§ CRISI DELLA POLITICA PER IL SUD

LA DIFFERENZA E IL PROGETTO




Giuseppe Galasso



E' frequente, ormai, l'osservazione che la politica per il Mezzogiorno versa in una crisi radicale, fra molte altre ragioni, anche perché ci si ritrova in una crisi evidente di idee al riguardo. Le tormentate vicende a cui ha dato luogo la necessità di procedere al rinnovo della Cassa per il Mezzogiorno dopo la sua scadenza alla fine del 1982 vengono giustamente addotte a prova di una tale crisi di idee, come si è visto anche nella recente conferenza meridionalistica tenutasi a Roma. Meno frequente, invece, per quanto si tratti di osservazione totalmente ovvia, è quella secondo cui la crisi di idee possa dipendere dai profondi mutamenti intervenuti nella realtà del Mezzogiorno e dalle troppo scarse conoscenze e dal troppo scarso studio al riguardo: mutamenti che In parte sono effetto di uno sviluppo parziale e, a volte, distorto; in parte sono il riflesso di mutamenti generali della società italiana avanzata (dalla tecnologia di punta allo spreco e all'assistenza).
In effetti, al di fuori degli sforzi meritori operati nei rapporti del Censis e in pochi altri documenti, nonchè in qualche caso isolato di studi regionali o settoriali, si può ben dire che i testi a nostra disposizione per una lettura attendibile e soddisfacente delle condizioni attuali del Mezzogiorno siano oggi assai meno numerosi e assai meno ricchi di quanto non fossero quindici anni or sono e trent'anni or sono: trent'anni fa aveva iniziato con decisione il suo corso la politica speciale per il Mezzogiorno, quale si è poi vista evolvere fino alla sua crisi radicale di oggi, quindici anni fa sono, all'incirca, cominciati I mutamenti che rendono il Mezzogiorno di oggi (così come gran parte della stessa intera realtà italiana) tanto poco leggibile nella sua più autentica ed effettiva condizione.
Ciò non vuoi dire che del Mezzogiorno d'oggi non si possa dir nulla o non si sappia quel che c'è da sapere. Il problema è, piuttosto, quello di organizzare gli elementi di conoscenza di cui disponiamo in una riflessione organica e approfondita.
Sappiamo, ad esempio, che emigrazione ed agricoltura non valgono più a definire, in maniera esauriente, la questione meridionale. Non, certo, perchè sia finita l'emigrazione o perchè si sia ridotta a fenomeno marginale l'agricoltura.
Tutt'altro. Sia l'emigrazione che l'agricoltura rimangono elementi importanti e caratterizzanti del quadro meridionale. Ne sono cambiati soprattutto, con le dimensioni, alcuni degli aspetti fondamentali. E' vero, però, che il Mezzogiorno di oggi presenta altre realtà più duramente stagliate nel loro rilievo caratterizzante. A cominciare dalle sue città. Neppure per esse si può dire che la questione meridionale possa essere definita oggi come questione urbana. Ma le città hanno indubbiamente un rilievo quantitativo e qualitativo quale mai prima d'ora. Lo hanno, sia dal punto di vista economico, perchè sono esse ormai a produrre con le loro attività secondarie e terziarie la massima parte del reddito del Mezzogiorno; sia dal punto di vista sociale, perchè sono esse oggi ad accogliere le masse di emarginati o di meno fortunati equivalenti a quelle masse diseredate di braccianti e contadini, che in Giustino Fortunato suscitavano l'impressione di un vulcano covante sotto la facciata di forza e di sicurezza dell'ordine costituito. Altrettanto forti sono le caratterizzazioni che al Mezzogiorno odierno derivano dalle sue differenziazioni territoriali. E' difficile affermare che nell'area meridionale, considerata nel suo insieme, si sia avviato un processo complessivo di sviluppo. Ma sarebbe ancora più difficile negare che uno sviluppo, anche intenso, si sia prodotto nell'area meridionale secondo un andamento a pelle di leopardo, con molte zone ormai sicuramente in marcia verso equilibri moderni e dinamici, che rompono la carta, una volta omogenea, dell'arretratezza meridionale. E, allo stesso modo, come si potrebbero ignorare i tanti fenomeni di imprenditorialità diffusa, di attività avanzate, di formazione di competenze e di qualifiche che in tanti settori rendono il Mezzogiorno di oggi incomparabile con quello di ieri?
