Nell'attuale sistema
economico il divario nella produttività e competitività
delle produzioni è segnato dalla capacità dei Paesi
di creare ed impiegare scienza e tecnologia. Preoccupazione delle
politiche economiche nazionali diventa allora quella di salvaguardare
i livelli di vita nelle aree più forti, le uniche in grado
di offrire condizioni favorevoli per una tempestiva risposta alle
esigenze del mercato. Tende così a dilatarsi in modo irreversibile
il dislivello nello sviluppo fra zone centrali e zone periferiche,
fra aree industrializzate e aree in via di sviluppo.
E' questo il destino che si prospetta al Mezzogiorno. E ogni sfida
sembra persa in partenza. Come riuscire a tornare al passo coi tempi?
Il tema "sviluppo tecnologico" appare addirittura irreale,
se si guarda allo stato di arretratezza radicato nella zona. Sud,
problema del Paese, troppe volte dimenticato, dimenticato dai meridionali
stessi. Terra dove il tempo sembra essersi fermato.
Oggi più che mai.
Il momento è critico: con Giappone e Stati Uniti che sfornano
tecnologie sempre più avanzate, riesce già difficile
pensare che il nostro Paese possa ancora competere per la leadership
tecnologica mondiale. L'Italia, paese tecnologicamente intermedio,
manifesta infatti chiari segni di flessione nelle esportazioni di
prodotti ad alta tecnologia. Debole il tasso di innovazione in alcuni
settori strategici, quali la meccanica, l'elettronica, l'aerospaziale,
l'elettromeccanica, la telematica. E la legge economica è un
giudice inflessibile: "Chi non produce pubblicazioni e brevetti
inevitabilmente viene espulso dal mercato e la sua economia resa subalterna".
I sostenitori della strategia difensiva predicano "la conservazione
intelligente del modello finora perseguito"; i seguaci della
strategia offensiva invece ritengono l'Italia ancora in grado di competere
a livello mondiale: l'importante - dicono - è concentrare i
finanziamenti in quei settori strategici di cui tanto si discorre.
Tutti però sono d'accordo su un punto: l'impellente necessità
di operare una vera e propria rivoluzione tecnologica, caratterizzata
sia da iniziative di ricerca tecnico-scientifica, sia da iniziative
di diffusione ed impiego esterno dei risultati di tale ricerca. Il
numero dei ricercatori dovrà essere raddoppiato e la ricerca
resa meno frammentaria. Solo una rivoluzione di tal genere potrà
portare alla ristrutturazione e quindi allo sviluppo effettivo dell'industria
italiana. E' ovvio però che saranno proprio quelle zone cosiddette
forti, ossia le più industrializzate, ad ottenere la parte
più rilevante di risorse da destinare a questa riconversione.
Per il Mezzogiorno invece solo un'amara conclusione: esso va ancora
industrializzato. Di conseguenza non potrà concorrere al processo
di rinnovamento al pari del Centro-Nord. Tutto lascia credere dunque
che il Meridione sia condannato all'emarginazione irreversibile della
sua economia.
Una necessità si delinea allora, più chiara e viva di
ogni altra: quella che il Sud si impegni in modo autonomo per la risoluzione
dei suoi problemi. Occorre adottare nuove strategie, abbandonando
la logica dei processi imitativi e favorendo una politica di stimolo
dell'innovazione. la struttura odierna dell'Azienda nel Mezzogiorno
non dà modo di considerare come costitutive le funzioni di
marketing, di invenzione, le attività di ricerca e di sviluppo.
Essa ha una singola linea di prodotto e assume il prodotto a dimensione
della domanda. E' necessario mutare tale struttura, adoperarsi per
la creazione di un sistema organico di attività industriali,
sostenere nuovi settori produttivi ad alto tasso di occupazione, fornire
alle piccole e medie imprese una più adeguata informazione
sui nuovi prodotti, tecniche di gestione, processi in atto.
Alle Regioni toccherà acquistare il ruolo di protagoniste in
questa politica di stimolo, promuovendo le iniziative di ricerca,
mobilitando Università, Istituzioni scientifiche, Enti nazionali;
maturando cioè la consapevolezza che solo iniziative prese
all'insegna del rinnovamento scientifico e tecnico potranno riabilitare
il Meridione, allontanandolo dal suo secolare isolamento.
