GLI EQUILIBRI MONETARI




Carlo Azeglio Ciampi



L'economia italiana è sospesa, tra la ripresa del moto positivamente avviatosi nel 1984 e un regresso che avrebbe gravi ripercussioni. Per l'85 le statistiche, ancorché provvisorie, confermano il deterioramento della situazione congiunturale. Esso era già emerso nello scorcio dell'84, in seguito all'allentamento della manovra sul bilancio e sui redditi. Si è poi aggiunta l'incertezza connessa con importanti scadenze politiche. Questa incertezza è ora superato. Persistono, tuttavia, forze che, attraverso i costi, impediscono il rallentamento dell'inflazione; il disavanzo pubblico sospinge la spesa per consumi verso livelli che minano l'equilibrio esterno e rischiano di reintrodurre elementi di inflazione da domanda, che la politica monetaria e del cambio ha negli ultimi anni frenato. L'inflazione è ferma da novembre su valori eccedenti di quasi due punti percentuali il traguardo fissato per l'85. l'espansione economica prosegue a ritmi moderati, ma in media superiori a quelli dei nostri principali partners commerciali. Anche per questo, ad essa si è associato un aggravamento del disavanzo negli scambi di merci con l'estero. La differenza trae origine in gran parte dalla crescita del disavanzo energetico, dovuta soprattutto all'apprezzamento del dollaro, e in misura anche maggiore dalla riduzione dell'avanzo delle altre merci. Rilevante è il peggioramento delle voci legate alla domanda di beni di consumo, quali gli alimentari e i mezzi di trasporto. La stasi della produzione nella Germania Federale e in Francia nei primi mesi dell'anno ha indicato che la crescita economica dell'Europa nell'intero '85 potrebbe anche non toccare il pur modesto tasso del 2% circa previsto. Ancora più lenta è in quei paesi, e nell'Europa in genere, l'evoluzione della domanda interna. In un'economia europea stagnante, i dati del commercio estero dell'Italia segnalano non solo la persistenza del differenziale di sviluppo della domanda interna, che già nel 1984 aveva influito negativamente sulla nostra posizione sull'estero, ma il suo accentuarsi in quantità e qualità. Fin dal primo trimestre la componente costituita dai consumi, privati e pubblici, e dalle scorte ha visto la sua crescita accelerare e superare quella degli investimenti fissi, che si è attenuata. L'espansione delle esportazioni ha subito un arresto. Si può e si deve auspicare l'attuazione di politiche espansive nei paesi con cui l'Italia è più integrata, ma non si può, in attesa delle decisioni altrui, astenersi dal provvedere al nostro interno. Date le tendenze nella composizione della domanda, è indispensabile che al suo controllo concorra una manovra che arresti l'espansione del disavanzo pubblico. Già nel primo semestre dell'85 il fabbisogno del settore statale aveva superato di un terzo quello dello stesso periodo del 1984. Il rispetto dell'obiettivo annuo richiedeva che il ritmo mensile di formazione del fabbisogno scendesse dagli 8.800 miliardi del periodo gennaio-giugno a 7.900 miliardi. Una pronta manovra sulla domanda globale attraverso il bilancio è irrinunciabile, per stabilizzare il ciclo senza infliggere all'economia oneri che possono essere evitati. D'altra parte essa è essenziale anche come base di partenza del risanamento delle finanze pubbliche che, per riuscire, richiede non solo misure strutturali, ma anche un'economia in sviluppo. L'obiettivo, in un orizzonte pluriennale, di azzerare il disavanzo, al netto degli interessi, costituisce il presupposto del l'accumulazione di capitale che occorre per rafforzare il potenziale produttivo e la capacità competitiva dell'intera economia, e per riaprire spazi all'occupazione. Nell'immediato, il mero annuncio di misure incisive di contenimento del disavanzo avrà effetti di stabilizzazione rilevanti, volgendo decisamente in positivo aspettative che mostrano spontanei segni di miglioramento. Riguardo alle attese d'inflazione, in particolare, la debolezza della congiuntura internazionale, se grava sulla nostra bilancia commerciale, assicura stabilità dei prezzi in dollari dei prodotti primari e delle fonti d'energia. Prime elaborazioni suggeriscono che la crescita della produttività del lavoro nell'industria, eccezionalmente elevata nel 1984, è proseguita, anche se a ritmi decrescenti, e che l'ascesa del costo del lavoro per unità di prodotto non si è accentuata in misura tale da giustificare l'accelerazione dei prezzi all'ingrosso dei manufatti, che tende ad ampliare il differenziale dell'inflazione con i paesi concorrenti. Il generale