§ IL RISTAGNO ECONOMICO OCCIDENTALE

SENZA IL CAPITALE S'INCEPPA LO SVILUPPO




Libero Lenti



Passa il tempo e sempre più consistenti sono le difficoltà che s'incontrano per uscire da una crisi che dura ormai da tre anni. In alcuni sistemi economici, per esempio negli USA ed in Germania, sono in atto sintomi di ripresa, e forse qualcosa di più di semplici sintomi. Ma in altri sistemi, e particolarmente nel nostro, analoghi segnali tardano a manifestarsi. Sicché, vien proprio fatto di pensare che la decelerazione, che ovunque si osserva nello sviluppo dei sistemi economici industriali, dipenda dall'inserimento della congiuntura in un'onda lunga discesa, quell'onda che ha avuto inizio sul principio degli Anni Settanta e che ha preso il posto di un'onda lunga in ascesa.
Non è il caso di soffermarsi per discutere sulla maggiore o minore validità di quest'ipotesi che, in mancanza di altre, s'appoggia alla ben nota teoria di Kondratieff. L'esistenza d'onde lunghe di natura strutturale, sia ben chiaro, non annulla la presenza d'onde di minor durata, onde, per così dire, di natura congiunturale. Piuttosto, induce a ricercare i motivi per cui a distanza di tempo si verifichino fatti tali da mutare la direzione dello sviluppo economico. Nel nostro caso particolare, per esempio, ci si può domandare perché agli anni "ruggenti", in cui il saggio d'incremento del prodotto interno era del 5-6%, sono seguiti, e stanno seguendo, quelli in cui lo stesso saggio tende a stabilizzarsi su un livello zero o, nella migliore delle ipotesi, aumenta dell'1-2% all'anno.
Qualcosa nel meccanismo dello sviluppo s'è indubbiamente inceppato. Come sempre capita, si cerca d'attribuire ad altri la colpa di quest'inceppamento. Intanto, si tende a far coincidere il passaggio dall'onda lunga in ascesa a quella in discesa con la "scossa" determinata dal primo forte aumento dei prezzi del petrolio. Altri, invece, sono piuttosto propensi a far coincidere il passaggio con la rottura del sistema monetario internazionale basato sugli accordi di Bretton Woods, e quindi con l'abolizione del sistema dei cambi fissi. Si tenga però presente che l'impiego di cambi fluttuanti era poi anche il risultato di variazioni nei rapporti economici internazionali, a loro volta generate da variazioni nei rapporti economici interni.
Orbene, proprio partendo dalle variazioni di questi rapporti, si può risalire alla causa prima che ha determinato il passaggio da una fase d'accelerazione ad una di decelerazione dello sviluppo dei sistemi economici. Più precisamente, variazioni che riguardano i rapporti tra i fattori di produzione, con spostamenti di sostanziale importanza nella distribuzione del prodotto interno netto, e quindi a sfavore del capitale e dell'impresa. Questi spostamenti si sono verificati in tutti i sistemi economici, ma nel nostro in particolare hanno assunto aspetti patologici, anche in relazione a saggi di inflazione che non sempre consentono di rendersi conto di questi spostamenti, del resto già in atto nella seconda metà degli Anni Sessanta. La contabilità nazionale documenta la ripartizione del reddito nazionale netto al costo dei fattori come redditi misti da capitale-impresa e lavoro autonomo. Nella prima parte degli Anni Sessanta questa ripartizione attribuiva il 54-55% al lavoro dipendente, ma nel '73 questa percentuale era già passata al 64,5%, per poi salire via via, sino a raggiungere un massimo del 69,1% nell'82.
Queste percentuali richiedono tuttavia un chiarimento. In primo luogo, la formazione del reddito nazionale non risulta solo dall'apporto del lavoro dipendente, ma anche da quello del lavoro indipendente o autonomo che dir si voglia. Un apporto, quest'ultimo, che non può essere confuso con quello che genera i redditi da capitale-impresa. In secondo luogo, muta nel tempo la proporzione tra lavoratori dipendenti ed indipendenti. Pertanto, confronti omogenei sono possibili solo se si fa l'ipotesi che il reddito medio dei lavoratori indipendenti sia pari a quello dei lavoratori dipendenti.
Eseguiti i calcoli risulta che, mentre in altri tempi il rapporto tra l'ammontare dei redditi da lavoro dipendente ed indipendente e quello del reddito nazionale s'aggirava sull'82-83%, nel '73 è passato al 90,1% e nell'82 al 95,3%. Al capitale-impresa è rimasto quindi solo il 4,7%. Si faccia pure la tara di questi dati. Poco conta un punto in più od in meno. Lo spostamento nella ripartizione del reddito nazionale tra i fattori di produzione è un dato incontrovertibile.
Molti fatti si possono spiegare con questo spostamento. Per esempio, l'incapacità delle imprese ad autofinanziarsi e per questo sempre più impegnate a ricorrere a capitale di credito, non potendo usufruire di capitale di rischio. Questo spiega pure la sostituzione delle famiglie come fonte di risparmio alle imprese e alla pubblica amministrazione, sostituzione del resto agevolata dall'aumento dei flussi monetari costituiti da trasferimenti di redditi, e cioè da pagamenti che non trovano come controprestazione un'effettiva produzione di beni e servizi. Donde sfasamenti tra la domanda monetaria e l'offerta reale, con ovvie tensioni inflazionistiche.
Non è il caso di chiudere gli occhi su altri fatti che possono aver determinato l'inversione di tendenza appena segnalata. Fatti accessori, non principali. Il punto di svolta trova proprio spiegazione nel rallentamento del processo d'accumulazione del capitale reale in seguito ad una diversa ripartizione del reddito nazionale tra i fattori di produzione. E si badi bene, un rallentamento avvenuto proprio nel momento in cui occorrono sempre più capitali per far fronte a profonde trasformazioni tecnologiche nei processi di produzione. Capitali reali, ben s'intende, in quanto derivano da risparmio e non da mezzi monetari fabbricati a macchina.

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