§ LE "FIGLIE DELLA NOTTE"

SE INCONTRI UNA "MACARA"




Daniela Romano



La puoi trovare ad Otranto, in uno di quei vicoletti che si snodano dietro la vecchia Cattedrale. Come ogni buona popolana salentina è seduta fuori l'uscio e si difende dall'agosto salentino con un grande ventaglio raffigurante S. Rocco. La seguo in una stanzetta sottoposta, umida, un odore pregnante di legumi che si sprigiona dalla pignatta. Mi chiede che tipo di fattura voglio, fiacca (a morte) o bona (d'amore) e se ho un oggetto della persona da striarisciare. Le porgo una ciocca di capelli. Prende un'arancia - simbolo della sfericità della terra - la bagna di cera; ne fa un buco e vi mette dentro la ciocca di capelli. Lega il frutto con uno spago sudicio, fissandolo con un nodo, e inizia a conficcarvi aghi e spille. Ad ogni spilla, un incomprensibile scongiuro. Mi affida l'arancia e mi raccomanda di custodirla in un cassetto o sotto un materasso. Il cuore dell'amato sarà "annodato" come lo spago che cinge l'arancia, e sarà fedele finché l'arancia sarà al sicuro, in luogo nascosto. Poi mi spiega che se la fattura non esce, posso provare io stessa in altri modi.
La polvere di osso di morto è un filtro d'amore. Si deve porre sotto la tovaglia dell'altare quando celebra il prete e poi si fa mangiare, a mezzo di qualche cibo, al "malcapitato", oppure si può ricorrere alle midolla, onde l'espressione in Basilicata, s'à mangiate le mirodda, per dire "è innamorato cotto".
Ma le fatture più riuscite sono quelle in cui si usano gli oggetti "dellu 'nfatturatu", perché le sue appartenenze vengono considerate come una continuazione della persona stessa, la fattura può quindi essere eseguita su tali appartenenze, piuttosto che sulla persona. Euripide, nell'Ippolito, fa dire alla nutrice: "qualche segno di colui che tu ami mi occorre, qualche frammento delle sue vesti, perché due amori si facciano un solo desiderio". Così pure la Simeta teocritea, innamorata di Delfi, mentre compie il sortilegio invocando Selene: "Delfi ha perduto questa frangia del suo mantello. Io la faccio a pezzi e la getto nel fuoco ardente". E' per questo che vige ancora nel popolo l'usanza di riporre in luogo nascosto i capelli che restano nel pettine, onde non diventino oggetto di "macaria". L'utilizzazione di un oggetto di appartenenza è da ricollegare anche al cattolicesimo, se negli Atti degli Apostoli si legge: "E Iddio faceva dei miracoli straordinari per le mani di Paolo; al punto che si portavano sui malati degli asciugatoi e dei grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie si partivano da loro, e gli spiriti maligni ne uscivano".
E' proprio questa accentuazione di esteriorità e di paganesimo, questa "accentuazione magica" in certo cattolicesimo, che fece parlare E. De Martino di "raccordi tra magia e forma egemonica di vita religiosa".
Il quadro si tinge a fosche tinte quando, invece di sanos avertere sensus, la fattura è fiacca, negativa.. Per colpire la verginità di una fanciulla che andrà sposa, una maliarda "sacerdotessa" di Collepasso, F.C., in una notte di luna piena, di venerdì, trafigge una bianca colomba per sette volte con un lungo coltello, mormorando parole incomprensibili. Questa magia per imitazione, per cui l'avversario designato dovrebbe provare egual strazio, acquista una forma apertamente simbolica, laddove il bianco viene a significare la purezza della vergine e il coltello un chiaro simbolo fallico.
Il numero 7 poi (numerus est septenarius perfectionis, se proprio vogliamo dimenticare che 7 sono le stelle del Carro, dell'Orione e delle Pleiadi), assieme ad altri numeri dispari - numero deo impare gaudet - rimane un punto fisso in tutte le speculazioni matematico-occultistiche. E assieme al 7, anche il 3 è un numero sovente usato in tali pratiche. No per niente le nostre donne usano imprimere sulla cuddura (dal gr. xollùpa, focaccia) oltre al segno fallico, quello dei trimurti orientali, simbolo della tripartita forza che governa il mondo.
Il rito della colomba è accompagnato da formule magiche, "parole provenienti dall'intenzione dell'anima razionale e che all'atto di essere pronunziate acquistano una forza celeste" (Bacone). Parole incomprensibili. Co-ccol-col. Inutile chiederne il segreto. Sono un privilegio della fattucchiera. Comunicarle significa consegnar le armi della propria "superiorità", incorrere in una colpa. I freudiani attribuiscono il ricorso a queste formule ad un ricordo della prima infanzia, il periodo in cui gli adulti, coi loro linguaggio pur incomprensibile e misterioso per i bambini, riuscivano ad ottenere quello che volevano.

... Vidi io stesso
errar Canidia con la veste negra
tirata su, col crine sciolto, scalza,
ululante con Sàgana più vecchia.
Il pallore le aveva fatte entrambe
orrende in faccia. E prendono a scavare
con le unghie la terra, con i denti
a sbranare un'agnella scura e il sangue
versano nella buca per trar fuori
i Mani: l'ombre che dovevan dare
i responsi. Un pupazzo, anche, di lana,
v'era e un altro di cera; ma più grande
era quello di lana, cui spettava
di castigare il più piccolo: atteggiato
stava quello di cera come supplice
pronto a morire al modo degli schiavi
…………………………..
come nascosero in segreto
una barba di lupo con un dente
di colubro screziato sotto terra
e come dall'immagine di cera
divampò un'altra fiamma....

