Il ruolo del credito nell'attuale fase della economia del Mezzogiorno




Francesco Parrillo



I problemi economico-sociali del meridione restano al centro di ogni discussione di politica economica, resi ancora più drammatici dal terremoto del 23 novembre; lo Stato dovrà, pertanto, differenziare i propri interventi sommando all'azione di ricostruzione delle zone colpite quella di stimolo allo sviluppo. Tali interventi debbono essere coordinati con la strategia di incentivazione e di riconsiderazione dell'intero quadro istituzionale in fase di rinnovamento.
In questo momento particolarmente critico per l'economia nazionale ed internazionale, la minore solidità della struttura meridionale subisce, inoltre, l'impatto della difficile congiuntura e delle misure di stretta creditizia in maniera più sensibile.
Il reddito prodotto viene quasi completamente consumato: il rapporto consumi finali-prodotto interno lordo raggiunge il 92% contro il 79% del totale d'Italia. D'altra parte, gli investimenti, in percentuale del PIL superano nel Sud il 25% contro una media nazionale del 21%; tali investimenti, a causa della scarsa formazione di risparmio nelle aree meridionali, sono finanziati attraverso l'impiego di disponibilità esterne all'area stessa.
Di qui l'esigenza di una più decisa politica degli investimenti.
Un sistema creditizio forte e flessibile è il presupposto per espandere gli investimenti, agevolando Il processo di formazione del capitale, utilizzandolo in modo razionale per un'ottimale allocazione delle risorse, tendendo a favorire un più intenso impiego dei fattori produttivi e contrastando le fluttuazioni cicliche per un più equilibrato assetto territoriale e sociale.
I problemi del sistema creditizio ordinario nel Mezzogiorno riguardano la scarsa presenza delle banche sia in termini di sportelli bancari che di comuni bancabili.
Un altro aspetto critico del sistema bancario nel Mezzogiorno concerne la scarsa dinamicità del risparmio bancario che, anche se negli anni più recenti si è accresciuto come quota del complesso dei depositi, è rimasto a livelli insoddisfacenti: nel 1977 essi rappresentavano soltanto il 12,6% del totale dei depositi a livello nazionale, nel 1978 tale percentuale è del 16,9% e nel 1979 del 17,2%, mantenendosi, nonostante una certa ripresa, a livelli molto contenuti. Si riduce il ritmo di incremento degli stessi depositi postali, mostrando così un cambiamento nell'atteggiamento del risparmiatore meridionale.
Per gli impieghi, la presenza del Mezzogiorno era del 13,4% nel 1978 e del 13,7% nel 1979, indicando la bassa incidenza degli impieghi nel Sud rispetto al complesso degli impieghi a livello nazionale.
19 ridotto apporto del sistema bancario al finanziamento dell'economia meridionale trova ulteriore conferma dai dati relativi al rapporto impieghidepositi delle aziende di credito. Per il 1979, il valore di tale rapporto risulta, nel Mezzogiorno, pari a 38,7 contro 50,6 nel Centro-Nord; indice, questo, di una minore operatività delle aziende di credito nel finanziamento diretto delle iniziative localizzate nel Mezzogiorno.
Difficile stabilire se ed in quale misura il minor valore che tale rapporto assume nelle regioni meridionali sia determinato da un'insufficiente offerta di credito da parte delle banche, ovvero da una domanda quantitativamente inferiore alle possibilità dell'offerta o qualitativamente insoddisfacente, caratterizzandosi per livelli di rischiosità non compatibili con l'esigenza di amministrare con la dovuta prudenza il risparmio affidato dalla collettività al sistema bancario.
La situazione dei tassi di interesse attivi appare anch'essa sfavorevole al Mezzogiorno. Su una media nazionale del 16,38% nel quarto trimestre del 1979, i tassi sono del 16,06% nella zona Nord-occidentale, al 16,3% in quella Nord-orientale, al 16,33% nella Centrale per balzare al 18,25% nell'area meridionale ed al 17,33% in quella insulare.
Gli stessi tassi passivi confermano lo squilibrio territoriale. Con un livello del 10,28% nella media nazionale nel quarto trimestre del 1979, essi sono al 10,51% nella zona Nord-occidentale, al 10,65% nella zona Nord-orientale, all'11,10% in quella Centrale per scendere al 9,53% nell'Italia meridionale ed al 9,35% in quella insulare.
In tale azione di sostegno si inserisce l'attività svolta dagli Istituti speciali di credito, il cui ruolo rimane quello di agevolare la mobilitazione del capitale per iniziative produttive nel Mezzogiorno, sia esso di provenienza estera o nazionale, e di favorire l'apporto di fattori imprenditoriali.
Gli impieghi degli istituti di credito speciale sono ammontati nel 1979 a 60.253 miliardi di lire di cui il 26,0% (15.641 miliardi) riguarda il Mezzogiorno. Al novembre 1980 raggiungevano 67.086 miliardi.
Il 35,4% degli impieghi agevolati era destinato nel 1979 al Sud, mentre le regioni meridionali ricevevano soltanto il 20,5% dei prestiti non agevolati. Settori di intervento privilegiato erano l'industria con il 33,5% della quota di investimenti nazionali nel settore, e le attività degli enti della pubblica amministrazione con il 29,0%. Inferiori alla media sono, al contrario, gli, investimenti nelle abitazioni (22,5% del complesso dei prestiti degli Istituti di credito speciale nel settore), i trasporti e comunicazioni con il 23,3% ed il commercio e servizi vari con il 10,7%.
Interessante il contributo delle società finanziarie che avrebbero dovuto sostenere gli sforzi tendenti al superamento dell'arretratezza strutturale dell'industria meridionale accanto alle tradizionali forme di credito agevolato. Ma sinora tale apporto di sostegno a favore delle piccole e medie imprese non si è di fatto concretizzato nella misura e nelle direzioni previste.
