§ L'AMBIENTE

RES NULLIUS?




Aldo Bello



I drammatici roghi della Sardegna (con morti e feriti, con paracadutisti della "Folgore" e fanti delle brigate "Friuli" e "Trieste", con reparti speciali tedeschi, con elicotteri e con ponti aerei da Bologna e da Pisa; e persino con i cecchini sardi contro i soccorritori in Barbagia), e quelli del resto del Paese sono il segno del fallimento di una politica, il risultato della nostra incapacità di prevenire e di contenere eventi prevedibili e previsti, che si ripetono puntualmente ogni anno. E' la stessa inerzia politica che favorisce l'altro flagello ricorrente, quello delle frane e delle alluvioni, la stessa deficienza di strumenti di risanamento, di intervento e di controllo.
Ha scritto Antonio Cederna: "Così l'Italia brucia quando è estate, così l'Italia frana quando piove: il perché di questi due sinistri endecasillabi che ritmano le nostre stagioni sta nell'imprevidenza, nella caparbia rinuncia a promuovere le elementari riforme necessarie"; ma sta soprattutto in una radicata malformazione mentale che accomuna opinione pubblica, amministratori e politici: quella che ci induce ancora a considerare l'ambiente naturale, il suolo, il territorio come una res nullius, da usare nel peggiore dei modi, anziché una risorsa preziosa da preservare gelosamente perché da essa dipende la nostra incolumità e dipende il nostro benessere.
Oltretutto, la situazione è paradossale. Negli Anni Sessanta bruciavano in media 30-35.000 ettari di bosco all'anno: nell'ultimo decennio la media è salita a 50.000 ettari (cui vanno aggiunte estensioni ben maggiori di terreni agricoli, di incolti, di pascoli, e via dicendo), proprio da quando, sia pure in modo del tutto approssimativo e insufficiente, si è costituito quello che magniloquentemente viene definito "Servizio nazionale antincendi". Nell'ultimo dodicennio sono andati a fuoco circa 600 mila ettari, un decimo della complessiva superficie italiana a bosco (per la maggior parte composta da cedui degradati). E' una superficie più che doppia di quella che si riesce faticosamente a rimboschire: facile, dunque, calcolare, andando avanti di questo passo, in quanti anni l'Italia sarà ridotta a un deserto di cenere. Lo stesso calcolo si può fare per la Sardegna, dove in pochi giorni sono andati in fumo 40.000 ettari, oltre un decimo della superficie a bosco (che è solo il 16 per cento dell'estensione dell'isola, contro una media nazionale del 22 per cento), e per la Sicilia, che ha appena l'8 per cento di superficie a bosco.
Dice Cederna: "Ormai tutti sono concordi nell'attribuire al comportamento degli uomini il 99 per cento di questi orrendi roghi, in parte colposi, in parte dolosi. Colposa è l'ignoranza, la leggerezza, la cialtroneria di residenti e turisti: dalla "cicca turistica" agli incendi appiccati dai pastori (altra piaga sarda) per ricavare pascoli, dai campeggiatori ai contadini e cantonieri che bruciano le stoppie, per tacere dello scarico dei rifiuti solidi a cielo aperto. Colposa è la folle stradomania italiana che porta ovunque gente motorizzata, anche nei luoghi di maggiore delicatezza ambientale, aumentando l'area del calpestio, favorendo bracconaggio, speculazione e inquinamento, con distruzione del sottobosco e di quella massa vegetale che, se rispettata, mantiene l'umidità e funziona da spugna. Colposa, per non dire altro, è l'urbanizzazione selvaggia, e basta ricordare la previsione di 65 milioni di metri cubi di edilizia "turistica" contenuta negli strumenti urbanistici dei comuni costieri, per migliaia di seconde case che cementificano, asfaltano, privatizzano, desertificando 1.300 chilometri di litorali fra i più belli del mondo. Dove è possibile una rapina edilizia di tali dimensioni e un tale disprezzo della natura, ambiente e territorio, non ci si deve meravigliare se c'è chi ricorre a quel mezzo risolutivo, rapido e radicale che è il fuoco".
Che in questa situazione si inserisca l'attività criminosa è persino ovvio. A parte quella specie di "etnocidio" che i sociologi fanno risalire al turismo miliardario con i suoi modelli sfarzosi e sguaiati di consumo e di vita, corruttori di comportamenti e di tradizioni (dagli Aga Khan ai "Mediterranées"), c'è da osservare che anche gli incendi possono essere un affare, dato il flusso di denaro che Stato, CEE e altre istituzioni destinano alla ricostituzione dei terreni riarsi. Certo è che l'estendersi e l'aggravarsi degli incendi sono in proporzione al giro di miliardi connesso agli interventi per spegnerli: si lucra con gli incendi non diversamente da come si lucra con l'inquinamento quando, anziché prevenire e combattere le cause, si fanno affari costruendo costosi impianti di depurazione.
E tuttavia, anche per dotare il nostro Paese di qualche mezzo antincendio si è dovuto lottare. A lungo si è data la preferenza agli elicotteri, ai G-222 dell'Aeritalia, ai lenti "Hercules" della Lockheed (forse per lapsus freudiano), e solo da un anno, finalmente, il Ministero dell'Agricoltura ha acquistato due aerei "Canadair", il bombardiere d'acqua, capace di prelevarne grandi quantità dai laghi e dal mare e di scaricarla rapidamente sul fronte delle fiamme. Sono due, e ce ne vorrebbero una ventina, secondo gli esperti della Protezione Civile: tanto per fare un confronto, la Francia ne ha in funzione 15, la Spagna 17, la Jugoslavia 4.Ma è illusorio puntare tutto sugli aerei: la maggior parte degli incendi minori che a migliaia funestano ogni anno l'Italia, possono essere combattuti con successo solo istituendo corpi speciali, corpi locali, anche a carattere volontario, e un sistema diffuso di vigilanza, spegnimento e restauro, nel quadro di una mobilitazione giovanile di massa. Ma con milioni di disoccupati e miliardi di residui passivi inutilizzati nei bilanci, con le Regioni alle prese con programmi faraonici di culturame, con i musei privi di custodi, non si riesce ad avere "operatori ambientali", né spegnitori organizzati d'incendi. Così, i boschi bruciano non solo perché ci sono incoscienti e criminali, ma anche perché siamo culturalmente e politicamente arretrati. Anche questo è "scirocco" che ci spira "dentro" da millenni. E che non riusciamo a rimuovere.

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