E' certo che
le regioni meridionali pagheranno lo scotto di un'altra politica mancata,
o quanto meno "slittata".
La centralità del Mezzogiorno nel Piano era fuori discussione.
Esso affermava che gli incrementi in investimenti, prodotto, occupazione
devono distribuirsi, per quanto possibile - conformemente alla distribuzione
geografica delle eccedenze dell'offerta di lavoro: che è concentrata
nel Mezzogiorno.
Se, in seguito alla crisi attuale, l'immigrazione meridionale dovesse
riprendere, eserciterebbe una pressione dirompente sugli equilibri delle
regioni a più alto sviluppo urbano e industriale.
Allo stato delle cose, non sapremmo dire che fine abbia fatto il Piano
Triennale; né potremmo affermare, senza lasciarci prendere da
almeno un minimo di scetticismo, se sia ancora valido in tutte le sue
componenti. Quel che è certo, è che le regioni meridionali
pagheranno lo scotto di un'altra politica mancata; o per lo meno, di
un'altra politica "slittata". Eppure, la centralità
del Mezzogiorno nel Piano era, ed è; fuori discussione. Per la
sua filosofia, e per le linee programmatico-operative, sempre valide,
dunque non ancora obsolete. Non a caso, il primo dei paragrafi riguardanti
il Sud afferma che "l'indicazione degli effetti territoriali delle
azioni programmatiche deve acquistare una particolare specificazione
nel Mezzogiorno". Secondo il Piano, dunque, gli obiettivi del programma
hanno una loro essenziale qualificazione territoriale: non basta che
gli investimenti, il prodotto e l'occupazione aumentino, "occorre
che il loro aumento si distribuisca nel modo più conforme possibile
alla distribuzione geografica delle eccedenze attuali e potenziali dell'offerta
di lavoro". Questa è stata e sarà concentrata - dice
il Piano - nel Mezzogiorno. Fino alla crisi recente, l'immigrazione
meridionale ha consentito condizioni eccezionali di elasticità
all'offerta di lavoro nelle altre regioni. Se dovesse riprendere, eserciterebbe
una pressione dirompente sugli equilibri sociali e insediativi delle
regioni a più alto sviluppo urbano e industriale.
Negli ultimi anni, riconosce il Piano, si è creato un nuovo dualismo
tra le grandi aree urbane delle zone centro-settentrionali e quelle
meridionali, le une e le altre in crisi, ma per motivi diametralmente
opposti. Nelle prime, la crescita incontrollata ha portato a saturazione
gli insediamenti produttivi e abitativi e a grossi problemi di inquinamento
ambientale. Nelle seconde, l'addensamento delle eccedenze di offerta
di lavoro ha determinato i più bassi tassi di attività,
i minori tassi di crescita del reddito pro-capite, il maggior degrado
del patrimonio abitativo, le tensioni sociali più gravi.
Di conseguenza, l'epicentro della questione meridionale si è
spostato dalle campagne alle città e alle aree urbane. Un intervento
pubblico commisurato alla gravità dei problemi del Mezzogiorno
- sostiene il Piano - dovrà soprattutto "affrontare la riqualificazione
delle città e delle aree metropolitane". Operazione per
la quale sono coessenziali quegli interventi diretti a mantenere le
popolazioni nelle aree interne.
Perché la ripresa degli investimenti e l'incremento di posti
di lavoro che potrà derivarne si localizzino nelle regioni meridionali,
nella misura richiesta dalla gravità dei problemi di occupazione
dell'area, non è sufficiente che si realizzino le condizioni
indicate nella prima parte del programma come necessarie per rendere
disponibili risorse addizionali per gli investimenti e per rendere conveniente
la loro utilizzazione. In quanto condizioni di ordine generale, esse
presuppongono meccanismi di mercato e forze imprenditoriali in grado
di cogliere le opportunità cui esse daranno luogo: meccanismi
e forze presenti nelle regioni di più antica industrializzazione,
ma sostanzialmente assenti o deboli nel Mezzogiorno, il cui apparato
industriale, in massima parte di formazione recente, si caratterizza
per la preminenza di grandi impianti facenti capo ad imprese esterne,
operanti soprattutto in settori che, per effetto di modificazioni produttive,
sono oggi in crisi o presentano prospettive di crescita assai lenta.
