Salvatore Toma,
poeta dei liburni e dei corbezzoli, ma anche dell'eccesso e di un vorace
incanto, è morto il diciassette marzo di quest'anno. Aveva trentacinque
anni, "l'età in cui muoiono i grossi poeti".
Questa è una postilla, molto amara, all'inchiesta sui nuovi autori
aperta da Sudpuglia (proprio con Salvatore Toma). E' una postilla, però,
dall'inizio sciocco e scontato. In realtà volevo cominciare così:
Dimmi un po', Toma, tu che sai tutto sugli "gnomi con le parrucche
dorate", sulle "querce colossali", sulle estasi e le
dannazioni del vino, tu che sai tutto sulle "metamorfosi serali
del cielo", tu che conosci il posto dove imbottigliano "l'olio
più dorato e più buono del mondo", tu che, come fosse
la cosa più naturale del mondo, facilmente attraversi "montagne
laghi colline / draghi preistorici brughiere / meravigliosi uccelli
steppe / lunghissimi tramonti / rugiade albe emozioni segrete...",
tu che insomma sai tante dannate e trasparenti cose, sai dirmi come
mai fischiare sulla lama aiuta a mantenerla affilata?
Ecco era questo l'inizio pertinente per una postilla su Toma. Non doveva
essere che questo. Aggiungo poi, caro Totò, che il sottoscritto,
tua moglie Paola, Claudia, pochissimi altri tuoi amici, a tutt'oggi
trentuno marzo, come puri idioti, come incredibili imbecilli, o come
tanti astuti e leggeri boscimani, non facciamo altro che fischiare,
ripetutamente, ossessivamente fischiare su ogni lama che ci viene sottomano
... Ma questo è un altro discorso, e poi forse, al solito, non
ti interessa!
Diciassette, diciotto marzo. E' incredibile. Lo sai che sei morto mentre
io, Nello e Cosimo, al ristorante delle "zie", stavamo consumando,
facendo girare, del mate? Mate che, stranamente, poi non ho visto girare
alla tua veglia: eri là impettito, autoritario, aristocratico,
come sempre; forse sei tu che non hai concesso, che non hai permesso
che girasse il mate? (la tua veglia poi, io ho pensato subito alla joyciana
veglia di Finnegan). Poi Nello ha preso la tua fotografia, ed io sono
scappato a Maglie.
C'era del movimento in casa tua, non brusio o pianti, no, solo del movimento.
Tua madre che nessuno è riuscito a spostare dalla tua destra,
i tuoi fratelli (a proposito, per quel giorno Carlo ha fumato), Paola
lucidissima, accogliente. Qualche altro che si spostava da una stanza
all'altra. Così. I tuoi figli, a casa di parenti, non sapevano.
Non sapeva Giovanni di aver ereditato lo stipo dei coltellini, né
Pierluigi la tua nascosta, burbera bontà. Tebe? Beh, lei "ha
il collo e gli occhi di una poetessa". Se la caverò.
Dei diciassette non ricordo niente altro. O quasi. Ricordo di aver rigirato
i tuoi libri accanto al letto, le tue riviste sul comodino, e poi di
non essere andato via mai tanto tardi da casa tua (la tua casa, Toma,
parco miseria, invasa da un sacco di gente: ma Paola vigilava, vigilavo
anch'io).

Il diciotto (parliamo
del diciotto, non parliamo dei sedici, di due ore passate al bosco,
dei tuoi altarini, del fatto che poi sei andato a casa a dire a Paola:
Verri, l'ho stupito oggi. Dello squalo in legno che mi hai dato in regalo,
che hai tagliuzzato chissà quale giorno, chissà da quale
"fondale luminoso", uno squalo di quelli che "dormono
in piedi e scrivono canzoni". Non parliamo di quanta allegria la
domenica prima con la neve - sempre lì, nel bosco, coi tuoi -
anche lì però una piega d'amaro, un teschio candido abbozzato
sulla neve e tu che l'accosti col volto. C'è una foto. Il sottoscritto
che per la centesima volta si fa mostrare, spiegare la differenza tra
le foglie di liburno e quelle del corbezzolo, titoli sull'ultimo libro
da fare, un "Forse ci siamo" da spedire a Carmelo Bene, le
foto che dovevamo fare quella mattina, io che vengo a risalutarti da
tua madre. "Dai, ci vediamo a Gagliano. Vai a stare nella terra
di Ciardo e delle belle mulacchione. Ti porterò Sudpuglia appena
esce, il Bosco delle Noci, la locandina per l'incontro del ventotto".
Niente, proprio niente... L'unica cosa che non mi hai ripetuto quella
mattina, lo facevi sempre: la raccomandazione di andare a trovare De
Candia, di non tradire Edoardo!).
Beh, il diciotto è stato più mosso del diciassette. Sei
arrivato verso mezzogiorno in chiesa, io e Paola eravamo giù
lì ad aspettarti (Paola la stai stremando anche da morto, Toma,
e lei a tutt'oggi ti vive in un modo tutto suo, non nella norma dico:
scappa al bosco, ti cerca, a volte ti sfida, guarda le pietruzze che
tu, da sempre, hai aggiustato, colorato, porta da mangiare ai tuoi cani,
ecc. ecc. Non lo dice, ma io credo che pensi che tu la mattina del diciassette
ti sia tanto dilatato da diventare il bosco: si muove in te, allora!),
poi sono venuti gli altri, tanti, tantissimi. Una sosta di un paio d'ore.
Poi un prete ha cominciato a parlare, a cantare, a gesticolare: parlava
di immortalità, si capiva però che il suo concetto di
immortalità era tanto diverso dal tuo. Poi ha detto di un banchetto,
lassù, tra gli dei. Ho pensato: non so come vanno le cose da
morto, ma se Toma lo sta sentendo starò sicuramente pensando
al vino, anche se il vino per lui lo si poteva bere dappertutto ma non
a tavola (bisogna dirlo agli amici, a tutti, del rapporto che tu avevi
col vino; io, di questo, ho cominciato a parlarne fin dalle prime ore).
Ancora. Degli amici che hanno salutato velocemente, gente che non conoscevo,
telegrammi, strette di mano, qualche cuscino di fiori (forse tutto quello
che non volevi): dopo, passo passo verso il cimitero. Senza pianti.
In questi due giorni non si è quasi mai pianto.
Qui qualcuno ha letto tuoi testi, altri hanno letto loro testi; tua
moglie che non trovava appigli (ha cominciato a dire Verri con la solita
sua cadenza), i tuoi bimbi che non sapevano se correre o mettersi da
qualche parte per ripararsi da un evento tanto grande.
Mi sono ricordato che due giorni prima mi avevi annunciato la tua morte,
ho sentito poi che l'avevi fatto un po' con tutti. Ti abbiamo lasciato,
dopo, caro Tomo, tutti insieme, tutti in gruppo. E Paola ha detto: ecco,
impara a star solo !
Stanotte ho sognato
di entrare in tabaccheria
a comprare una
scatola di moscerini
sull'autostrada
ho acceso una retta
e nel fumo
ho ritrovato la via
IL FIGLIOL PRODIGO
(O PRODIGIO)
Credevo di averlo
perduto
e invece è ritornato!
sia festa!
festa grande!
erba in abbondanza
ai vitelli!
Sia ucciso l'uomo più grasso!
22 febbr. 1987
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