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GALATEANA I
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UN IMPROVVIDO RITORNO AL MAI ESISTITO "DE BELLO HYDRUNTINO" di A. GALATEO |
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Donato
Moro
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Nella
nota 9 del suo Nuovi frammenti galateani, apparsi sul periodico "Nuovi
Orientamenti" (1), Alessandro Laporta, a proposito d'un mio saggio
che citerò fra breve, mi muove un rilievo, quello di non aver
io consultato la Vita di Giacopo Sannazaro, scritto da Giovan Battista
Crispo, da Gallipoli, onde sincerarmi veramente se il Sannazaro fu sotto
Otranto, al sèguito di Alfonso, nel 1481, e di non aver, quindi,
potuto rilevare, ove avessi tenuto presente quella Vita, come ivi sia
asserito inequivocabilmente che l'umanista salentino Antonio Galateo
scrisse i "commentari della guerra di Otranto" (2).
Riemerge casi Vantico diavoletto ad insinuare che, forse forse, per davvero, il Galateo redasse un De Bello Hydruntino, antica credenza del Laporta (3), evidentemente da lui mai del tutto abbandonata, né dopo la mia dimostrazione della infondatezza di tale tradizione (4) né dopo l'analisi condotta da G. Vallone sul frammento latino da lui edito come passo del De Bello, analisi che ha portato giustamente il Vallone a sfatare la paternità galateana di quel frammento (5). Chi legge le pagine da me dedicate al Sannazaro nel mio La vicenda otrantino del 1480-81 nella società italiana del tempo - Aspetti letterari e civili - (6) può accertarsi se risponda al vero quanto io qui sto per dire. Non ho mai negato in quelle pagine che il Sannazaro posso essere stato al sèguito dei Duca di Calabria durante l'assedio di Otranto tenuta dai Turchi. In una lunga nota, anzi, ho ritenuto ciò assai probabile, rifacendomi, tra l'altro, a quanto asserito dal Marziano nei suoi Successi e confutando le tesi del Percopo sostenitore del contrario (7). Non ho detto di più per quel senso della misura che deve sempre guidare coloro che, oltre a seguire le regole della buona filologia e della buona critica, devono badare all'essenziale e alla chiarezza espositiva. Se in quella sede ho citato la Vita del Sannazaro scritta da Giovanni Antonio Volpi e non ho citato quella più, antica del Crispo, gli è che questa, per quel che volevo dire e per come lo volevo dire, non mi serviva affatto, anzi mi avrebbe costretto ad allungare il discorso con precisazioni critiche che avrebbero appesantito il tutto e forse ingenerato fastidio nel lettore. Lo farò adesso, dato che sono stato chiamato in causa, e sarò sobrio. In quella mia nota, il cui contenuto ho già esposto innanzi sinteticamente, dico tra l'altro: "Chi scrisse per primo che l'umanista e poeta, insieme col Pontano, era venuto al sèguito di Alfonso fu il Marziano" (8). Se il Laporta fosse stato attento a questa proposizione (ed anche a tutto il successivo argomentare che da questo dipende), usando un po' più di cautela, non mi avrebbe certo rimproverato di non aver tenuto presente la Vita del Crispo come fonte di prima mano per tale dato biografico del Sannazaro. La biografia redatta dal Crispo, infatti, nonostante che il Laporta pensi il contrario, per questo dato sannazariano e per l'altro dei "Commentari" galateani non è fonte di prima mano. La Vita del Crispo appare a stampa nel 1593 (9), vale a dire dieci anni dopo la prima edizione, del 1583, dei Successi del Marziano (10), il quale, asserendo di aver tradotto in volgare un'opera che il Galateo aveva scritto in latino (11), è l'inventore e il primo persuasore della favola di un De Bello Hydruntino galateano, opera mai scritta, ma a cui molti, fino ai nostri giorni, hanno creduto. Il biografo gallipolino, come trasse dai Successi la notizia che il Sannazaro aveva assistito, al sèguito di Alfonso d'Aragona, all'impresa militare per la liberazione di Otranto, nel 1481, così su quelli si fondò, cadendo nella trappola del Marziano, citandoli come "Commentari della guerra di Otranto", scritti dal Galateo (12). Contrariamente, infatti, a quel che ipotizza il Laporta (13), il Crispo, quando scrive: "Et narra in oltre il Galateo ne' commentari della guerra di Otranto ...(14), non fa altro che riferirsi alla fonte marzianea; solo che, in buona fede, salta a piè pari il traduttore, per rifarsi al ben più illustre autore del testo latino volgarizzato, ad Antonio Galateo, che per di più era stato grande amico del Sannazaro. Non conoscendo, poi, il titolo esatto della creduta opera in latino (il Marziano, infatti, su questo punto resta nel generico), si rifugia in "commentari", termine ricorrente fra gli scrittori del Quattro-Cinquecento (si pensi, a titolo di esempio, ai Commentarii rerum memorabilium di Pio II Piccolomini o ai Commentari delle cose de' Turchi di Paolo Giovio). Pochi anni dopo, nel primo decennio del '600 (15), nella stesso trappola del Marziano cadeva anche Bartolomeo Chioccarello (1575-1647 c.) (16), il quale, conosciuti i Successi, nel profilo biobibliografico del Galateo (che doveva confluire nel suo De illustribus Scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis ab orbe condito ad annum usque MDCXXXXVI floruerunt) inseriva l'inesistente opera sulla guerra d'Otranto: "De Bello Hydruntino, quod anno 1480 gestum est, nondum excusum, qui dein in Italicam linguam translatus est ab Abbate Ioanne Michaele Martiano, cive, et Canonico Hydruntino, et typis editus prodiit Cupertini anno 1583 ex officina loannis Bernardini Desae in 4° quem is Martianus Ferdinando Caracciolo Aerolae Duci, et Biccari Comiti nuncupavit". Quando, nel 1612, Pietro Antonio Rega ristampava i Successi marzianei (17), ribadendo nella dedicatoria a Marino Caracciolo che quella storia era stata scritto in latino dal Galateo e tradotta in volgare dall'abate di Otranto, ad avallare la propria asserzione anteponeva alla ristampa la scheda biobibliografica del Galateo redatta dal Chioccarello per il suo "libro degli Scrittori Illustri del Regno di Napoli", nella quale si legge appunto la citazione del De Bello Hydruntino, così come da noi sopra trascritta (18). Così ingannati, il Crispo e il Chioccarello divennero inconsapevoli collaboratori del Marziano nella sua impostura, confermando in molti dei posteri la credenza in un De Bello Hydruntino galateano, mai esistito.
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