§ TRADIZIONI POPOLARI

VENERDI' SANTO




Massimo Montinari



Lo si sente ancora in Puglia, lo si vede nei volti, nelle statue, nelle innumerevoli coreografie che, a volte, accompagnano un credo religioso troppo manifesto e impuro: è il Venerdì Santo della Puglia, direi anzi del Meridione, che in alcuni centri vive la Passione del Cristo con ricercate sfumature pagane.
Il Venerdì Santo della Passione va assumendo un senso festaiolo, si va trasformando in puro esibizionismo scenico, relegando ormai al passato quel profondo sentimento e credo religioso che volevano indicare fede e perdono. Il voler creare forzatamente una tradizione popolare, il voler imitare quello che dagli altri è stato già imitato, ha trasformato il giorno sacro del pentimento e del digiuno in una sorta di palcoscenico, dove compagnie scalcinate di attori improvvisati si esibiscono tra la curiosità di un pubblico non più rapito dal simbolismo religioso, ma attratto dal costume policromo indossato dal bel compaesano.
Le antiche processioni dei gruppi scultorei di legno o cartapesta, che simbolicamente volevano rappresentare la Passione e Morte di Cristo, avevano la capacità di imporre un mistico silenzio tra i presenti, magari inducendoli a segnarsi il capo con la croce al loro transitare. Il Cristo alla colonna, il Cristo in croce, il Cristo morto o la profonda espressività dell'Addolorata non raramente hanno indotto alla preghiera, così, con la semplice espressione di un credo.
Ma come inchinarsi oggi, o pregare, al passaggio del nostro vicino di casa che, indossando una specie di salo casereccio, e con una corona di rami secchi in testa, ricopre il ruolo di Gesù oppure, come farsi rapire dal senso mistico alla visione della ragazzetta che ci è piaciuta tanto, e che tante ne ha combinate, quando transita innanzi ai nostri occhi, tutt'altro che mistici, indossando un lungo velo nero e tenendo tra le mani un pugnaletto di legno nel tentativo di voler rappresentare la Madonna Addolorata? A tal punto vien naturale una domanda: rappresentazione sacra o manifestazione pagana?
Gli antropologi nostrani si arrabattano nel ricercare i significati più congeniti a taluni esibizionismi paesani. La ricerca affannosa di "nuove" tradizioni popolari ha, in malafede, confuso il sacro con il profano, ha dato un'essenza pagana a quello che un tempo era fede, credenza, passione, perdono. Sono state costruite tradizioni che non avevano motivo d'esistere e ne sono state spente altre che avevano il diritto di vivere.
La Lucania, delle non-tradizioni è divenuta maestra. Servendosi di una coreografia notevole ha letteralmente teatralizzato ogni sentimento religioso, come si può vedere nel Venerdì Santo di Barile, in provincia di Potenza, dove si esibiscono annualmente gli scenografi del luogo con costumi, colori, armature ricercate e centurioni agguerriti. Più è ricco il paese, più i costumi sono belli e più il teatro è completo. Un po' diversa è invece la teatralità del Venerdì Santo di Maschito, un piccolo paese lucano, dove la povertà degli abitanti la si vede nei costumi dei soldati e centurioni... romani che accompagnano le uniche tre statue dei paese: il Cristo in croce, il Cristo morto e l'Addolorata. Tutto il resto è una povera scena fatta di cartone, stracci, qualche cavallo e pochi colori. Su di un somaro gira per le stradine del paese un Cristo locale, seguito da una ciurma di ragazzini vestiti a festa e da qualche lancia di stagnola.
Quella di Maschito è una tradizione "voluta", anzi, una rappresentazione voluta che, al di là di un generoso spirito di partecipazione teatrale della popolazione, non riesce ad esprimere quel sentimento religioso che il Venerdì Santo, giorno di passione e non di festa paesana, dovrebbe esprimere.
