Viaggiatori in Salento (1)




Enzo Panareo



Tre anni prima del viaggio del Riedesel nel Sud d'Italia, nel 1764 cioè, appare in Inghilterra il romanzo Il castello di Otranto, "a Gothic Story", dell'inglese Orace Walpole, il quale con questo tetro racconto, che il Praz ha definito "svago di un dilettante medievalista" (1), inaugura quella che sarà la copiosa produzione dei tales of terror, ma dà anche una immagine non molto ortodossa, in realtà, e lusinghiera del Salento, o quanto meno della cittadina adriatica, presso gli inglesi. Infatti, il Ramage, che dall'Inghilterra scende in Italia e nel Salento nel 1828 per un Grand Tour, tornando in patria con una efficace descrizione di queste contrade, dice che il nome di Otranto "nei miei ricordi giovanili associavo al romanzo di Orace Walepole, Il castello di Otranto".
Con quale sentimento è facile immaginare!
Al Riedesel (2), comunque, tengono dietro, nel 1783, l'inglese Henry Swinburne e, nel 1789, lo svizzero Carlo Ulisse De Salis Marschlins. Lo Swinburne fu seguito, per restare agli inglesi, lungo tutto l'Ottocento, da Crauford Tait Ramage, Edward Lear, George Gissing, Norman Douglas e Janet Ross (3). I travelogue si moltiplicano e definiscono dell'Italia del Sud, della Puglia e del Salento immagini e situazioni cui ad un certo momento conviene che attingano gli studiosi di storia, di economia e di sociologia.
,Autore dei Travels in the Two Sicilies, Henry Swinburne percorre, in lungo e in largo, la regione pugliese. Divisa in due itinerari, la relazione dello Swinburne è attenta ai particolari, anche curiosi. Egli mostra di apprezzare il paesaggio pugliese, la cui descrizione ricorda alcuni dipinti ad olio del De Nittis (4) e propone calzanti osservazioni sulla posizione marittima del porto di Otranto, cittadina della quale, peraltro, ricorda la storia, diffondendosi, inoltre, sulla cattedrale, che erroneamente dice gotica, e sul bellissimo mosaico la cui simbologia è accostata a quella del poema dantesco. La campagna salentina, folta di lecci, ricorda al viaggiatore alcuni paesaggi della Linguadoca e dell'Andalusia, mentre il porto di Brindisi è da lui considerato "the finest in the Adriatic".
Con la massiccia relazione del viaggio compiuto nel Regno di Napoli dal giovane eintelligente patrizio Carlo Ulisse De Salis Marschlins (5) la memorialistica dei viaggiatori stranieri in Italia si pone decisamente in un'atmosfera che, fortemente risentendo degli stimoli intellettuali diffusi in tutta l'Europa dal moto illuministico impostosi alle coscienze, è attenta alle cose concrete, ai problemi reali, ai fatti come proiezione di un pensiero che, svincolato, per intenso processo di elaborazione teorica, dai moduli tradizionali di osservazione della realtà, tende all'edificazione di una società nuova.
Dotato di solida cultura classica, assimilata non come edonistico vagheggiamento dell'intelletto, ma come spinta alla conoscenza di realtà da trasformare, il De Salis Marschlins percorre il Regno di Napoli ed il Salento con l'occhio dell'osservatore perspicace cui nulla sfugge dei processi economici e sociali in atto, interessato ai risultati positivi, ma anche alle vistose contraddizioni, di una economia gravida di fermenti da sollecitare adeguatamente. Ma l'economia, quella agricola nelle regioni meridionali, è anche lo specchio di un popolo, del suo grado di evoluzione, ed è per questo che al perspicace osservatore, il quale sa dove cercare le occasioni, torna agevole stendere, attraverso tutta una somma di calzanti notazioni, un discorso organico sul temperamento dei popoli visitati, di modo che la relazione del viaggio, ricca di capillari riferimenti scientifici, può essere letta anche in chiave di sociologia, tante sono le osservazioni sugli usi e costumi delle popolazioni con le quali il viaggiatore entra in contatto. Osservazioni la cui modernità rivela una intelligenza adusata all'analisi in quanto riflesso di un metodo dinamico di studio della realtà.
Con la vigorosa relazione del De Salis Marschlins, insomma, il clima intellettuale, rispetto a quello di precedenti viaggiatori estatici di fronte alle gloriose rovine del mondo classico e divertiti dal contatto episodico con le popolazioni, è diverso e rispecchia le ipotesi culturali realizzate dal secolo dei lumi, spregiudicatamente operanti.
La problematica, in sostanza, dalla quale è sorretta la relazione del viaggio compiuto nel Reame dal Galanti dal 1790 al 1796. Né il Galanti, che visitò il Salento nel 1791, né il Ceva Grimaldi, autore di un Itinerario da Napoli a Lecce e nella provincia di Terra d'Otranto Nell'Anno 1816 (6), sono stranieri ed il loro consapevole peregrinare noti rientra nel turismo d'elite; pertanto, allorché annotano i risultati delle visite compiute si rifanno ad uno spirito di oggettività che, escludendo qualsiasi particolare pittoresco, qualsiasi annotazione men che rigorosamente verificata, qualsiasi pregiudizio che non sia quello della verità dei fatti, è lo specchio reale di una situazione socio-economica. La "rappresentanza" della provincia di Lecce del Galanti, visitata di "sovrano comando", datata Taranto 24 aprile 1791, è l'immagine fedele di una provincia le cui risorse umane ed economiche, se meglio utilizzate, potrebbero dare alla generale economia del Reame più di quanto danno. Corre, infatti, lungo tutta la relazione del Galanti uno spirito laico e riformatore che tradisce, nell'ambito di quell'illuminismo cui anche il Salento dette non irrilevante contributo (7), l'intima tensione dello studioso serio, severo e conseguente il quale non esita a rappresentare le cose così come sono.
Entrambe le relazioni, quella del Galanti e quella del Ceva Grimaldi, il quale, più temperato rispetto al Galanti per una più cordiale osservazione dei luoghi e delle genti, non si è tuttavia privato delle "tavole statistiche depositate nel Ministero degli affari esteri" per la stesura della sua relazione, danno, tra lo scorcio del Settecento ed i primi dell'Ottocento, pieno il senso di una gestione politica interessata ai problemi dello Stato ed aperta, malgrado tutto, alle istanze di rinnovamento che all'interno traggono stimolo dal pensiero che viene d'oltralpe.
Per dare un'idea della sensibilità del Ceva Grimaldi basta citare tra le tante, un'osservazione del genere:

" ... L'architettura in Lecce è assai negletta: la vasta casa dei Gesuiti, oggi occupata da' tribunali, è il più informe ammasso di pietre, che vi sia in tutto il regno: la facciata della chiesa di S. Croce è talmente stravagante che ricorda i sogni di un infermo in delirio ... "

cui si contrappone quella del Ramage, il quale decisamente afferma:

" ... Ho trovato che Lecce è una grande città ... molto ben costruita con strade larghe e regolari come si vedono di rado da queste parti e vi sono pure alcuni edifici veramente belli. E' chiaro che è una città che svolge delle importanti attività commerciali e vi sono, infatti, fabbriche di articoli di lana, di cotone e di seta, oltre all'olio ed al vino ... "

Crauford T. Ramage, inglese, dimorò a Napoli, in qualità di precettore dei figli del console Henry Lushington, dal 1825 al 1828, anno in cui affrontò il viaggio nelle province meridionali. Innamorato dell'antichità, il Ramage sa, visitando queste estreme regioni del Regno delle Due Sicilie, dove appuntare lo sguardo. Pur sedotto, infatti, dalle vestigia della Magna Grecia, che sul suo animo sensibile esercitano un irresistibile fascino, il Ramage non trascura di osservare la vita quotidiana delle popolazioni con le quali viene a contatto, ricavandone osservazioni pertinenti al punto da suscitare l'ammirazione del connazionale Norman Douglas, il quale non esita a dichiarare, a proposito di The Nooks and ßy-Ways of Italy (8) (Angoli reconditi e strade remote in Italia) " ... E' un libro onesto e ricco di pensiero, e abbonda in bonarie strizzatine d'occhio ... Un libro davvero sagace". Infatti, se nulla sfugge a questo scozzese per ciò che riguarda i resti della civiltà classica ed il carattere delle genti, ritratte con notazioni acutissime, estremamente calzanti, nulla sfugge, anche, della situazione socio-economica, tanto da proporre in tutto il contesto del discorso una serie di rilievi indispensabili ad una migliore conoscenza, in tal senso, delle regioni visitate. Spirito illuminista, il Ramage, che dedica il suo libro alla memoria del Generale Carlo Filangieri suo amico, in Terra d'Otranto osserva gli eventi, spesso pittoreschi, per non dire altro, che il sentimento religioso delle genti realizza, ma, tutt'altro che disinteressato, vuol dire la sua. Sottotitolo esplicativo del libro è Wanderings in Search of its ancient remains and modern superstitions (Girovagando alla ricerca di antichità e di superstizioni moderne): vanno collocate in quest'ottica le "bonarie strizzatine d'occhio" intraviste dal Douglas a proposito di un temperamento, qual è quello del Ramage, cui sta a cuore il senso della storia, il rispetto del dato storico rigorosamente verificato. Sta anche, e forse soprattutto, in questo la seduzione che le pagine dell'arguto scozzese esercitano sul lettore. Ecco un appunto molto significativo:

" ... mi recai a trovare un canonico nella chiesa parrocchiale che possedeva un manoscritto con la storia di Uxentum; ma avendo scoperto che questi poneva la data della fondazione di Uxentum a qualche anno dal diluvio universale e che aveva fatto ricorso più spesso all'immaginazione che ai dati storici per sostanziare il suo racconto, non ebbi più voglia di esaminarlo ... "

Precursore, almeno per quanto riguarda il senso del classicismo, del Gissing, che fu invece scrittore stilisticamente felice, il Ramage resta colpito favorevolmente dall'architettura di Lecce, ma esprime molte riserve sulla chiesa di S. Croce ed è, questo, un dato che va sottolineato in quanto furono in molti tra gli stranieri venuti a Lecce in quegli anni a parlare sfavorevolmente della decorazione della chiesa di S. Croce. Importante è in questo viaggiatore solitario e materialmente sprovveduto, ma anche sagace, intelligente e spregiudicato, l'interesse per un fenomeno come il tarantolismo che, come già lo Swinburne, spiega facendo discendere le tarantolate dai culti orgiastici delle antiche sacerdotesse della dea Cibele. Edward Lear, pur possedendo il senso del paesaggio - egli è, infatti, un Landscape Fainter - non mostra di restare colpito da una regione pittoresca come la Puglia, nella quale, comunque, s'era trovato per caso. Infatti non lascia nulla di scritto o di dipinto e s'ignora, infondo, se abbia mai visitato qualcuna delle più importanti città pugliesi.

(1-continua)


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