§ DIFFICILE IL GOVERNO DEI CONTI DELLO STATO

RIFLESSIONE SUI NODI IRRISOLTI DELLA FORMAZIONE DEL BILANCIO




Claudio Alemanno



La legge finanziaria e quella di bilancio hanno consumato anche questa volta il confuso rituale preparatorio degli ultimi anni, sia in sede di approccio governativo sia in sede di dibattito parlamentare. Eppure si tratta di documenti importanti di per sè, per i vincoli immediati che pongono alla logica evolutiva del sistema, e rilevanti in sede programmatica, per gli orientamenti generali assegnati all'articolazione del modello di sviluppo. Ma i provvedimenti affannati, che attualmente producono le disordinate metodiche procedurali, hanno purtroppo la deprecabile attitudine a togliere credibilità a questi strumenti fondamentali della politica economica. L'intera tematica del bilancio finisce, in tal modo, per colorarsi di significati illuministici, poco adatti alle attese di funzionalità e razionalità operativa che il sistema economico sollecita da tempo.
Certamente il processo di formazione del bilancio deve collocarsi entro una procedura negoziale inquadrata nell'ambito dell'Esecutivo. Ma questa procedura assegna rilievo e peso diverso alle competenze degli organi politici, a seconda delle prassi in uso. Per fare due esempi significativi di segno opposto, citiamo i casi della Gran Bretagna e del Canada. Nel Regno Unito, se il negoziato tra il Tesoro e gli altri Ministeri non approda a risultati definitivi, si fa ricorso, con una procedura adottata nel 1981, ad un Comitato ristretto (presieduto dal Primo Ministro), che ha l'obbligo di trovare l'accordo (qualche analogia è riscontrabile con il Direttorio, introdotto in Italia nella prassi del Governo in carica). Resta comunque dominante il ruolo del Tesoro all'interno del Governo. In fase di elaborazione del programma, esso svolge negoziati di tipo bilaterale con i responsabili degli altri Dicasteri, in vista della definizione della strategia complessiva inerente alla destinazione delle risorse finanziarie. Di segno opposto è l'esperienza canadese. Qui il Governo fissa in via preliminare l'ammontare complessivo delle risorse, mentre viene demandato ad alcuni comitati di Ministri il negoziato successivo sulla loro destinazione. Il Tesoro, in questo assetto procedurale, ha scarsa capacità di impulso, mentre esercita una funzione preminente di controllo sulle compatibilità finanziarie, avendo il compito di tenere la contabilità generale, di valutare gli effetti delle mutevoli dinamiche monetarie e predisporre i necessari aggiustamenti.
In Italia il ruolo del Tesoro è andato gradualmente affievolendosi, fino a svolgere quasi una funzione notarile per le decisioni elaborate da altri centri di spesa, senza tuttavia rendere disponibile un apparato alternativo efficiente per il necessario lavoro preparatorio e di coordinamento. Regolare il fabbisogno del Tesoro nel tempo è diventato sempre più difficile, poichè i mutati atteggiamenti del sistema non consentono di rendere sufficientemente noti "ex ante" i tempi di spesa degli Enti del settore pubblico allargato che fanno capo alla Tesoreria statale, producendo difficoltà crescenti alla elaborazione della politica del debito pubblico. Tradizionalmente intesa come complesso di misure adottate per assicurare il finanziamento del Tesoro, questa ha di fatto mutato significato assumendo il ruolo di indirizzo qualitativo delle risorse, di redistribuzione dei redditi e di guida generale all'evoluzione della struttura finanziaria. La carenza di strumenti adeguati di rilevazione e di controllo, oltre a procurare rigidità al sistema, produce distorsioni paralizzanti per il decorso evolutivo delle attività produttive. Inoltre il mancato riordino dell'assetto istituzionale determina rapporti poco lineari tra Tesoro e Banca d'Italia, per cui ne soffre il coordinamento fra la politica monetaria e quella di bilancio, pur nella consapevolezza che nessuna delle due può considerarsi variabile indipendente rispetto all'altra.
La questione del rientro e del riordino della finanza pubblica impone, quindi, una riflessione non secondaria sugli organismi e le strutture di valutazione della spesa e sulle procedure che regolano i lavori parlamentari in tema di bilancio.
Con riferimento al primo aspetto, insorgono problemi che riguardano innanzitutto la riorganizzazione del Tesoro e segnatamente della Direzione Generale e della Ragioneria Generale dello Stato. Si attende, più specificamente, la revisione del regolamento di contabilità, in modo da assicurare la necessaria aderenza ai principi informatori della riforma del bilancio già adottata.
Resta inoltre aperta l'altra questione fondamentale, inerente alla copertura finanziaria dei disegni di legge governativi. E' questo un compito esclusivo del Tesoro o investe responsabilità complessive del Governo? Le tendenze in atto sono decisamente orientate verso la seconda ipotesi e quindi sollecitano l'istituzione di uffici attrezzati presso la Presidenza del Consiglio.
Ciò implica la definizione puntuale di ruoli diversi, dovendosi comunque tenere conto della circostanza che il processo di elaborazione della legge finanziaria e di quella di bilancio deve sempre filtrare attraverso le maglie della competenza "tecnica" del Tesoro.
