LA RELIGIONE TRA SUPERSTIZIONE E MAGIA NEL TALLONE D'ITALIA




Ada Nucita



Un tempo la Chiesa aveva le "Rogazioni", una per ogni ciclo stagionale. Si trattava di processioni penitenziali di propiziazione per il buon esito delle semine e dei raccolti. Così le "Rogazioni" di primavera tra i campi di grano al canto delle litanie dei santi, cui partecipavano uomini e donne. Il sacerdote levava alto l'aspersorio per benedire il grano, mentre i penitenti pregavano con devozione affinché il Signore tenesse lontani fulmini e tempeste, la fame e la guerra.
Possiamo considerare le "Rogazioni" una forma di "educazione alla civiltà dei rapporti" tra cielo e terra, tra chiesa e popolo, una sorta di "ecologia del corpo e dello spirito" che i giovani d'oggi tentano di recuperare un pò chiassosamente con marce e gli anziani con più sommessi lamenti. Sapore di anni lontani forse più grami, ma carichi di speranza e di, promessa di un futuro meno agghiacciante per tutti.
Ora nelle campagne, a maggio, i contadini fissano lo sguardo sulle piante di grano e ripetono piegando il capo verso la terra: "O Signore, dacci oggi il nostro pane quotidiano". E' allora che la donna porta al bacio delle labbra frementi di fede la sua mano che ha toccato la terra fecondatrice. Da quella terra benedetta verrà il pane che si bacia prima di portarlo alla bocca, quando si raccatta dalla terra ov'è caduto.
Il pane, quotidiana grazia di Dio, bisogna toccarlo a tavola, solo dopo essersi fatto il segno della croce: nel levarsi da tavola bisogna baciare la tovaglia con la compunzione del sacerdote sacrificante.
A Carpignano Salentino si crede che quando il pane è girato sottosopra si gira la faccia di Gesù Cristo.
Come anche quando si finisce di mangiare si deve sparecchiare subito la tavola perchè Sant'Angelo deve andare su altre tavole. Dinanzi all'immagine di Cristo, della Madonna, dei Santi si fissano gli occhi della popolana, quasi a vivificarla nell'ardore della preghiera. E le dita di lei si tendono fino al freddo del vetro, per più e più volte, nel biascichìo dell'ultimo "pater noster", ed altrettante volte quelle dita sono baciate perché già rese sacre dal contatto con quel vetro. Essa fa il segno della croce sulla fronte, allo scrosciare del fulmine che può uccidere un "figlio di Dio" e prega così:

Santa Rini, Santu Ronzu,
Santa Barbara, nun durmire;
veni veni cu llu, Spiritu Santu
e ngúcciame sutta a llu tou mantu.

Santa Irene, Santo Oronzo, / Santa Barbara, non dormire; / vieni vieni con lo Spirito Santo/ e coprimi sotto il tuo manto.

