Un
tempo la Chiesa aveva le "Rogazioni", una per ogni ciclo stagionale.
Si trattava di processioni penitenziali di propiziazione per il buon
esito delle semine e dei raccolti. Così le "Rogazioni"
di primavera tra i campi di grano al canto delle litanie dei santi,
cui partecipavano uomini e donne. Il sacerdote levava alto l'aspersorio
per benedire il grano, mentre i penitenti pregavano con devozione affinché
il Signore tenesse lontani fulmini e tempeste, la fame e la guerra.
Possiamo considerare le "Rogazioni" una forma di "educazione
alla civiltà dei rapporti" tra cielo e terra, tra chiesa
e popolo, una sorta di "ecologia del corpo e dello spirito"
che i giovani d'oggi tentano di recuperare un pò chiassosamente
con marce e gli anziani con più sommessi lamenti. Sapore di anni
lontani forse più grami, ma carichi di speranza e di, promessa
di un futuro meno agghiacciante per tutti.
Ora nelle campagne, a maggio, i contadini fissano lo sguardo sulle piante
di grano e ripetono piegando il capo verso la terra: "O Signore,
dacci oggi il nostro pane quotidiano". E' allora che la donna porta
al bacio delle labbra frementi di fede la sua mano che ha toccato la
terra fecondatrice. Da quella terra benedetta verrà il pane che
si bacia prima di portarlo alla bocca, quando si raccatta dalla terra
ov'è caduto.
Il pane, quotidiana grazia di Dio, bisogna toccarlo a tavola, solo dopo
essersi fatto il segno della croce: nel levarsi da tavola bisogna baciare
la tovaglia con la compunzione del sacerdote sacrificante.
A Carpignano Salentino si crede che quando il pane è girato sottosopra
si gira la faccia di Gesù Cristo.
Come anche quando si finisce di mangiare si deve sparecchiare subito
la tavola perchè Sant'Angelo deve andare su altre tavole. Dinanzi
all'immagine di Cristo, della Madonna, dei Santi si fissano gli occhi
della popolana, quasi a vivificarla nell'ardore della preghiera. E le
dita di lei si tendono fino al freddo del vetro, per più e più
volte, nel biascichìo dell'ultimo "pater noster", ed
altrettante volte quelle dita sono baciate perché già
rese sacre dal contatto con quel vetro. Essa fa il segno della croce
sulla fronte, allo scrosciare del fulmine che può uccidere un
"figlio di Dio" e prega così:
Santa Rini,
Santu Ronzu,
Santa Barbara, nun durmire;
veni veni cu llu, Spiritu Santu
e ngúcciame sutta a llu tou mantu.
Santa Irene, Santo
Oronzo, / Santa Barbara, non dormire; / vieni vieni con lo Spirito
Santo/ e coprimi sotto il tuo manto.
A Campi Salentina,
in occasione della festa di S. Pompilio, si benediva il pone che veniva
distribuito ai fedeli, i quali durante l'imperversare di paurosi temporali
buttavano dei pezzettini di pane benedetto in mezzo alla strada perchè
le colture e le persone non subissero danni dal maltempo. E se la
bufera non cessava ripetevano ancora, come all'approssimarsi di un
grande pericolo: "Gesù, Giuseppe e Maria, ti dono il cuore
e l'anima mia". I morti sono invocati in rari giuramenti come
a testimonianza; solo dai Santi si richiede la grazia di guidarci
dall'alto: il nome di Dio mai si prende invano.
Per i salentini è religione vera il culto dei morti, perchè
i morti, per somma bontà di Dio, possono riplasmarsi dentro
gli avelli. E' fede certa che le anime dei morti, purgatesi dei loro
"peccati capitali", devono tornare sulla terra per vigilare
il bene dei propri nati, magari plasmandosi nella carne dei nascenti,
perchè Dio vuole che il mondo migliori ed abbia fede più
devota ed affetti più sacri nel fluire della vita.
Trasmigrazione di anime? Fluidità psichiche? O forse metempsicosi
pitagoriche che affiorano dalle tombe vivificate dal pianto umano
a fare più buoni "gli esuli figli di Eva in hac lacrimarum
valle?".
A proposito di ciò, da quanto é dato sapere, i Messapi
furono un popolo particolarmente dedito al culto dei morti. Essi credevano
nell'al di là e tra l'altro usavano incidere il nome del defunto
"nel" sarcofago e non "sulla" tomba a suo perenne
ricordo per i posteri. Siamo, perciò, portati a credere che
questo antico popolo conoscesse la teoria o la credenza della "metempsicosi"
ossia la trasmigrazione delle anime e la reincarnazione in un altro
corpo. Per cui, poichè credevano che in quel corpo si sarebbe
reincarnata un'altra anima, non potevano dire alle genti che sarebbero
venute che quel sarcofago racchiude,va il corpo di un uomo, ma che
in quel sarcofago era stato racchiuso momentaneamente un corpo senza
vita in attesa che una nuova anima si reincarnasse in esso.
