§ L'INCHIESTA

LA BANCA COL COMPUTER




M.C.M., E.F.



La domanda è quanto mai attuale: come cambia la banca con la diffusione delle tecnologie informatiche? Che cosa accade alle figure professionali e all'organizzazione del lavoro? Se ne sta discutendo a tutti i livelli, in questi ultimi tempi. E noi abbiamo voluto riportare il pensiero di alcuni banchieri, e di alcuni imprenditori, pubblici e privati. Questo il quadro emerso.

LAMBERTO DINI
Direttore generale di Bankitalia
I dati di cui si dispone confermano che negli ultimi sette anni gli investimenti delle banche sono cresciuti sensibilmente non solo in valore reale assoluto, ma anche in rapporto a un indice abbastanza significativo del livello di attività delle banche qual'è quello dell'andamento della raccolta. la circostanza può interpretarsi come il sintomo di un apprezzabile aumento del grado di automazione complessiva del sistema bancario.
A conclusioni in parte contrastanti conduce tuttavia la constatazione che nel medesimo periodo il numero dei dipendenti è cresciuto a un tasso medio annuo contenuto in circa il 4% solo per effetto del forte rallentamento della crescita verificatosi negli ultimi tre anni; per di più, gli incrementi di personale risultano avere interessato in prevalenza le dipendenze periferiche, dove è concentrata quella parte dell'attività operativa che può, con maggiore immediatezza, giovarsi dell'uso di strumenti di elaborazione automatica dei dati. Il tutto, in un quadro caratterizzato da una certa difficoltà dell'informatica tradizionale a soddisfare tempestivamente, soprattutto negli anni più recenti, a domanda di applicazioni provenienti dall'utenza.
Si tratta di elementi la cui interpretazione andrà adeguatamente approfondita nei dettagli soprattutto perchè riferiti a un insieme (quale il sistema creditizio) assai diversificato al proprio interno. Uno sforzo di riflessione è tuttavia necessario in relazione alla crescita degli investimenti nel settore e alle conseguenti attese di ritorno. Capire il passato significa infatti massimizzare - e non solo in termini puramente finanziari - i rendimenti futuri.
E' stato più volte affermato che l'informatica è per le banche una variabile di rilievo strategico e che pertanto un elemento fondamentale di successo consiste in una piena integrazione della stessa nella complessiva realtà aziendale.
La traduzione di tale affermazione in prassi concrete e in strutture adeguate per la gestione, all'interno delle banche, del fattore tecnologico è, dunque, un fatto meritevole di attenzione. Orbene, la sensazione che si trae dall'osservazione dell'impatto che l'automazione bancaria ha avuto sulle aziende è che il fattore tecnologico tende a svolgere un proprio ruolo autonomo al di fuori di una visione di sintesi della realtà aziendale.
Numerose sono le circostanze da cui trae conferma tale opinione. In primo luogo, dalle informazioni di cui si dispone risulta che ben di rado nelle banche i progetti di automazione sono parte di una strategia articolato di sviluppo organizzativo che tenga conto di tutte le componenti aziendali, il cui ruolo e la cui condizione dovrebbero essere modificati dall'introduzione di nuova tecnologia: principalmente risorse umane e strutture organizzative. Inoltre, pur in presenza di una forte interrelazione di Ead con le altre variabili produttive e di costi crescenti della funzione stessa, non sembra molto diffusa una partecipazione diretta dei vertici aziendali allo sviluppo dell'automazione nell'azienda, almeno nei suoi tratti essenziali, quali quelli di definizione delle strategie.
La piena integrazione dell'informatica nell'azienda e l'impegno diretto dei massimi livelli di responsabilità decisionale sono dunque i punti cruciali sui quali intervenire per ottenere che l'uso di strumenti tecnologici esplichi pienamente i propri effetti innovativi sulle strutture aziendali. Ciò è tanto più vero oggi, quanto più diffusa è la consapevolezza di essere alle soglie di una nuova fase di sviluppo dell'Ead, derivante dalle precedenti per evoluzione continua ma dotata di capacità esponenziale di impatto sui processi operativi, decisionali e sulle strutture organizzative e di controllo della banca.
In tale condizione, il tasso di cambiamento tecnologico potrebbe rivelarsi superiore al tasso di accettazione del cambiamento stesso da parte dell'utenza e fors'anche delle strutture per l'Ead. Se ciò avvenisse, si avrebbero inevitabilmente conseguenze negative sul clima e sul bilancio aziendali. Nel prossimo futuro sarà pertanto opportuno che le istituzioni creditizie operino su due fronti sinergici fra loro:
1) da un lato, interrogandosi sul proprio ruolo, sull'immagine da proiettore all'estero, sui fattori endogeni ed esogeni che ne condizioneranno l'attività, sul miglior modo per intensificare i rapporti con la clientela;
2) dall'altro, sviluppando un'azione rilevante per apportare revisioni non lievi alle strutture aziendali, a iniziare da quelle di progettazione dei sistemi informativi; per definire una diverso allocazione del potere decisionale e di controllo nelle nuove strutture; per formare una diversa cultura nella banca.
