L'ESERCITO DEI SENZA-TUTTO




Franco Compasso



Dopo "Chesta è la terra mia" e "Il fiore dei poveri" Giuseppe Liuccio ci ripropone la sua schietta e virile poesia meridionale con questa nuova silloge intitolata polemicamente "Sud senza e con" pubblicata dalla Cooperativa Editrice "Il ventaglio" di Roma, arricchita da una tagliente e penetrante presentazione di Gabriella Sobrino. Come i versi delle precedenti raccolte, anche "il Sud senza e con" si propone come severa denuncia dei mali antichi e nuovi del Mezzogiorno in crisi. E Giuseppe Liuccio sente fortemente su di sè il dramma dei fratelli meridionali costretti ancora ad emigrare, l'aspra tensione sociale dei giovani senza-lavoro, degli operai senza-fabbrica, dei contadini senza-terra. La dura condizione umana nel Sud muove Peppino Liuccio a cantare questa nuova epopea: la povera epopea di un esercito dei senza che invade la città opulenta

con la voglia di lotta
con stracci di speranza
raccolti nei comizi.
Dopo anni di lotte e di speranze, di illusioni e di inganni
l'esercito dei senza è frantumato
e si ritrova con un con in più:
con sterile impotenza
sconta il tradimento alla speranza.

I versi di Liuccio sono staffilate contro il sistema di potere che ruba ai meridionali anche la speranza di sognare, mentre si abbattono sul Sud le antiche sciagure, le "maledizioni" di un passato che ritorno sovente con i lutti e i dolori di terremoti e frane. Di fronte alla ineluttabilità del destino, Liuccio non eleva il canto della rassegnazione e dell'impotenza; anche nei versi di "Frana il Paese" alla vibrante testimonianza di una difficile condizione sociale ("L'annata sconta fame al focolare" mentre "la vite affloscia stanca i suoi palmenti") subentra la dura, vigorosa denuncia dei vecchi "ordini" e di uno statico equilibrio di potere che bisogna spezzare:

Il parroco ti placa con la messa.
Il Deputato ingrassa sugli appalti.
Alla Diccì rinnovi il tuo consenso.

La poesia di Liuccio, così attenta ai contenuti della protesta sociale e ai fermenti della passione civile, si apre alla nuove disperazioni del Sud, alle tragedie che colpiscono le famiglie meridionali per la morte dei loro figli, ieri nelle miniere oggi sull'asfalto delle città, inermi vittime delle barbarie che offende la coscienza democratica del Paese. L'aberrante sfida del terrorismo falcia nel cuore dei vent'anni i figli del Sud "servitori dello Stato" e Liuccio esprime di fronte a questa nuova e sconvolgente tragedia meridionale la rabbia civile che non può placarsi con parole solenni:

La morte è cosa seria qui nel Sud.
Suonano offesa le bugie solenni.

"Pretendiamo rispetto nel dolore" urla a squarciagola Liuccio ricordando il sacrificio delle vite umane di tanti giovani del Sud: ieri per alimentare il miracolo economico, oggi per "servire lo Stato" in una nuova drammatica condizione che spinge i giovani a Sud del Garigliano ad arruolarsi. L'arruolamento nei Carabinieri o nella Polizia, come il posto in fabbrica, è una liberazione dall'antica miseria. Perciò nel Sud, ancora oggi, è festa grande in famiglia quando il giovane viene arruolato: "nella povera casa di campagna / fu festa per la fuga alla miseria". E quando i giovani ritornano nelle fredde bare ai loro paesi d'origine, laggiù nel profondo Sud

Non servono bandiere, nè corone,
nemmeno passerelle di Ministri ai nostri funerali.

Il tema del Mezzogiorno che si slarga all'Europa civile e della ragione, quasi ad esorcizzare il pericolo o la suggestione di uno scivolamento delle regioni meridionali nel terzo mondo, è sempre vivo e sentito da Liuccio. Anche in questo "Sud senza e con" il richiamo ai valori e alla cultura europea è forte e risuona con accenti sinceri e con la cosciente consapevolezza che senza un solido legame con l'Europa il Sud è destinato a trascinarsi nel "malessere" di una condizione civile ai margini della società umana. Ma l'Europa che il meridionale e meridionalista Liuccio vuole costruire non è quella "a due velocità", degli squilibri ancora non vinti: è l'Europa - circolo, l'Europa - uomo, l'Europa cultura Nord-Sud-Sud-Nord. Ai treni del sole e alla valigia di cartone, cioè all'Europa dell'emigrazione e dello sfruttamento, Liuccio contrappone l'Europa della cultura moderna, della ragione civile. Per questo obiettivo, con altri uomini di cultura e poeti d'Oltralpe, Liuccio ha promosso e realizzato la nuova rivista interamente dedicata alla poesia europea, che ha visto da pochi mesi la luce, edita dal Ventaglio. Come giustamente ha osservato Gabriella Sobrino "l'Europa di Liuccio è inquieta al pari del suo Sud": l'inquietudine nasce nella coscienza di uomini liberi come Liuccio, che non si rassegnano a sopravvivere a se stessi, che vogliono migliorare la condizione umana, rinnovando profondamente la società e le istituzioni, per restituire all'uomo rappacificato con se stesso e con i suoi fratelli la dignità civile e la responsabilità morale di costruire con le sue forze e capacità un destino migliore. Per questo la poesia di Liuccio parla al cuore e alla ragione umana e ci dà forza per continuare nella incessante battaglia per un Mezzogiorno diverso e più giusto.


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