§ Questione fiscale e politica economica

Equilibrare spese e tasse




Antonio Pedone



La questione fiscale è tornata alla ribalta, ma non ha alcun senso ridurla alla domanda se il prelievo tributario debba aumentare o meno. Infatti, le possibili soluzioni della questione fiscale dipendono strettamente dalle scelte generali di politica economica, e in particolare di politica economica internazionale e di gestione del debito pubblico, e anche da alcuni aspetti delle riforme istituzionali per quanto riguarda eventuali e auspicabili modifiche da introdurre nel processo di formazione, discussione e approvazione del bilancio pubblico. La questione fiscale è legata alle scelte generali di politica economica dall'esigenza di frenare, e poi stabilizzare e ridurre, la crescita del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Questa esigenza è generalmente condivisa, almeno da tutti coloro che ritengono conveniente per l'Italia la prosecuzione, sia pure con le dovute cautele e gradualità, del processo di integrazione finanziaria internazionale, di liberalizzazione valutaria e di rafforzamento di un'area di relativa stabilità del cambi tra le monete legate dagli accordi del Sistema monetario europeo.
Questa esigenza è condivisa anche da tutti coloro che temono il possibile approssimarsi di un valore "critico" del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, anche se è un valore che nessuno può pretendere di conoscere con precisione e che può essere certamente scongiurato, evitando il ricorso a misure straordinarie e traumatiche, se si procede credibilmente sulla via del risanamento dei conti pubblici.
Se tutti, o quasi, concordano con l'esigenza di frenare e stabilizzare il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, divergono invece le indicazioni sulle modalità e i tempi con cui farlo. La via più desiderabile ed efficace sembrerebbe l'accelerazione del tasso di crescita del prodotto nazionale congiuntamente alla riduzione dei tassi d'interesse.
Ogni sforzo va fatto in questa direzione, ma va tenuto sempre presente che il tasso di crescita del reddito e il tasso d'interesse sono due grandezze che non possiamo fissare indipendentemente da quanto accade nel resto dei Paesi industriali; e, sfortunatamente, è prevedibile che ancora per qualche tempo il tasso d'interesse supererà il tasso di crescita del prodotto. Ancor meno consigliabile, e non desiderabile, appare la via di un incremento significativo della quota di copertura monetaria del disavanzo, e di un riaccendersi del processo inflazionistico che rimetterebbe in dubbio la nostra capacità di rispettare i ,vincoli internazionali assunti.
In definitiva, quanto maggiore sarà l'eccedenza del tasso d'interesse sul tasso di crescita del prodotto, e quanto minore sarà il finanziamento monetario del Tesoro e il tasso d'inflazione, tanto più l'esigenza di ridurre il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo potrà essere soddisfatta soltanto tendendo ad annullare il disavanzo primario.
Sulla base dell'andamento oggi prevedibile del tassi di crescita, di interesse e di inflazione in Italia e nei maggiori Paesi industriali, occorre riconoscere che l'esigenza di ridurre il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel nostro Paese richiede il progressivo azzeramento del disavanzo primario, cioè della differenza tra spesa pubblica al netto degli interessi ed entrate diverse dal provento dei prestiti (in sostanza, entrate tributarie). In direzione opposta al progressivo annullamento del disavanzo primario vanno tutti quei meccanismi, come l'iniziativa parlamentare e il voto segreto in materia di spesa, che spingono maggioranze senza volto a deliberare aumenti di spese correnti. Per non accrescere il disavanzo primario, questi aumenti vanno compensati con riduzioni di altre voci di spesa (dando luogo a pressoché inevitabili guerre tra bisognosi) o con aumenti della pressione tributaria. Si riduce così lo spazio per giungere a un annullamento del disavanzo primario entro due-tre anni, senza accompagnare a un rallentamento dell'espansione della spesa pubblica un aumento del prelievo tributario, che sarà in ogni caso tanto più richiesto quanto maggiori saranno le resistenze al contenimento della spesa. Si può chiedere, ma non si può avere, allo stesso tempo, la necessaria riduzione del disavanzo, l'ulteriore espansione della spesa e l'invarianza della pressione fiscale.

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