Questa prospettiva comporterà per le banche stesse l'esigenza di dotarsi, al pari delle imprese industriali, di vere e proprie strategie produttive aventi per oggetto una molteplicità di prodotti, articolata ma coerente all'interno. Tra questi, l'intermediazione creditizia continuerà probabilmente a svolgere un ruolo primario, ma sarà affiancata da altri servizi aventi ciascuno una propria autonoma fisionomia, per la cui progettazione le aziende dovranno dotarsi di adeguate strutture diverse dai settori "organizzazione", "sistemi informativi" o "marketing", cui finora tale compito è stato assegnato.
Un settore della banca nel quale la spinta diretta o mediato dell'automazione appare destinata a produrre effetti rilevanti è quello degli sportelli periferici. in questo campo, dopo la fase di sistematica terminalizzazione che ha molto migliorato l'efficacia del servizio reso alla clientela presso le dipendenze, sono state sviluppate numerose esperienze di semplificazione dei controlli contabili e amministrativi interni, rese possibili dall'impiego di strumenti automatici.
Effetti ben più significativi si avranno con il passaggio alla vera e propria automazione delle operazioni mediante l'adozione di sistemi di self-service bancario, che per il momento, pur con alcune significative eccezioni, esistono per lo più a livello sperimentale.
L'impiego di tali strumenti, infatti, modificherà sensibilmente la fisionomia operativa degli sportelli, oggi in buona parte impegnati in attività automatizzabili e probabilmente attenuerà le stesse esigenze di insediamento delle banche sul territorio. Spingono in tal senso sia la circostanza che la tecnologia telematica rende possibile ed economicamente profittevole la resa di molti servizi direttamente al domicilio del cliente, sia la disponibilità delle banche a creare strutture tecniche comuni pur senza fondere o confondere i rispettivi servizi. Il servizio Bancomat costituisce una prima, concreta testimonianza di siffatto orientamento.
In questo quadro, il contributo informatico non dovrà più essere concepito come un fatto tecnologico, ma come un elemento integrato del modo stesso di "fare la banca". Esso sarà da utilizzare con un taglio strategico - basato principalmente su un corretto processo di previsione/pianificazione - che consentirà di apportare alla gestione aziendale un elemento di razionalità tale da permettere che le decisioni quotidiane siano coerenti fra loro e finalizzate all'ottimizzazione dei risultati aziendali.
La moderna tecnologia dell'automazione e delle telecomunicazioni ha contribuito ad accentuare il livello di integrazione interna che per il sistema bancario è un fatto strutturale; essa, per di più, ha aperto notevoli possibilità di collegamento fra il sistema bancario unitariamente inteso e il pubblico, oltre che tra la singola banca e la propria clientela, aggiungendo un'ulteriore dimensione e un razionale, efficiente, finalizzato utilizzo dell'automazione. Sul quadro realizzativo dell'automazione interbancaria è tuttavia possibile effettuare considerazioni analoghe a quelle già fatte per l'automazione bancaria. Infatti, se l'avvio di iniziative consortili di tipo operativo ha segnato una svolta nel processo di automazione interbancaria, essa non è avvenuta senza ritardi, difficoltà, risultati talvolta inferiori alle attese. Mi pare sufficiente ricordare in proposito il servizio elettronico di trasferimento interbancario di fondi ed il "monte titoli" i cui livelli di attività, nonostante i significativi progressi dell'ultimo periodo, non hanno ancora raggiunto i valori attesi, e comunque valori paragonabili con quelli di analoghe istituzioni in altri paesi industrializzati.
Tuttavia, l'elemento decisivo per qualunque successo in questo settore è certamente l'adesione convinta di ogni singola azienda ai progetti avviati in sede interbancaria, anche quando ciò può comportare, per singole banche o gruppi di banche, modifiche delle proprie priorità di sviluppo.

FRANCESCO CINGANO
Amministratore delegato dello Comit
Per immaginare ciò che potrà svilupparsi nel prossimo futuro è indispensabile cercare prima di spiegare ciò che è accaduto in questi ultimi anni e che è tuttora in fase di perfezionamento. Mettiamo sul tavolo di analisi le imprese. Uno dei fenomeni che a me sembra più interessante è quello che si ricollega al processo di razionalizzazione della gestione finanziaria e in particolare di tesoreria, che è stato attivato dapprima dalle maggiori (sia pubbliche che private) e che si è quindi diffuso progressivamente alle unità produttive di più contenute dimensioni. Dal punto di vista delle politiche finanziarie delle imprese in senso lato il fenomeno si è tradotto in una contrazione del loro grado di indebitamento espresso sia in rapporto al fatturato sia ai fondi propri. Alla tendenza verso un leverage più equilibrato e fisiologico si è accompagnato anche un processo di consolidamento delle passività che ha ridotto tendenzialmente la quota dell'indebitamento a breve su quello complessivo.