Per quando attiene alle valutazioni di carattere allocativo, si rende invece opportuno rafforzare gli organi tecnici di supporto, che prestano opera di collaborazione con la Presidenza del Consiglio, e le Commissioni della Camera e del Senato. In particolare, si dovrà fare ricorso al potenziamento dell'assetto organizzativo della Commissione Tecnica per la Spesa Pubblica, che svolge compiti di valutazione economica sui vari capitoli di spesa e intrattiene stretti rapporti di collaborazione con il Governo e il Parlamento attraverso il Tesoro. L'eventuale rafforzamento del ruolo decisionale del Parlamento renderebbe inoltre opportuna l'attribuzione di maggiore credito di autorevolezza al lavoro svolto dalla Corte dei Conti, segnatamente in sede di relazione sul rendiconto generale dello Stato e di controllo sull'attività degli Enti economici pubblici.
Si avverte comunque l'esigenza generale di una minore improvvisazione nella fase preparatoria, allo scopo di dare valutazioni certe alle proiezioni sugli esercizi futuri. Il legislatore, in verità, con la riforma contabile del 1978, ha dotato l'Esecutivo di uno strumento utile per dare respiro lungo alla gestione. Il riferimento è al bilancio programmatico triennale, che finora nessun Governo ha ritenuto di rendere operante. Questo documento dovrebbe stabilire il quadro delle compatibilità macroeconomiche in funzione del quale calcolare: le previsioni sull'evoluzione della spesa corrente, e quindi produrre le motivazioni per i vari incrementi di spesa; la proiezione pluriennale dello stato economico dei fondi speciali; la ripartizione in quote annuali delle spese pluriennali, con riserva di aggiornamento ad opera della legge finaziaria. In questo strumento il sistema finanziario pubblico troverebbe garanzie e limiti alle tendenze evolutive di medio periodo. Quindi la ricerca di nuovi correttivi, sempre avvertita in sede di analisi e discussione sul bilancio, può prendere le mosse da una legge già in vigore da cinque anni, incardinando la riflessione e l'impegno per il riordino organizzativo sul suo percorso di attuazione.
Sul tema delle procedure parlamentari per la discussione e l'approvazione degli strumenti finanziari, le recenti modifiche apportate al regolamento della Camera fanno sperare in più proficui e concreti sviluppi. L'istituzione della sessione di bilancio ed i nuovi poteri accordati ai Presidenti di Gruppo consentono una sicura riduzione dei tempi di discussione ed un drastico contenimento degli emendamenti proponibili. La definizione legislativa dei conti dello Stato può così avvenire entro il 31 Dicembre, senza assumere a sistema il ricorso anomalo all'esercizio provvisorio. Si attribuisce in questo modo significato di assoluto rilievo al bilancio consuntivo, cui viene finalmente riconosciuto il ruolo principe di documento contabile, come è previsto dalla Carta Costituzionale e dalle leggi di contabilità. Ciò comporta la necessità di attivare quel rapporto di ausiliarità della Corte dei Conti in precedenza richiamato e da tempo caduto in desuetudine.
La verifica sull'attuabilità delle decisioni legislative richiede al Parlamento una dotazione di elementi conoscitivi, che solo attraverso un apprezzamento reale dell'importante ruolo di supporto svolto dalla Corte dei Conti può essere conseguita. Si avverte perciò l'esigenza di riconoscere a quest'organo giurisdizionale non il semplice ruolo neutro del controllo formale sulla gestione, secondo le leggi di contabilità, ma quello più sostanziale di referto di merito sulle valutazioni attinenti all'economicità delle gestioni, all'efficienza degli apparati e al raffronto fra obiettivi realizzati e costi sopportati.
Il comportamento della finanza pubblica si identifica notoriamente con i tratti caratteristici della finanza funzionale, in quanto adempie al compito preminente di regolazione dell'intera attività economica. Il bilancio perciò non può e non deve mostrare sempre uno stato di disavanzo. La crescita progressiva del debito pubblico non si concilia con le pratiche proprie della finanza funzionale, riflettendo piuttosto quelle deteriori della stagnazione. Il caso italiano ne costituisce una prova evidente. Certo il pareggio di bilancio non può essere ricercato su base annua, ma su un arco di tempo coincidente con un intero ciclo economico. Tuttavia la ricerca "tendenziale" del pareggio resta la regola fondamentale cui ispirare ogni ipotesi di fluttazione del debito pubblico e di limitazione delle sue capacità di espansione.
Un recente studio del Fondo Monetario Internazionale, riferito ad un arco temporale di otto anni, ha messo in rilievo che l'aumento del tasso di indebitamento interno è diventato purtroppo una costante della finanza pubblica italiana. A questo fenomeno anomalo si contrappone negli altri Paesi industrializzati un'accentuata variabilità, che fa pensare all'impiego più corretto della spesa pubblica intesa come una variabile strategica usata per seguire gli obiettivi di politica economica ritenuti più opportuni per la funzionalità globale del sistema. E' questo un elemento di elasticità che occorre recuperare nella situazione italiana e che, a nostro avviso, è collegato in modo non esclusivo, ma determinante, con il riordino degli apparati di decisione e degli strumenti di rilevazione.
Purchè non si commetta l'errore di contrapporre ad alcune innegabili astrattezze, che sussistono nell'attuale "modus operandi", un disegno istituzionale di tipo nuovo, ma ugualmente astratto.

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