(Orazio, Sat., 1, 8, 23 sgg.)

E di cera era l'immagine di Enea che Didone usò per i suoi malefici, così come due sono le immagini simboliche, una di argilla e una di cera, usate, assieme alle erbe velenose del Ponto, dalla maga che vuole ricondurre a sé Dafni, suo amante, in quell'ecloga virgiliana che per i rapporti dell'arte magica fu detta pharmaceutria.
Un posto particolare occupano poi lo sperma, lo sterco seccato e il sangue catameniale, sangue impuro, da cui il vecchio dottor Melillo metteva in guardia Carlo Levi appena giunto al confine, perché "queste contadine lo mettono un po' dappertutto" per legare gli uomini.
A Matino si narra che in tempi recenti una fanciulla abbandonata dal fidanzato, abbia trovato l'occasione per la sua nemesi quando, alla vigilia delle nozze del suo ex, è riuscita a mescolare un po' del suo contributo mensile ai dolcetti di mandorle che ivi si preparano in occasione degli sposalizi. Il giovane, dapprima ridotto all'impotenza, morì poi di anoressia. Il sangue di alcuni animali è poi usato per comunicare ad una determinata persona la qualità posseduta dall'animale. Credenza suggerita e convalidata da dati psichici (trasmissione di stati d'animo, ecc ... ) e da dati fisici (trasmissione del freddo e del caldo ecc ... ). Tertulliano (Apol., IX, 5) ricorda che era costume dei Romani curare il morbo comiziale facendo bere alle vittime sangue di gladiatori; nel Salento per combattere l'epilessia è usato il sangue di talpe. Se poi "ti hanno tirato in casa Ecate" come diceva Teofrasto, puoi ricorrere alla contro-fattura:

"preso un bicchier d'acqua, fanno una croce al di sopra ed incominciano una preghiera talmente vuota di senso da non prenderne filo, e composta la persona a severa postura, pronunziano colle labbra sul bicchiere queste parole tenendo in croce le mani sul petto ed il piede sinistro alzato: 'Aillar Staifelex amuir alla'. Queste parole le ripetono insino a che Staifelex, dicono foro, non agiti l'acqua ed allora son certi del risultato".

Oppure

"Prendono un bicchiere con acqua benedetta dentro, ove fanno ginocchioni delle supplicazioni d'un nuovo gergo, che italianamente suonano: 'Croce di canna, croce d'argento, posta sul pavimento, posta in sul verone, caccia lontano questa notte ogni malore. Indi fatta una croce al di sopra, vi gettan dentro un corallo a punte e bucherellato, la caduta del quale se fa strisciar l'acqua, si estermina immediatamente il maleventu; se escon fuori delle bollicine, in allora è abbattuto il malocchio".

Chi sono in realtà queste "figlie della notte", come le chiamò Petronio, queste "triste che lasciaron l'ago/la spola e il fuso e fecersi indovine/fecer malie-con erbe e con imago" (Dante, Inf., XX, 121 sgg.), queste "macare", come dicono i salentini? Nient'altro che individui insicuri, frustrati che, sentendosi odiati e disprezzati dai vicini, si considerano dotati di poteri magici, mentre proprio questa loro disposizione a credersi vittime della malevolenza altrui rivela la presenza di impulsi aggressivi e desideri inconsci.

La "macara", spinta dal desiderio di esercitare il suo potere nella realtà, crede, per quella che Freud chiama "onnipotenza del pensiero", di poterlo realizzare effettivamente. E la fattura viene ad essere la "esteriorizzazione di un desiderio", quello stesso desiderio che per Freud si soddisfava inconsciamente per la via psicanalitica del sogno. Una attività sostitutiva che sorge in mancanza di una soddisfazione realistica dei bisogni. "E' certamente la precarietà dei beni elementari della vita, l'incertezza delle prospettive concernenti il futuro, la pressione esercitata sugli individui da parte di forze naturali e sociali non controllabili, la carenza di forme di assistenza sociale, l'asprezza della fatica nel quadro di una economia agricola arretrata, l'angusta memoria di comportamenti razionali efficaci con cui fronteggiare il mantenersi delle pratiche magiche ... . I temi della forza magica, della fascinazione, della possessione, della fattura, sono senza dubbio in connessione con l'immensa potenza del negativo quotidiano che incombe sugli individui dalla nascita alla morte". (E De Martino, Sud e Magia. Milano, 1978, p.66).
E i desideri dell'uomo sono tanto più forti quanto più debole è il suo dominio sulla natura; le pratiche magiche che, come disse Malinowski, sono dettate "dall'associazione di idee sotto l'influenza del desiderio" sono espressione di conflitti e tensioni latenti nel campo della competizione sociale.
Maggiore è la rigidità dei ruoli, la presenza di elementi conflittuali, la possibilità di competizione nella società, più frequente si fa il ricorso a mezzi magici da parte di chi si trova in condizioni di debolezza: la fattura si configura a metà tra l'attacco e la conciliazione.
Scaturisce quindi un rapporto intercorrente fra condizioni economico-sociali e pratiche magiche, per cui il persistere di pratiche magiche in quel Sud che pure ha dato un contributo notevole alla "filosofia naturale" e alla cultura illuministica è, come scrive De Martino, "il riflesso ideologico e di costume di un difetto di energia civile", cioè "una delle tante conseguenze di quella che è stata definita la non - storia del Regno di Napoli".
Ma queste spiegazioni razionali non interessano all'uomo. L'uomo ha bisogno di illudersi, perché, per dirla con Lope de Vega, Y toda la vida es sueño, Y los sueños, sueño son.


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