Ma è sul piano della gestione di tesoreria che si sono avuti i cambiamenti di maggior rilievo. In questo più ristretto ambito le imprese non si sono infatti limitate a ridurre quantitativamente le proprie scorte di tesoreria onde minimizzarne l'onere del mantenimento, ma sono passate a una gestione attiva e talvolta persino d'intermediazione dei propri saldi liquidi, gestione che è divenuta progressivamente - in non pochi casi - una fonte non trascurabile di profitto. Un esempio paradigmatico al riguardo può essere tratto dall'esperienza del biennio 1983-84, periodo che per larga parte vide il rendimento dei titoli pubblici - in particolare dei Cct - su livelli superiori o comunque molto prossimi alle condizioni più favorevoli che il sistema bancario applicava ai migliori prenditori del credito.
Il risultato di una siffatta struttura dei tassi fu un repentino spostamento verso l'alto della funzione di domanda di credito bancario delle imprese volto all'accumulazione di titoli rappresentativi del debito pubblico. Questo tipo di arbitraggio, o se si vuole di "spinto" liability management da parte delle imprese traeva convenienza in principio, in quel periodo, anche dalla normativa fiscale allora vigente per le persone giuridiche in tema di deducibilità degli oneri passivi, normativa in seguito opportunamente corretta con il provvedimento fiscale del novembre '84. Al netto di tale aspetto di carattere congiunturale, e anche al netto della problematico forse troppo teorica sulla sostenibilità nel lungo periodo di una situazione in cui il rendimento dei titoli pubblici sia superiore al costo del credito bancario, io credo che di tale recente esperienza vada in specie sottolineata la velocità relativa con cui gli accadimenti hanno trovato realizzazione, velocità che certamente ha tra i suoi elementi originari una sempre più capillare diffusione ed elaborazione automatica dell'informazione economica, oltre che cospicui investimenti in strutture di tesoreria e di consulenza finanziaria in senso lato da parte delle imprese.
Riverberi di tale processo - i cui caratteri di irreversibilità credo siano fuori discussione - sono d'altra parte rintracciabili anche nell'esperienza quotidiana del banchiere sul mercato dei prestiti. Tanto dal punto di vista macroeconomico della singola banca, che da quello macro dell'intero sistema bancario, si assiste infatti a una progressiva crescita della reattività della domanda di impieghi al proprio tasso d'interesse e al differenziale tra questo e il costo dei finanziamenti alternativi. La maggiore concorrenza tra istituti bancari, e tra questi e i "nuovi" intermediari finanziari, che l'attuale corso di politica monetaria soprattutto dopo l'abolizione del massimale tende esplicitamente a favorire, ha d'altra parte portato a un rapido assottigliamento dei margini attivi rispetto ai tassi interbancari e, per converso, a un forte ampliamento del numero di posizioni a cui le banche applicano le condizioni più favorevoli di tasso sugli impieghi (che possono stimarsi per il sistema a più del 30% del volume dei prestiti complessivi), ossia della fascio che per definizione risulta più reattiva alle condizioni d'interesse.
Ma vale la pena ora di soffermarsi sui tratti evolutivi del rapporto tra banche e clientela depositante, identificata principalmente nell'operatore famiglie. In una prospettiva storica, fu proprio tale rapporto, assieme alle esigenze conoscitive poste dai controlli di gestione e di vigilanza, a forzare i tempi di una più rapida meccanizzazione e automazione "interna" del processo produttivo delle aziende di credito, volta ad acquisire economie di scala e a mantenere livelli di produttività e di efficienza soddisfacenti in un mercato e in un contesto istituzionale che andavano velocemente evolvendosi.
L'introduzione di tali nuove tecnologie tendeva in particolare a dare risposta alle mutate dimensioni quali-quantitative della domanda della clientela che già emergevano verso la fine degli anni '50 e che si sarebbero poi consolidate soprattutto nel corso degli anni '60.
Al diffondersi del benessere nella nostra società si registrava infatti in quel decennio una rapida crescita del numero dei clienti, molti dei quali venivano probabilmente per la prima volta in contatto con le istituzioni finanziarie. Tali nuove leve di risparmiatori disponevano generalmente di posizioni finanziarie piuttosto contenute e su tali saldi effettuavano un alto numero di piccole operazioni che non sarebbe stato economico (e forse con l'andar del tempo nemmeno possibile) trattare in prevalenza manualmente. Le macchine meccanografiche prima, e gli elaboratori elettronici della prima generazione poi, risposero alle esigenze di trattamento e di registrazione di tali operazioni primitive e uniformi. Essi permisero infatti, com'è stato sottolineato dal punto di vista storico, di far fronte con successo all'aumento dei costi unitari del lavoro bancario e del volume delle operazioni in una situazione caratterizzata sostanzialmente da ricavi unitari stabili.