convincimento di porre su basi razionali il sistema di indicizzazione delle retribuzioni va tradotto in azione, rimuovendo gli aspetti dell'attuale meccanismo che l'esperienza ha dimostrato dannosi: l'eccessivo grado di copertura, l'elevato frequenza degli scatti, l'appiattimento derivante dal punto unico, la sensibilità delle retribuzioni agli impulsi inflazionistici importati e soprattutto alla politica tariffaria e fiscale. Le stesse modifiche nella struttura delle retribuzioni presuppongono sufficienti spazi negoziali: un meccanismo di indicizzazione, moderato nel grado di copertura e proporzionale al reddito, consentirebbe di crearli, riconducendo i differenziali retributivi all'esplicita determinazione contrattuale delle parti, anziché lasciarli all'operare cieco dell'inflazione. Sulla politica monetaria grava, comunque, il compito di mantenere o di ricondurre gli aggregati creditizi e la liquidità dell'economia sui valori fissati per l'anno. Qualora dovesse mancare l'apporto della manovra di bilancio e della politica dei redditi, un'azione di contenimento della domanda interamente affidata allo strumento creditizio implicherebbe più elevati costi per gli investimenti e per l'occupazione. L'orientamento pragmatico, che 6 tradizionale al governo della moneta nel nostro paese, non poteva negli ultimi anni ignorare l'esigenza di fornire agli operatori punti fermi sui quali basare aspettative e comportamenti. In questo senso, nell'azione monetaria si è posta in maggior misura l'enfasi su alcune variabili, tra cui i finanziamenti al settore non statale e la quantità di moneta. Rilevanti motivi d'incertezza, che hanno sospinto la domanda di moneta, sono ora venuti meno. Gli strumenti del controllo monetario verranno indirizzati con fermezza al perseguimento degli obiettivi annui. Il margine per il finanziamento automatico in base monetaria del disavanzo da parte del Tesoro è molto ridotto. L'auspicata manovra sul fabbisogno pubblico darebbe un contributo decisivo al riassorbimento degli stessi squilibri monetari, oltre che al contenimento della domanda interna in componenti diverse dagli investimenti. Le banche possono e debbono, da parte loro, concorrere al raggiungimento degli obiettivi monetari. La diminuzione del tasso sugli impieghi di circa un punto dall'inizio dell'anno e la minore convenienza del l'investimento in titoli di Stato impongono cautela nell'acquisizione di depositi. La decisione presa recentemente da un gruppo di grandi aziende di ridurre ulteriormente di mezzo punto il tasso sulla raccolta va nella giusta direzione e contribuirà anche a salvaguardare i conti economici. Comportamenti coerenti con l'equilibrio monetario si impongono anche per quanto riguarda l'indebitamento netto sull'estero delle aziende di credito. Il blocco fu deciso nel luglio 1984, soprattutto per limitare la crescita degli impieghi bancari in valuta, pur nella consapevolezza degli snodi che esistono tra la posizione netta sull'estero e i prestiti in valuta delle banche. Queste possono aumentare i secondi, pur mantenendo inalterata la prima, ad esempio espandendo la raccolta in valuta sull'interno o riducendo l'indebitamento estero in lire. A ciò si aggiunga che tra i movimenti di capitali bancari e altri movimenti di capitali vi è la sostituibilità, anche se imperfetta. Degli spazi di manovra disponibili è stato fatto un uso che ha consentito l'aumento dei finanziamenti in valuta e ha limitato l'efficacia generale del provvedimento di blocco. Da parte loro, le istituzioni creditizie hanno il compito di accompagnare e favorire l'integrazione della nostra economia in quella mondiale. A tal fine, devono tenere il passo delle concorrenti nei mercati internazionali. E' con particolare riluttanza che le autorità monetarie e valutarie si determinano a mantenere alcuni vincoli all'esplicarsi delle relazioni bancarie con non residenti, pur in un orientamento di fondo, già tradottosi in atti concreti ai quali altri seguiranno, volti alla liberalizzazione dei rapporti economici con l'estero. Fra tali vincoli, nelle condizioni dell'economia che abbiamo descritto, quello della posizione netto si ricollega tuttora a un'azione di contenimento monetario, nel quadro generale di una politica economica che confidiamo si evolva verso una diversa combinazione di strumenti monetari e di bilancio pubblico. Le banche e le filiali di aziende di credito estere operanti in Italia sono quindi chiamate ad assicurare la piena efficacia del provvedimento, finché esso sarà in vigore.

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