Una Regione forse più aperta a recepire questo messaggio sembra
essere la Puglia. Prove della sua raggiunta maturità sono date
dalla realizzazione di iniziative - come CSATA e TECNOPOLIS a Bari
- i cui effetti avvantaggiano non la sola regione, ma il Mezzogiorno
intero. Ed è dalla Puglia che è partita una proposta
senza precedenti nel Sud, ma di estrema importanza anche a livello
nazionale: la proposta cioè di istituzione di un "Centro
Nazionale per la Ricerca e Sviluppo dei Materiali" (C.N.R.S.M.),
alla cui gestione partecipino C.N.R., E.N.E.A., I.N.F.N., Regione
Puglia, Università di Bari e di Lecce. La realizzazione di
tale Centro potrà assolvere alle esigenze nazionali e soprattutto
meridionali di cui si è finora discusso: in particolare, sostegno
dei nuovi settori produttivi ad alto tasso di occupazione, stimolo
della domanda di servizi tecnologici e di ricerca applicata, creazione
e utilizzazione nel Mezzogiorno di competenze tecnico-scientifiche
altamente qualificate.
La proposta è stata approvata nel 1981 dalla Cassa per il Mezzogiorno,
la quale ha poi affidato al C.N.R. il compito di elaborare uno "Studio
di fattibilità finalizzato alla realizzazione di detto Centro".
In questo studio viene delineata la situazione produttiva italiana,
con particolare riferimento a quella meridionale e suggerite delle
linee di condotta per una politica dei materiali improntata sull'innovazione
e sviluppo dell'apparato produttivo del Paese. Vengono inoltre definite
le aree di ricerca prioritarie e le problematiche portanti nel settore
materiali.
Lo studio di fattibilità è stato elaborato lo scorso
anno da un Comitato Tecnico nominato dal Consiglio di Presidenza del
C.N.R.
è proprio un membro di questo Comitato, il professor Angelo
Rizzo, docente dell'Istituto di Fisica di Lecce, che ce ne parla:
- Per la ricerca occorrono i progetti e occorrono strutture in grado
di sviluppare questi progetti. Poichè sia le strutture sia
la maggiore capacità di progettazione stanno al Nord, anche
i maggiori stimoli vengono dal Nord e, di conseguenza, i fondi destinati
alla ricerca sono dirottati prevalentemente in quell'area. Ora però
c'è un'azione di recupero da parte del Mezzogiorno, dovuta
in buona parte alla nascita di nuove competenze, di strutture universitarie
più aperte, più dinamiche, e quindi alla possibilità
di utilizzare al meglio quelli che sono i canali preferenziali che
la legislazione italiana prevede per la ricerca nel Mezzogiorno. Il
C.N.R.S.M. e TECNOPOLIS ne sono un esempio.
- Università: un coagulo di sapere che rischia di vivere vita
a se stante se non si radica nel territorio. Non è anche ruolo
del Centro indirizzare tale sapere verso forme applicate di ricerca?
- Scopo del polo è appunto quello di integrare le competenze,
le conoscenze universitarie con quella che è la realtà
produttiva meridionale in particolare, ma anche nazionale (non per
niente il C.N.R.S.M. è un centro nazionale, non meridionale).
C'è sempre stato un po' di distacco fra le strutture universitarie
e le esigenze dell'apparato produttivo. E questo non solo nel Mezzogiorno.
Ora, proprio la nascita di queste strutture a partecipazione mista,
in cui sono coinvolte la produzione e l'Università come sede
di creazione e di conoscenze, può portare a superare quella
fase e a far si che la ricerca universitaria abbia uno sbocco di immediata
applicazione.
- In linea generale, qual è il programma perseguito dal C.
N. R. S.M. ? Quali le aree di ricerca interessate?
- Fermo restando che i programmi operativi saranno definiti di anno
in anno o di biennio in biennio dagli organi direzionali del Centro,
il programma generale ha per oggetto i materiali.
Sono state individuate tre categorie di eccellenza: i semiconduttori,
con tutte le loro applicazioni (la microelettronica, l'optoelettronica,
le telecomunicazioni); i metalli, largamente utilizzati in settori
come l'energetica, l'aerospaziale, i trasporti; i ceramici, che sono
famiglie di materiali nuovi (ceramiche speciali per motori, per reattori
nucleari, etc.).