Credo che una parte almeno dei più recenti sviluppi del rapporto banche-nuove tecnologie in tema di servizi legati al sistema dei pagamenti tragga origine ancora, sebbene a un livello qualitativamente diverso, da tali pressanti esigenze di offerta a costi contenuti dei servizi bancari più comuni. La più fine percezione della perdita del valore reale della moneta indotta dalle fiammate inflazionistiche degli anni '70 e i connessi più frequenti contatti con lo sportello bancario, tesi a minimizzare l'uso del circolante, l'estendersi del sistema di pagamento di salari, stipendi e pensioni non più per contanti ma con accredito diretto sui conti correnti, e in generale la crescita della "cultura" bancaria da parte della clientela normale hanno infatti teso a riproporre negli anni successivi la medesima problematico. Su questa venivano nel contempo a caricarsi i problemi gestionali legati all'onere via via crescente dell'espletamento dei cosiddetti "servizi sociali" per conto del settore pubblico (incassi tributari, utenze gas, luce e telefono, e così via).
Per quanto riguarda le operazioni "massa" più tipiche, e in particolare quelle di prelievo e in prospettiva di versamento, si è già arrivati al proposito a una soluzione che ritengo soddisfacente rispetto a tali nuove esigenze. Il sistema dei Bancomat, unico esempio al mondo di rete di prelievo unificata a livello nazionale, e che già oggi assorbe una quota significativa delle transazioni complessive, colloca infatti il sistema bancario italiano all'avanguardia in questo campo. Il prossimo passo in tale direzione potrà essere un'altrettanto diffusa penetrazione dei cosiddetti "sportelli automatici", terminali con i quali i correntisti di una banca possano gestire - in piena autonomia di orario e con risparmio sui tempi di sportello - pressochè l'intera gamma delle operazioni "massa". Un ulteriore interessante sviluppo, già in fase di prima sperimentazione, potrà poi riguardare i terminali presso i grossi punti di vendita e forse in una prospettiva più remota lo stesso collegamento elettronico tra la banca e il domicilio della clientela ("home banking"). In sintesi, ritengo che si dovrà instaurare nel futuro un proficuo e dialettico rapporto tra la politica dei servizi e le politiche relative al tradizionale lavoro d'intermediazione, d'impiego e di raccolta.
Così, ad esempio, per citare ancora il rapporto banca-impresa, vi saranno casi in cui la concessione del credito rimarrà l'elemento caratterizzante se non proprio esclusivo delle relazioni, e altri in cui prevarrà invece l'aspetto di fornitura di servizi (consulenza finanziaria, servizi d'informazione economica, vendita di banche-dati, "cash management", consulenza nelle emissioni obbligazionarie e azionarie, forfaiting, ecc), e altri ancora - forse i più numerosi nel prossimo futuro - in cui verranno a combinarsi in proporzioni più equilibrate "vecchi" e "nuovi" servizi bancari. Anche le politiche di "prezzo", in tale contesto, dovranno fare riferimento progressivamente sempre più a vere e proprie "offerte speciali" di pacchetti di servizi finanziari integrati e personalizzati rispetto alle esigenze del singolo utente.
Siamo giunti così alle applicazioni che più direttamente coinvolgeranno la funzione organizzativa e di produzione delle banche negli anni a venire. C'è una distinzione di carattere dimensionale. è probabile - ma vi sono eccezioni significative - che le maggiori banche italiane si caratterizzino ancora oggi per una più ampia "copertura" informatica rispetto alle banche di più contenute dimensioni, ma è da ritenere che le distanze si andranno probabilmente restringendo. Per le banche che hanno raggiunto i più alti livelli di maturità nell'utilizzazione e nella dotazione di mezzi elettronici può porsi anche il problema di "razionalizzare l'esistente", che in qualche caso può essere addirittura prioritario rispetto a quello di dover inventare ex novo modelli di produzione e di gestione.
Un analogo processo di "razionalizzazione dell'esistente" dovrà poi prevedersi nel campo della gestione delle risorse umane. Sul tema ritengo si debba sdrammatizzare in primo luogo il contrasto dualistico cui spesso ci si richiama tra introduzione delle nuove tecnologie e livelli di occupazione. Ora è del tutto evidente che l'automazione, accrescendo la produttività per addetto, crea potenzialmente, a parità di volumi d'affari, un'eccedenza di forza-lavoro. Ma tale relazione postula appunto un analogo volume di affari sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, scenario che sebbene realistico per l'attività d'intermediazione tradizionale mi sembra invece troppo pessimistico in relazione soprattutto all'evoluzione dell'offerta dei nuovi servizi finanziari da parte delle banche. In definitiva, sul piano generale, a me pare che il fenomeno si porrà piuttosto in termini di minore assorbimento di occupazione in campo bancario rispetto ai forti incrementi degli anni '70 (sebbene nel breve periodo si debba ipotizzare un certo rallentamento dei turnover), che non di drastici tagli degli attuali livelli occupazionali.