A Muro Leccese c'è una credenza secondo la quale le anime dei
bambini morti senza essere stati battezzati, trasmigravano in altri
esseri umani, facendoli diventare "monicéddhi" cioé
folletti.
La fede, non corrosa dal tarlo dello scetticismo, plasma nel cuore
della nostra popolana, per ciascuno dei suoi figli, un angelo custode
"sui generis" che ha tutta l'esperienza del passato, ma
che si rinsanguina con la linfa del presente, sotto l'occhio vigile
di Dio. E' l'angelo custode che salva il bimbo irrequieto e vivace
dalle gravi conseguenze delle continue cadute; è l'angelo custode
che allontana la mano del bimbo dai furti casalinghi; è l'angelo
vigile, sempre pronto a pronunciare la parola fatale più del
cenno di Giove Olimpico: "Amen!". Di notte l'angelo custode
siede al capezzale del bimbo che dorme, e lo guida per mano dentro
i giardini del sogno; ma, quando il bimbo è cattivo, l'angelo
nasconde il suo viso sotto l'ala spiegata, e piange di dolore. L'angelo
accompagna il bimbo dalla nascita alla morte: lo precede invisibile
quando lo si porta in chiesa per il battesimo; l'accompagna tentennante
sulla piccola bara bianca quando il bimbo viene portato alla sua ultima
dimora, al lancio di petali di fiori e di confetti. Per la madre dolorante
vi è .il saluto dei parenti e delle comari del vicinato mentre
deve trattenere le lacrime e forzare le labbra al sorriso quando le
si pronunzia la formula tradizionale: "Mi rallegro con te perchè
hai avuto il tuo piccolo-grande Eletto alla mensa del Signore".
La nostra popolana, la sera, fa inginocchiare sul suo lettuccio il
figlioletto e guidandogli la mano per il segno della croce gli fa
recitare insieme con lei l'Ave Maria per i genitori, poi il "Requiem"
per i morti e lo fa pregare ,così: "Sul mio letto l'angelo
perfetto; ,al capezzale l'angelo benedetto; sul camino l'angelo Gabriele;
sulla porta l'angelo del conforto". Nei paesi della Grecìa
salentina i bimbi pregano ,così: "Petto sto crovottaci-mu
na ploso / épesa me tin Vergine Maria / E Vergine Maria piste
apù 'ttu / ce éfiche o Cristò ghià cumpagnia"
(Mi corico nel lettuccio per dormire / mi sono coricato con la Vergine
Maria / la Vergine Maria è andata via / e mi ha lasciato Gesù
per compagnia).
Poi bacia il piccolo e gli dice di dormire tranquillo, Poiché
l'Angelo Custode édisceso dal cielo e lo veglia da un cantuccio
della cameretta, pronto a segnare nelle pagine d'oro del libro tutti
gli atti di bontà, e, in quelle nere i peccati del bimbo capriccioso;
e gli dice ancora che l'Angelo Custode, se sarà buono, gli
siederà accanto al lettuccio per vegliarlo tutta la notte,
si disperderà solo al mattino, nel pulviscolo d'oro dei primi
raggi del sole. Proprio come il Bambino Gesù quando comparve
a Santa Rosa da Lima per dirle: "Rosa, preparati agli eterni
sponsali con me!"
Se un demone tentatore, visto ancora sotto le spoglie del serpente,
turberà il sonno del piccolo bisognerà pregare così:
"Su cazzìzo tin ciofàli / o mincì o puru
mali / fidi mavro, scosinò/ fio, fìone apù ttu
'mbrò/"
(Ti pesterò il capo / o piccolo o grande che sia / serpe nero
tenebroso fuggi, fuggi di quì).
Nelle ninne nanne, invece, a custodire il bimbo insieme all'Angelo
Custode éSan Nicola da Bari. Rivivono, forse, nella memoria
del popolo salentino le preghiere innalzate al Vescovo di Mira dalla
madre dolorante per i suoi tre figlioletti, sacrificati dal padre,
e richiamati in vita dal taumaturgo Patrono di Bari, nella stessa
tinozza del sacrificio?
La popolana canta al ritmico dondolìo della suo sedia: "O
San Nicola mio, che vai facendo? Io vado addormentando i figli belli
.... ", e poi con la petulanza della cantilena più volte
ripetuta "San Nicola, no, non vuoi panelle, ma chiede orazioni
e figli belli". Motivo che alluderà alla grande religiosità
dimostrata dal Santo sin dagli anni della sua infanzia perché
"San Nicola andava per mare nella barchetta tutto d'oro, e quando
era bimbo non chiedeva pane ma solo orazioni e canti".
E non basta, perché la nostra popolana, per ogni suo otto di
vita quotidiana sembra attingere il versetto o la cantilena della
fonte inesauribile dei suoi padri.
L'ingenua fede atavica, infatti, fa credere che Dio possa adorarsi
soltanto con le giaculatorie tradizionali, o quando in chiesa lo si
ridesta in petto col far rintronare il cavo delle costole sotto i
propri pugni, battuti ad occhi chiusi quando suona il campanello della
elevazione.
|