Espressione tra
le più luminose della sapienza pitagorica, Archita di Taranto
può senz'altro essere ritenuto il fondatore della meccanica
scientifica. In questo campo di speculazione ebbe intuizioni che,
applicate, ancora suscitano l'interesse e l'ammirazione degli studiosi
per la loro modernità ed importanza. Dalla raganella alla colomba
volante, che lasciò stupiti i contemporanei...
Sul leccese "Corriere Meridionale" del 13 Maggio del 1897,
con un simpatico corsivo Giuseppe Angeli ci si diffondeva, mediante
una sommaria indagine storica, intorno al "tetè",
un giocattolo che - affermava l'Angelici - "forma il divertimento
dei nostri bambini, ed il dono dei contadini nostri alle loro fidanzate
assieme con le nocciuole di rito nelle feste principali del loro paese".
Il giocattolo, molto semplice in effetti, dati i materiali con i quali
era realizzato - venduto, per la gioia dei più piccini in particolare,
nelle fiere tradizionali di Lecce e si fa il caso della fiera di S.
Lazzaro e di quella de lu Panieri - aveva la "forma di un cilindro
di cartone chiuso ai lati da due dischi ed ornato di carta ritagliata
a vari colori, oppure dipinto a dischi colorati della grossezza di
una lenticchia. è infilzato ad una cannuccia rivestita di carta
a vari colori e questa cannuccia serve di manico per agitarlo e far
crepitare i ciottolini che vi sono dentro rinchiusi"(1).
La descrizione è impeccabile e non c'è chi non ricordi
- avendo intanto una certa età matura - e non si commuova,
pensando al giocattolo, confezionato con materiali poveri in sostanza,
di poco prezzo peraltro, con il quale, trascorrendo felice una mezza
giornata - un tal giocattolo andava molto presto in frantumi -, riusciva,
se non otteneva l'effetto contrario, a rendere lieta la strada e la
casa.
La fiera di S. Lazzaro è tuttora realizzata il sabato precedente
la Domenica delle Palme e "... Con le palme ecco le raganelle
di legno o di rame, trènule, che preludiano al silenzio delle
campane nella prossima settimana ... "(2).
La fiera de lu Panieri era così denominata "... perché
quando la piazza era di dominio episcopale, gli espositori deponevano
le primizie della frutta e gli esemplari di altre merci in un paniere
che veniva presentato al Vescovo in segno di omaggio(3)": il
retaggio di un costume feudale ormai del tutto scomparso!
La fiera de lu Panieri, sopraffatta dall'avanzata dell'attuale rivoluzione
culturale, che ha fatto giustizia di molte anacronistiche tradizioni,
si svolgeva, a Lecce, nella prima domenica di novembre, annuale della
Dedicazione della Chiesa Cattedrale, in uno dei luoghi magici della
città salentina, cioè nell'incantevole Piazza del Duomo.
Era nel corso di queste due fiere, in particolare, che si vendeva
il "tetè", all'individuazione della cui origine il
cordiale corsivista del "Corriere Meridionale" tenta di
portare un contributo.
Scrive, allora, l'Angelici che il popolare giocattolo "... ha
una origine antica, assai antica; rimonta a circa 400 anni prima dell'era
volgare. l'inventore fu un uomo dotto, assai dotto nostro comprovinciale:
Archita ... ".
Infatti - continua l'Angelici - "... proprio per distrarre i
figli dai giuochi pericolosi ai quali si esponevano, il grande Archita,
l'autore di molte scoverte scientifiche ed artistiche costruì
la