La manifestazione che ha però una maggiore connotazione pagana è quella svolta annualmente a San Marco in Lamis, in provincia di Foggia, dove vive ancora il simbolismo del fuoco. Tradizione ed ambiente vanno di pari passo; infatti questo paese si basa su di una difficile economia agricolo-pastorale e, come tanti altri del Meridione, ha subìto moltissimo il flusso migratorio. H Venerdì Santo, in San Marco in Lamis, al calar del sole, si svolge la processione nella quale vengono trascinate le "fracchie" infuocate che vengono preparate precedentemente. Le "fracchie" sono dei coni di legna, formati da rami tagliati le cui dimensioni sono variabilissime e vanno da alcuni centimetri di altezza fino a quattro metri, mentre possono raggiungere una lunghezza anche di otto, nove metri. In genere, per allestire una simile fascina partecipano numerosissime persone, che possono appartenere o alla stessa famiglia oppure abitare nella stessa strada o zona del paese. E' in massima parte un rito di gruppo che si ripete ogni anno, accompagnato da uno spirito competitivo nei confronti delle altre famiglie concorrenti o di altri "quartieri", che potrebbero costruire una "fracchia" più grossa ed infiammabile. Ultimamente le organizzazioni turistiche del luogo hanno trasformato questa manifestazione in una vera competizione a premi per le fracchie più belle e che bruciano meglio. Se di pagano si vuoi parlare siamo ora in argomento.
Ma la teatralità, la rappresentazione... vivente, ha il proprio santuario a Ginosa, in provincia di Taranto, dove per costumi, scene, organizzazione e copioni, si superano di gran lunga le migliori organizzazioni lucane. A Ginosa tutto è recitato, curato nei minimi particolari: folkloristico. A tal punto, sorge il dubbio che il Venerdì Santo rappresenti per molti solo un giorno in cui poter fare teatro liberamente, un po' come se fosse il festival dei talenti mistici. A Ginosa l'indice di teatralità raggiunge il suo apice, tanto perfetta è la recitazione della passione e morte di Cristo. Tale esibizione che si svolge la sera con uno splendido effetto luminoso sulle scene, fa accorrere centinaia di curiosi, di spettatori che si accalcano lungo la strada come luogo i corridoi di un teatro in occasione di una prima.
Ma la "Sacra Rappresentazione" trova un valido antagonista in quello che è rimasto "tradizione", ossia nel classico sfilare dei gruppi scultorei lungo le strade cittadine. E non lontano da Ginosa lo si vede a Taranto dove ogni anno ricompaiono gli splendidi gruppi scultorei in cartapesta leccese di bellezza rara. La partecipazione popolare è autentica, sentita. Manca la coreografia attorno ai "misteri": lo scenario è rappresentato dal popolo che, silenzioso, osserva il lento procedere, cadenzato, delle statue. Dalla documentazione fotografica che viene riportata si nota come due epoche ben diverse siano rappresentate: il 1933 ed il 1978. Quarantacinque anni di uomini sotto e dietro le stesse statue. Una tradizione che vive in una città, in un porto quale Taranto, con lo spirito e la fede di sempre. E' giusto soffermarsi un poco sul Venerdì Santo tarantino, in quanto rappresenta forse la più bella tra le manifestazioni sacre della Passione che si possano ammirare in Puglia. In questo giorno vi sono due fattori che devono essere considerati: la statua ed il portatore. La figura di quest'ultimo quasi mai viene valutata dagli attenti studiosi delle manifestazioni sacre, dagli antropologi, che un po' semplicemente relegano il portatore al ruolo di comparsa. Ma questi uomini, il più delle volte con il volto coperto da un cappuccio, sono forse i veri attori del Venerdì mistico. E' un posto d'onore il loro, conquistato come una roccaforte. A volte quell'onore di portare la statua costa centinaia di migliaia di lire ed i concorrenti sono tanti. Una gara che va al di là di qualunque credo politico, almeno nel Meridione. E' un po' il voler espiare le proprie colpe, un "fioretto", come altri invece trasportano in spalla una grossa croce di legno, cosa che avviene ogni anno a Manduria, sempre in provincia di Taranto.
A Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, la processione del Venerdì Santo è molto sentita. Al seguito delle statue, portate in spalla, vi sono degli uomini incappucciati, scalzi, che trascinano pesanti croci. Sono in tanti coloro che, ogni anno, vestiti con dei sai bianchi, nel completo anonimato, percorrono umilmente le strade del paese fino a tarda sera.
