IL SISTEMA ECONOMICO FRA SVILUPPO ED INVOLUZIONE




Antonio Corvino



Il sistema economico appare attraversato, sia a livello nazionale che locale, da vasti processi di trasformazione. In esso fenomeni evolutivi di grande rilevanza si scontrano con profonde contraddizioni esterne ed interne. Nuovi strumenti di analisi si impongono, mentre anche il modo di porsi dei soggetti sociali è destinato a cambiare radicalmente.
Dalla capacità di comprendere il nuovo e di adeguare la propria presenza dipenderà probabilmente il ruolo dei soggetti sociali, istituzionali ed economici, nei prossimi anni: agenti di sviluppo o gestori del sottosviluppo.

Il SISTEMA ECONOMICO VERSO MODELLI POST-INDUSTRIALI

Volendo isolare, nell'epoca attuale, il fenomeno a più alta incidenza in termini di organizzazione dei rapporti di produzione, questo va individuato nella formidabile accelerazione del processo tecnologico, autentico detonatore di una nuova rivoluzione che ormai investe globalmente il sistema economico internazionale, spinto verso traguardi di costante innovazione, ma anche segnato da forti divaricazioni.
La correlazione fra livelli di produzione e livelli occupazionali è definitivamente caduta, mentre la capacità di produrre tecnologia delimita la linea di demarcazione fra sviluppo e sottosviluppo e caratterizza la società proiettata verso traguardi post-industriali tendenti a gestire informazione e know-how. Accentuata specializzazione tecnico-scientifica ed economico-terziaria ed emarginazione della cultura medio-generica contraddistinguono, in tale contesto, il mercato del lavoro, mentre una nuova emergente divisione internazionale del lavoro accentua la funzione guida delle nazioni sviluppate. All'interno di queste, tuttavia, il divario fra aree centrali ed aree periferiche riemerge in maniera virulenta, presentando, peraltro, delle specificità nuove rispetto alle problematiche preesistenti.

LE TRASFORMAZIONI DEGLI ANNI '70

Durante gli anni '70, l'economia mondiale ha evidenziato una radicale trasformazione, quale non si era avuta, probabilmente, dall'epoca del taylorismo. L'irruzione delle nuove scienze, dalla elettronica, all'informatica, ha provocato una sostanziale riproposizione della organizzazione interna del sistema economico. In esso il controllo del processo tecnologico e lo sviluppo della funzione terziaria sono emersi come prerogative essenziali delle aree centrali, mentre il processo produttivo, in quanto espressione secondaria, subiva una graduale espulsione verso le aree periferiche.
L'Europa in generale, e l'Italia in particolare, investite dagli effetti delle crisi energetiche e segnate dalle gravi conseguenze del fenomeno inflattivo, evidenziarono, rispetto agli Stati Uniti ed al Giappone, una secca perdita di velocità nella corsa dello sviluppo tecnologico.
Attraversato da impellenti esigenze di decentramento produttivo e di ristrutturazione delle attività industriali, ed assillato dalla grave crisi della grande industria privata e pubblica, il sistema economico italiano evidenziò tuttavia nella "vitalità lenticolare" - espressasi nel fenomeno del localismo e manifestatasi sull'intero territorio nazionale - un nuovo modello di sviluppo che portava alla ribalta i sistemi di piccole e medie industrie fortemente innovative ed ancorate alla vocazione produttiva locale ed attutiva gli effetti della crisi generale e della recessione.
Il ripiegamento della grande industria, in presenza dello sviluppo del localismo, dirottando l'approvvigionamento di tecnologie e beni di investimento all'estero, determinò una ulteriore riduzione della offerta di occupazione e vanificò qualsiasi opportunità di impiego a più elevato specializzazione che avrebbe dovuto compensare, almeno in parte, la crescente espulsione di manodopera generica.
Il grave fenomeno della disoccupazione e della contrazione di attività, ma anche lo scollamento fra scuola e mondo produttivo, affondano probabilmente le radici nella involuzione del sistema economico italiano proprio degli anni '70 e solo in parte compensata dal dinamismo e dalla crescita del localismo.
La ripresa di iniziativa della grande industria, emersa sul finire degli anni '70 e manifestatasi in maniera fortemente incisiva durante gli anni '80, recuperando molte posizioni nel campo tecnologico, non solo come utilizzatrice di innovazione, ma anche e soprattutto come produttrice di innovazione, ha determinato le condizioni per una inversione di tendenza nel sistema, innescando e favorendo processi di crescita nei vari comporti economici e ridando fiato - in una prospettiva di medio periodo - ad un mercato del lavoro che tuttora appare caratterizzato da gravi fenomeni di espulsione di manodopera.

