UN PROGETTO TECNOLOGICO PER LA PUGLIA




Maria Rosaria Pascali



Nell'attuale sistema economico il divario nella produttività e competitività delle produzioni è segnato dalla capacità dei Paesi di creare ed impiegare scienza e tecnologia. Preoccupazione delle politiche economiche nazionali diventa allora quella di salvaguardare i livelli di vita nelle aree più forti, le uniche in grado di offrire condizioni favorevoli per una tempestiva risposta alle esigenze del mercato. Tende così a dilatarsi in modo irreversibile il dislivello nello sviluppo fra zone centrali e zone periferiche, fra aree industrializzate e aree in via di sviluppo.
E' questo il destino che si prospetta al Mezzogiorno. E ogni sfida sembra persa in partenza. Come riuscire a tornare al passo coi tempi? Il tema "sviluppo tecnologico" appare addirittura irreale, se si guarda allo stato di arretratezza radicato nella zona. Sud, problema del Paese, troppe volte dimenticato, dimenticato dai meridionali stessi. Terra dove il tempo sembra essersi fermato.
Oggi più che mai.
Il momento è critico: con Giappone e Stati Uniti che sfornano tecnologie sempre più avanzate, riesce già difficile pensare che il nostro Paese possa ancora competere per la leadership tecnologica mondiale. L'Italia, paese tecnologicamente intermedio, manifesta infatti chiari segni di flessione nelle esportazioni di prodotti ad alta tecnologia. Debole il tasso di innovazione in alcuni settori strategici, quali la meccanica, l'elettronica, l'aerospaziale, l'elettromeccanica, la telematica. E la legge economica è un giudice inflessibile: "Chi non produce pubblicazioni e brevetti inevitabilmente viene espulso dal mercato e la sua economia resa subalterna". I sostenitori della strategia difensiva predicano "la conservazione intelligente del modello finora perseguito"; i seguaci della strategia offensiva invece ritengono l'Italia ancora in grado di competere a livello mondiale: l'importante - dicono - è concentrare i finanziamenti in quei settori strategici di cui tanto si discorre. Tutti però sono d'accordo su un punto: l'impellente necessità di operare una vera e propria rivoluzione tecnologica, caratterizzata sia da iniziative di ricerca tecnico-scientifica, sia da iniziative di diffusione ed impiego esterno dei risultati di tale ricerca. Il numero dei ricercatori dovrà essere raddoppiato e la ricerca resa meno frammentaria. Solo una rivoluzione di tal genere potrà portare alla ristrutturazione e quindi allo sviluppo effettivo dell'industria italiana. E' ovvio però che saranno proprio quelle zone cosiddette forti, ossia le più industrializzate, ad ottenere la parte più rilevante di risorse da destinare a questa riconversione.
Per il Mezzogiorno invece solo un'amara conclusione: esso va ancora industrializzato. Di conseguenza non potrà concorrere al processo di rinnovamento al pari del Centro-Nord. Tutto lascia credere dunque che il Meridione sia condannato all'emarginazione irreversibile della sua economia.
Una necessità si delinea allora, più chiara e viva di ogni altra: quella che il Sud si impegni in modo autonomo per la risoluzione dei suoi problemi. Occorre adottare nuove strategie, abbandonando la logica dei processi imitativi e favorendo una politica di stimolo dell'innovazione. la struttura odierna dell'Azienda nel Mezzogiorno non dà modo di considerare come costitutive le funzioni di marketing, di invenzione, le attività di ricerca e di sviluppo. Essa ha una singola linea di prodotto e assume il prodotto a dimensione della domanda. E' necessario mutare tale struttura, adoperarsi per la creazione di un sistema organico di attività industriali, sostenere nuovi settori produttivi ad alto tasso di occupazione, fornire alle piccole e medie imprese una più adeguata informazione sui nuovi prodotti, tecniche di gestione, processi in atto.
Alle Regioni toccherà acquistare il ruolo di protagoniste in questa politica di stimolo, promuovendo le iniziative di ricerca, mobilitando Università, Istituzioni scientifiche, Enti nazionali; maturando cioè la consapevolezza che solo iniziative prese all'insegna del rinnovamento scientifico e tecnico potranno riabilitare il Meridione, allontanandolo dal suo secolare isolamento.
