Depositi in banca o Buoni del Tesoro




Guido Carli



Il nostro sistema economico si distingue da quello collettivista per l'ampiezza della gamma di opzioni offerte al risparmiatore.
Egli può decidere di depositare i risparmi in conti correnti bancari o di mantenerli sotto forma di biglietti di banca. Può acquistare obbligazioni emesse da Enti pubblici o da Enti privati; può sottoscrivere Bot o titoli azionari; né, quando abbia preso una decisione, gli e vietato di modificarla e può chiedere consigli a chiunque. Limitazioni all'esercizio di questa facoltà menomano le libertà nelle quali si identifica il nostro sistema.
L'aver esaltato il cosiddetto divorzio fra Tesoro e Banca d'Italia alla luce della saggezza del poi si manifesta un errore gravido di conseguenze funeste.
Il costringere il Tesoro a cercare il finanziamento del disavanzo con collocamenti di titoli senza l'assistenza della Banca d'Italia non ha creato la condizione nella quale riuscisse possibile ridurre il fabbisogno statale, ma ha soltanto ampliato la libertà del Tesoro nell'ideare espedienti per procurarsi danaro e le occasioni di un suo contatto diretto con il sistema bancario.
Quando incombeva l'obbligo per la Banca d'Italia di sottoscrivere la quota di Bot non collocata, l'ammontare delle emissioni e le loro condizioni venivano concordati con la Banca; la Banca poteva ricollocare i titoli sottoscritti, nelle forme che le apparissero appropriate. La separazione fra Tesoro e Banca attribuisce al Tesoro un potere esclusivo; poiché esso si finanzia in misura preponderante con emissioni di titoli a breve e a brevissima scadenza, giudicati dal pubblico "banconote con cedola", il Tesoro diviene il principale creatore di moneta e dei suoi surrogati. La Banca d'Italia viene espropriata della funzione di unico Istituto di emissione.
La Banca d'Italia immette in circolazione la moneta creata attraverso molteplici canali, stimati di volta in volta più opportuni, e nelle forme ritenute di volta in volta più acconce. Le "banconote con cedola" emesse dal Tesoro si situano per circa i due terzi nel portafogli dei privati e sottostanno alle loro decisioni, sagge o non sagge, e alle loro paure.
La norma con la quale gli interessi bancari sono stati assoggettati all'imposta sostitutiva ed il suo aggravamento hanno ridotto e riducono la possibilità di trasformare titoli in depositi quando il pubblico preferisca i secondi ai primi. Se i possessori di Bot decidono di cederli alle banche, aumentano i depositi, crescono i Bot nei portafogli bancari e le riserve obbligatorie correlate ai depositi. La misura massima dell'interesse netto, che le banche potrebbero pagare, risulterebbe uguale all'interesse riscosso sul Bot, dedotta l'imposta e dedotto il minore reddito sulla quota dei depositi versata nelle riserve obbligatorie, assumendo che le banche rinunciassero a conseguire qualsiasi profitto. L'imposta sugli interessi sui depositi allarga il divario fra i rendimenti del risparmio impiegato in depositi e di quello investito in titoli emessi dal Tesoro e riduce la possibilità di trasformarlo in depositi quando il pubblico lo preferisca. I margini di manovra della politica monetaria divengono più angusti e le "banconote con cedola" restano alla esclusiva mercé delle tentazioni dei detentori.
Nel quadriennio 1966-69 la politica di stabilizzazione dei corsi dei titoli indusse Raffaele Mattioli ad introdurre l'espressione di "banconote con cedola"; ma in quegli anni l'indice dei prezzi al consumo oscillò fra un massimo del 3,7 per cento ed un minimo dell'1,4 in ragione di anno. I pericoli sono di entità non comparabile quando l'inflazione corre sul filo delle due cifre. I Ministri finanziari, con consapevole dedizione, hanno accettato la responsabilità della presentazione di una legge finanziaria per il 1982, che e una mescolanza di atti di coraggio, di malizie contabili, in alcuni casi, ai limiti della credibilità. Ammesso che le stime ufficiali concernenti il fabbisogno di cassa per il settore statale risultassero fondate, il suo finanziamento assorbirebbe circa i due terzi del credito totale interno. Nella parte residua sarebbero immersi i fabbisogni suscitati dall'inadeguatezza degli stanziamenti di bilancio. Poco più della metà della spesa di competenza e attribuibile alla responsabilità degli organi dell'Amministrazione centrale e, di questa spesa, il 72,4 per cento e costituito da oneri per il personale e per interessi passivi, ossia per una proprorzione analoga a quella osservata dal signor Necker nell'indagine sullo stato delle finanze in Francia presentata a Luigi XVI nel 1785.
Il finanziamento di un fabbisogno di questa entità è preferibile che avvenga in forme più prossime a quelle sperimentate nei tempi antichi o in quelle più sofisticate escogitate di recente? In quel tempi si giudicava preferibile che il debito fluttuante fosse situato nei portafogli della Banca d'Italia e delle banche, ossia di Enti vincolati al rispetto di regole di comportamento stabilite dall'Autorità.
Che l'altezza degli interessi ed il loro flusso inaspriscano le pressioni inflazionistiche è riconosciuto da molti; in Italia e fuori. L'imposizione tributarla sugli interessi li sospinge verso l'alto ed aggrava il fenomeno; ostacola il processo di ricomposizione delle attività finanziarie secondo le preferenze del pubblico.
Se l'esperienza di altri Paesi fosse trasferibile al nostro meriterebbe di essere ricordato che negli Stati Uniti, quando il pubblico ha intrapreso il ritiro di depositi dalle Istituzioni che finanziano la costruzione edilizia, il Governo Federale e intervenuto consentendo a quelle Istituzioni di emettere titoli con garanzia federale in esenzione di imposta. Ciò in un Paese nel quale tutti i redditi, inclusi quelli da interessi, concorrono alla formazione del reddito personale assoggettato all'imposta progressiva.
La tassazione dei redditi prodotti dagli impieghi del risparmio espressi in moneta si sovrappone a quella causata dall'inflazione e desta reazioni che tendono ad aggravarsi. Quando le aspettative di inflazione restano elevate, cresce l'offerta di strumenti alternativi.

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