ULDERIGO BOTTI E LA FONDAZIONE DEGLI STUDI SULLA PREISTORIA IN TERRA D'OTRANTO




Enzo Panareo



Fu sotto l'impulso del dibattito, ricco di vicende e talvolta sconfinante nel grottesco, provocato anche in Italia dalla diffusione del pensiero darwiniano, che gli studi scientifici e, in questo ambito, quelli di geologia, di paleontologia e di paletnologia, si avviarono su una strada rigogliosa e feconda di risultati.
Si ebbe, in tutte le regioni italiane, un notevolissimo fervore di ricerche, la cui spinta partiva dai centri intellettuali nei quali più era accesso di dibattito, data la presenza di studiosi i quali, sulla traccia delle nuove e rinnovate metodologie o seguendo personali inclinazioni, vigorosamente si opponevano ai postulati darwiniani o li accettavano con convinzione, come quelli che solo consentivano di penetrare nei misteri della natura o nel problema della nascita dell'uomo. intanto, l'11 gennaio 1864 Filippo De Filippi teneva a Torino la sua famosa lezione, L'uomo e le scimmie, il cui testo avrebbe avuto tre edizioni ed avrebbe provocato la reazione di uno studioso come Giovanni Giuseppe Bianconi. E nel 1872 a Napoli nasceva la Stazione Zoologica, ideata e con tenacia realizzata dal prussiano Anton Dohrn (Stettino 1890-1909), il quale con il Darwin teneva copiosa e affettuosa corrispondenza (1).
Ma dove il dibattito a favore e contro il darwinismo maggiormente era attivo e suscitava stimoli realmente efficaci, ai quali tenevano dietro risultati scientifici d'indubbio interesse, era in alcuni centri del Settentrione; a Firenze, per esempio, o a Bologna nella cui Università Giovanni Giuseppe Bianconi insegnava, professore di storia naturale, il quale si era dedicato a ricerche anatomiche, embriologiche, botaniche e geologiche. Assertore di argomenti scientifici a favore della concezione creazionista, sulla linea della metafisica del P. Angelo Secchi, il Bianconi era naturalmente avversario, peraltro con serie argomentazioni, della teoria evoluzionista. In polemica con il Bianconi si poneva invece Giovanni Canestrini, geniale ricercatore e docente di scienze naturali a Padova. Biologo, traduceva, in collaborazione con Leonardo Salimbeni, L'origine della specie (2) ed avrebbe continuato a tradurre le opere più significative di Darwin. Ed era anche presente a Bologna un sostenitore scientifico della concezione evolutiva, Luigi Bombicci Porta, il quale all'Università, fin dal 1860, insegnava mineralogia e svolgeva un'azione politica e culturale in polemica con la tradizione clericale (3).
Ed ancora insegnava a Bologna Giovanni Capellini, tra i primi in Italia ad accettare la nuova teoria evoluzionista di Darwin. Geologo, nato a La Spezia, il Capellini nel febbraio del 1869 era sceso nel Salento, dove già il pensiero evoluzionista era stato illustrato (4), ed aveva visitato il promontorio del Capo di Leuca nel corso di una escursione di carattere geologico. Gli era stato campagno, in questa escursione, oltre ad un suo alunno, l'ingegnere Martinoli, anche uno studioso appassionato di geologia, il Cavalier Ulderigo Botti. Ma già nell'ottobre dell'anno precedente il Capellini aveva effettuato una prima spedizione al Capo di Leuca, rinvenendovi, oltre ad altri materiali, "... un calcare analogo alla panchina di Livorno, ed in esso scoprii frammenti che assomigliavano a pezzettini di ossa di cetacei, quali ne avevo trovato in abbondanza nel terreno terziario di Anversa ..." (5).
C'erano già, comunque, dei buoni presupposti per lo studio della geologia della Terra d'Otranto. Avevano segnato una traccia in tal senso fin dagli inizi del secolo il conte Michele Milano, il quale aveva retto l'intendenza di Terra d'Otranto dal 1809 al 1811 ed aveva dato alle stampe i Cenni geologici sulla provincia di Terra d'Otranto (6), ed il marchese Giuseppe Ceva Grimaldi, il quale aveva anch'egli retto l'intendenza di Terra d'Otranto e nel suo Itinerario da Napoli a Lecce e nella provincia di Terra d'Otranto aveva ampiamente descritto il fonte pliniano di Manduria e la Grotta della Zinzulusa (7). Ma vanno anche citate a questo proposito le interessanti Osservazioni del Bracchi sulla pietra leccese (8).