L'aggiustamento più impegnativo con cui ci si dovrà confrontare mi sembra invece quello riguardante la riconversione professionale delle risorse umane e la connessa "mobilità" unidirezionale che dovrà realizzarsi tra le mansioni ripetitive e uniformi che verranno sempre più automatizzate e richiederanno quindi sempre meno lavoro, e le mansioni ad alto contenuto professionale per loro natura labour intensive e non surrogabili dalle "macchine", quali in particolare quella di consulenza finanziaria. Il pensiero su questo punto corre immediatamente alla nuova figura di lavoratore bancario allo sportello (anche se le trasformazioni culturali e professionali non riguarderanno solo questo), e qui basti pensare agli effetti indotti dall'office automation - il quale, sgravato dall'automazione dai compiti strettamente iterativi - divenga progressivamente l'"esperto finanziario" della clientela, arricchendo il proprio lavoro di più stimolanti contenuti deontologici.

FELICE GIANANI
Direttore Generale dell'ABI
L'evoluzione della banca verso un'immagine sempre più orientata alla fornitura di servizi rispetto alla sua tradizionale funzione di intermediazione finanziaria, la disponibilità ormai reale di strutture tecnologiche interbancarie adeguate e le necessità operative delle imprese, di fronte alla frammentazione del mercato bancario, preludono a nuove evoluzioni nel rapporto tra banca e clientela societaria, quali l'introduzione dei servizi bancari di home banking e di cash management. Sono ulteriori fenomeni, non ancora realtà diffusa, ma linee di tendenza che, stabilendo un nuovo processo di comunicazione tra banca e clientela societaria e una nuova modalità e tipologia di erogazione dei servizi bancari, porteranno un ulteriore contributo al processo di riduzione delle operazioni tradizionali di sportello.
Da un lato, pertanto, le cosiddette operazioni banali di prelevamento, pagamento e trasferimento tenderanno a essere realizzate attraverso processi automatizzati in un circuito separato da quello al quale la dipendenza tradizionale appartiene, anche se di fatto i due circuiti potranno o meno coincidere quanto a localizzazione. D'altro lato, le operazioni più complesse e ripetitive saranno sempre più effettuate attraverso comunicazioni tra clientela e anche a livello telematico e/o di scambio di flussi informativi tra sistemi centrali e, a livello interbancario, attraverso reti di telecomunicazioni e colloquio tra elaboratori e, quindi, anch'esse al di fuori della rete delle dipendenze. Ciò che resterà della struttura dello sportello tradizionale dopo tale "espulsione", sarà qualcosa di completamente diverso e di assolutamente nuovo, e necessiterà di logiche organizzative e di marketing del tutto differenti dalle attuali. Lo stesso, peraltro, avverrà per la parte automatizzata, la quale, venendo a operare anch'essa in un contesto del tutto nuovo, necessiterà di logiche di marketing diverse.
Si tratta di due componenti distinte e innovative, ma da ricondurre a un'ottica unitaria nel quadro di una corretta strategia di trasformazione dello sportello tradizionale da "ufficio staccato" della sede centrale a "punto di vendita", al pari di quanto è già avvenuto in altri componenti del settore terziario. Lo sportello bancario, investito dalla rivoluzione tecnologica, tenderà ad assorbire quest'ultima in aree specializzate e tendenzialmente "esterne" e a impostare la propria ristrutturazione in termini essenzialmente organizzativi e di marketing.
In questa prospettiva, dunque, quale potrà essere la "struttura operativa" dello sportello di domani? Probabilmente, essa si baserà su una serie di scelte preliminari, quali:
- la conoscenza del mercato di ogni singola dipendenza e una conseguente definizione delle caratteristiche prevalenti della stessa, in funzione degli aspetti socio-economici in cui è inserita;
- il passaggio da un'articolazione per prodotto delle dipendenze a una loro articolazione per segmenti di clientela;
- l'adozione di strutture "self service" non strumentali allo sviluppo, ma in funzione di una profonda trasformazione di tali strutture e in direzione dello sviluppo delle attività di consulenza specializzata.
Come logica conseguenza, si arriverà alla messa a punto di una gomma di sportelli, organizzati gerarchicamente fra loro in una struttura a grappolo, in cui verrà realizzata una specializzazione delle dipendenze in connessione con precisi rapporti di interfunzionalità fra le stesse. Una soluzione che, ad esempio, negli Stati Uniti, tende a prevalere per evitare che l'ottica organizzativa del retrosportello e l'ottica di marketing dello sportello finiscano per compromettere il reciproco sviluppo verso una sempre maggiore razionalità, è quella di creare fra le dipendenze una sorta di gerarchizzazione, orientato non ad una graduale attenuazione dei poteri decisionali del centro alla periferia, ma alla concentrazione delle funzioni amministrative. Si tratto di un evidente capovolgimento da un modello organizzativo finalizzato al controllo a un modello in cui la rete è al servizio del punto di vendita del quale vuole accrescere la capacità di penetrazione nel mercato.
