Gli Uffici Studi
della Banca d'Italia e del Governo e gli Istituti di ricerca pubblici
hanno chiuso i conti del 1979 e aggiornato le previsioni 1980. "Abbiamo
chiuso l'anno in bellezza", dicono all'Isco, "grazie a un
ultimo quadrimestre del '79 che ha visto un'espansione produttiva molto
superiore alle attese". Ma "se entriamo nel 1980 meglio di
quanto si pensasse, ne usciremo peggio".
Dopo gli scioperi che chiusero il primo semestre e dopo la pausa di
agosto, l'ondata di ripresa rimbalzò a settembre e ottobre a
ritmi annui di oltre il dieci per cento; la fine d'anno superò
ancora le migliori previsioni. Per queste ragioni il PIL (Prodotto Interno
Lordo) non è aumentato del 4,3%, come diceva a settembre la relazione
previsionale. L'aumento è stato maggiore: del 4,9 - 5 per cento,
dicono alla Banca d'Italia; più vicino al 5 che al 4,5 per cento,
dice l'Isco; del 4,9 - 5 per cento, dico~ no al Ceep e a Prometeia.
Piccole differenze a parte, possiamo parlare della crescita più
forte d'Europa, Est e Ovest.
Altri dati sono stati elaborati alla Banca Centrale e in altri Istituti.
Consumi privati: aumento intorno al 5 - 5,5 per cento. Investimenti
e attrezzature: aumento tra il 6 e il 7 per cento. Costruzioni: crescita
tra il 4 e il 4,5 per cento. Produzione industriale: aumento del 6 per
cento, "e qualcosa anche in più". Produttività:
tra il 5 e il 6 per cento. Esportazioni, in termini reali: tra l'8 e
il 10 per cento. Quota italiana del commercio internazionale: aumento
intorno al 7,2 per cento.
Su quest'ultima cifra è necessario soffermarsi un momento, perché
indica che la nostra competitività sul mercato mondiale è
ancora migliorata. La quota dell'Italia sulle esportazioni mondiali
(a prezzi 1970) aveva avuto nel '72, alla vigilia cioè della
crisi petrolifera, una punta del 6,7 per cento. Era scesa nei due anni
successivi, 1973 e 1974, al 5,9 per cento. Da allora è andata
costantemente risalendo, fino al sette per cento del 1978 e a 17,2 per
cento del 19 79.
Una misurazione affine a questa riguarda il costo del lavoro. Il costo
medio per ora lavorativa è aumentato nel 1979 tra il 15 e il
17 per cento; la produttività essendo cresciuta tra il 5 e il
6 per cento, e tenendo conto ancora di qualche aggiustamento dei cambi,
si deve concludere che il costo del lavoro per unità di prodotto
è aumentato in dollari intorno al dieci per cento: "In linea
con altri Paesi", dicono gli Uffici Studi.
Si possono dare altre cifre, andando più indietro nel tempo.
Partendo dal 1970, con base = 100, il costo del lavoro per unità
di prodotto espresso in dollari era salito nel 1977 in Italia (dopo
la massiccia svalutazione del 1976) a quota 195 e, nella media dei Paesi
concorrenti, a 210. Nel 1978 noi siamo saliti a 225, gli altri a 250;
nel 1979, noi a 253, gli altri a 280. Continuiamo a mantenere un lieve
vantaggio.
E' però meno favorevole l'andamento dei nostri prezzi all'esportazione,
che sono cresciuti intorno a tre-quattro punti in più rispetto
alla media degli altri concorrenti. Peggio, questa media è ottenuta
grazie a un nostro guadagno di cinque punti sul Regno Unito, ma alla
perdita di due-tre punti verso la Francia, di quattro-cinque punti verso
l'area del marco, di sette-nove punti verso la Repubblica Elvetica,
il Canada e il Giappone. Tutto ciò spiega certi cedimenti delle
nostre esportazioni e annuncia pericoli. Intanto,
però, i conti con l'estero sono andati bene. E' stato annunciato
da tempo che la bilancia dei pagamenti ha registrato nel 1979 un attivo
di 1.672 miliardi di lire: questo, dopo un rimborso di prestiti compensativi
di oltre duemila miliardi di lire, e altri movimenti di capitali in
uscita di circa ottocento miliardi di lire. Questo significa che l'avanzo
delle partite correnti è stato attorno ai quattromila e cinquecento
miliardi di lire, grazie al sostanziale pareggio della bilancia commerciale
(calcolata su base Fob), a un attivo del turismo tra i tremila e i quattromila
miliardi di lire, a un saldo attivo anche dei servizi. Questi risultati
sono tanto più notevoli in una annata di forte espansione della
domanda interna: questa, infatti, avrebbe potuto rallentare la corsa
alle esportazioni. Occorre dunque dire che c'è stata una vera
e propria svolta nei comportamenti delle imprese italiane. E' pressoché
raddoppiato, in otto o nove anni, il numero delle imprese che esportano:
erano 48 mila nel 1972; salirono a 56 mila nel 1975; sono infine balzate
a 64 mila nel 1976 e a 75 mila nell'anno successivo. La tendenza continua.
Contro tutta questa serie di dati positivi, c'è quello negativo
e drammatico dell'inflazione: è stata (media di anno su anno)
del 15,2 per cento nel 1979; a fine anno, però, ha sfiorato il
venti per cento. Al Ceep, prevedono per il 1980 un tasso base del 17
per cento. La Banca Centrale parla ora di aumenti dei prezzi al consumo
del 18,5 per cento e dei prezzi dei prodotti interni attorno al sedici
per cento. Questi dati, insieme alla prevista caduta della congiuntura
mondiale, annunciano una drammatica seconda metà dell'anno.
La prima metà, però, andrà ancora forte, come dicono
gli Istituti specializzati. Alla Confindustria, facendo la somma dei
piani di produzione comunicati dalle imprese, annunciano un aumento
della produzione manifatturiera nel primo trimestre di quest'anno (sul
primo trimestre '79) del 2,2 per cento; nel secondo trimestre '80 (sul
secondo trimestre '79) dell'1 per cento, secondo una prima stima. In
altre parole, l'onda di espansione continua, anche se va pian piano
sfiorendo, si va spegnendo. Ma questo proprio si teme: che sarà
più forte la caduta produttiva nella seconda metà dell'anno.

Nell'insieme, sia l'Isco che la Banca d'Italia prevedono per il 1980
un aumento del prodotto interno lordo che oscillerà tra l'uno
e l'1,5 per cento, come già diceva la relazione previsionale.
Ma, con un andamento diverso, più sostenuto nel primo trimestre,
molto più negativo nel secondo. Su questo scenario giocheranno,
però, in modo determinante l'inflazione e la politica di bilancio
e monetaria del Governo. Oltre alla capacità degli italiani di
fare miracoli. Esattamente come si è verificato per l'anno scorso.



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