Di nuovo in fuga




U.B.



L'ultima conferma è arrivata alla fine di marzo. La fuga dei capitali dall'Italia è ripresa, dopo tanti anni, in modo evidente. Tanto che persino la relazione generale sulla situazione economica del Paese presentata al Ministero del Bilancio e messa a punto dall'Isco, dall'Istat e dagli altri principali Enti di ricerca, ha dovuto tenerne conto, inserendo una rettifica ai consuntivi della bilancia dei pagamenti 1980. L'anno scorso, infatti, sono mancati all'appello, secondo la stima della Banca d'Italia, seicento miliardi di valuta rispetto alle spese sostenute dai turisti esteri: gli incassi di valuta sono stati di 7.034 miliardi contro i 7.634 effettivamente spesi e il saldo del turismo è stato di 5.400 miliardi invece di 6.000.
Questo, comunque, è solo uno dei tanti segnali che sia le autorità monetarie sia i singoli operatori hanno registrato prima e dopo le misure monetarie e la svalutazione della lira di domenica 22 marzo. Per la prima volta, dopo tre anni, la Banca d'Italia, grazie allo scambio di informazioni che ha con molte Banche Centrali europee, ha rilevato un forte aumento delle vendite di banconote italiane all'estero. Nel '79, invece, queste vendite erano state pari agli invii ufficiali che Bankitalia fa presso Banche estere. In più, a testimoniare il nuovo fascino che l'investimento all'estero ha esercitato sugli italiani, c'è il vistoso disavanzo degli scambi di merci e servizi nel mese di febbraio, pari a circa 1.800 miliardi. Una cifra record che ha suscitato molti sospetti, perché è più che doppia rispetto a quella del mese precedente (850 miliardi). E questo dato fornisce un'ulteriore conferma che la fuga dei capitali è ripresa con particolare intensità e proprio in epoca recente.
Ma perché è improvvisamente tornata la sfiducia nella nostra divisa?
Soprattutto perché mesi e mesi di conti con l'estero in passivo e di inflazione a due cifre, con un differenziale crescente rispetto ai maggiori partners italiani, sono l'alimento-base di quel l'aspettativa di svalutazione che in effetti si è creata da mesi (già nell'agosto '80 si parlava di modifica della parità) e che costituisce la prima molla della fuga dei capitali. In questo quadro generale (reso ancor più delicato dall'incertezza con cui si muove il governo sui principali problemi economici) si sono inserite alcune caratteristiche tecniche che hanno fatto precipitare la situazione. Di qui, gli acquisti in marchi tedeschi e in franchi svizzeri. E di qui il fenomeno delle banche di Lugano, che hanno ripristinato il lavoro straordinario.
Ma quali canali seguono i capitali destinati all'estero? Tutti quelli classici. Nel caso del turismo, agenzie di viaggio, tour-operators, albergatori sono imboscatori di valuta ottenuta da turisti. Poi, attraverso i noli e i trasporti, gli acquisti di macchinari all'estero, le "partite invisibili". Infine, fenomeno tutto italiano anche per gli aspetti "d'avventura" che comporta, sono tornati al lavoro gli "spalloni", contrabbandieri che una volta facevano varcare i confini al tabacco, e oggi alle banconote: segno che si è messo in moto un grosso meccanismo e che ci si attende ancora molto lavoro da fare.
In effetti, le autorità monetarie italiane sono molto preoccupate per quello che potrà accadere. Prima di tutto, perché con la decisione del 22 marzo si è data alla lira la possibilità di deprezzarsi del 6 per cento rispetto alle altre valute del Sistema Monetario Europeo. Ma la svalutazione sinora subita dalla moneta italiana è stata solo del 2 per cento: c'è un 4 per cento ancora disponibile, che sicuramente è allettante per chi vuole esportare i propri risparmi all'estero. In secondo luogo, secondo gli esperti, questa fuga si sta verificando nonostante che l'economia italiana non sia in condizioni catastrofiche. E' proprio per arginare questa sfiducia e per garantire il risparmio dal deprezzamento della lira che gli operatori concordano sull'urgenza di creare nuovi strumenti interni di investimento, che ribaltino l'attuale tendenza alla fuga dalla carta moneta e dai titoli a reddito fisso.

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