Per la conoscenza e l'utilizzazione di tali materiali sono state individuate
alcune aree di ricerca privilegiate, di fondamentale importanza: in
particolare, le proprietà microstrutturali, che dominano tutte
le caratteristiche del materiale, e le proprietà di superficie.
- Qual è stato l'iter della proposta?
- L'iniziativa è sorta da un'esigenza nazionale di effettuare
una ricerca sui materiali, in particolare su quelli di interesse energetico.
Gli Istituti di Fisica di Bari e di Lecce hanno messo a disposizione
le loro competenze. Nell'ambito della legge 183 è stato varato
uno studio di fattibilità di un'iniziativa che affiancasse
l'apparato produttivo meridionale in particolare, ed eventualmente
nazionale, a temi di interesse generale, tipo i materiali. Molti Enti
hanno appoggiato l'iniziativa (Regione Puglia, gli Enti di ricerca
C.N.R., E.N.E.A. e I. N. F. N.). La Cassa per il Mezzogiorno ha affidato
con un regolare contratto al C.N.R. l'elaborazione di questo studio
di fattibilità. Il C.N.R., per far ciò, ha nominato
un comitato di esperti nazionale. Questa la storia breve dell'iniziativa.
- Quali forze intellettuali ed economico-produttive saranno coinvolte
in questa iniziativa?
- Non credo di sbagliare se dico che, per la prima volta in Italia,
dietro questo progetto c'è tutto l'apparato scientifico nazionale;
non solo per la presenza in contemporanea di tutti e tre gli Enti
di ricerca, CNR, ENEA, INFN (cosa mai avvenuta prima); ma anche perchè
l'iniziativa è stata caldeggiata, seguita da tutte le associazioni
scientifiche nazionali. Per quanto riguarda le forze economico-produttive,
basta leggere i nomi degli Enti interessati a partecipare al consorzio:
IRI, ENEL, tutta una serie di piccole e medie aziende, delle quali
alcune hanno già dato la loro adesione all'istituendo consorzio;
altre sperano di poterne far parte in futuro.
- Quale contributo effettivo potrà dare il C.N.R.S.M. al meridione?
- Poichè si è visto che l'industrializzazione nel Sud
è stata frenata anche dalla mancanza di strutture di supporto
e di ricerca adeguate, un Centro che nel Mezzogiorno studi i nuovi
materiali potrebbe coprire quella lacuna e favorire l'insediamento
di aziende indirizzate verso nuovi settori. Si aggiungono poi gli
inevitabili vantaggi che otterrebbero dai lavori del Centro le aziende
già costituite. Facciamo un esempio: l'Italsider lavora sugli
acciai. Il fatto di avere conoscenza del tipo di prodotto che ha,
cercare di migliorarlo, di renderlo più affidabile, è
un'azione che il Centro può svolgere e che sull'Italsider ha
una ricaduta enorme. Discorso questo che si può generalizzare
a tutte le altre aziende.
Da meridionale direi, dunque, che il C.N.R.S.M. è un'iniziativa
di estrema importanza per il Mezzogiorno in generale e per la Puglia
in particolare. Un'occasione che non può essere sciupata. E'
necessaria però un'unità di intenti e di sforzi da parte
di tutte le forze sociali, politiche, economiche italiane, ma soprattutto
meridionali, perchè quest'iniziativa non rimanga solo il progetto
di un gruppo di persone più o meno aperto, più o meno
illuminato.
- Piccola e media industria rappresentano per il Mezzogiorno una strada
tutta ancora da tracciare. Come mai ci si illude allora che la disoccupazione,
al pari del Nord, posso venire compensato nel terziario? E di che
tipo di terziario ha bisogno il Mezzogiorno?
- Un errore che continuiamo a commettere è proprio quello di
cercare a tutti i costi di imitare le politiche del Nord, tecnologicamente
più avanzato e quindi in grado di compensare nel terziario
un cospicuo numero di disoccupati. Nel Sud, invece, ciò non
sarà possibile, prima di tutto perchè bisogna battere
la strada dell'industrializzazione, e poi perchè il nostro
terziario, esclusivamente di tipo impiegatizio, non ha alcun futuro.