Una Regione forse più aperta a recepire questo messaggio sembra essere la Puglia. Prove della sua raggiunta maturità sono date dalla realizzazione di iniziative - come CSATA e TECNOPOLIS a Bari - i cui effetti avvantaggiano non la sola regione, ma il Mezzogiorno intero. Ed è dalla Puglia che è partita una proposta senza precedenti nel Sud, ma di estrema importanza anche a livello nazionale: la proposta cioè di istituzione di un "Centro Nazionale per la Ricerca e Sviluppo dei Materiali" (C.N.R.S.M.), alla cui gestione partecipino C.N.R., E.N.E.A., I.N.F.N., Regione Puglia, Università di Bari e di Lecce. La realizzazione di tale Centro potrà assolvere alle esigenze nazionali e soprattutto meridionali di cui si è finora discusso: in particolare, sostegno dei nuovi settori produttivi ad alto tasso di occupazione, stimolo della domanda di servizi tecnologici e di ricerca applicata, creazione e utilizzazione nel Mezzogiorno di competenze tecnico-scientifiche altamente qualificate.
La proposta è stata approvata nel 1981 dalla Cassa per il Mezzogiorno, la quale ha poi affidato al C.N.R. il compito di elaborare uno "Studio di fattibilità finalizzato alla realizzazione di detto Centro". In questo studio viene delineata la situazione produttiva italiana, con particolare riferimento a quella meridionale e suggerite delle linee di condotta per una politica dei materiali improntata sull'innovazione e sviluppo dell'apparato produttivo del Paese. Vengono inoltre definite le aree di ricerca prioritarie e le problematiche portanti nel settore materiali.
Lo studio di fattibilità è stato elaborato lo scorso anno da un Comitato Tecnico nominato dal Consiglio di Presidenza del C.N.R.
è proprio un membro di questo Comitato, il professor Angelo Rizzo, docente dell'Istituto di Fisica di Lecce, che ce ne parla:
- Per la ricerca occorrono i progetti e occorrono strutture in grado di sviluppare questi progetti. Poichè sia le strutture sia la maggiore capacità di progettazione stanno al Nord, anche i maggiori stimoli vengono dal Nord e, di conseguenza, i fondi destinati alla ricerca sono dirottati prevalentemente in quell'area. Ora però c'è un'azione di recupero da parte del Mezzogiorno, dovuta in buona parte alla nascita di nuove competenze, di strutture universitarie più aperte, più dinamiche, e quindi alla possibilità di utilizzare al meglio quelli che sono i canali preferenziali che la legislazione italiana prevede per la ricerca nel Mezzogiorno. Il C.N.R.S.M. e TECNOPOLIS ne sono un esempio.
- Università: un coagulo di sapere che rischia di vivere vita a se stante se non si radica nel territorio. Non è anche ruolo del Centro indirizzare tale sapere verso forme applicate di ricerca?
- Scopo del polo è appunto quello di integrare le competenze, le conoscenze universitarie con quella che è la realtà produttiva meridionale in particolare, ma anche nazionale (non per niente il C.N.R.S.M. è un centro nazionale, non meridionale).
C'è sempre stato un po' di distacco fra le strutture universitarie e le esigenze dell'apparato produttivo. E questo non solo nel Mezzogiorno. Ora, proprio la nascita di queste strutture a partecipazione mista, in cui sono coinvolte la produzione e l'Università come sede di creazione e di conoscenze, può portare a superare quella fase e a far si che la ricerca universitaria abbia uno sbocco di immediata applicazione.
- In linea generale, qual è il programma perseguito dal C. N. R. S.M. ? Quali le aree di ricerca interessate?
- Fermo restando che i programmi operativi saranno definiti di anno in anno o di biennio in biennio dagli organi direzionali del Centro, il programma generale ha per oggetto i materiali.
Sono state individuate tre categorie di eccellenza: i semiconduttori, con tutte le loro applicazioni (la microelettronica, l'optoelettronica, le telecomunicazioni); i metalli, largamente utilizzati in settori come l'energetica, l'aerospaziale, i trasporti; i ceramici, che sono famiglie di materiali nuovi (ceramiche speciali per motori, per reattori nucleari, etc.).