Sarebbe tornato, il Capellini, ancora una volta nel Salento, nel 1877, allo scopo di studiare la pietra leccese ed alcuni suoi fossili.
Il Botti, pertanto, al seguito dell'autorità scientifica del Capellini, s'accingeva a sviluppare una tradizione, se non affermata per metodi, già pronunciata ed esaltata allora nelle sue potenzialità scientifiche dal rinnovato clima politico e culturale e dalla presenza, nell'Amministrazione di Terra d'Otranto, di studiosi appassionati. Infatti "... Anche grazie a queste prime forme di organizzazione culturale l'intesa e la collaborazione fra i non pochi studiosi, l'incoraggiamento ai giovani, gli stessi risultati ottenuti furono notevoli; si trattò prevalentemente, come s'è detto, di una eccezionale fioritura di studi storici ed eruditi, di ricerche a livello scientifico, ma gli uni e le altre condotte con quella spigliatezza e quel gusto che lasciano intravedere la buona disposizione letteraria degli autori e una diffusa sensibilità di fondo verso prospettive di cultura più ampia e articolata, frutto di quell'umanesimo ch'era stato sempre assai vivo in Terra d'Otranto ... ": così il Valli (9), il quale intuisce in quella fase storica di intenso fervore intellettuale nel Salento il momento di una unitarietà di prospettive culturali che avrebbero fatto riconoscere alla regione la più ampia dignità testimoniale nel Paese ormai unito.
Non si sottraevano, d'altro canto, ai loro compiti istituzionali le amministrazioni pubbliche, le quali, sull'onda dell'entusiasmo unitario, incoraggiavano con tangibili interventi, data peraltro in esse la presenza di uomini di non comune statura intellettuale, gli sforzi e le intraprese degli studiosi e degli artisti. I quali miravano, ognuno per la propria specialità e disciplina, a ridisegnare nel Salento il panorama, estremamente variato, di una cultura che fosse organica e funzionale al decollo morale ed economico della regione.
Nella seduta del 25 aprile 1870 l'Amministrazione Provinciale di Terra d'Otranto da incarico al Botti di condurre una esplorazione lungo il litorale allo scopo di rinvenire dati relativi alla geologia della provincia e nella seconda tornata della seconda convocazione della sessione ordinaria, il 26 ottobre del 1871, del Consiglio Provinciale di Lecce, "... il Sig. Duca Castromediano espone quanto il Cavaliere sig. Botti Ulderigo abbia lavorato per gli studi geologici, e quanto bene abbia meritato, proponendo che gli siano rese grazie, e che vengo accolta la domanda del medesimo riguardante il proseguimento degli studi suddetti ed il dono di materiali geologici da lui accolti.
Il Consiglio udita la proposta - delibera all'unanimità, di ringraziarsi il Sig. Cavaliere Botti Ulderigo per le investigazioni preistoriche nella Grotta del Diavolo al Capo di Leuca, e per le quali la Provincia nostra ha occupato posto onorevole al Congresso Internazionale di quest'anno a Bologna: stabilisce di prelevarsi la somma di lire mille da qualunque articolo disponibile del bilancio 1871 e precedenti per proseguire gli studi preparatori per la carta geologica della Provincia; prega lo stesso Sig. Botti a proseguire i detti lavori, ed accetta con gratitudine il suo impegno ed il suo dono, e incarica la Deputazione Provinciale a fornirgli quei locali di cui ha bisogno per l'oggetto ..." (10).
Ulderigo Botti era nato a Montelupo Fiorentino il 4 giugno 1822. Compiuti i primi studi a Prato, era passato all'Università di Pisci, dove aveva seguito i corsi di giurisprudenza, pensando di avviarsi alla carriera giudiziaria. Si orientò subito, però, una volta conseguita la laurea, verso la carriera amministrativa, che gli avrebbe consentito di coltivare gli interessi, che in lui cominciavano a manifestarsi, per le scienze della natura. Nel 1868, dopo aver percorso rapidamente gli alti gradi della carriera, era stato destinato dal ministero Manabrea, in qualità di Consigliere Delegato, alla Prefettura di Lecce. (11)
Il suo esordio nell'attività scientifica era avvenuta con la pubblicazione di un primo lavoro, Sopra un ittiolito della calcarea tenera leccese, nel quale è descritto un pesce fossile trovato nella pietra leccese. A questo tipo di fossile l'illustre naturalista Oronzo Gabriele Costa aveva dato il nome di "Luspia Casotti" (12).