Anche a Lecce la tradizione vive, ma si è... modernizzata, in quanto è pressochè scomparsa la figura del portatore, sostituito da autovetture. Statue - semoventi, dove sembra assente il fattore umano. A voler soffermare l'attenzione su questa caratteristica del Venerdì Santo leccese, sembra un po' l'antitesi del Venerdì Santo vissuto nei paesini della Lucania dove tutto è legato alla figura dell'uomo. Le autovetture, adorne di fiori, trasportano sul tetto le varie statue. Da queste siepi... colorate, che si muovono goffamente per le vie del centro cittadino, spuntano le ruote che lentamente girano, malamente guidate dagli scouts. Ma la folla partecipa, si accalca attorno alle autovetture trasformate in semoventi artistico-floreali, la banda suona il suo mistico accompagnamento.
Poi si giunge a Maglie, dove appare eleganza e distinzione finanche tra gli accompagnatori. Nel '40 era d'obbligo accompagnare le statue in abito scuro e farfalla bianca al collo. Le massime autorità civili e militari aprivano il corteo; tutto il paese partecipava alla manifestazione. Tutti in abito di gran gaia per partecipare alla più importante processione dell'anno. E' poi Galatina col suo Cristo morto e con l'Addolorata. Qui la processione scivola per le vie della città all'alba, tra il sonnecchiare dei paesani che, già infagottati, si apprestano a seguirla. La sfilata delle confraternite con i propri vessilli: e la confraternita dell'Addolorata, la più agguerrita della città. Dicono che sia anche la più "nobile", ma di certo è la più potente. Nelle confraternite, da sempre presenti nelle comunità religiose, hanno parte poveri e ricchi, indistintamente accomunati dal credo; tante volte, incappucciati, sfilano fianco a fianco.
La manifestazione più suggestiva alla quale si può assistere in provincia di Bari, la si vede a Noicattaro, dove gli uomini incappucciati in lunghi sai neri, con ai piedi una catena, una corona di spine in testa, scalzi, girano per le strade del paese dalla sera del Venerdì fino alla tarda mattina del Sabato, portando sulle spalle una pesantissima croce di legno. La tradizione vuole che nessuno conosca l'identità di questi uomini, che si sottopongono ad una fatica così imponente, tanto che la loro vestizione avviene in segreto. Questi sciolgono un voto, girano per il paese fermandosi innanzi alle chiese; lasciano la croce all'esterno, entrano e pregano per pochi minuti. Successivamente riprendono il cammino incrociando la processione formata dalle varie confraternite.
La processione che si svolge a Roseto Valfortore, un piccolo paese del Subappennino Dauno, è uno degli episodi più tipici della storia popolare della Puglia; infatti il giorno della passione è quel momento atteso tutto l'anno che coinvolge febbrilmente ogni cittadino. Nei giorni precedenti ci si dà un gran da fare per preparare le statue da portare in processione: le si ripuliscono ed in particolare si prepara il "Cristo morto" che sarà trasportato, nella notte, da donne avvolte in scialli di lana nera nel "punto" del paese in cui entrerà nella processione. Anche le altre statue, preparate e rivestite, vengono collocate in chiese o in case, da dove usciranno per inserirsi anch'esse nel corteo. In questa processione c'è molto della manifestazione sacra propria dei paesini lucani, in quanto le statue saranno accompagnate da uomini o donne in costume. Saranno "le parti", le comparse, come altrimenti si possono chiamare. Nel paese le donne svolgono ruoli principali, anche perché sono molto numerose a causa del grande numero di emigrati, mentre i ragazzi si immedesimano nel ruolo-gioco di soldati romani.
In questo paesino, molto povero, anche "le parti" nella processione costano poco; infatti per fare la "Maria di Mezzo" sono necessarie appena 60 mila lire, mentre per i bambini che portano i simboli della passione sono sufficienti poche migliaia di lire. La partecipazione è completa e suggestiva, in quanto tutti gli abitanti del paese vi prendono parte. Suggestivo è anche l'organizzarsi della processione, in quanto questa esce dalla prima chiesa e, attraversando il paese, ad ogni tappa accade qualcosa di nuovo, con la comparsa nella stessa di un nuovo personaggio o di una, nuova statua. Da una casa uscirà la Veronica che, dopo aver asciugato il sangue ed il sudore dalla statua del Cristo, esibirà il panno prestato e con lo svolgersi della processione si inseriranno altre statue al posto delle precedenti: infatti la statua del "Cristo flagellato" sarà sostituita dal "Cristo in croce" e questo sarà sostituito dal "Cristo deposto". Il "Cristo morto" sarà preceduto da un grande baldacchino sul quale ci saranno tanti bambinelli che piangeranno, dietro indicazione dei genitori, per tutto il tempo necessario. La processione terminerà con il ritorno alla chiesa di partenza: una foto ricordo e tutto sarà finito, anche per gli emigrati che, rientrati dall'America, avranno rivissuto in quella giornata tutta la propria fanciullezza. Ogni cosa si svolge con estrema rigidità, come per voto si partecipa alla processione. Un'occasione per ritrovarsi tra la folla.