così chiamata
dai greci; crepitaculum dai latini; statua sonora o sonaglio da noi;
tetè nel nostro dialetto ... ". Il termine dialettale,
com'è evidente, ha un valore fonosimbolico che serve a richiamare
il crepitio del giocattolo.
Espressione tra le più luminose della sapienza pitagorica,
Archita di Taranto(4) può senz'altro essere ritenuto il fondatore
della meccanica scientifica.
Nella solare Magna Grecia, terra di miti maestosi, sede della cultura
e della saggezza, ma anche di una composta felicità, Archita
si pose come un punto di riferimento ineludibile. Quando scomparve,
infatti, naufrago sulle coste dell'Adriatico - fa menzione di quest'accidente
Orazio -, venendo meno alla scena politica di Taranto, che a lungo
aveva tenuto da protagonista, cominciò anche il declino della
fiorente democrazia tarantina.
Della quale cittadino, libero e di famiglia libera, sarà subito
dopo l'epigrammista Leonida(5). Costui morità, esulcerato per
il dolore, in terra d'esilio.
Archita era stato a sua volta discepolo di un altro grande spirito
della Magna Grecia, Filolao(6). Ovviamente, l'attenzione degli studiosi
di Archita è soprattutto attratta dalla colomba volante, che
è meccanismo, prodigioso per quei tempi, per il quale Archita
impiegò ampie risorse di conoscenza meccanica. Intorno alla
colomba volante di Archita, a proposito della quale una buona tradizione
è affidata ad un passo di Aulo Gellio, tanto s'è scritto,
fino ai nostri giorni, data l'originalità dell'intuizione architiana.
Che, non c'è dubbio, grande scalpore e stupore, di conseguenza,
dovette suscitare per l'originalità sua. Un leggiadro riferimento
a questo moto popolare appare più che probabile nel raffinato
motivo della colomba, cavalcata da un amorino che suona la lira, ricorrente
in molti pendagli che formano la stupenda collezione degli ori di
Taranto di età ellenistica.
Filosofo e uomo di scienza, amico di Platone - cui si dice abbia salvato
la vita -, seguace della dottrina pitagorica, uomo politico eminente,
Archita coltiva una politica democratica e illuminata, interessata
ad un'equa distribuzione della ricchezza ed alla sicurezza della città
dagli attacchi provenienti dall'esterno. Con questi obbiettivi stabilisce
tenaci legami con le popolazioni indigene. Tali legami avranno, in
un secondo momento, altri sviluppi e, magari, si consolideranno. è,
quello di Archita a Taranto, un momento storico d'intensa attività
per gli artigiani e per gli artisti. Sorgono officine per la lavorazione
della ceramica, dalle quali, per opera di personale altamente specializzato,
sono prodotti vasi dipinti per una larghissima clientela. Che non
solo ha sede in quella splendida città della Magna Grecia,
ma risiede anche nei principali centri indigeni della Puglia, in alcune
città del Tirreno e poi a Creta, a Cirene e ad Alessandria.
Estremamente sviluppata è, in tanto fervore produttivo, l'oreficeria,
attività artistica più che artigianale, che esprime
il meglio del raffinato gusto della cultura della Magna Grecia. Lo
stesso Archita, d'altro canto, mette a disposizione di grandi e di
piccini un ingegno meccanico del quale non s'è ancora visto,
in quell'area di interessi intellettuali, l'eguale. Ingegnosa è,
infatti, la sua pazienza nel costruire giocattoli con i quali far
divertire i bambini.
E non va trascurato un dato: anche in tale, futile all'apparenza,
attività, Archita metteva a frutto un canone di estrema importanza
nell'insegnamento pitagorico, cioè la dedizione amorevole nei
riguardi dell'infanzia, alla cui educazione il sapiente deve dedicarsi
con il massimo impegno, in quanto l'infanzia comprende la società
che domani dovrà stare alla ribalta della vita pubblica.
Conveniva, infatti, Aristotele: ".. Anche i fanciulli devono
avere qualche passatempo; e un'utile invenzione deve ritenersi la
raganella di Archita, che si dà ai bambini perchè giocando
con essa non rompano gli oggetti di casa; gli esseri giovani non possono
star fermi".
A proposito di Archita, poi, Suda conferma "... E' noto che fu
maestro di Empedocle. Il detto: "raganella di Archita" ha
origine dal fatto che Archita inventò la raganella, una specie
di ordigno che produceva suono e rumore".

non significava,
come si pensò, nacchere, comè, d'altronde, nel greco
moderno, per adoperare le quali c'è bisogno d'una certa abilità
che un bambino non può assolutamente avere. E mentre per i
più grandi la

