno, isole comprese, sono
il 35,4 per cento della popolazione italiana, mentre i disoccupati,
come si è già detto, rappresentano il 57 per cento del
totale.
Pesante anche il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni, lo scorso
anno, da parte delle industrie del Mezzogiorno: le più colpite
sono state le meccaniche, le tessili e le chimiche. Tra interventi ordinari
e straordinari, la Cassa integrazione ha concesso 65,5 milioni di ore
al Meridione, contro i 49,6 milioni dell'anno precedente, con un incremento
netto pari al 32,1 per cento. Nel complesso d'Italia, le ore concesse
dalla Cassa integrazione sono state 251,7 milioni, contro i 187,6 milioni
dell'anno precedente (incremento del 34,2 per cento). Tra le regioni
meridionali, il ricorso alla Cassa integrazione è stato particolarmente
forte nella Campania, nella Puglia e nella Sicilia, regioni che, complessivamente,
hanno raccolto il 76 per cento del totale delle ore concesse al Sud.
In termini percentuali, gli aumenti più consistenti tra il 1977
e il 1978 si sono avuti nel Molise, nella Basilicata, nella Sicilia
e in Sardegna.
Lo scorso anno è stato caratterizzato da un forte aumento degli
"interventi straordinari", quelli cioé derivanti da
stati di crisi strutturale delle aziende, che nel Mezzogiorno è
stato del 55,8 per cento, mentre gli "interventi ordinari",
cioé quelli che si riferiscono a difficoltà di carattere
congiunturale, sono aumentati solo del 5,3 per cento.
Per i primi si notano incrementi particolarmente elevati in Basilicata,
in Calabria e in Sicilia.
Nel Centro-Nord, invece, si è avuto un aumento del 58,6 per cento
per gli interventi straordinari, e del 23,6 per cento per quelli ordinari.
L'aumento degli interventi straordinari, occorre sottolineare, evidenzia
uno stato di crisi strutturale in cui si trovano molte aziende italiane,
e in special modo quelle dislocate nelle regioni meridionali. I settori
più colpiti, oltre al tessile, al meccanico, al chimico, sono
stati quelli del vestiario-abbigliamento e dell'arredamento.
E Mezzogiorno è svantaggiato anche per quanto riguarda le spese
dello Stato per la ricerca scientifica e la ripartizione del personale
che si occupa di ricerca. Al Sud, infatti, è destinato solo il
15,8 per cento delle dotazioni finanziarie degli organismi, o unità
di ricerca degli Enti pubblici, contro il 40,58 per cento delle regioni
centrali e il 44,34 per cento di quelle settentrionali. Inoltre, il
personale scientifico (comprendente sia i ricercatori veri e propri
che gli altri, variamente addetti) è pari a 1.318 unità
al Sud, 5.515 al Centro, 4.315 nelle aree del Nord. Suddivisione che
si evidenzia anche negli organici degli Enti preposti alla ricerca.
I ricercatori del CNR, ad esempio, sono 507 (di ventiquattro organi)
al Sud; 1.552 (di novantadue organi) al Centro; e 1.302 (di centoundici
organi) al Nord. Discorso analogo per il CNEN: 207 unità lavorano
al Sud, 1.949 al Centro e 775 al Nord.
Sono i dati della "Mappa della ricerca scientifica in Italia",
tracciata da Maria Carolina Brandi e pubblicata nei Quaderni dell'Istituto
di studi sulla ricerca e documentazione scientifica del Consiglio Nazionale
delle Ricerche.

Passiamo alle cifre, che pur nella loro aridità, documentano
lo stato di inferiorità delle regioni meridionali rispetto al
resto del Paese. Su uno stanziamento, per l'intera ricerca pubblica,
di 517 miliardi di lire, pari al 44,3 per cento di tutte le spese per
la ricerca, la dotazione vera e propria degli organi di ricerca pubblici
è stata di circa 112 miliardi: di questi, al Sud sono andati
16 miliardi 886 milioni, contro i 45 miliardi 428 milioni alle regioni
centrali e i 49 miliardi 645 milioni alle regioni settentrionali. Al
Nord, "la ripartizione dei finanziamenti suddivisi per discipline"
colloca al primo posto ingegneria e tecnologia (42 per cento del totale
per le regioni settentrionali), seguite dalle ricerche nucleari (30,4
per cento), dalla matematica (8,3 per cento), dalla fisica (6,6 per
cento) e dall'agraria (5,9 per cento). Tra le regioni del Nord, la Lombardia
assorbe il 43,5 per cento dei finanziamenti; l'Emilia il 32,7 per cento;
il Piemonte il 15,6 per cento. Per le regioni centrali, cifre concentrate
essenzialmente nel Lazio, che assorbe il 35 per cento del totale nazionale
e l'86,3 per cento delle regioni centrali. Tutte le discipline sono
presenti, ma i maggiori fondi spettano alle nucleari (60,4 per cento
del totale regionale), seguite dalla fisica.
E Mezzogiorno si divide un sudario in mille brandelli.
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