La prima testimonianza
finora pubblicato della risalita della Valle del Nilo da parte di
un occidentale è un manoscritto conservato nella Biblioteca
Nazionale di Firenze, nel quale è stato tramandato il racconto
del viaggio che un veneziano, rimasto anonimo, compì tra l'agosto
e il settembre del 1589 in Egitto e in Nubia. La presenza di veneziani
in Egitto è ben documentata per quell'epoca e motivata da interessi
commerciali. I contatti furono particolarmente intensi nel XVI secolo
anche per i progetti, non realizzati, di apertura del canale di Suez
che la Repubblica di Venezia da tempo perseguiva.
Il racconto dell'anonimo veneziano, comunque, si inserisce nella continuità
dell'attenzione del mondo occidentale per l'Egitto, fin dai tempi
più antichi. I Greci, che a partire dal VII secolo a. C. ebbero
costanti rapporti con l'Egitto, furono affascinati dalle manifestazioni
della cultura egizia: monumenti, storia, religione e scrittura.
La conoscenza dell'Egitto si amplia in epoca romana, grazie anche
alla diffusione dei culti egizi. In età imperiale gli obelischi
portati dall'Egitto divengono parte integrante dell'arredo urbano
delle capitali, Roma prima e Costantinopoli poi. Sculture egizie ornano
non solo i templi, ma anche le ville private. Inoltre, perdura tra
gli eruditi l'interesse per la scrittura egizia. Del IV secolo d.
C., probabilmente, è Hierogliphica di Horapollo Niloo, tradotta
dall'egiziano in greco. Riscoperto in epoca umanistica (la prima edizione
a stampa è del 1505), alimenta l'interesse filologico nei confronti
dell'antico. Anche gli artisti rinascimentali, ispirandosi a modelli
egizi, contribuiscono alla loro diffusione e applicazione. Nella sede
del Collegio romano dei Gesuiti, il Kircher crea nel 1651 un museo
in cui raccoglie oggetti curiosi e rari. Tenta, inoltre, di decifrare
le iscrizioni degli obelischi.
All'inizio del XVIII secolo, l'Archeologia assume un posto di primo
piano e Roma diviene il centro della nuova disciplina, che consente
il ritrovamento di documenti sempre più numerosi, anche di
arte egizia.
Si infittiscono i rapporti dei viaggi di Europei in Oriente e in Egitto,
contribuendo a descrivere i monumenti egizi. Il Niebhurm, durante
il suo soggiorno al Cairo, comincia a copiare iscrizioni geroglifiche
(una lista preliminare viene pubblicata a Copenhagen nel 1774). Sul
finire del XVIII secolo la campagna napoleonica in Egitto (1798) e
la scoperta della Pietra di Rosetta (1799, con un testo scritto in
geroglifico, demotico e greco) determinano una impostazione sistematica
degli studi sulla storia della civiltà egizia: nasce l'egittologia.
Anche i misteriosi "geroglifici" cominciano ad essere interpretati,
soprattutto da J.F. Champollion "il decifratore".
Nel XIX secolo molti si improvvisano archeologi e antiquari e formano
collezioni, che costituirono il nucleo originario delle grandi raccolte
museali europee. Da ricordare il console Bernardino Drovetti, che
con la sua raccolta consentì la creazione della collezione
torinese. Similmente il console inglese Salt riunì un insieme
di antichità che entrarono poi al Museo Britannico di Londra.
Si susseguono anche le scoperte: a Giza, ad esempio, viene liberata
dalla sabbia la Sfinge, viene ritrovata anche la tomba di Amenhotep
III, la statua colossale di Ramesse II, la "stele del sogno"
di Thutmosis II. In questo periodo, tuttavia, si assiste in Egitto
ad una attività indiscriminata a scopo commerciale, che rischia
di compromettere la salvaguardia del contesto archeologico-storico.
Ma la ricerca archeologico continua, stimolata anche dall'interesse
per le ricche collezioni egizie raccolte in grandi Musei aperti al
pubblico a Torino, Parigi, Londra, Berlino. Dalla metà del
secolo in poi, la ricerca si estende sistematicamente anche al sottosuolo.
Nel 1850-51 il francese Mariette scopre il Serapeo di Menfi, con viali,
gallerie, tombe e numerosissimi oggetti, settemila dei quali furono
trasportati al Louvre. Su insistenza dello stesso Mariette, alcuni
locali dell'ex compagnia fluviale di Bulak vengono destinati a museo
e deposito dei reperti di scavo: è il primo passo verso la
formazione del grande Museo Egizio del Cairo. La scoperta del tesoro
della regina Ahnotep diede nuovo impulso al progetto di costruire
una sede museale degna. Nel frattempo fu migliorato l'allestimento
nell'ufficio di Bulak, che fu solennemente inaugurato nel 1863.
Sino alla prima guerra mondiale, scavi importanti e regolari proseguono
numerosi, grazie anche all'attività di missioni straniere,
molte delle quali creano in quegli anni Istituti Permanenti in Egitto.
Una legge del 1912 regolò la normativa per gli scavi stranieri
in terra egiziana rendendola più rigorosa. Successivamente
tale legge venne modificata e le concessioni di scavo vennero date
solo a istituzioni scientifiche, come Università e Musei.
Nel 1922 Lord Carnarvon e H. Carter rinvennero la tomba intatta di
Tutankhamon, l'unico sovrano di cui non si era ancora trovata la sepoltura
nella Valle dei Re. Il ricchissimo corredo funerario del faraone rimase
interamente al Cairo.
Il progetto per costruire una grande diga ad Assuan, approvato nel
1958, condizionò le imprese archeologiche di quel periodo.
Molte missioni straniere, dopo l'appello dell'UNESCO del 1960, operarono
per rilevare, scavare e trasportare i templi fuori dal futuro bacino
idrico. Attualmente continuano ad operare in Egitto, accanto alle
missioni locali, tutti i principali Istituti stranieri che, secondo
i criteri della moderna archeologia e con metodi costantemente perfezionati,
contribuiscono alla verifica di un patrimonio di conoscenze acquisito
nei secoli.