Oggi ci sono nuove tecnologie che, a prima vista, sembrerebbero dover
ridurre la manodopera e quindi l'occupazione; ma che, se indirizzate
opportunamente, potrebbero dare molto. Basti pensare a cosa ha rappresentato
per il Mezzogiorno il CSATA di Bari: il CSATA ha preparato tecnici,
tecnologie informatiche ed è riuscito a riversare sul mercato,
che ha tutto assorbito, un altissimo numero di giovani, diplomati
e laureati che, altrimenti, avrebbero fatto la fine di tanti altri
loro colleghi, ancora in attesa di essere impiegati nel terziario
non avanzato.
- Il Mezzogiorno è ancora oggi caratterizzato da tutto una
serie di problematiche regionali e locali che necessitano di Interventi
finalizzati e differenziati. In questo stato di cose, può esistere
una reale prospettiva di riequilibrio fra le due Italie?
- Da Meridionali ci dobbiamo credere, lo dobbiamo volere. Io ho una
mia tesi: il riequilibrio e gli altri problemi del Mezzogiorno li
debbono risolvere i meridionali. Non possiamo aspettare che sia il
Governo a decidersi. E sono iniziative come il C.N.R.S.M. che possono
portare a risultati positivi reali. Dobbiamo dunque battere strade
nuove. Il CSATA, TECNOPOLIS, Centro Materiali, Centro Laser di Bari
ce lo insegnano.
- Esiste una fascia adriatica in gran parte sviluppata ed esiste una
fascia tirrenica che non riesce a decollare. Come agire per un riequilibrio
economico-produttivo all'interno del Mezzogiorno? Cioè come
bilanciare l'est e l'ovest del Sud?
- La parola è semplice: collaborando. E, tutto sommato, con
le capacità di comunicazione attuali è molto facile
collaborare. Non conosco altre strade.
- Poichè la Cassa per il Mezzogiorno è stato abolita,
quale ruolo potrò giuocare lo Stato per superare vecchia e
nuova questione meridionale?
- E' opinione di molti che lo Stato abbia quasi sempre sbagliato nei
confronti del Meridione. Secondo me lo Stato dà quello che
gli si chiede e quindi, se errore c'è stato, è nella
richiesta non nell'elargizione. Certo, lo Stato può sollecitare
e verificare che arrivino richieste utili o, almeno, controllare di
esaudire richieste utili. Dopo di che, il Mezzogiorno dovrebbe organizzarsi
cercando di sfruttare al meglio quel poco o molto che ha in termini
di competenze e di risorse umane.

- La Puglia ruota un po' controcorrente. Nel senso che, mentre altrove
vi è una generale sfiducia verso gli interventi statali, nella
nostra regione gli imprenditori non si muovono se non c'è una
Cassa per il Mezzogiorno che sorregga le loro iniziative. Eppure la
Puglia è una regione ricca. Come se lo spiega?
- E' vero. la Puglia è una regione ricca. Non a caso qualche
illustre personaggio l'ha definita un po' la California del Sud. la
regione, in effetti, ha avuto le condizioni più favorevoli
perchè gli uomini migliori operassero con successo. Questo
sia per ragioni storiche e geografiche (Bari è stato un centro
naturale di sviluppo e di diffusione di idee e di programmi) sia per
il contributo fondamentale che hanno dato le Università di
Bari e di Lecce nello sviluppo pugliese.
Riguardo la fiducia negli interventi, dobbiamo un po' entrare nella
storia. La Puglia fondamentalmente è stata una regione agricola,
latifondista. E' ovvio che l'imprenditoria, vecchia o nuova che sia,
abbia bisogno di un aiuto iniziale, quando non ha le forze in proprio,
come spesso accade. Ma lo stesso vale per le regioni più progredite.
La differenza sta nel fatto che in quelle regioni ci sono altre forme
di interventi o altri soggetti che possono intervenire (migliore organizzazione
bancaria, per esempio), che invece la Puglia non ha. Ecco perchè
si guarda allo Stato o alla Cassa per il Mezzogiorno come il massimo
Ente propulsore.
- La Puglia come raccordo euro-mediterraneo: quale ricerca e quale
progettazione di un moderno piano di collegamento e di trasporti in
questo scacchiere?
- La Puglia, come del resto tutta l'Italia, non e ricca di materie
prime. Può produrre uomini, competenze e tecnologie. Il trasporto
degli uni e delle altre costa. Essendo la Puglia più a contatto
con i Paesi del terzo mondo, è la più facilitata a questo
trasferimento. Da tale punto di vista, la regione può giuocare
un ruolo importantissimo in questo interscambio di ricchezze.