L'anno successivo, nel giugno del 1869, avendo visitato, per ragioni del suo ufficio, il Circondario di Taranto, aveva realizzato una serie di articoli nei quali è sommariamente descritta la situazione geologica e mineralogica della zona. Questi articoli furono pubblicati prima in un periodico di Lecce e poi furono raccolti in un opuscoletto. (13)
Il sospetto che nelle grotte del Capo di Leuca potessero esserci reperti in grado di consentire la fondazione di una paleontologia e di una paletnologia non occasionali, ma sistematiche, in Terra d'Otranto, nacque nel Botti una volta compiuta la visita al Capo di Leuca con il Cappellini (14). La natura del luogo, ma forse soprattutto le suggestioni che venivano al Botti dalle numerose scoperte che in quei tempo si facevano in Europa e in Italia non potevano non alimentare il sospetto che era destinato, ad esplorazione eseguita, a tradursi in certezza indiscutibile, con la quale doveva restare confermata la presenza della vita della preistoria e dell'uomo preistorico nel Salento.
Era la prima volta, in fondo, che l'uomo moderno, con giustificato senso di trepidazione, metteva gli occhi nelle visceri della terra salentina, alla ricerca di vestigia dell'antico progenitore che le più opinabili circostanze, sorrette nel pensiero moderno dal fascino dell'ignoto da indagare, potevano avere spinto su questo lido battuto dal mare e dai venti.
I risultati dell'esplorazione, fortunata, della Grotta del Diavolo, sono chiaramente indicati in una prima, esile pubblicazione, nella quale il Botti fa la relazione, succinta ma perspicua, sui luoghi visitati durante tutto il mese di giugno del 1870 (15). Nella quale è agevolmente percepibile, qua e là nel discorso, l'eco del vivacissimo dibattito in corso tra creazionisti ed evoluzionisti, laddove afferma: "... Qui mi sento obiettare come alcuni filosofi sostengano, l'uomo essere stato creato perfetto e non selvaggio, onde in questo stato sia di poi venuto degenerando per la propria malvagità ... ". E se ne intuiscono le propensioni ideologiche, o quanto meno di metodo, allorquando con accenti scoperti, pervasi da sobrio ed intelligente umorismo, giuoca con il concetto del Diavolo cui la grotta è intitolata e pone la sua esaltante esplorazione sotto il segno di una fervida avventura vissuta a ritroso nel tempo, alla ricerca di significative nozioni dell'uomo preistorico nel Salento.
D'altro canto, le scelte culturali del Botti sono indicate laddove sono citati, con ammirazione, studiosi come il Vogt, il Lyeli, un geologo il quale con il Capellini era stato in contatto a Pisci, città che era allora il centro della scienza geologica italiana, ed il Lartet, con il quale anche il Capellini era entrato in relazione a Parigi.
Quali sono i presupposti, armato dei quali il Botti si accinge all'esplorazione delle grotte del Capo di Leuca? Ma quali sono, intanto i luoghi visitati? Punta Ristola, Grotta del Diavolo, Grotta dei Panni, Caverne di Tricase, la Zinzolusa, Caverne di Otranto. Nelle quali, o in qualcuno delle quali, lasciando la parola allo stesso Botti, "... lo devo cercare, diceva meco stesso, resti della antichissima industria umana, io non posso adunque trovarne se non là dove l'uomo abbia potuto accedere ... ". Molto semplice, in fondo, ma proprio per questo anche piuttosto fuorviante, se si tiene conto del fatto che attraverso gli svariati millenni l'assetto della costa, per eventi ecologici immani la cui portata dev'essere stata tale da sfuggire all'immaginazione dell'uomo attuale, s'è andata variamente conformando rispetto a quello che al Botti appariva, e talvolta anche radicalmente modificando nella suo morfologia.
Ma quali furono i risultati concreti dell'esplorazione?
