La posizione
geografica della Puglia, e del Salento in particolare, aveva fatto ritenere
che nella preistoria tali contrade avessero vissuto ai margini dei centri
propulsori di civiltà, assorbendo e smorzando nelle tradizioni
arcaiche e nel sostanziale immobilismo culturale ogni impulso nuovo
proveniente dall'esterno.
In questi ultimi decenni il moltiplicarsi degli scavi archeologici e
l'accumularsi delle scoperte hanno portato a una sostanziale revisione
di tale concetto: ne è emersa una Puglia che appare come un ponte
gettato tra Penisola Italiana e Oriente, come un punto di transito -
ma anche di arrivo - di genti e di influenze vive e vitali.
Alle soglie della storia, gli Illiri, cacciatori e allevatori indoeuropei,
avevano attraversato l'Adriatico e sconfitto, sovrastato e assimilato
le genti che prima di loro si erano stanziate in Puglia.
Ma chi erano queste genti?
Nel nostro viaggio a ritroso nel tempo le tappe si allungano: la storia
viaggia per anni, per la protostoria le tappe sono di secoli, più
indietro ancora possiamo solamente ragionare per millenni.
Diciamo dunque che ci troviamo nel Neolitico, grosso modo fra il 5°
e il 3° millennio A.C., secolo più, secolo meno.
La posizione geografica della Puglia e del Salento in particolare, aveva
fatto ritenere che, nella preistoria, fossero state contrade sperdute
ai margini dei centri propulsori di civiltà. Si pensava trattarsi
di società in cui il persistere di tradizioni arcaiche e il sostanziale
immobilismo culturale assorbivano e smorzavano gli impulsi nuovi provenienti
dall'esterno.
In questi ultimi decenni però, l'accumularsi delle scoperte e
degli scavi archeologici, ha portato ad una sostanziale revisione di
tale concetto e la Puglia si è rivelata invece addirittura un
ponte gettato fra l'Italia e l'Oriente, un punto d'arrivo e di transito
di genti e di influenze vive e vitali.
Ma da dove venivano questi popoli?
Ancora una volta la risposta viene dalla ceramica, questo materiale
così umile ma così prezioso per l'archeologia.
In un villaggio scavato a Prato Don Michele, nelle isole Tremiti, è
venuta alla luce la prima ceramica impressa che caratterizzerà
l'inizio del Neolitico. La medesima ceramica è stata ritrovata,
in insediamenti posteriori, negli approdi costieri della Grotta Drisiglia
pressi Vieste, a Torre a Mare presso Bari e più in giù
alla grotta del Guardiano presso Polignano.
Ancora una volta la penetrazione di antiche popolazioni in Puglia avviene
attraverso l'Adriatico.
Una successiva ondata segue portando in Puglia genti provenienti dalla
Tessaglia, come ancora è testimoniato dalla ceramica che, oltre
ad essere impressa, è ora anche dipinta a fasce rosse come quella
balcanica di Dimini.
Si ha così la lenta formazione di una unità culturale
autonoma, con sviluppo dell'agricoltura e formazione di insediamenti
stabili. Questa nuova cultura si trasformerà poi in una forza
propulsiva che si svilupperà in tutta l'Italia Meridionale per
incontrarsi poi e scontrarsi e fondersi con altri influssi provenienti
da direzioni diverse e dare così origine a quella civiltà
agricola e matriarcale che ha caratterizzato il neolitico italiano fino
all'arrivo degli Indoeuropei.
Nel IV Millennio la Puglia era quindi popolata da genti che praticavano
ancora la caccia e la raccolta ma avevano anche iniziato la coltivazione
dei campi, che porta all'abbandono del nomadismo e alla costruzione
di abitazioni non precarie.
Appartengono, infatti, a questo periodo i primi villaggi fortificati,
circondati da due o più trincee o recinzioni in pietrame, più
o meno circolari e concentriche, in cui la più interna racchiude
i resti di capanne mentre le altre potrebbero essere servite a proteggere
il bestiame o a coltivare i prodotti essenziali.
Le necropoli sono caratterizzate da sepolture di inumati, coricati sul
fianco sinistro e con le gambe rannicchiate.
Armi e utensili sono in selce finemente lavorata e rifinita o in pietra
verde levigata. Veniva anche lavorata la delicata ossidiana, il taglientissimo
vetro vulcanico che fece la fortuna di Lipari.
La ceramica era lavorata a mano e incisa prima della cottura servendosi
di conchiglie, stecche, canne, con motivi a serie di punte, a denti
di lupo o a cerchi concentrici. In seguito all'incisione si aggiunse
la pittura, prima monocroma, poi, scomparsa l'incisione furono aggiunti
altri due colori, si sviluppò la decorazione e si giunse infine
all'affermazione di uno stile originale caratteristico delle Puglia,
denominato "stile della Scaloria", dalla Grotta presso Manfredonia
dove fu identificato per la prima volta.