Di qui l'importanza del ruolo che, nella fase attuale, assume per il
Sud l'intervento pubblico per la formazione del capitale.
L'elaborazione di un programma triennale valido per l'intero sistema
economico nazionale "rappresenta un momento fondamentale per l'impostazione
di linee coerenti di sviluppo del Mezzogiorno". Esso consente l'inserimento
del programma quinquennale per il Mezzogiorno nel quadro di indirizzi
programmatici per l'economia nazionale, e ribadisce il carattere pregiudiziale
che assume nel programma triennale la verifica della compatibilità
meridionalistica per ogni misura e per ogni tipo di intervento.
Nel fornire l'indicazione delle azioni che saranno svolte nel triennio
dai diversi soggetti pubblici che operano nel Paese, sostiene il Piano,
il programma individua quelle tra di esse che si realizzeranno nel Mezzogiorno:
"Ciò consentirà che in sede di aggiornamento del
programma quinquennale per il Mezzogiorno si pervenga all'effettivo
coordinamento dell'intervento straordinario con quello ordinario, statale
e regionale".
Rileva il paragrafo 194 del Piano: allo scopo di assicurare al Sud le
iniziative industriali a più alto contenuto di occupazione e
di conseguire nel periodo 1979-81 il massimo dell'effetto occupazionale
derivante dalla realizzazione delle stesse, per i nuovi assunti, nel
periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del provvedimento e il
31 dicembre 1981, ad incremento delle unità effettivamente occupate,
nelle aziende artigiane, nelle imprese alberghiere e nelle aziende industriali
ubicate nel Mezzogiorno, è stato prorogato per dieci anni lo
sgravio contributivo per le iniziative realizzate nel triennio. In questo
quadro (che prevede particolari condizioni di favore per la Calabria),
l'intervento straordinario "mantiene un'incidenza rilevante nello
sviluppo del Mezzogiorno": esso si attua principalmente attraverso
i progetti speciali della Cassa per il Mezzogiorno che hanno la caratteristica
di interventi organici a carattere intersettoriale o interregionale,
e mirano a sciogliere alcuni nodi strategici. Essi si propongono come
premessa all'efficacia delle iniziative regionali, nel senso che tendono
a promuovere un fattivo raccordo tra le proprie azioni, quelle dei progetti
regionali di sviluppo, e quelle ordinarie regionali.
I progetti speciali, com'è noto, sono stati impostati lungo tre
linee prioritarie:
1) la prima linea è volta ad assicurare continuità di
azione e il conseguimento di risultati completi e coerenti nel reperimento
e nella razionale utilizzazione delle risorse idriche (Progetto speciale
irrigazione). L'obiettivo è di garantire nello stesso tempo l'approvvigionamento
idrico per usi civili e produttivi e la valorizzazione irrigua di vaste
aree del Mezzogiorno, con una visione unitaria e globale del problema
dell'acqua nel Sud. Per quanto riguarda il settore idrico (per il quale
è stata già determinata finora una spesa di circa 700
miliardi di lire), le azioni previste nel triennio "determineranno
il conseguimento di alcuni importanti obiettivi fisici con un incremento
di oltre un miliardo di metri cubi all'anno nel volume addotto per usi
potabili (gli abitanti serviti cresceranno di 3,7 milioni); di 1,5 miliardi
per usi agricoli e di 400 milioni per usi industriali. Tale azione sarà
sostenuta da un impegno finanziario di 4.000 miliardi e si concreterà
in una spesa nel triennio di circa 1.300 miliardi. Nel connesso settore
dell'irrigazione, ai 260 mila ettari già in corso di attrezzatura
con il Progetto speciale, si aggiungerà un intervento progressivo
su altri 403 mila ettari (di cui oltre 100 mila nel '79), con un impegno
di spesa che raggiungerà i 2.000 miliardi e che farà ascendere
la spesa effettiva a 680 miliardi di lire circa nel triennio.