Nella Grotta del Diavolo "... I primi colpi di zappa, dati a caso qua e là per saggiare il terreno, avendo rivelato dei frammenti di antiche stoviglie, dei resti animali, delle valve di testacei e tracce di ceneri e carboni, tosto mi accorsi che il lavoro non sarebbe stato privo di risultati ed essere quindi necessario di farlo con ordine, al fine di potersi render conto del giacimento e dell'associazione dei vari oggetti che avrei probabilmente avuto a raccogliere ... ".
L'inventario dei materiali repertati è suggestivo e, schiudendo un ampio orizzonte di carattere scientifico, rivela che "... Il mio Uomo di Leuca adunque visse, non saprei dire quanti secoli or sono, nella età della pietra ... ": vengono alla luce, a mano a mano che lo scavo procede, frammenti di antiche stoviglie, resti di animali, valve di testacei, tracce di ceneri e carboni, elementi, tutti, rivelatori di una stazione umana preistorica. E ancora, ossa non umane ma di animali, che danno informazioni sul tipo di fauna dalla quale l'uomo insediato nella Grotta del Diavolo traeva il cibo per nutrirsi e cioè ruminanti, pachidermi e uccelli. inoltre vengono alla luce resti di crostacei e, ancora, negli strati superiori dello scavo frammenti di stoviglie, ben lavorate queste, che denunciano un'industria umana relativamente evoluta, mentre negli strati inferiori, i più remoti ancora in ordine di tempo, giacciono resti di stoviglie la cui lavorazione appare più grossolano. E, infine, ossi lavorati dalla mano dell'uomo allo scopo di trarne armi o utensili, e selci lavorate, sempre per il medesimo scopo.
Ma aggredendo la parte orientale della grotta, il Botti ha un attimo di comprensibile smarrimento allorché scopre delle ossa umane che lasciano presumere la presenza di un intero scheletro. "... Uno scheletro umano dell'età della pietra sarebbe un casi prezioso trofeo della scienza, che mi sentii montare il sangue alla testa ... ": e c'è da credergli, atteso, peraltro, il clima generale di ritrovamenti e di scoperte. In realtà, si tratta sì di resti umani, ma di epoca romana, la cui datazione è inequivocabilmente denunciata da una medaglia, con impressa la testa di Augusto, ritrovata nei pressi del reperto.
Nella Grotta dei Panni, pochi metri a levante di quella del Diavolo, invece il Botti scopre un altro giacimento di resti fossili, dell'età del bronzo. Vengono così alla luce osso umane "in stato di avanzato decomposizione" ed ancora ossa di animali, frammenti di terra cotta e oggetti di rame e frammenti di piombo.
Nella relazione che il Botti fa, a proposito della Grotta del Diavolo per il Congresso Internazionale di Archeologia ed Antropologia Preistoriche di Bologna, dove i materiali rinvenuti furono esposti, di questi è data una descrizione più esauriente, senz'altro formalmente e scientificamente più accreditabile (16). E' data notizia, tra l'altro, di punte di ossidiana, che è un vetro di origine vulcanico, impiegata nella fabbricazione di utensili, 30.000 anni fa circa e presente soltanto in zone vulcaniche di attività recente. Il Botti, sulla base dell'autorità del Nicolucci (17) afferma che " ... le poche lamine che se ne rinvengono han dovuto essere procacciate dalle Isole Eolie", dalla quale constatazione sarebbe agevole far discendere, in linea d'ipotesi, che "... anche i primi abitatori di questa estrema penisola, ad onta della segregata loro situazione, dovessero esercitare qualche commercio per procacciarsi le cose di prima necessità; fra le quali certamente annoveravano le armi e gli strumenti di selce, od almeno la materia prima per fabbricarne ... ".
Interessata al dato scientifico - va detto, sia pure incidentalmente - ed alla razionale e sistematica esposizione di esso, la prosa del Botti raramente si lascia andare allo scatto lirico ed allo svolazzo retorico, come pur si potrebbe sospettare in un ricercatore che proviene dagli studi umanistici, per quanto possa essere comprensibile l'emozione dello studioso il quale s'avventura nella esplorazione di un mondo arcano, millenni e millenni remoto, incerto nelle prospettive, magari limitato nelle offerte. Dalle' quali trarre, con l'ausilio di una scienza ancora in formazione, il racconto senza dubbio frammentario, di una vicenda affascinante che, nella ricostruzione che se ne opera pazientemente, non può mai dirsi conclusa. E probabilmente non potrà mai dirsi conclusa.