Lo stile della Scaloria, con la sua diffusione in tutta l'area pugliese,
ma solo su questa, ci presenta per la prima volta la Puglia come sede
di una facies culturale autonoma ed unitaria. Dallo stile di Scaloria
si sviluppa quello di Serra Alto la cui mirabile fioritura e la grandiosa
espansione mostrano nell'unità culturale pugliese il centro propulsore
di un processo assai più vasto di sviluppo che si diffonderà
in Campania, in Calabria, a Lipari, in Sicilia e fino a Malta e verso
il Nord, attraverso l'Abruzzo e il Lazio, fino in Toscana.
Siamo alla fine del IV Millennio A.C. e la civiltà neolitica
pugliese è nel pieno del suo sviluppo.
La diffusione della ceramica di Serra Alto testimonia l'ampiezza dell'influenza
pugliese, la sua quantità e varietà di forme e di ornato
di fanno vedere quanto sia ricca ed evoluta questa civiltà.
A complemento di quanto ci ha rivelato la ceramica, una recente scoperta
conferma l'importanza della Puglia nell'epoca neolitica.
Un gruppo di speleologi dilettanti seguendo una vipera infilatasi in
un cunicolo (realtà o favola che sia) ha scoperto, in un complesso
di grotte a Porto Badisco, quello che si è rivelato il più
importante insieme di opere d'arte neolitica dell'intera Europa.
L'arte paleolitica aveva espresso tra il XII e l'VIII millennio A.C.,
con immagini di un naturalismo incredibile, la vita di una società
dedita ancora esclusivamente alla caccia. Di tale epoca sono giustamente
famose le pitture delle grotte di Lascaux e di Altamira nei Pirenei.
In Italia tale arte, giustamente denominata franco-cantabrica, è
rappresentata dalla bellissima immagine di un toro, venuta alla luce
nel Riparo del Romito, sotto una sporgenza rocciosa nel paesino calabrese
di Papasidero, e alle figure di cavalli nella grotta Paglicci nel Gargano.
Il reperto più antico che si possa invece collegare ancora con
il neolitico è forse quello rinvenuto nel Salento, nella grotta
delle Veneri di Parabita.
Due statuette femminili, scolpite a tutto tondo su osso, databili intorno
al VII Millennio A.C., in cui è evidenziata con grande realismo
la figura della donna prossima al parto, anticipando il culto della
Gran Madre che caratterizzerà la civiltà agricola delle
popolazioni neolitiche.
Tornando a Porto Badisco, assistiamo ad una evoluzione dell'arte dal
realismo delle epoche precedenti ad una astrazione e ad un simbolismo
descrittivo che sembrano quasi voler preludere al racconto, al "fumetto",
al pittogramma.
Sono forse, in fondo, e mi si perdoni l'idea forse un po' audace, quasi
un prologo alla scrittura.
Coesiste nelle immagini una rappresentazione scarna, essenziale ma non
priva di movimento, delle figure umane e animali ed insieme altre raffigurazioni:
geometriche, intricate, complesse, la cui interpretazione è certamente
per noi impossibile.
Come non pensare ai racconti, dipinti su pelli di animali, del pellerossa,
che servivano di traccia, di memoria per tramandare il racconto di viaggi,
di cacce, di guerre?
Se pure a millenni di distanza il livello culturale è il medesimo,
perché non pensare che possa essere uguale anche lo scopo?
Le figure geometriche: quadrati, spirali, zig-zag, serpentine, si compongono
in grovigli che a prima vista sembrano inestricabili, senza senso.
Un attento esame consente tuttavia di mettere in evidenza come talune
figure siano il risultato di una schematizzazione estrema. Così
il Graziani ha osservato che alcune "croci di Malta" possono
derivare dalla metamorfosi di quattro figure umane affrontate.
Gli artisti di Porto Badisco non esprimono quindi probabilmente solo
la realtà che li circonda, ma forse cercano di fissare con la
pittura concetti sovrumani con segni simbolici, forse vogliono rappresentare
esseri superiori che controllano le manifestazioni umane o descrivere
con l'inoltrarsi dei cunicoli nella terra il motivo della discesa agli
inferi, sempre ricorrente negli antichi miti.
Certo è che la scoperta di Porto Badisco ha aperto un nuovo campo
di indagine e di speculazione e che forse in futuro la comparazione
con analoghe rappresentazioni di pari livello culturale potrà
portarci a dare un senso a queste raffigurazioni.
Concludendo abbiamo visto come la Puglia abbia attivamente partecipato
nel Neolitico, come in altri cicli storici, a coagulare influenze esterne,
innovazioni tecniche ed ideologiche fino a farne un modulo di sviluppo
di una civiltà autonoma.
Prima che si apra un nuovo ciclo che vedrà la Puglia protesa
ai nascenti traffici marittimi con l'Oriente mediterraneo, occorre che
il vecchio ciclo si concluda.
La civiltà di Serra d'Alto e di Porto Badisco confluisce con
quella, proveniente dalla Sicilia e detta di Diana.
Insieme si contrappongono all'altra unità culturale che si era
nel frattempo formata al Centro ed al Nord della Penisola e fra questi
due mondi ha luogo un'osmosi che dà origine ad una nuova civiltà.
Ricomincia così il ciclo che ha caratterizzato e caratterizza
il cammino della civiltà dell'uomo.
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