Antichissime le statue che sfilano in processione ad Andria, un grosso centro del nord di Bari: si fanno risalire al '500 - '600. La fattura delle statue rappresentanti il Cristo è sublime; un po' meno quella dei gruppi con più personaggi, quale l'Addolorata con le donne, ma sempre di suggestiva presenza. E la classica processione del Venerdì Santo, con tanto di successione logica e cronologica delle statue in legno e cartapesta. Ad Andria sono ben sette i gruppi statuari, come sette sono quelli che sfilano a Molfetta, un grosso paese della costiera barese, dove da sempre il Venerdì della passione e morte di Cristo è tradizione. La partenza della processione, a Molfetta, avviene nel pomeriggio; essa si snoda nelle vie della città vecchia, bellissima ed affascinante. Il sapore della città di mare, dei ricordi storici, di questo cadenzato ondeggiare e procedere delle statue, imponenti ed artisticamente meravigliose, lasciano letteralmente in estasi qualunque osservatore, casuale e non, che si trovi ad osservarle. E' la partecipazione del popolo, sempre presente, che rende una simile manifestazione "solenne". I gruppi scultorei di Molfetta sono tra i più belli dell'Italia Meridionale; in particolare la "Pietà" che assume una bellezza vivente, espressiva, propria delle più grandi opere d'arte. La fattura di queste forme di cartapesta o legno è opera di artisti pugliesi, di talenti occultati dal l'emarginazione meridionale. Questo è da sempre il destino dell'arte meridionale, mai sfiorata da un interesse nordico, che è vissuta, come oggi vive, in un proprio eremo di profonda cultura e di grandi talenti, sempre lontani dalla fama e dalle più qualificate considerazioni critiche.
Sono forse maggiormente concentrate nel barese le più belle statue della Puglia che sfilano per le strade il Venerdì Santo, come a Ruvo di Puglia, altro bel paese della provincia di Bari, dove si succedono gruppi di statue in cartapesta, alcuni con ben nove personaggi. Vere scene imponenti con un grande senso artistico, espressivo, che transitano dal giorno a notte fatta per le strade del centro, con una cadenza lentissima, accompagnate da una lunghissima fiaccolata che rischiara la sera, creando delle immagini suggestive al transitare lungo le antiche strade. Al loro passaggio le coperte più belle sono esposte dai balconi e dalle finestre delle case di quelle famiglie così onorate di veder scorrere innanzi l'intera Passione, in una simile manifestazione mistica.
La massima parte della cartapesta lavorata in statue ha un'origine leccese; infatti già dal '500 la maggior parte delle ordinazioni di gruppi scultorei in cartapesta e legno venivano fatte ad artisti di Lecce o della provincia. Più raramente ci si rivolgeva ad artisti del napoletano, ben più abili nelle sculture in terracotta e stoffa particolarmente forgiate verso la fine del '600 ed i primi del '700.
Anche a Bitonto, sempre nel barese, il Venerdì Santo è molto sentito, ma ben diversa è la fattura delle opere scultoree che scivolano lentamente in processione. Il fasto del barocco è qui presente nelle sculture quasi a voler significare una ricchezza coreografica delle stesse.
Il Venerdì Santo a Gioia del Colle non è dissimile da quello di tanti altri centri pugliesi, come quello di Ceglie del Campo, una frazione alle porte di Bari, dove la sontuosità dei gruppi, ricchi di colore, ma di fattura non competitiva con le statue di Molfetta e Taranto, trasformano questo giorno della Passione in pura festa paesana.
A Mola di Bari, invece, ad una ventina di chilometri a sud del capoluogo, la partecipazione popolare è più evidente, non tanto nell'accompagnamento alla processione, quanto nella presenza delle confraternite e nel ridotto numero di statue che transitano per le vie della città.