Nel 1874 il Botti visita la Grotta Romanelli e la Zinzolusa. Nella Romanelli rinviene due molari di elefante e di rinoceronte.
Tuttavia, il più importante contributo allo studio della paleontologia è offerto dai Botti con la raccolta e la salvaguardia dei materiali fossili portati alla luce, nel 1872, in località Cardamone, nei pressi di Lecce (18).
Infatti, in una cavità naturale di origine corsica, a Cardamone, il Botti riconobbe i resti di animali pleistocenici ed impiegò tutto il suo zelo per ottenere il permesso di proseguire lo scavo onde trarre alla luce quei materiali che avrebbero suscitato lo stupore di uno studioso come lo Stoppani.
Il quale scrisse, riferendosi al Botti: "... Rimasi stordito davanti a quei cumulo di ricchezze paleontologiche e preistoriche, che egli, egli principalmente, vi ha di sua mano ammassati in si pochi anni, fortunato d'essere il primo forse a scavare il vergine suolo di quei lembo dell'antica Magna Grecia, a cui pare siano state confidate le reliquie di tutte le nazioni, che a mano a mano approdavano all'itala spiaggia, forse appena appena emersa dal mare in quei tempi antichissimi, che il geologo osa chiamare recenti. Ammirammo tutta quella congerie di testacei marini, scavati dalla pietra di Lecce, la quale forma il sottosuolo di tutta la regione piana che confina col mare ..." (19).
Procedendo nello scavo, il Botti rinvenne, oltre ad altre diverse specie, l'Elephas primigenius Blum, cioè l'elefante villoso, meglio conosciuto come mammouth, e rinvenne anche resti di rinoceronte, assegnati erroneamente al Rhinoceros megarhinus Cristol.
Nel 1926, R. Vaufrey sostenne che oltre all'elefante primigenio, a Cardamone era anche presente il Rhinoceros tichorhinus, altrimenti detto rinoceronte villoso che spesso nell'Europa Occidentale accompagnava l'elefante primigenio. Da Lecce il Botti sarebbe passato il Calabria - a Reggio Calabria, infatti, morì suicida il 25 giugno 1906 - da dove non smise di tenere legami non occasionali con gli interessi scientifici e gli studiosi di questo Salento (20), alla cui storia ed alla cui cultura aveva aperto una strada di non comune importanza.
Fu in Calabria, infatti, che scrisse, nel dicembre del 1884, Puglia e Calabria, istituendo un interessante raffronto Geologico tra le due regioni (21).
Nel 1874 aveva diffuso una Scoperta di ossa fossili nella Terra d'Otranto (22) e La Zinzolosa. Monografia geologico-archeologica (23), con la quale era impostata su presupposti scientifici la problematica d'indagine sulla già celebre caverna, intorno alla quale s'erano diffusi con argomentazioni fantastiche quanti se n'erano occupati precedentemente. Nel frattempo, collaborava con il De Giorgi alla compilazione della Corto geologica della Terra d'Otranto, che fu pubblicata a Roma, nel 1882, nel R. Comitato Geologico. Ed arricchiva le raccolte geologiche e paleontologiche di Lecce, impegnandosi alla fondazione di un museo di preistoria e di storia naturale, che avrebbe avuto sede dignitosa nell'Istituto Tecnico di Lecce. L'istituendo museo, comunque, prima della sistemazione nell'Istituto Tecnico, ebbe a subire tutta una somma di traversie che gran disappunto avevano procurato al Botti entusiasta, il quale per l'allestimento di quel museo tanto s'era prodigato.
Ma va fatto, a mo' di conclusione, un cenno alla lettera di riconoscenza, che il Botti indirizzò il 23 febbraio 1904 al De Giorgi, a proposito di un articolo da costui pubblicato sul Corriere Meridionale (24) di Lecce, nel quale articolo è dato largo spazio alla necessità di sistemare le raccolte paleontologiche e mineralogiche salvate dalla dispersione. Il Botti, vivamente commosso, così rispondeva al De Giorgi: "... Ricevei giorni sono il Corriere Meridionale, da cui appresi, non occorre dire con quanta soddisfazione, ch'Ella ha avuto cura di conservare le collezioni scientifiche da me lasciate a Lecce. La Storia che Ella ne fa, nella lettera ivi pubblicata, ho trovato esattissima e così dell'una e dell'altra cosa la ringrazio vivamente [ ... ] Se Ella crederà tornare sull'argomento tenga conto che in quella collezione di Cardamone sono importanti i resti del Cavallo perchè con quello di Solutrè in Francia rappresenta una specie nuova quaternaria, estinta, intermedia fra i Cavalli del Pliocene e quelli dell'epoca attuale. Quanto a me, credo di aver finito di far gemere i torchi, tanto è vero che ho fatto stampare l'elenco ormai completo delle mie povere pubblicazioni (25).