Per la conoscenza e l'utilizzazione di tali materiali sono state individuate alcune aree di ricerca privilegiate, di fondamentale importanza: in particolare, le proprietà microstrutturali, che dominano tutte le caratteristiche del materiale, e le proprietà di superficie.
- Qual è stato l'iter della proposta?
- L'iniziativa è sorta da un'esigenza nazionale di effettuare una ricerca sui materiali, in particolare su quelli di interesse energetico. Gli Istituti di Fisica di Bari e di Lecce hanno messo a disposizione le loro competenze. Nell'ambito della legge 183 è stato varato uno studio di fattibilità di un'iniziativa che affiancasse l'apparato produttivo meridionale in particolare, ed eventualmente nazionale, a temi di interesse generale, tipo i materiali. Molti Enti hanno appoggiato l'iniziativa (Regione Puglia, gli Enti di ricerca C.N.R., E.N.E.A. e I. N. F. N.). La Cassa per il Mezzogiorno ha affidato con un regolare contratto al C.N.R. l'elaborazione di questo studio di fattibilità. Il C.N.R., per far ciò, ha nominato un comitato di esperti nazionale. Questa la storia breve dell'iniziativa.
- Quali forze intellettuali ed economico-produttive saranno coinvolte in questa iniziativa?
- Non credo di sbagliare se dico che, per la prima volta in Italia, dietro questo progetto c'è tutto l'apparato scientifico nazionale; non solo per la presenza in contemporanea di tutti e tre gli Enti di ricerca, CNR, ENEA, INFN (cosa mai avvenuta prima); ma anche perchè l'iniziativa è stata caldeggiata, seguita da tutte le associazioni scientifiche nazionali. Per quanto riguarda le forze economico-produttive, basta leggere i nomi degli Enti interessati a partecipare al consorzio: IRI, ENEL, tutta una serie di piccole e medie aziende, delle quali alcune hanno già dato la loro adesione all'istituendo consorzio; altre sperano di poterne far parte in futuro.
- Quale contributo effettivo potrà dare il C.N.R.S.M. al meridione?
- Poichè si è visto che l'industrializzazione nel Sud è stata frenata anche dalla mancanza di strutture di supporto e di ricerca adeguate, un Centro che nel Mezzogiorno studi i nuovi materiali potrebbe coprire quella lacuna e favorire l'insediamento di aziende indirizzate verso nuovi settori. Si aggiungono poi gli inevitabili vantaggi che otterrebbero dai lavori del Centro le aziende già costituite. Facciamo un esempio: l'Italsider lavora sugli acciai. Il fatto di avere conoscenza del tipo di prodotto che ha, cercare di migliorarlo, di renderlo più affidabile, è un'azione che il Centro può svolgere e che sull'Italsider ha una ricaduta enorme. Discorso questo che si può generalizzare a tutte le altre aziende.
Da meridionale direi, dunque, che il C.N.R.S.M. è un'iniziativa di estrema importanza per il Mezzogiorno in generale e per la Puglia in particolare. Un'occasione che non può essere sciupata. E' necessaria però un'unità di intenti e di sforzi da parte di tutte le forze sociali, politiche, economiche italiane, ma soprattutto meridionali, perchè quest'iniziativa non rimanga solo il progetto di un gruppo di persone più o meno aperto, più o meno illuminato.
- Piccola e media industria rappresentano per il Mezzogiorno una strada tutta ancora da tracciare. Come mai ci si illude allora che la disoccupazione, al pari del Nord, posso venire compensato nel terziario? E di che tipo di terziario ha bisogno il Mezzogiorno?
- Un errore che continuiamo a commettere è proprio quello di cercare a tutti i costi di imitare le politiche del Nord, tecnologicamente più avanzato e quindi in grado di compensare nel terziario un cospicuo numero di disoccupati. Nel Sud, invece, ciò non sarà possibile, prima di tutto perchè bisogna battere la strada dell'industrializzazione, e poi perchè il nostro terziario, esclusivamente di tipo impiegatizio, non ha alcun futuro. Oggi ci sono nuove tecnologie che, a prima vista, sembrerebbero dover ridurre la manodopera e quindi l'occupazione; ma che, se indirizzate opportunamente, potrebbero dare molto. Basti pensare a cosa ha rappresentato per il Mezzogiorno il CSATA di Bari: il CSATA ha preparato tecnici, tecnologie informatiche ed è riuscito a riversare sul mercato, che ha tutto assorbito, un altissimo numero di giovani, diplomati e laureati che, altrimenti, avrebbero fatto la fine di tanti altri loro colleghi, ancora in attesa di essere impiegati nel terziario non avanzato.
