Stato-moloch




Aldo Bello



Il risparmiatore crede di sognare. Lo Stato è disposto a pagare i suoi debiti con interessi del 20-21 per cento, rimborsando in pieno, a chi compra Bot o Cct, la tassa dell'inflazione. E' una novità per il nostro mercato del reddito fisso, che da anni èabituato a remunerare il risparmio con interessi nettamente inferiori all'erosione inflazionistica. Come si spiega tutto questo scialo? Detto francamente: è mai possibile che il Ministero del Tesoro sia disposto a remunerare col 10 per cento, per solo sei mesi, il risparmio investito negli ultimi Cct, quando alla posta o in banca questo tasso di interesse si ottiene, e neanche agevolmente, per un periodo doppio, cioè per dodici mesi?
La realtà è questa: lo Stato è ormai con l'acqua alla gola, ed è disposto a tutto pur di reperire il denaro occorrente per coprire i suoi debiti. La struttura del debito pubblico va sempre più peggiorando ed è sempre più difficile trovare finanziamenti di medio-lungo termine, mentre quelli di breve, coperti con emissione di Bot, sono ovviamente molto costosi. Sono lontani i giorni in cui lo Stato riusciva a finanziarsi a un costo del 5-6 per cento.
L'ultimo prestito a buon mercato (i Bpt 5,5 per cento per l'emissione di 250 miliardi) scadrà il primo aprile 1982. Resteranno poi in vita soltanto i Bpt al 12 e 15 per cento per circa 18 mila miliardi di lire. Ma anche questi tassi sembrano oggi più che convenienti, dopo quanto è successo negli ultimi mesi. La maggior parte del debito pubblico è quindi finanziata dai Bot (86.500 miliardi di lire, pari al 63,8 per cento dei 135.482 miliardi emessi come titoli di Stato). Ma il dato ancor più preoccupante è che ben 76 mila miliardi di lire (fra Bot e Cct) scadranno entro la fine dell'anno. Il nostro Stato non si era mai trovato di fronte a una tale mole di debiti da rinnovare in breve tempo. Per ottenere il rinnovo, occorre pagar bene il risparmiatore. Eppure, malgrado il recente forte rialzo dei titoli di Stato' alcune aste mensili non sono andate bene, e la Banca d'Italia ha dovuto acquistare il giacente con la stampa di moneta inflazionistica. Per non lasciare in giro questa liquidità, l'Istituto Centrale rivenderà i Bot, facendo leva sul loro rendimento, riducendo cioè il prezzo di cessione per attirare l'interesse dei risparmiatori. In altre parole, come è stato sottolineato, si sta assistendo a un veloce adeguamento dei rendimenti dei titoli di Stato al tasso di inflazione. Nessuna sorpresa, dunque, se i depositi bancari ne risentono negativamente. Per competere ad anni pari con il tesoro dello Stato, le banche dovrebbero remunerare il risparmio con tasso di .interesse lordo del 25 per cento, che è un livello proibitivo per le Aziende di Credito nelle condizioni attuali.
Va messo in rilievo che nei primi cinque mesi di quest'anno il Tesoro ha richiesto finanziamenti aggiuntivi per 14.750 miliardi: il drenaggio di risorse finanziarie è praticamente raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 1980. Tutta la struttura dei tassi di interesse ruota adesso intorno alle difficoltà di finanziamento del debito pubblico. Fino a che erano soprattutto le banche a finanziare il debito pubblico, il Tesoro poteva anche permettersi il lusso di remunerare poco i possessori dei suoi titoli. Le banche, cioè, non avevano molte alternative di impiego per il loro surplus di liquidità ed erano costrette a fare buon viso a cattiva sorte. Ma ora che la maggior parte dei titoli di Stato, soprattutto Bot, è nelle mani di famiglie e di altri investitori non bancari, lo Stato si trova di fronte a una clientela molto più esigente e più difficile da controllare.


In conclusione: il risparmiatore può contare su più alti guadagni per il denaro prestato allo Stato; ma il vantaggio non sarà di lungo periodo, se il Governo fallirà nel tentativo di ridurre il disavanzo pubblico. Il rischio è che quasi tutto il risparmio di nuova formazione vada a finanziare lo Stato, lasciando le briciole al settore privato dell'economia. Il costo del rinnovo di un debito pubblico troppo elevato e di vita media troppo breve potrebbe presto rivelarsi di proporzioni tali, da diventare un fattore permanente di inflazione e di grave squilibrio del mercato finanziario. E' un prezzo che ricadrebbe sull'intera comunità nazionale.


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