A Campi Salentina, in occasione della festa di S. Pompilio, si benediva il pone che veniva distribuito ai fedeli, i quali durante l'imperversare di paurosi temporali buttavano dei pezzettini di pane benedetto in mezzo alla strada perchè le colture e le persone non subissero danni dal maltempo. E se la bufera non cessava ripetevano ancora, come all'approssimarsi di un grande pericolo: "Gesù, Giuseppe e Maria, ti dono il cuore e l'anima mia". I morti sono invocati in rari giuramenti come a testimonianza; solo dai Santi si richiede la grazia di guidarci dall'alto: il nome di Dio mai si prende invano.
Per i salentini è religione vera il culto dei morti, perchè i morti, per somma bontà di Dio, possono riplasmarsi dentro gli avelli. E' fede certa che le anime dei morti, purgatesi dei loro "peccati capitali", devono tornare sulla terra per vigilare il bene dei propri nati, magari plasmandosi nella carne dei nascenti, perchè Dio vuole che il mondo migliori ed abbia fede più devota ed affetti più sacri nel fluire della vita.
Trasmigrazione di anime? Fluidità psichiche? O forse metempsicosi pitagoriche che affiorano dalle tombe vivificate dal pianto umano a fare più buoni "gli esuli figli di Eva in hac lacrimarum valle?".
A proposito di ciò, da quanto é dato sapere, i Messapi furono un popolo particolarmente dedito al culto dei morti. Essi credevano nell'al di là e tra l'altro usavano incidere il nome del defunto "nel" sarcofago e non "sulla" tomba a suo perenne ricordo per i posteri. Siamo, perciò, portati a credere che questo antico popolo conoscesse la teoria o la credenza della "metempsicosi" ossia la trasmigrazione delle anime e la reincarnazione in un altro corpo. Per cui, poichè credevano che in quel corpo si sarebbe reincarnata un'altra anima, non potevano dire alle genti che sarebbero venute che quel sarcofago racchiude,va il corpo di un uomo, ma che in quel sarcofago era stato racchiuso momentaneamente un corpo senza vita in attesa che una nuova anima si reincarnasse in esso.
A Muro Leccese c'è una credenza secondo la quale le anime dei bambini morti senza essere stati battezzati, trasmigravano in altri esseri umani, facendoli diventare "monicéddhi" cioé folletti.
La fede, non corrosa dal tarlo dello scetticismo, plasma nel cuore della nostra popolana, per ciascuno dei suoi figli, un angelo custode "sui generis" che ha tutta l'esperienza del passato, ma che si rinsanguina con la linfa del presente, sotto l'occhio vigile di Dio. E' l'angelo custode che salva il bimbo irrequieto e vivace dalle gravi conseguenze delle continue cadute; è l'angelo custode che allontana la mano del bimbo dai furti casalinghi; è l'angelo vigile, sempre pronto a pronunciare la parola fatale più del cenno di Giove Olimpico: "Amen!". Di notte l'angelo custode siede al capezzale del bimbo che dorme, e lo guida per mano dentro i giardini del sogno; ma, quando il bimbo è cattivo, l'angelo nasconde il suo viso sotto l'ala spiegata, e piange di dolore. L'angelo accompagna il bimbo dalla nascita alla morte: lo precede invisibile quando lo si porta in chiesa per il battesimo; l'accompagna tentennante sulla piccola bara bianca quando il bimbo viene portato alla sua ultima dimora, al lancio di petali di fiori e di confetti. Per la madre dolorante vi è .il saluto dei parenti e delle comari del vicinato mentre deve trattenere le lacrime e forzare le labbra al sorriso quando le si pronunzia la formula tradizionale: "Mi rallegro con te perchè hai avuto il tuo piccolo-grande Eletto alla mensa del Signore".
La nostra popolana, la sera, fa inginocchiare sul suo lettuccio il figlioletto e guidandogli la mano per il segno della croce gli fa recitare insieme con lei l'Ave Maria per i genitori, poi il "Requiem" per i morti e lo fa pregare ,così: "Sul mio letto l'angelo perfetto; ,al capezzale l'angelo benedetto; sul camino l'angelo Gabriele; sulla porta l'angelo del conforto". Nei paesi della Grecìa salentina i bimbi pregano ,così: "Petto sto crovottaci-mu na ploso / épesa me tin Vergine Maria / E Vergine Maria piste apù 'ttu / ce éfiche o Cristò ghià cumpagnia" (Mi corico nel lettuccio per dormire / mi sono coricato con la Vergine Maria / la Vergine Maria è andata via / e mi ha lasciato Gesù per compagnia).
Poi bacia il piccolo e gli dice di dormire tranquillo, Poiché l'Angelo Custode édisceso dal cielo e lo veglia da un cantuccio della cameretta, pronto a segnare nelle pagine d'oro del libro tutti gli atti di bontà, e, in quelle nere i peccati del bimbo capriccioso; e gli dice ancora che l'Angelo Custode, se sarà buono, gli siederà accanto al lettuccio per vegliarlo tutta la notte, si disperderà solo al mattino, nel pulviscolo d'oro dei primi raggi del sole. Proprio come il Bambino Gesù quando comparve a Santa Rosa da Lima per dirle: "Rosa, preparati agli eterni sponsali con me!"
Se un demone tentatore, visto ancora sotto le spoglie del serpente, turberà il sonno del piccolo bisognerà pregare così: "Su cazzìzo tin ciofàli / o mincì o puru mali / fidi mavro, scosinò/ fio, fìone apù ttu 'mbrò/"
(Ti pesterò il capo / o piccolo o grande che sia / serpe nero tenebroso fuggi, fuggi di quì).
Nelle ninne nanne, invece, a custodire il bimbo insieme all'Angelo Custode éSan Nicola da Bari. Rivivono, forse, nella memoria del popolo salentino le preghiere innalzate al Vescovo di Mira dalla madre dolorante per i suoi tre figlioletti, sacrificati dal padre, e richiamati in vita dal taumaturgo Patrono di Bari, nella stessa tinozza del sacrificio?
La popolana canta al ritmico dondolìo della suo sedia: "O San Nicola mio, che vai facendo? Io vado addormentando i figli belli .... ", e poi con la petulanza della cantilena più volte ripetuta "San Nicola, no, non vuoi panelle, ma chiede orazioni e figli belli". Motivo che alluderà alla grande religiosità dimostrata dal Santo sin dagli anni della sua infanzia perché "San Nicola andava per mare nella barchetta tutto d'oro, e quando era bimbo non chiedeva pane ma solo orazioni e canti".
E non basta, perché la nostra popolana, per ogni suo otto di vita quotidiana sembra attingere il versetto o la cantilena della fonte inesauribile dei suoi padri.
L'ingenua fede atavica, infatti, fa credere che Dio possa adorarsi soltanto con le giaculatorie tradizionali, o quando in chiesa lo si ridesta in petto col far rintronare il cavo delle costole sotto i propri pugni, battuti ad occhi chiusi quando suona il campanello della elevazione.


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