- Il Mezzogiorno è ancora oggi caratterizzato da tutto una serie di problematiche regionali e locali che necessitano di Interventi finalizzati e differenziati. In questo stato di cose, può esistere una reale prospettiva di riequilibrio fra le due Italie?
- Da Meridionali ci dobbiamo credere, lo dobbiamo volere. Io ho una mia tesi: il riequilibrio e gli altri problemi del Mezzogiorno li debbono risolvere i meridionali. Non possiamo aspettare che sia il Governo a decidersi. E sono iniziative come il C.N.R.S.M. che possono portare a risultati positivi reali. Dobbiamo dunque battere strade nuove. Il CSATA, TECNOPOLIS, Centro Materiali, Centro Laser di Bari ce lo insegnano.
- Esiste una fascia adriatica in gran parte sviluppata ed esiste una fascia tirrenica che non riesce a decollare. Come agire per un riequilibrio economico-produttivo all'interno del Mezzogiorno? Cioè come bilanciare l'est e l'ovest del Sud?
- La parola è semplice: collaborando. E, tutto sommato, con le capacità di comunicazione attuali è molto facile collaborare. Non conosco altre strade.
- Poichè la Cassa per il Mezzogiorno è stato abolita, quale ruolo potrò giuocare lo Stato per superare vecchia e nuova questione meridionale?
- E' opinione di molti che lo Stato abbia quasi sempre sbagliato nei confronti del Meridione. Secondo me lo Stato dà quello che gli si chiede e quindi, se errore c'è stato, è nella richiesta non nell'elargizione. Certo, lo Stato può sollecitare e verificare che arrivino richieste utili o, almeno, controllare di esaudire richieste utili. Dopo di che, il Mezzogiorno dovrebbe organizzarsi cercando di sfruttare al meglio quel poco o molto che ha in termini di competenze e di risorse umane.


- La Puglia ruota un po' controcorrente. Nel senso che, mentre altrove vi è una generale sfiducia verso gli interventi statali, nella nostra regione gli imprenditori non si muovono se non c'è una Cassa per il Mezzogiorno che sorregga le loro iniziative. Eppure la Puglia è una regione ricca. Come se lo spiega?
- E' vero. la Puglia è una regione ricca. Non a caso qualche illustre personaggio l'ha definita un po' la California del Sud. la regione, in effetti, ha avuto le condizioni più favorevoli perchè gli uomini migliori operassero con successo. Questo sia per ragioni storiche e geografiche (Bari è stato un centro naturale di sviluppo e di diffusione di idee e di programmi) sia per il contributo fondamentale che hanno dato le Università di Bari e di Lecce nello sviluppo pugliese.
Riguardo la fiducia negli interventi, dobbiamo un po' entrare nella storia. La Puglia fondamentalmente è stata una regione agricola, latifondista. E' ovvio che l'imprenditoria, vecchia o nuova che sia, abbia bisogno di un aiuto iniziale, quando non ha le forze in proprio, come spesso accade. Ma lo stesso vale per le regioni più progredite. La differenza sta nel fatto che in quelle regioni ci sono altre forme di interventi o altri soggetti che possono intervenire (migliore organizzazione bancaria, per esempio), che invece la Puglia non ha. Ecco perchè si guarda allo Stato o alla Cassa per il Mezzogiorno come il massimo Ente propulsore.
- La Puglia come raccordo euro-mediterraneo: quale ricerca e quale progettazione di un moderno piano di collegamento e di trasporti in questo scacchiere?
- La Puglia, come del resto tutta l'Italia, non e ricca di materie prime. Può produrre uomini, competenze e tecnologie. Il trasporto degli uni e delle altre costa. Essendo la Puglia più a contatto con i Paesi del terzo mondo, è la più facilitata a questo trasferimento. Da tale punto di vista, la regione può giuocare un ruolo importantissimo in questo interscambio di ricchezze.


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