PER UNA NUOVA BRETTON WOODS




Paolo Sylos Labini



Il rilancio dell'economia potrà essere avviato seriamente solo dopo aver creato, in tempi brevi, le premesse non solo per ridurre il livello del disavanzo, ma anche per impedirne una nuova tumultuosa crescita, che sarà inevitabile se non vengono modificate alcune leggi-chiave riguardanti le grandi aree di perdita (pensioni, sanità, finanze locali); le spese generate da queste leggi crescono ad un ritmo che oggi, con l'indebolimento dello sviluppo economico, non è più sopportabile. La crisi della finanza pubblica è uno degli effetti del grave indebolimento dello sviluppo, ma ne è anche una delle cause. Ne è uno degli effetti, perchè esso ha ridotto la velocità di aumento delle entrate, non riducendo, ma anzi elevando, la velocità di aumento delle spese. Ne è una delle cause, giacchè l'esigenza di collocare blocchi sempre più pesanti di titoli pubblici contribuisce a tenere elevato il saggio dell'interesse, ciò che frena gli investimenti produttivi. Il Tesoro, infatti, domanda risparmi in una misura che cresce sia in termini nominali che in termini reali, mentre l'offerta di risparmio reale tende a flettere, anche come conseguenza del ristagno.
Oltre questo fattore, di carattere interno, opera, subordinatamente, un fattore internazionale: la politica duramente restrittiva seguita dagli Stati Uniti, che ha impresso una forte spinta verso l'alto al saggio dell'interesse in tutti i mercati del mondo. Per di più, tale politica, migliorando i conti con l'estero degli USA, ha spinto in alto anche le quotazioni del dollaro e, di conseguenza, i prezzi di tutte le merci pagate in dollari, fra cui sono buona parte delle materie prime: ecco un'ulteriore fonte d'inflazione. Un'analoga spirale ha luogo fra disavanzo e inflazione: attraverso il saggio dell'interesse e le indicizzazioni, il disavanzo è uno degli effetti dell'inflazione; ma ne è anche una delle cause, se e nella misura in cui è finanziato con creazione addizionale di moneta, sia perchè tale creazione addizionale contribuisce a spingere in alto i prezzi delle merci prodotte all'interno, sia perchè, facendo crescere le importazioni, contribuisce a spingere in alto i prezzi delle divise e quindi delle merci importate. In quanto è finanziata con titoli, poi, la crescita del disavanzo si autoalimenta, poichè il crescente indebitamento porta con sè un crescente onere per interessi: oggi, nel nostro Paese, quasi la metà del disavanzo dipende dagli interessi.
La crisi fiscale dello Stato non è un problema soltanto italiano: il ristagno inflazionistico mondiale è la causa che ha messo in moto in tutti i Paesi industrializzati una spirale simile a quella che si è avuta da noi; nel nostro Paese, però, quella crisi è cominciata prima che altrove ed è stata più violenta; inoltre, più deboli sono state, finora, le misure correttive.
Solo dopo aver avviato a soluzione la crisi fiscale (ma il tempo stringe) avremo le carte in regola per unirci a coloro che chiedono un coordinamento delle politiche economiche di espansione e per attuare noi stessi una politica di questo genere. In effetti, dopo l'esperienza francese si è diffusa la convinzione che una politica di espansione, se è portata avanti da un solo Paese, viene strangolata dal nodo scorsoio dei conti con l'estero, giacchè le importazioni aumentano senza un corrispondente aumento delle esportazioni. Proposte di coordinamento internazionale delle politiche economiche vengono discusse in sedi tecniche e sono state anche oggetto di raccomandazioni e di deliberazioni. Ma si tratta di proposte, raccomandazioni e deliberazioni frammentarie e assai parziali: è giunto il momento di pensare a una grande iniziativa organica proporzionata alla gravità dei problemi che convergono nel processo del ristagno inflazionistico mondiale.
Questa conferenza dovrebbe affrontare in modo unitario, in primo luogo, i problemi finanziari e commerciali e dovrebbe condurre a una riduzione razionale e coordinata di quei debiti che oramai appaiono chiaramente insostenibili e che, senza un tale intervento, rischiano di provocare fallimenti a catena, con grave danno sia per i debitori che per i creditori. Dopo tutto, una quota non trascurabile di questi debiti dipende dagli alti interessi determinati dalle scelte adottate dal più potente dei Paesi capitalistici per ragioni di politica economica interna. E', in primo luogo, l'onere per interessi che va messo in discussione.
Questa conferenza dovrebbe anche rappresentare una nuova Bretton Woods, aperta anche ai Paesi del Terzo Mondo, ossia dovrebbe servire anche a riformare il sistema monetario internazionale. (E' evidente che una tale idea oggi è estranea alla concezione del governo nordamericano; ma se la diagnosi qui accennata è giusta, i fatti prima o poi faranno cambiare le idee). In una prospettiva di ripresa economica mondiale, di cui la conferenza dovrebbe appunto porre le basi, l'ordine del giorno dovrebbe includere la discussione degli interventi volti ad accelerare, con la ripresa, l'assorbimento della disoccupazione, soprattutto della disoccupazione giovanile, che - per i suoi aspetti umani più che per quelli strettamente economici - è divenuta il problema più grave dei Paesi occidentali.
Fra questi interventi, due vanno considerati con particolare attenzione: una riduzione degli orari di lavoro graduale ma generalizzata, in modo da non alterare le condizioni di competitività dei diversi Paesi; e l'istituzione di un servizio civile (un esercito del lavoro) in parziale sostituzione del servizio militare, per attuare opere capaci di migliorare l'ambiente e per affrontare il problema dei bisogni essenziali delle schiere degli emarginati, non solo nell'ambito dei Paesi industrializzati, ma anche e soprattutto nei Paesi del Terzo Mondo.
Sono due misure che possono essere prese anche dall'interno dei singoli Paesi, ma che possono avere ben maggiore efficacia se vengono concordate sul piano internazionale. In particolare, un esercito internazionale del lavoro, cui dovrebbero partecipare i Paesi del Terzo Mondo, avrebbe, per questi, un'importanza ben maggiore degli aiuti unilaterali.

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