Conseguenza diretta di tale mutamento di trotta è, quindi, la segmentazione dello sportello in coincidenza con le segmentazioni presenti nel mercato. Le ricerche in corso stanno indicando come il fenomeno della segmentazione dello sportello sia ormai una realtà consolidata in molti paesi a economia matura. Differenze di opinioni permangono solo forse sul tipo di segmentazione da adottare: se per segmenti di clientela (sul modello ampiamente diffuso negli Usa) o per sistemi di prodotti (sul modello prevalentemente adottato in Europa).
Nell'attuazione di questa nuova filosofia strutturale dello sportello bancario, grande importanza assumerà, o meglio riassumerò, il rapporto fra risorse umane e struttura. il rapporto addetto-struttura sta divenendo, infatti, nuovamente strategico, dopo una lunga stagione in cui la diffusa attribuzione di carattere di priorità ai processi di automatizzazione ha influito sull'evoluzione complessiva dei modelli organizzativi delle banche. La nuova attenzione che le banche rivolgono alla gestione delle risorse umane è, infatti, conseguenza della "crisi" dello sportello bancario, proprio perchè il passaggio della tecnologia innovativa del retrosportello al punto di vendita dà spazio alla "banca consulenziale", e quindi pone l'esigenza di creare "nuove professionalità" al servizio di una funzione di vendita basata essezialmente sull'offerta di informazioni in un'ottica di problem-solving.
Il mondo finanziario sta dunque vivendo un nuovo ciclo di sviluppo basato sulle tecnologie e sull'innovazione dei servizi finanziari. I nuovi strumenti di pagamento entreranno sempre più nelle tasche della gente, così come nelle imprese si diffonderà rapidamente la consuetudine all'utilizzo di servizi come l'home banking e il cash management. Il domani è legato all'innovazione: ciascuna banca deve solo decidere se entrare in questo futuro o restare irrimediabilmente tagliata fuori. Occorrerà, inoltre, convincere la clientela societaria e privata a modificare alcune delle sue abitudini di pagamento, per utilizzare i nuovi strumenti, accettando nello stesso tempo di pagare i servizi offerti. Si tratto di un obiettivo culturale ambizioso, che implicherà grossi sforzi di informazione e di educazione. In questo scenario, tutte le banche devono operare le proprie scelte. lo credo che sia arrivato il momento per la banca italiana di compiere questo ulteriore salto di qualità, che consiste essenzialmente nel saper formulare una strategia nell'offerta di nuovi servizi, nell'offerta di nuovi prodotti, nella segmentazione del mercato, nell'utilizzo graduale ma logicamente coordinato delle nuove tecnologie.

ENNIO PRESUTTI
Presidente e amministratore delegato della Ibm ltalia
Negli ultimi cinque anni, la quota di investimenti in macchine e impianti destinati all'elaborazione delle informazioni è cresciuta nel nostro paese dall'8,5% all'11,6%. Negli Stati Uniti tale valore si è già attestato attorno al 18%. Se guardiamo all'incidenza della spesa per apparecchiature e servizi informatici sul prodotto interno lordo, in Italia siamo passati da un 1,1% nell'80 all'1,9% dello scorso anno; nei principali paesi europei, dall'1,5% al 2,5%.
La prima considerazione che si può trarre da questi dati è che il sistema economico italiano nel suo complesso, pur in un contesto di crescita, è ancora alla rincorsa delle nazioni più avanzate. Veniamo ora alle banche, con le quali l'industria informatica ha una ricca storia comune. Negli ultimi cinque anni, gli investimenti bancari in automazione si sono mossi allo stesso ritmo di quelli dei settori industriali.
Io credo, però, che se vogliamo fare qualche considerazione più approfondita, ci convenga analizzare come si sono orientate le banche nei loro investimenti informatici. E per capire le tendenze di fondo di questo processo possiamo utilizzare uno dei tanti parametri su cui si misura la diffusione dell'informatica, e cioè il rapporto tra stazioni di lavoro e addetti. Misurando in questo modo, l'utilizzo dell'informatica nel mondo bancario, con 24 workstations ogni cento addetti, presento un tasso di automazione superiore a quello della media nazionale. Ma se osserviamo qual'è la distribuzione delle stazioni di lavoro fra i diversi livelli professionali, possiamo notare che alla fine dell'84 nelle agenzie bancarie, cioè nella cosiddetta "periferia", esistevano ben 42 workstations ogni cento addetti. In altre parole, l'area privilegiata dell'informatizzazione è rimasta pur sempre quella operativa di sportello. l'obiettivo prevalente della meccanizzazione bancaria, insomma, è stato finora quello di assicurare l'operatività dell'impresa. I benefici ci sono stati e sono quelli che ci si poteva attendere da questo tipo di presenza informatica.