E si giunge infine a Bari dove ben due sono le processioni che transitano nella città: una è propria della città vecchia, la seconda si articola nel quartiere murattiano. La bellezza delle sculture è notevole e la religiosità del popolo di San Nicola si rivede nuovamente il Venerdì Santo. In quella giornata la città è praticamente paralizzata, sia per il lento procedere delle statue lungo le strade del centro sia per l'accorrere della popolazione, di curiosi e fedeli.
Le manifestazioni del Venerdì Santo in Puglia sono sempre dei momenti d'incontro e di verifica della comunità cristiana. A parte gli esibizionismi, che sanno di pagano e che inducono ad una valutazione e considerazione umana su quella divina, nel Venerdì Santo si rivive un antico spirito religioso che, con il passare degli anni e con lo svilupparsi delle manifestazioni... teatrali sul Venerdì della Passione, va scemando.
Quello che con questo scritto si è cercato di fare intendere, non si rifà ad un'indagine accurata sulle singole manifestazioni pugliesi e lucane, con la valutazione dei vari gruppi scultorei, del loro pregio artistico o dei simbolismi che in ogni rappresentazione o manifestazione sono presenti; si è voluto invece puntualizzare il credo religioso di un popolo, più sentito in quei centri in cui la presenza dell'uomo, nella rappresentazione sacra, si fa meno evidente. La processione fatta dai "simboli", dalle statue, partecipata dalla popolazione, riesce a coinvolgere il senso mistico del credente, riconduce ad una spiritualità prima assopita, induce al rispetto ed alla venerazione.
Se di tradizione si vuoi parlare è giusto farlo per l'autentica "processione", del mesto, lento procedere del Cristo e della Madonna, accompagnati nel proprio calvario da tutti i presenti, spiritualmente, fisicamente, lungo le strade di ogni giorno. La Passione in questo caso è sentita, coinvolge ognuno; ci si immedesima nel Cristo, che con dolore ha patito e subìto la croce, e in quegli istanti ricompaiono in ognuno i problemi di sempre, ci si sente portatori di tante piccole, grandi croci. Nella processione del Venerdì Santo si rivive la passione quotidiana, si è partecipi di un dolore che non è solo di se stessi. E questa è la bellezza e la grandezza di un rito che non può e non deve spegnersi. Non è l'adorazione di pezzi di legno o di figure di cartapesta che induce il cristiano ad accostarsi al corteo o a parteciparvi col proprio spirito, ma è il credo religioso, la solidarietà del proprio dolore col dolore degli altri che induce ad animare il Venerdì della Passione. La curiosità, la scena, lo spettacolo, che invece appaiono evidenti in talune manifestazioni della Lucania, o di Ginosa o in quelle "farse" che alcune parrocchie osano organizzare per le strade di certi quartieri cittadini, sono l'immagine di un puro esibizionismo dei singoli, il far scena mascherandosi dietro un sentimento fideistico: si nasconde la propria vanità di attori o scenografi dietro lo stendardo della fede. Quello che poi dovrebbe essere un momento di raccoglimento e riflessione della popolazione, diviene un atto di farsa mai riuscita, per quanto bravi possano essere gli attori.
Manifestazioni pagane con abito cristiano. A questo punto è la Chiesa che dovrebbe intervenire, decisamente, ponendo un netto distinguo tra sacro e profano, ciò che è di Dio è ciò che invece è dell'uomo, e per la sua stessa vanità. Molti chiamano questo "recite" Sacre Rappresentazioni; ma di sacro esse non hanno nulla. L'unico fattore che si estranea è il simbolismo ricorrente, l'unica tradizione tramandata nel corso dei secoli e custodita nelle famiglie. Il simbolismo del pane, del gallo, del fuoco, dell'oro... del pagano.
Il Venerdì Santo con le sue manifestazioni sacre rimarrà tale fin quando si riuscirà a far vivere uno schietto credo religioso, l'autentica fede sempre più minacciata dalla mano perfezionista dell'uomo colto. In Puglia, in Lucania, nel Meridione in genere, il risveglio di un sano credo lo si vede nel corso delle manifestazioni dove la vera tradizione religiosa non è morta, nel corso delle processioni che inducono spontaneamente alla preghiera ad alla riflessione e non dove, colpito da uno strano modernismo, l'uomo si è sentito capace, con la sua umiltà di sempre, di poter meglio rappresentare ed ispirare quello che nei secoli è stato ispirato e rappresentato da quelle semplici e meravigliose figure di cartapesta.

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