I PERICOLI DI UNA NUOVA EMARGINAZIONE DEL MEZZOGIORNO

In Italia lo storico dualismo fra Nord sviluppato e Sud arretrato si saldava, nei decenni post bellici, ad una impostazione dicotomica della realtà economica nazionale, prevalentemente industriale nelle regioni settentrionali e prevalentemente agricola nelle regioni meridionali.
Negli anni '50 e '60 il sistema economico italiano era imperniato sulla capacità di espansione del tessuto produttivo del triangolo industriale nordoccidentale. il meridione assolveva essenzialmente alla funzione di serbatoio di mano d'opera, sperimentando tuttavia un oneroso ma indispensabile processo di contrazione della popolazione attiva e di ridefinizione della stratificazione delle forze di lavoro conseguente al massiccio esodo di manodopera agricola ed all'emergere della emigrazione quale fenomeno di massa.
I risultati di un intenso programma di investimenti pubblici, le opportunità offerte da un vasto sistema di agevolazioni finanziarie in favore della industrializzazione meridionale e le possibilità aperte dal metodo della "contrattazione programmata" fra Stato ed industria privata in funzione della incentivazione della localizzazione di iniziative produttive nel Sud, determinarono le condizioni per una generale riorganizzazione del sistema economico meridionale. Il notevole flusso di rimesse degli emigranti e la progressiva apertura degli angusti confini territoriali degli innumerevoli mercati locali disseminati nelle regioni meridionali, unitamente ad un oggettivo aumento del benessere sociale, agirono peraltro positivamente sulle capacità reattive dei vari comporti economici, favorendo l'innesco di processi evolutivi manifestatisi con grande intensità nel corso degli anni '70.
L'economia meridionale, in effetti, ha conosciuto nell'ultimo decennio una evoluzione notevole determinata dalla crescita dei localismi come frutto della combinazione di fattori esogeni ed endogeni, a loro volta impostisi come occasione di un più ampio processo di sviluppo propagatosi in tutte le branche della attività economica.
E tuttavia le trasformazioni, talora profonde, che le aree meridionali hanno conosciuto, nel corso degli anni '70, alla luce delle nuove tendenze, che è possibile individuare nel panorama internazionale e nazionale, evidenziano un elevato tasso di rischio. La ripresa di dinamismo della grande industria peraltro, ove dovesse tradursi esclusivamente in un rafforzamento delle aree tradizionalmente forti del paese, porrebbe nuovi interrogativi sulle prospettive di sviluppo delle aree periferiche del Mezzogiorno d'Italia e prospetterebbe preoccupanti pericoli di involuzione.
Infatti, alla base della formazione del localismo nelle regioni meridionali, ma anche nelle altre aree del territorio nazionale, si collocavano, accanto ad indubbie espressioni di sviluppo autopropulsivo, gli effetti del processo di graduale periferizzazione delle produzioni "mature" a scarso contenuto tecnologico ed a forte incidenza del costo di manodopera, in ossequio ad una logica che portava a scaricare all'esterno i costi della razionalizzazione e ristrutturazione del sistema generale.
Il gap tecnologico fra le aree forti del Settentrione e le aree subordinate del Meridione si propone oggi come nuova e più preoccupante causa di divaricazione fra un Nord proteso verso le posizioni di testa dello sviluppo ed un Sud sospinto verso rinnovate posizioni di sottosviluppo.

I SOGGETTI DELLO SVILUPPO

Pur nella persistenza di gravi elementi di rischio, il localismo ha liberato una grande quantità di energie sia finanziarie che umane, le quali, a loro volta, hanno innescato vasti processi in grado di perseguire fondamentali obiettivi di ispessimento e di consolidamento del proprio ruolo nel sistema economico generale.
La esplosione di una miriade di soggetti economici sul territorio, rappresentati dai protagonisti degli innumerevoli sistemi di piccole e medie imprese disseminate lungo l'intero arco della penisola, ha determinato la formazione di altrettanti centri decisionali dotati di grande dinamismo ed impegnati nella continua ricerca di più ampi spazi.
L'avvento, inoltre, nel Meridione di un nuovo soggetto istituzionale, quale la regione, anch'essa nata e consolidatasi nella stessa epoca della espansione del localismo, rappresenta oggettivamente un formidabile agente di tutela ma anche di sviluppo della nuova realtà economica nata dalla frantumazione .del sistema produttivo post-bellico.
La esistenza dei soggetti economici e dei soggetti istituzionali tuttavia non è sufficiente, di per se', ad esorcizzare gli elementi di rischio presenti nel sistema economico meridionale. Il localismo, infatti, quale espressione dello sviluppo spontaneo e della presenza pionieristica dell'imprenditore, sembra abbia esaurito le proprie potenzialità di crescita.
Al fine di dissipare gli incombenti pericoli di involuzione è necessario, pertanto, puntare ad un deciso salto di qualità verso obiettivi di potenziamento delle attività mature - in termini software a sostegno di un'autonoma presenza sui mercati - e di integrazione nei settori a media e alta tecnologia e di recupero delle funzioni terziarie nell'ambito del sistema meridionale.
Tale obiettivo, l'unico in grado di ridurre il nuovo emergente gap di natura tecnologica tra Nord e Sud comporta, in definitiva, il passaggio dalla crescita spontanea allo sviluppo guidato e presuppone una spiccata capacità progettuale, programmatica ed operativa di tutti i soggetti operanti sul territorio: economici, istituzionali, sociali.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000