2) La seconda linea si propone di determinare un processo di sviluppo
nel Sud, che, oltre a una riduzione del divario tra l'area e il resto
del Paese, porti ad attenuare squilibri interni all'area stessa.
Alcuni interventi saranno volti a creare le premesse per il decollo
produttivo e la crescita sociale delle aree interne (Progetto speciale
aree interne). Altri interventi saranno destinati a porre rimedio al
deterioramento del tessuto urbano delle più congestionate aree
metropolitane del Sud (Progetto speciale per Napoli e Palermo).
Sia le Regioni, sia le principali municipalità interessate, parteciperanno
alla gestione degli interventi. In particolare, il nuovo Progetto speciale
per le aree interne, al quale sono destinati massicci interventi finanziari
(impegno di spesa di circa 3.000 miliardi di lire), mira a realizzare
in ambiti delimitati un coordinato sforzo dell'azione ordinaria e straordinaria,
facendo perno sul potenziamento delle economie locali (e in particolare
delle Comunità Montane) e si attiva attraverso interventi che
riguardano i servizi di assistenza alle imprese, l'agricoltura, l'artigianato
e la piccola industria, il turismo, i servizi civili, e sono rivolti
a realizzare la crescita e il reinserimento delle attività produttive
nel mercato; essi tendono, quindi, a stimolare e sostenere l'imprenditorialità
e faranno perno sui soggetti istituzionali che sono in grado di organizzare
la domanda potenziale di investimento. Per sostenere questo sforzo di
autopromozione e autogestione dello sviluppo, il Progetto speciale finanzia
servizi di assistenza alle imprese con funzione di servizio pubblico
ed attività di supporto tecnico-amministrativo alle iniziative
produttive private e a carattere associato. Per le aree metropolitane
di Napoli e Palermo, gli interventi principali sono rivolti alla riqualificazione
di alcune fondamentali funzioni: dei trasporti (viabilità e porti),
industriale, terziaria e commerciale, residenziale (recupero del patrimonio
edilizio esistente e riqualificazione del tessuto urbano). Sono previsti
interventi nel triennio di 394 miliardi perNapoli e 336 per Palermo,
cui faranno seguito spese dell'ordine di 100 miliardi per ciascuna di
queste aree.
3) La terza linea, infine, è diretta a sostenere lo sviluppo
delle attività produttive - specie connesse all'agricoltura -
mediante il completamento dei progetti promozionali già avviati,
che mirano sia a indirizzare la produzione agricola verso quei comparti
la cui carenza produttiva concorre al deficit della bilancia commerciale,
sia a coinvolgere territori in via di emarginazione produttiva ma ancora
passibili di utilizzazioni economiche. In entrambi i casi, è
perseguita una stretta correlazione programmatica, non solo con il Progetto
speciale irrigazione, ma anche con quelli relativi alle zone interne
e alla commercializzazione, attraverso cui si realizzerà un'azione
di sviluppo di moderne strutture di industrializzazione agro-alimentare,
di distribuzione e commercializzazione, potenziando al massimo la funzione
associativa. In particolare, per la zootecnia nel triennio saranno assunti
impegni per circa 2 75 miliardi, cui corrisponde una produzione carnea
di oltre tre milioni di quintali; per l'agrumicoltura saranno assunti
impegni per 122 miliardi, con i quali saranno attrezzati 36 mila ettari
di agrumeti tra nuovi impianti e riconversione; mentre per la a scopi
produttivi saranno assunti impegni per 135 miliardi, superando la media
annuale di 20 mila ettari rimboschiti. Rilievo particolare assume inoltre
il Progetto speciale che si propone di potenziare il flusso di ricerca
scientifica e tecnologica prodotto nel Sud attraverso il potenziamento
delle strutture di ricerca nel Mezzogiorno e anche mediante la formazione
di nuovi ricercatori e tecnici in numero di oltre 3.500.