Il Consiglio Provinciale della Terra d'Otranto, nella tornata del 22 novembre 1889 votò - scrisse il De Giorgi - al Botti "un solenne attestato di plauso, dichiarandolo benemerito della provincia, come lo è della scienza".
Era, in effetti, conclusa l'opera di un ricercatore attento, il quale aveva offerto alla cultura di Terra d'Otranto ed al sapere scientifico un contributo d'inestimabile interesse.


NOTE
1) Cfr. Charles Darwin - Anton Dohrn Corrispondence. Napoli, ed, Macchiaroli, 1982. Il libro è stato pubblicato in occasione del centenario della morte di Darwin e del 110° anniversario della fondazione della Stazione Zoologica di Napoli.
2) C. DARWIN, Sull'origine della specie per selezione naturale, trad. Giovanni Canestrini e Leonardo Salimbeni. Modena, Zanichelli, 1864.
3) Cfr. per questa parte P. REDONDI, Cultura e scienza dall'Illuminismo al Positivismo, in Storia d'Italia. Annali 3. Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento a oggi. A cura di Gianni Micheli. Torino, Giulio Einaudi Editore, 1980, da pag. 679 a p. 881.
4) Cfr. P. MORELLI, L'uomo e la suo origine, Discorso di Pietro Morelli letto nella grande aula del R. Liceo Ginnasiale Palmieri. Addì 17 marzo, Lecce. Coi tipi di Antonio Del Vecchio, MDCCCLXVIII.
5) Cfr. Il Partito Nazionale, Bologna, 10 giugno 1869, n. 155 e Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 13 giugno 1869, n. 159.
6) M. MILANO, Cenni geologici sulla Provincia di Terra d'Otranto. Livorno, presso Glauco Masi, 1820.
7) Itinerario da Napoli a Lecce e nella provincia di Terra d'Otranto nell'Anno 1818 di G. C. G.. Napoli, dalla tipografia di Porcelli, 1821. Nuova edizione G. CEVA GRIMALDI, Itinerario da Napoli a Lecce e nella Provincia di terra d'Otranto nell'anno 1818. A cura di Enzo Panareo. Cavallino-Lecce. Capone Editore, MCMLXXXI.
8) G. BROCCHI. Osservazioni geologiche fatte in Terra d'Otranto. Napoli, 1821. Queste osservazioni furono pubblicate prima sul Giornale delle Due Sicilie del 1821 e poi sul Giornale di economia rurale della Società Economica Di Terra d'Otranto, vol. V, anno 1844, con note del dott. Gaetano Stella. Il Brocchi, naturalista bassanese, fu a Lecce nel 1818, in compagnia del Prof. Giuseppe Riccioli, per studiare la serie geologica dei terreni salentini. Entrambi furono indirizzati al Prof. O. G. Costa.
9) Cfr. D. VALLI, La cultura letteraria nel Salento (1860-1950). Lecce, Edizioni Milella, 1971, p. 14.
10) Cfr. Atti del Consiglio Provinciale di Terra d'Otranto. 1871. Lecce, Tip. Garibaldi, 1872, p. 12.
11) Per il Botti Cfr. I. BIDDITTU in Dizionario Biografico degli Italiani. Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1971, vol. 13°, pagg. 450 - 452. Cfr. anche C. DE GIORGI, S. E. Mons. Giuseppe Candido ed il Comm. Ulderigo Botti in Rivista Storica Salentina, a. III, luglio-Agosto 1906, n. 4, pagg. 273-292. Per il Botti da pag. 280. Cfr. inoltre C. DE GIORGI. Descrizione fisica geologica e idrografica della provincia di Lecce. A cura di Angelo Vignola. Lecce, Centro di Studi Salentini, 1960.