E' proprio fondandosi su questi aspetti positivi che molti ritengono valida, nel suo complesso, la politica speciale seguita finora per il Mezzogiorno; propugnano perciò una sua sostanziale continuazione, sia pure con opportune modifiche; considerano fortemente attenuata la "differenza" meridionale rispetto alla parte avanzata del Paese.
Francamente, non crediamo che questo bilancio e questa prospettiva siano accettabili. La politica speciale ha avuto meriti che nessuno, purché privo di pregiudizi, potrebbe mai sottovalutare. Ripeterlo una ennesima volta è perfino fastidioso. Ma, a dispetto di ogni successo della poIitica speciale, la differenza meridionale rimane, e rimane forte: ancora oggi le province del Mezzogiorno occupano la seconda e ultima parte delle graduatorie di tutti i principali indicatori economici e sociali dell'Italia, ed esse formano perciò anche oggi un vasto ambito sottosviluppato nel contesto italiano e, ancor più, in quello europeo. Credere che, insistendo nella politica speciale, si venga a capo del problema, è piuttosto azzardato. E' probabile che nella politica speciale (ma in forma assai riveduta) sia opportuno insistere ancora un po'. ma perchè essa possa essere ancora considerata come il motore di una politica di sviluppo del Mezzogiorno. Una prova di ciò sta pure nel fatto che nell'ultimo decennio, pur proseguendosi con mezzi non trascurabili la politica speciale, il Mezzogiorno ha finito col diventare assai più un'area "assistita" di quanto fosse prima. Sono aumentati il suo reddito, il suo tenore di vita, la sua vicinanza nel costume e nel comportamento all'Italia più avanzata; ma esso è anche diventato più dipendente politicamente, economicamente, socialmente, di quanto non fosse già prima.
Ecco perchè pensiamo che sia tempo di superare, come prospettiva di fondo, la politica speciale. Un grande progetto nazionale di sviluppo: ecco ciò che occorre oggi al Mezzogiorno. Un progetto nel rispetto del mercato, del pluralismo economico e sociale, delle esigenze di modernizzazione e di competitività del sistema economico nazionale. Certo, non una pianificazione coatta o una mortificazione della ragione economica (e dell'equità sociale) a vantaggio di un dirigismo burocratico e politicizzato e di privilegi corporativi e clientelari. Se il Mezzogiorno è ancora un problema nazionale, lo è per questo: perché il suo destino continua ad identificarsi con quello del Paese, sebbene nei termini nuovi dello sviluppo complessivo del Paese stesso (che è per di più oggi impacciato da una crisi grave e profonda), anziché nei termini vecchi di una promozione del Mezzogiorno al livello della parte più avanzata del Paese. Se non fosse così, avrebbero ragione coloro che dichiarano ormai senza più interesse il problema meridionale, dato che il Paese è andato avanti, sia pure con la palla di piombo meridionale al suo piede.
Per conseguire l'obiettivo occorre, però, anche un progetto politico. Si tratta di mobilitare forze che siano in grado di accordarsi su una piattaforma programmatica comune sufficiente; forze che siano in grado di accettare e di imporre le misure necessarie ad assicurare la compatibilità fra gli scopi perseguiti, la priorità di alcuni scopi su altri, un rapporto soddisfacente fra gli investimenti da effettuare e la loro resa in termini economici e sociali (occupazione, competitività, qualità tecnica, valore in prospettiva).
Ma se non possiamo essere ottimisti sulle idee avanzate a proposito di Cassa per il Mezzogiorno, non lo si può essere molto di più per l'aspetto politico. Per ora l'indicazione più realistica appare anche per la prossima legislatura quella di un confronto costante fra cattolici e "laici", che li associ, comunque, nell'assicurare la governabilità del Paese e nel determinare le prospettive temporali, di cui nessuna politica di sviluppo può fare a meno. Altrimenti una grande politica di insieme non sarà possibile, e dovremo di necessità accontentarci di proseguire, possibilmente in meglio, la politica speciale, e sperare di ottenere successi parziali in alcune zone e in determinati settori. Che è quanto si è fatto finora; ma è anche la ragione per cui parliamo ancora di una questione meridionale così grave e cospicua.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000