Oggi, però, come ha sottolineato il Governatore della Banca d'Italia nella Relazione Generale, l'industria bancaria, "sospinta all'internazionalizzazione dell'attività finanziaria e dall'accresciuta concorrenza di altri intermediari", sta affrontando una profonda trasformazione. Di conseguenza, tra gli obiettivi strategici delle banche sono emerse nuove priorità:
- quella di una maggiore efficienza dei servizi e della gestione;
- quella dell'ampliamento e della diversificazione dei servizi;
- e, infine, quella della pianificazione e del controllo della redditività d'impresa.
Commisurate con queste nuove priorità, tipologia ed entità degli investimenti informatici sembrano meno in linea, concentrati come sono nell'area operativa. È da qui che nascono per l'alta direzione bancaria la sensazione che le potenzialità della tecnologia attuale vadano oltre le modalità del suo utilizzo corrente e la percezione di essere di fronte a un necessario "salto di qualità". E i presupposti ci sono. Il primo è l'esistenza, in tutte le banche, di un vasto patrimonio informativo già organizzato; il secondo è quello tecnologico. l'informatica è nata con l'elaboratore, ma presto si è svincolato dalla "macchina madre", tanto che oggi affermare che l'informatica è la scienza dei calcolatori sarebbe come sostenere che l'astronomia è la scienza dei telescopi. Voglio dire che, parlando di informatica, occorre tenere presenti tutti gli effetti moltiplicatori che questa tecnologia determina nei più svariati campi di applicazione. Ma che cosa significa tutto questo sul piano delle modalità di lavoro? Significa non solo portare capacità di elaborazione autonoma presso ogni singola stazione di lavoro, ma anche consentire all'utente finale, ai vari livelli di organizzazione:
- di muovere e arricchire con rapidità l'informazione;
- di trasmetterla dove essa serve;
- di accedere per ogni necessità alle banche-doti centralizzate, interne o esterne all'azienda.
E tutto ciò, sia per rispondere a necessità di carattere operativo sia per accrescere la capacità di conoscere, prevedere e prendere decisioni. Significa, in sostanza, un'informatica di valori aggiunti che non mira solo ad aumentare la produttività, ma anche ad arricchire e a favorire la professionalità, cioè la capacità di analisi e di sintesi e di previsione in sistemi complessi.
Ciò che vorrei sottolineare è il fatto che questo modo di operare apre importanti prospettive per l'informatizzazione bancaria. Il mondo del credito conosce nuove opportunità che si stanno offrendo. Mi riferisco, per esempio, ai sistemi informativi di supporto alla gestione, alla pianificazione e al controllo della redditività; ai nuovi servizi per le aziende e per i privati, basati sull'utilizzo di soluzioni telematiche. Mi riferisco anche al nuovi modelli d'agenzia per svolgere attività di marketing e di consulenza alla clientela. Negli ultimi anni, del resto, sono state realizzate alcune applicazioni innovative: il Bancomat, tra queste, rappresenta di per sé un evidente superamento dei vecchi concetti di automazione bancaria.
Si muovono in questa direzione anche gli ulteriori progetti consortili in corso di avviamento e di sperimentazione, come il sistema nazionale di comunicazioni interbancarie e il sistema interbancario dei terminali ai punti di vendita. Numerosi altri progetti sperimentali sono stati avviati da parte di singoli istituti:
- i primi "angoli self service" per la clientela;
- qualche esperienza di "remote banking" per le imprese;
- agenzie-pilota per la sperimentazione di nuove forme di rapporto con la clientela:
- applicazioni di automazione dell'ufficio in specifici reparti aziendali. E' questo un quadro di sviluppo tendenziale, dal quale emergono senza dubbio significativi fermenti e iniziative. Tuttavia, nonostante ciò, l'impressione che si ha osservando il concreto evolversi dell'informatica bancaria è che non si sia ancora affermato un disegno complessivo che faccia del sistema informativo dell'impresa una risposta congruente e organica a una strategia anziendale. C'è difficoltà, a mio giudizio, a impostare progetti sistematici di ampio respiro, capaci di consolidare in modo pianificato la volontà di innovazione delle direzioni aziendali. Certo, i settori interessati sono molti e quindi è difficile il loro coinvolgimento; di fronte alla complessità emergono dubbi sulle scelte tecniche da operare; le risorse per affrontare nuovi progetti di sviluppo sembrano costantemente inadeguate. Ma alla radice di questa situazione non ci sono vincoli tecnologici: la tecnologia oggi offre certezze di protezione degli investimenti e adeguati livelli di flessibilità. I veri problemi sono piuttosto di natura culturale e organizzativa, e, come tali, sono problemi di management. Solo concentrando il massimo degli sforzi in quelli che sono gli assi portanti dell'impresa - e le persone e le strutture - si potrà veramente fare il "salto di qualità". La sfida tecnologica non può più essere intesa come sfida per i "tecnici"; è una sfida per i manager: ai vari livelli, e per tutto il personale.