Le finanziarie dovrebbero, infatti, assumere partecipazioni nelle nuove industrie, di minoranza e temporanee; tali industrie dovrebbero essere poi immesse nel mercato dopo il conseguito consolidamento ed il raggiunto equilibrio aziendale.
Bisognerebbe, altresì, realizzare una più penetrante collaborazione ed integrazione con il sistema creditizio per coprire lo spazio di esigenze oggi scoperto, concentrando la loro azione in settori di prevalente interesse pubblico, senza creare interferenze con l'attività degli Istituti speciali di credito.
Nell'area del cosiddetto parabancario, assume un ruolo estremamente importante l'attività delle società di locazione finanziaria. Questa tecnica, che ha assunto un trend decisamente ascensionale, è stata concepita per offrire agli operatori economici nuove possibilità di finanziamento che potessero affiancarsi a quelle di tipo tradizionale.
Lo stesso factoring è uno tra i servizi parabancari che hanno avuto un notevole sviluppo nel nostro Paese tanto che il giro di affari annuo ha superato nel 1980 i 1.000 miliardi di lire.
Un altro elemento di sostegno finanziario al Mezzogiorno è quello degli aiuti CEE. L'interesse rivolto dagli strumenti comunitari al meridione è notevole: in un quadro di integrazione europea la soppressione delle disparità tra regioni dei singoli Stati membri costituisce l'obiettivo prioritario. La situazione meridionale rispetto al resto della CEE presenta una situazione di squilibrio che può essere debellata grazie alle varie incentivazioni e mutui previsti; l'azione congiunta delle sovvenzioni dei vari Fondi (Fondo di sviluppo regionale, Fondo Sociale, Fondo agricolo di orientamento e garanzia) e l'ingente contributo della Banca Europea per gli Investimenti e del Nuovo strumento comunitario concorrono ad offrire alle aree meridionali un valido supporto per un miglioramento delle strutture economiche e produttive. Ma l'apporto finanziario comunitario assume, alla luce della realtà italiana, un'altra dimensione che occorre sottolineare: in effetti, le prospettive degli interventi della BEI e dello sportello Ortoli (o Nuovo strumento comunitario) appaiono, nel prossimo futuro, tanto più interessanti e strategicamente essenziali, in quanto, com'è noto, la raccolta di risorse a lungo termine da parte degli istituti di credito nazionali è attualmente paralizzata dalle difficoltà del mercato finanziario per i titoli a medio e lungo termine. D'altra parte, il ricorso a risorse estere con emissioni di obbligazioni sui mercati internazionali effettuate dagli stessi istituti è limitato e, quando avviene, si verifica a tassi d'interesse che tengono conto del cosiddetto "rischio Italia".
Così le risorse della BEI e, più in generale, degli strumenti comunitari disponibili, per durate che talvolta arrivano fino a 15 anni ed a tassi moderati, senza rischi di cambio, sono destinate a giocare un ruolo decisivo, nei prossimi anni, per il proseguimento ed anche per l'incremento degli interventi nel Mezzogiorno, oltre che nei settori delle infrastrutture di base, anche per un'auspicabile ripresa degli investimenti industriali, ivi compresi quelli interessanti il turismo, che troverebbe nel Sud e nelle Isole la sua terra di elezione.
19 problema più importante nel Mezzogiorno riguarda, tuttavia, la revisione dell'apparato normativo e strutturale di intervento che rende possibile il superamento dell'attuale fase di stasi che fa intravedere, inoltre, incerte prospettive per il futuro. Basti considerare che la legge 183 sull'intervento straordinario nel Mezzogiorno è stata prorogata e scade alla fine di settembre, che la legge 675 per la ristrutturazione industriale è da poco entrata nella fase operativa e che il disegno di legge sugli interventi straordinari nel Sud' per il decennio 1981-1991 suscita discussioni e polemiche specialmente per quanto riguarda il meccanismo di erogazione degli incentivi in una situazione di crisi dei crediti agevolati.
Qualunque sia la disciplina che verrà data in questo campo, la concessione degli incentivi che, nel Mezzogiorno, hanno una funzione irrinunciabile, dev'essere garantita da certezza del diritto, da chiarezza e rapidità delle procedure.
La politica d'incentivazione non deve, inoltre, abbandonare l'operatore una volta forniti i necessari mezzi finanziari; le imprese vanno seguite ed accompagnate anche dopo e durante la vita del finanziamento, soprattutto quando si è di fronte a piccole e medie unità produttive. Accanto all'incentivazione per l'impianto bisognerebbe introdurre forme di stimolo durante l'esercizio.
Di fronte ad una siffatta nuova impostazione della concessione ed erogazione degli incentivi, al fine di non burocratizzare e rendere estenuante le procedure relative, occorrerà che la Pubblica Amministrazione si organizzi di conseguenza, per la parte di sua competenza.
Da quanto si è fin qui detto appare chiaro, quindi, che una politica di sviluppo non può implicare un'azione creditizia di ordinaria amministrazione, ma deve esigere un'attività creditizia più dinamica ed aggressiva.
Per sostenere ed intensificare, nella misura necessaria, il processo in atto, occorre una migliore qualificazione ed organizzazione dell'azione creditizia, finalizzata al perseguimento di un più stabile equilibrio economico e sociale. Lo strumento creditizio, in sintesi, va inserito in un indirizzo di politica economica generale, coordinato, unitario, di più lungo periodo, perché esiste una stretta interconnessione funzionale tra problemi congiunturali e problemi strutturali, che vanno unitariamente ed organicamente valutati e risolti.

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