Il programma della Cassa del Mezzogiorno in materia di infrastrutture
industriali, secondo il Piano, dovrà svolgere un ruolo di supporto
e di stimolo al processo di industrializzazione. Esso riguarda tre categorie
d'interventi:
a) interventi per il completamento funzionale degli agglomerati dov'è
già in atto il processo di industrializzazione. Per il '79 sono
state già definite opere infrastrutturali per 266 miliardi. Per
il biennio '80-81 sono stati definiti i criteri e gli indirizzi operativi
(piena utilizzazione delle aree già attrezzate; massima efficienza
i investimenti; proporzionamento delle infrastrutture alle esigenze
effettive degli insediamenti esistenti o di sicura realizzazione), mentre
in sede di formulazione dei programmi annuali si puntualizzeranno gli
interventi tenendo conto anche delle proposte regionali. Per questi
interventi si stima un fabbisogno di 350 miliardi per ciascuno dei due
anni;
b) interventi di prima attrezzatura minima funzionale per la promozione
degli agglomerati interni. Essi si articoleranno nelle seguenti categorie
di opere: approvvigionamento dell'energia elettrica; acquedotti; fognature;
viabilità. Il fabbisogno previsto è nel triennio di 100
miliardi;
c) interventi connessi ai nuovi pareri di conformità emessi dal
CIPE. Le infrastrutture connesse sono attualmente previste in 200 miliardi,
di cui 50 nel 1979, poi 70 nel 1980 e 80 nel 1981. Per tutti gli interventi
in corso di realizzazione nel settore si prevede inoltre un fabbisogno
nel triennio per perizie suppletive e revisione prezzi di circa 380
miliardi. Complessivamente quindi, dal 1979 al 1981, saranno assunti
impegni per oltre 1.600 miliardi. Il divario tutto esistente tra le
condizioni dell'area meridionale e quelle richieste per una spontanea
diffusione di imprese, soprattutto medie e piccole, capaci di operare
in diretta concorrenza con l'industria europea, conferma la necessità
di assicurare un'effettiva copertura degli oneri addizionali. Le aree
di intervento riguardano tutti i tipi dimensionali di impresa. Infatti,
secondo il Piano occorre:
- recuperare l'efficienza del fragile tessuto delle piccole industrie,
incoraggiandole a conseguire dimensioni e strutture ottimali e ad impiegare
tecnologie adeguate,
- assicurare la presenza di nuove aziende di medie dimensioni, che sono
state finora le grandi assenti;
- assicurare anche perla grande dimensione il sorgere di vere imprese
e non solo di impianti produttivi.
A fronte del volume globale di investimenti agevolabili nel triennio,
si prevede un impegno della Cassa per complessivi 5.480 miliardi, (3.080per
contributi in conto capitale; 2.400 in conto interessi). Di questi,
1. 650 per il solo 19 79.
Il volume degli impegni assunti globalmente dalla Cassa nel triennio
nei' tre principali settori d'intervento (progetti speciali, infrastrutture
industriali e incentivi alle industrie) sarà di 20.948 miliardi
di lire.
Conclude il Piano: si collega all'intervento straordinario per il Sud
un particolare impegno del Governo per quelle situazioni note comunemente
come "punti di crisi". Il problema della disoccupazione nel
Sud è infatti più grave in quelle zone dove alle note
difficoltà di carattere strutturale si sono aggiunte quelle di
origine internazionale, che hanno colpito specifici settori di attività.
Mentre nelle aree più sviluppate del Centro-Nord, dove esisteva
un robusto tessuto di imprese, soprattutto medie e piccole, e dove era
presente una vasta gamma di settori merceologici, la crisi in genere
ha potuto essere assorbita senza grossi traumi, nelle zone meridionali
di recente industrializzazione, dove invece la presenza del grande complesso
industriale costituiva un polo di riferimento all'attività ed
ai programmi di un vasto comprensorio, la crisi ha colpito un organismo
non ancora maturo e quindi particolarmente esposto. Soprattutto nelle
aree dove erano concentrate imprese chimiche e siderurgiche e nelle
quali, quindi, più intensa era stata l'attività di investimento,
non esisteva alcuna possibilità endogena di reagire alle difficoltà
createsi in quei settori. La crisi settoriale sì è così
trasformata in quelle zona in crisi generalizzata, con effetti moltiplicativi
sulla disoccupazione e di degradazione economico - sociale.
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