12) Cfr. O. G. COSTA, Luspia Casotti. Nuovo genere di pesci fossili della calcarea tenera leccese. Con una tavola in rame. Napoli, Stabilimento di Gaetano Sautto, 1858, in 4°. E' interessante, del Costa, a proposito del dibattito provocato dal pensiero darwinista, Sull'attuale movimento scientifico in Italia per le sole scienze naturali. Notizie. Napoli, Stabilimento Tipografico Vico SS. Filippo e Giacomo, num. 26, 1862, p.p., in 8°.
13) Gli articoli furono pubblicati in Il Cittadino leccese, VIII (1869) nn. 40,41, 42, 43 e poi in un opuscolo dal titolo Una corso nel circondario di Taranto. Studi stratigrafici. Lecce, Tipografia Editrice Salentina, 1869.
14) Cfr. del Capellini sul Salento: Dei cetoterii bolognesi. Bologna, 1875; Cetacei fossili dell'Italia Meridionale. Bologna, 1876; Balenottere fossili e Pachyacanthus dell'Italia meridionale. Roma, 1878; Della pietra leccese di alcuni suoi fossili. Bologna, 1878.
15) U. BOTTI, Le caverne del Capo di Leuca. Relazione alla Deputazione Provinciale di Terra d'Otranto. Lecce, Tipografia Editrice Salentina 1871.
16) U. BOTTI, La Grotta del Diavolo stazione preistorica del Capo di Leuca. Memoria del Cav. Avv. Ulderigo Botti, Consigliere di Prefettura di Lecce, Membro della Società italiana di Scienze Naturali. Con sei tavole in litografia. Bologna, Tipografia Fava e Garagnani, 1871.
17) G. NICOLUCCI, Sopra altre armi ed utensili in pietra rinvenuti nell'Italia Meridionale. Napoli, 1867, p. 4.
E' importante dello stesso Nicolucci Sulla stirpe japigica e sopra tre crani ad esso appartenenti rinvenuti presso Fasano (Gnathia), presso Rugge (Rudiae) e presso Ceglie (Coelium) nell'Italia Meridionale. Napoli, Stamperia del Fibreno, 1866. Memoria estratta dal Vol. II degli Atti della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche.
18) Caverna ossifera di Cordamone in Il Cittadino Leccese, Anno XI, 31 Maggio 1872, Num. 6. Riporta integralmente una lettera, datata 11 Maggio 1872, diretta al Capellini, con la quale informa lo studioso intorno al ricchissimo deposito di Cardamone.
19) Cfr. A. STOPPANI, Da Milano a Damasco. Ricordo di una carovana milanese nel 1874. Milano, Ludovico Felice Cogliati, Editore, 1884. Per Terra d'Otranto, da pag. 15 a pag. 28, in particolare da pag. 20. Per il ritrovamento cfr. U. BOTTI. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d'Otranto. Roma, Tipografia dei Lincei, 1891. Estratto dal Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. IX, fasc. 3.
20) Cfr. in Biblioteca Prov.le di Lecce, sez. mss., tre lettere di Ulderigo Botti a Cosimo De Giorgi. In ms. n° 157 due lettere, in ms. n° 162 una lettera.
21) U. BOTTI, Puglia e Calabria. Schizzo geologico. Roma, Tipografia della R. Accademia dei Lincei, 1885 (Estratto dal Boll. della Società Geol. Ital., vol. IV, Anno 1885).
22) U. BOTTI, Scoperto di ossa fossili nella Terra di Otranto. Firenze, Tip. G. Barbèra, 1874 (Estratto dal Bollettino del R. Comitato Geologico, anno 1874, n. 7-8).
23) U. BOTTI, La Zinzolosa. Monografia geologico-archeologica. Firenze, Tipografia di G. Barbèra, 1874. Questa monografia fu pubblicata a spese della Deputazione Provinciale di Terra d'Otranto.
24) C. DE GIORGI, Collezioni scientifiche in Terra d'Otranto. In Corriere Meridionale, Lecce, Anno XV, n° 7, 18 febbraio 1904. L'articolo, in forma di lettera, datata Lecce 14 febbraio 1904 e indirizzata al direttore del periodico, si diffonde sull'opera di ricerca realizzata nel Salento dal Botti.
25) Cfr.C. DE GIORGI, S.E. Mons. Giuseppe Candido ed il Comm. Ulderigo Botti cit.


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