§ IL CORSIVO

Cavallette al burro




Giovanni Arpino



E' molto strano: ma i solerti, umanitaristici ed anche troppo politicizzati signori che predicano, digiunano, manifestano per combattere la fame nel mondo, mai si rivolgono alla Scienza. Firme e appelli di premi Nobel sì, indagini coi piedi ben piantati in terra, no.
Pare che nell'immediato futuro, grazie al ridursi delle risorse, non mangeremo solo bistecche derivate dal petrolio, più che sperimentate, ma cavallette, scarabei, farfalle. Negli Stati Uniti vi sono degustatori che si nutrono già di cavallette fritte ed in scatola.
I giapponesi studiano maniere diverse per cucinare formiche dall' addome ricolmo di miele. Il tutto viene paragonato a gamberi e aragoste. E veniamo così a sapere -appetito a Parte - che cento grammi di termiti rosolate forniscono ben 561 calorie.
La furia onnivora dell'uomo non ci spaventa: é una sua carica vitale, che parte dallo stomaco per irrorare le fantasie creative.
Lo é da millenni. Ci affascina invece che, in parallelo con la demagogia dei digiunatori professionisti, gruppi di scienziati lavorino per mantenerci, nel futuro, con bruchi irrorati da salsa di cipolle. Neppure un profeta biblico avrebbe goduto così vaste visioni nutritive e punitive insieme.
La fame nel mondo c'é, ed anche spaventosa, ma viene gettata sulla bilancia più come moneta di ricatto ideologico che non come problema di governi locali. Raramente il quesito, drammaticissimo, é sposato ad un altro quesito: cioé l'aumento della popolazione mondiale. La logica imporrebbe un accoppiamento rigido tra cause ed effetti; la demagogia assembleare e ricattatoria esige che si chiudano gli occhi, che si manifesti' ad oltranza, e basta.
Le cavallette fritte - assi . curano dotti buongustai - sono buonissime, e così le crisalidi del Bombix Mori, ovverossia il baco da seta. Non ci spaventano: un Medioevo alimentare é alle porte, e produrrà nuove filosofie. Ma ci disturba che affamatori e anti-affamatori del pianeta non si pieghino su queste gigantesche miserie e su questi straordinari ancorché occulti esperimenti.
E' vero, una certa porzione di Occidente sguazza nelle sue ricche minestre, gioca con i suoi vini prelibati, dà al cane di casa ossa e brandelli di carne che basterebbero a una famiglia indù. Ma é solo un attimo nella storia aggrovigliata e famelica dell'uomo.
Gli Aztechi mangiavano meglio di noi. Le crapule orientali appartengono ad una favola che l'uomo moderno non può neppur sognare.
Ed oggi, questo uomo moderno nato in una porzione d'Occidente, dovrebbe salvare l'Universo, evitare le guerre, esplorare Plutone, amare gli altri assai più di se stesso, regalare missili ad ex-sergenti africani, proteggere le tigri in estinzione, mantenere governi propri ed altrui, accogliere di buon grado qualunque richiesta-ricatto periferico: per votarsi poi ad una cavalletta fritta, premio finale.
E' evidente che si può condurre questo discorso solo sul filo del paradosso. Soprattutto in un Paese qual é il nostro, che dovrebbe indebitarsi per tremila e più miliardi - da aggiungere alle paurose caverne del deficit - pur di contribuire a soccorrere poveri bambini. Lo si può fare, forse lo si deve fare, ma almeno si accompagnino quei miliardi con Progetti severi' e concreti, non li si disperdano come pioggerellina su una steppa avvizzita. Non li si trasformino in "risultato politico", in "ultimatum filosofeggiante".
Certo, questa nostra età, alla vigilia del Duemila, ha in obbligo di condurre alcune sfide. Feroci, caldissime, disperanti se non proprio disperate. Ma si ha bisogno che queste sfide vengano guidate da uomini terrestri e non lunari, logici e non fanatici, generosi ma non rimbecilliti da fumismi velleitari. Perché la cavalletta fritta é là che ci attende, ed una volta ben cotta e inscatolata forse dovremo importarla noi, come il petrolio, mendicando.

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