è la

cioè l'apprendimento
della musica e di un'arte manuale,

per i piccoli
è la raganella. Il cui impiego, in epoca cristiana, può
essere rinvenuto nel corso dei riti della Settimana Santa o in altre
occasioni.
Infatti, il Bernardini Marzolla(7) ed il Rohlfs(8), registrando la
salentina tròzzula o la leccese trènula, non esitano
ad aggiungere, in conformità con quasi tutti i vocabolari della
lingua italiana alla voce raganella, che serviva, e serve tuttora
dove ancora s'adopera, per la Settimana Santa o per la Pasqua.
Il Battaglia(9), registrando la Bòttola, afferma che si tratta
di un "Arnese di legno, a guisa di tavoletta o tabella (e così
è anche chiamata), fornita di maniglia mobile di ferro: agitata
in chiesa durante la Settimana Santa al posto della campana (che èlegata
e non può suonare)". In tal senso adopera il termine uno
scrittore italiano da poco defunto, Riccardo Bacchelli(10).
Una funzione di richiamo, dunque, detta in latino semanterium, dal
greco

vale a dire il
"signum qua Graeci fideles ad ecclesiam convocant, loco campanarum"(11),
donde, infine, per indicare l'oggetto che produceva il suono, simandra,
cioè un'asse "sive ligneum sive metallicum, qui pulsari
solet ad fratres convocandos"(12). Nel greco moderno, ma come
termine popolare o inelegante

è la tabella
o bâttola.
Ma la bàttola, o la tabella, è altra cosa rispetto alla
trozzula che a quanto pare dalle precise descrizioni, è l'oggetto
escogitato da Archita per tenere tranquilli i bambini.
La raganella è andata avanti, senza subire flessioni nell'interesse
dei bambini, nei secoli. Presso i romani era il crepitaculum. Una
iscrizione dedicatoria di Roma dice: "Filoclete ti consacra,
o Ermete, la sua palla saltellante, la sua rumorosa raganella di legno,
gli aliossi che gli erano tanto cari, la sua trottola veloce, giocattoli
della sua età". Tutto ciò perché a Roma
c'era il costume, finita l'infanzia, all'inizio della maggiore età,
di offrire, da parte dei giovanetti, i giocattoli a Bocca o ad altre
divinità.
Il D'Allemagne, nella sua Histoire des jouets, riporta il disegno
di una raganella del XIV secolo.
Ed ancora, per insistere in un richiamo architiano, è noto
che ancora oggi in Grecia, nel giorno di S. Basilio, come segna il
ritorno della primavera, i bambini hanno l'abitudine di portare in
giro rondinelle di legno semoventi.
L'Olivieri(13), infaticabile studioso di Archita, afferma che la

