DA "CIMITERI DI MEMORIE"




Lucio Romano



MIA MADRE FORMICA
Prevedendo le spese funerarie
non toccò mia madre formica
gli ultimi tempi la pensione
come un giovane il salario
per il giorno delle nozze.

gennaio '82


E' AUTUNNO, E' NOVEMBRE
Il rimorso mi dai, il rimorso
dei giorni che vivesti. La tua voce
lontana, il mio negarmi alla vita
come ora ritornano tristi
che è autunno, è novembre
e sulle imposte chiuse del passato
urlando batte un vento di ricordi.

Rovescio valanghe di memorie
come gli edili le macerie
giro il film dei tuoi giorni
sono il regista più pietoso.
La scena è una stanza grigia
e chiodi e lumi che pendono
come tanti impiccati.

5 novembre '82


LA MADRE DEL POETA
Ogni sera in piazza Ricordi
alle ore precise delle ombre
coi rimorsi compagni sul palco
ti comizio in silenzio sul tema:
"La madre del poeta fu sempre
fu sempre la più desolata". agosto '83


SU DISCARICHE DI RIFIUTI
Ora il privato comincia a pesare
devi pure aggrapparti a qualcosa

rovisti cimiteri di memorie
somigli a gabbiano che plana
su discariche di rifiuti
le ali bianche e stancomorto.

ottobre '83


LONTANAVANO PASSI RUMORI
I giorni tuoi defunti
gridarono nel latrato dei cani
la notte di quel cinque novembre,
lontanavano passi rumori
il vento martellava sugli usci,
erano tutti per strada
ululavano come prefiche
i gatti del vicinato

5 novembre '83


SULLE DITA DELLE MANI
agli 87 anni di mio padre

Alle spalle una vita mio padre
il resto sulle dite delle mani
natura non fecit saltus:
la morte può venire
da un minuto all'altro.

27 novembre '84


ACCADE
non è riflusso nel privato credetegli
ma rinuncia
se gli chiedete come avvenne vi risponde
accade
il cielo di giugno la sera una vampa di fuoco
s'apre un grande lenzuolo dipinto di teste
il tramonto resiste s'incendia di luci
i vecchi contano il tempo ancora alla pensione
non è beneficio che tarda ma inganno di misure
quando arrivano i giorni lunghi senza pioggia
varrebbe la pena non coltivare più nulla
e poi nel Salento le zolle sono cave di rocce
al pensiero braccianti si dànno a bestemmie

quanto sentivi di dire l'hai detto
col megafono hai chiamato l'appello alle pietre
geometria esatta ancora non risponde presente
la storia passa lenta ma cammina non sosta
scomparvero le caverne dei padri gridavi

poi ti vengono appresso gli istrioni
camminare si deve col Gorgia da Lentini
una stanca rinuncia ti prende decidi
meglio in fondo laggiù dietro le quinte

la tua storia s'è fermata
e quella degli altri
accade

dicembre '84


PRIMAULTIMANUCLEARE
Ieri tre guerre d'indipendenza
prima e seconda mondiale
più indietro pure una dei cent'anni

Primaultimanucleare
secondo diluvio universale
gli alberi cenere
le bolgie l'universo perduto
arso la Storia in meno d'un baleno
scomparsi
senza un Noé senza un'arca.

dicembre '84


PER ME E' UN BENE
Le notti quando mi destano rimorsi
e le lenzuola si fanno di pietra
e giunge un grido nero un urlo lungo
di silenzi d'occasioni smarrite,
l'eco improvvisa oracola indovina
grida vendetta. Allora m'accorgo
d'avere avuto sempre un sesto senso
l'accidia, ad altri assurdo, male,
vizio capitale. Per questo a me
tutto restava in potenza, e il danno
dell'atto tradito poi esatto scontavo
dovuto. La strada ora s'inerpica
rischio di giravolte non m'incanta:
una vita mediocre in disparte
non lascia esempi né tracce
è un'ombra senza corpo tra tante
che si contendono l'altura;
pure, non toccarne l'arrivo
per me è un bene.

gennaio '85


DEL POCO CHE MI RESTA
La sera come esatta bilancia misura
il giorno fuggito veloce consunto
per questo riflette s'adombra s'attrista
lamenta il tempo che perdette. Solo
l'accidia m'appaga. Eppure che m'annienta
rende me vivo stracolmo di croci
oppure morto, ucciso dal confronto,
perduto, o meglio né vivo né morto,
solo foglia che il vento fra poco
stacca via. La prassi mi stanca
somiglia a un mare nero tempestoso

tutto è sommerso e
tutto è da sommergere
del poco che mi resta.

febbraio '85


ANDARE PER LE STRADE
ai primi venti le suola delle scarpe ci gridano
si lamentano impegni in fila indiano sull'agenda
andare per le strade riandare stanca sempre di più
non sono incontri d'amore ma fatiche per il pane
poi d'improvviso a novembre la luce si spegne
ci mette in mano fiori per i morti l'illusione
per i vivi non sentiamo né un odi né un amo
sopra ci passano nubi ricomincia paura dell'ombre
è allora che avvertiamo la noia del fare
il grigioscuro dell'autunno in ogni stanza
le lenzuola distese in forma di sudario

marzo '85


IL POTERE Al POETI
Vai la pena ancora scrivere versi?
Guardandomi attorno la risposta è Si
ché i più si spera in altro ordinamento
ognuno al posto giusto, senza invasioni.
Il potere ai poeti: ne avete pensato?
L'ipotesi alletta, non è strana.
Un Vithnam un Majkoschi negli Usa nell'Urss
e la Storia continua, non c'è un ultimo tuono
non s'arde tutti in meno d'un baleno
per potenze al quadrato, esponenti negativi.

C'è un ritorno ai poeti
oggi, alla speranza:
io dico che è un buon segno.

aprile '85


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