ROMANO PRODI
Presidente dell'Iri
Lo scenario in cui operano oggi le aziende di credito è caratterizzato da un processo fortemente evolutivo che sta determinando profondi cambiamenti dei punti di riferimento dell'imprenditore bancario. Ricordo rapidamente i principali elementi innovativi, ampiamente noti:
- la crescente apertura e integrazione delle economie con la connessa internazionalizzazione dell'attività finanziaria;
- una graduale, maggiore liberalizzazione delle condizioni d'ingresso sui mercati bancari, anche in applicazione delle direttive Cee in materia di armonizzazione delle legislazioni bancarie;
- la maggiore articolazione del sistema finanziario italiano, che sta vedendo un ampliamento della tipologia degli intermediari, delle istituzioni, degli strumenti finanziari e una pressione degli stessi verso l'acquisizione del risparmio finanziario, prima retaggio prevalente delle aziende di credito;
- il processo di disintermediazione bancaria, che comporta la diminuzione della quota di risparmio finanziario affluente alle aziende di credito in nesso sia allo sviluppo di un mercato monetario più articolato e ricco di strumenti di impiego sia a comportamenti più maturi, mostrati da imprese e risparmiatori, in risposta al perdurante fenomeno inflattivo.
L'insieme di questi elementi si va traducendo in un'accresciuta spinta concorrenziale che sta richiamando una crescente attivazione del sistema bancario verso obiettivi di maggiore produttività ed efficienza. In questo quadro, l'informatica si pone come uno strumento di mantenimento e allargamento del mercato e come uno strumento di riduzione dei costi operativi. Le banche, per incrementare la propria efficienza, hanno massimamente:
- investito in informatica;
- assorbito volumi e complessità transnazionali con incrementi di organico contenuti e negli ultimi anni addirittura stagnanti.
Si valuta che circa il 29% del valore del parco nazionale di strumenti informatici sia stato acquistato dal settore creditizio e che ai 300 miliardi spesi nel 1972 corrispondano i 1.000 miliardi spesi nel 1983. Nel sistema Iri, dei circa 1.400 miliardi che si prevede di spendere in informatica nel 1985 in circa 200 aziende, ben 430 vengono spesi dalle quattro banche principali, e di questi quasi 200 in acquisizione di hardware.
Le conseguenze dell'automazione, oltre ai citati aumenti dell'efficienza produttiva, si sono rivelate in un migliore servizio reso alla clientela che può oggi beneficiare di una documentazione più completa, di una più ampia gamma di servizi e di maggiore celerità nelle operazioni. Gli ulteriori vantaggi che possono essere ottenuti dall'automazione sono legati al passaggio di una "automazione delle procedure esistenti" ad una più profonda revisione delle strutture organizzative e dei modi di operare. Gli interventi sui quali si sta concentrando l'attenzione riguardano:
- il completamento delle automazioni operative insieme con gli interventi organizzativi che ne esaltano l'efficacia;
- la realizzazione di sistemi di marketing gestionali e di controllo che consentano di orientare sui prodotti/mercati a più alti margini;
- la realizzazione di nuovi prodotti e servizi basati sull'automazione e destinati sia ai privati (self service) sia alle aziende (cash management);
- il collegamento interbancario.
Le sinergie che possono esprimersi tra industria e banche riguardano l'acquisizione da parte delle banche di concetti e di metodologie relativi a:
- marketing;
- budget/controllo di gestione; -strategie e pianificazione.
L'industria può mettere a disposizione delle banche molti strumenti per un'azione di rinnovamento: apparecchiature specifiche, servizi di telecomunicazione, software.
Il gruppo Iri è in grado di realizzare sinergie importanti tra le proprie banche e le proprie aziende operanti nei settori dell'elettronica, dei software e delle telecomunicazioni. L'impegno specifico del gruppo Iri è di operare nel settore delle telecomunicazioni per mettere a disposizione le infrastrutture necessarie al nuovo salto di qualità dei servizi bancari: rete interbancaria; servizi diretti all'utenza d'affari; servizi diffusi per l'utenza privata orientati al self service.
Quando all'Iri affermiamo di voler investire nei settori strategici; abbiamo in mente le infrastrutture e i servizi che, per l'alto investimento richiesto e per il differimento dei ritorni, esigono l'impegno pubblico per fornire agli operatori privati le infrastrutture su cui far crescere l'imprenditorialità individuale. Per concludere, si può affermare che le tecnologie informatiche possono contribuire a migliorare e ampliare i servizi e a contenere i costi. Non alimentiamo però aspettative eccessive sul fatto che il contenimento dei fatti operativi possa far diminuire sensibilmente il costo del denaro in quanto, com'è noto, essi rappresentano una piccola percentuale del costo globale.


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