doveva essere
un "meccanismo consistente in una ruota dentata su cui salta
una molla attaccata ad un pezzo di legno qualunque. Produceva suono
e rumore". Ma, in sostanza, tutte le descrizioni del giocattolo,
dalle più antiche alle più recenti, s'identificano.
D'altronde, il concetto di "raganella d'Archita" ha assunto
addirittura un valore proverbiale per indicare una persona terribilmente,
e insopportabilmente, loquace, che non fa altro che produrre strepito,
senza purtroppo mai mai fermarsi.
Il Wuilleumin, anch'egli assiduo studioso di Archita, a proposito
di questo glorioso giocattolo parla di "una sorte di crécelle,
qui produisait du bruit ... " (14). Appassionato e fecondo studioso
di Archita nel Salento fu lo Stano il quale così s'esprime
a proposito della raganella: ".... Si ritiene anche inventore
della puleggia, della vite a spirale e della raganella, il piccolo
strumento di legno formato da una girella dentata che, ancor oggi,
i nostri bambini adoperano durante le cerimonie religiose della Settimana
Santa"(15). Ma con questo non si vuoi dire che è lecito
confondere la raganella con la simandra, il cui uso, diffuso in particolare
presso la Chiesa greca, era lasciato ai monaci. o, durante la settimana
santa, a laici incaricati dai monaci o dai preti.
La descrizione di fondo della raganella, d'altronde, corrisponde a
quella della tròzzele riportata dal La Sorsa, cioè "un
balocco dal suono stridulo e monotono, prodotto da un'asticella di
canna, nella quale s'innesta una rotella dentata, cui èinfisso
un manubrio di legno. La roteano specialmente durante i giorni della
Settimana Santa"(16).
Tutto ciò vuoi dire che il "tetè" citato dall'Angelici
è altra cosa rispetto alla raganella o tròzzula e le
descrizioni dei due giocattoli confermano questa ipotesi. Resta il
caso del rumore che entrambi i giocattoli producono. Ed ancora, a
questo punto, èpossibile istituire una differenza, dato che
il rumore - dir suono è forse un po' troppo -della raganella
è continuo e, alla fine, irritante, mentre quello, un po' diverso,
del "tetè" descritto dall'Angelici, è saltellante,
anche se non meno irritante.
In effetti, Archita inventò la raganella, non il "tetè"!
Ma l'Angelici, in ordine a giocattoli, per così dire sonori,
ha molti altri riferimenti.
Egli parla, anche, di "quei simulacri di frutta in terra cotta
che si conservano al nostro museo Castromediano che, cavi nell'interno,
contengono dei ciottoli, che agitati crepitano (perciò chiamati
Platagea o Crepitaculum)" e di "quei bambini fasciati di
carta pesta vuoti, entro cui crepitano i ciottoli, e che si fabbricano
nella nostra Lecce, culla dei lavori in carta pesta ... ".
Ma tutto ciò ormai, tranne l'intramontabile tròzzula,
appartiene quasi del tutto al passato, ad un passato di piccole e
innocenti cose con le quali i bambini di quel tempo erano forse più
felici che non quelli di oggi.
NOTE
1) Cfr. A. ANGELICI, Il tetè, in "Corriere Meridionale",
Lecce, 13 Maggio 1897, p. I
2) Cfr. V. NUZZONE, Lecce minore, in "Nuovo Annuario di Terra
d'Otranto", vol. 2°, p. 15. Galatina, Pajano Editore, 1957
3) id., p. 16. Questa fiera era anche detta spasa de Monsignore.
4) Per Archita e per tutta la tradizione critica che a lui si riferisce,
cfr. Pitagorici. Testimonianze e frammenti. Fascicolo secondo: Ippocrate
di Chio, Filolao, Archita e pitagorici minori a cura di Maria Timpanaro
Cardini. Firenze, Editrice "La Nuova Italia", rist. 1969,
pp. 262-385.
5) Cfr. S. QUASIMODO, Leonida di Taranto. Con un saggio su Quasimodo
di Carlo Bo. Presentazione di Antonio Rizzo. Manduria, Piero Lacaita
editore, 1969
6) Per Filolao cfr. Pitagorici cit.
7) A. BERNARDINI MARZOLLA, Saggio di un vocabolario domestico del
dialetto leccese. Lecce, Tipografia Editrice Salentina, 1889, p. 67.
8) G. ROHLFS, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d'Otranto),
Ristampa fotomeccanica volume secondo N.Z. - Galatina, Congedo Editore,
MCN LXXVI.
9) S. BATTAGLIA, Grande Dizionario della lingua italiana, vol. lI,
p. 123. Torino, UTET, 1962.
10) R. BACCHELLI, L'Italia per terra e per mare. Milano, 1953.
11) C. DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis. Tomus VII,
rist. anastatica Forni editore, Bologna, 1972, p. 405.
12) Cfr. Typikon Kasulanum f. 6 v. e trad. 2 v. in Biblioteca Provinciale
di Lecce, Sez. Mss. ns n° 201
13) A. OLIVIERI, Su Archita tarantino. Memoria letta all'Accademia
Pontaniana ("Atti" vol. XLIV) nella tornata del 14 giugno
1914. Napoli, Stabilimento Tipografico Francesco Giannini, 1914
14 ) P. WUILLEUMIN, Tarente des origines à la conquête
romaine. Paris, E. De Boccard, 1939.
15) G. STANO, Archita. R. Liceo Ginnasio "Archita" Taranto.
Quaderno N° 15. Taranto, Officine Grafiche A. Cressati, 1939-XVII
16) S. LA SORSA, Come giuocano i fanciulli d'Italia. Napoli, Rispoli,
1937, p. 412.