Sono
migliaia di miliardi, stimabili complessivamente fra il 4 e il 5% del
Pil italiano. Questo, il fatturato del crimine organizzato. Traffici
di droga e di armi, estorsioni e tangenti, furti di grandi dimensioni,
sequestri di persona, truffe in grande stile: le attività del
crimine organizzato si autoalimentano e raggiungono cifre da vertigine,
coinvolgendo manovali e boss, politica e finanza, commercio internazionale,
produzioni e trasporti, in una spirale sempre più vorticosa e
sempre più ampia.
Il fiume di miliardi si traduce in parte in nuovi traffici illeciti
che alimentano il circuito criminoso. In altra parte, la più
cospicua, diventa denaro pulito: allora il crimine indossa il doppiopetto.
Il riciclaggio ha creato figure specializzate, professionali, capaci
di muoversi nel complicato mondo della politica e della finanza sovranazionali.
Sono personaggi in grado di redigere e di leggere bilanci, esperti in
tecniche bancarie interne ed esterodetectives che sanno districarsi
fra articolatissime operazioni di compensazione valutaria, utilizzando
le tecniche più sofisticate. In questo senso, parlare della mafia
come di un'organizzazione solo siciliano, o siculo-americana, significa
fare un discorso fuorviante. I gruppi criminosi sono ovunque, radicati
in Italia, in Europa e nel resto del mondo. E sono collegati con alleanze,
con connessioni, con attività complementari. Ciò consente
a Cosa Nostra americana di "produrre" un reddito di mille
miliardi di dollari all'anno; a quella boliviana di contribuire al Pil
per il 40%; a quella colombiano di parteciparvi per il 60%; a quelle
estremo-orientali di dar lavoro, con manodopera sottocosto, ad alcuni
milioni di persone; a quella medio-orientale, di approfittare, e in
alcuni casi di alimentare le guerre e guerriglie regionali. In questo
quadro, il riciclaggio del denaro assume rilevanza evidente, e il suo
scenario è il mondo, come attori e comparse, soldati e generali
sono in ogni angolo dei pianeta, tra i morti di fame dell'Amazzonia
e tra i grandi malfattori che le lobbies hanno messo al vertice di governi
e di Stati. Tutto questo è necessario tener presente, per capire
fino in fondo l'importanza della lotta alla mafia. E al mosaico di mafie
che emerge nei cinque continenti, con la tracotanza che non si ferma
neanche di fronte all'omicidio mirato, del quale fa, anzi, uno strumento
di intimidazione principe, purtroppo sempre producente.
Il "riciclaggio"
La convinzione è questa: il delitto paga, e paga bene. Il nascere
e il rapido consolidarsi di una potente criminalità organizzata,
in alcuni casi addirittura di dimensioni sovranazionali, ha fatto
del delitto la più semplice, la più incontrollabile,
la meno costosa forma di finanziamento. le associazioni per delinquere,
infatti, hanno la struttura delle società per azioni: raccolgono
capitali sul mercato, e li mettono a profitto. In parte li reinvestono
nello stesso settore del crimine, in parte li destinano ad imprese
lecite, (nuove industrie, costruzione di immobili, gestione di servizi,
ecc.).
La lotta contro la criminalità, e soprattutto contro la grande
criminalità, deve attestarsi, perciò, su due fronti,
e deve colpire allo stesso modo la raccolta dei capitali per mezzo
del delitto, e l'investimento che con questi capitali viene fatto,
in altre attività, sia lecite sia illecite. è nella
fase in cui la società criminale sposta i propri capitali da
un luogo ad un altro, da una banca ad un'altra, da un Paese ad un
altro; è nella fase in cui gli utili illeciti vengono fatti
circolare manifestamente sul mercato, che l'organizzazione è
più esposta ai controlli delle autorità, e quindi al
rischio .di essere identificata. Ma è anche in questa fase
che entrano in azione persone dei tutto insospettabili per la loro
posizione sociale, sicché la natura "sporca" del
denaro usato è dissimulata dalla rispettabilità di chi
lo manovra. E' questo, dunque, il punto sensibile della criminalità
organizzata, ma è anche un suo punto di forza che, per essere
battuto, richiede un'efficace strumentazione e una normativa adeguata.
Non stupisce, perciò, che i responsabili della politica criminale
nel mondo si stiano adoperando per creare un arsenale legislativo,
adatto ai tempi, che sia in grado di ostacolare, di individuare e
di reprimere tutte le articolazioni di questa specie di criminalità
economica che è conosciuta con il nome di "riciclaggio".
Che è stato così definito dalla President's Commission
on Organized Crime and Money Landering (1984): "Il riciclaggio
è il processo attraverso il quale si nascondono l'esistenza,
l'origine illegale o l'illegale destinazione di un introito, camuffandolo
in modo da farlo apparire legittimo".
In maniera crescente, gli organismi internazionali hanno fatto proprie
le convinzioni criminologiche, secondo le quali il crimine organizzato
si combatte non più soltanto perseguendone i reati principali,
bensì anche aggregando i suoi gangli organizzativi vitali,
di cui è parte essenziale la disponibilità di ingenti
ricchezze. Già nel 1980 il Comitato dei ministri del Consiglio
d'Europa aveva avvertito che "il trasferimento dei capitali di
origine criminale da un Paese ad un altro e il loro riciclaggio per
immetterli nel circuito economico suscitano del gravi problemi, favoriscono
la commissione di nuovi atti criminosi ed estendono il fenomeno sia
sul piano nazionale sia su quello internazionale". Ancora nell'ambito
del Consiglio d'Europa, più di recente, la risoluzione della
quindicesima Conferenza internazionale (Oslo, 1986) è stata
dedicata alla punibilità del riciclaggio e al rafforzamento
delle basi legali per la confisca del provento del reato. In effetti,
per colpire l'accumulazione illegale dei capitali, il loro "riciclaggio"
e la loro messa in circolazione, è necessaria questa strumentazione:
- deve prevedersi un'efficace punizione del riciclaggio;
- deve facilitarsi il sequestro dei proventi dal reato;
- deve rendersi trasparente la movimentazione della ricchezza.
L'Italia, negli scorsi anni, ha saputo darsi una buona attrezzatura
per combattere il "riciclaggio", sia introducendo una disposizione
che punisce la sostituzione di denaro o di altri valori provenienti
da fatti criminosi, sia attraverso la legislazione antimafia che ha
reso possibili i controlli sui patrimoni di origine sospetta, il loro
sequestro e la loro successiva confisca. Nondimeno, anche l'attuale
normativa sta diventando inadeguata rispetto alla vastità dei
fenomeni e alle loro articolazioni, tanto nazionali che internazionali.
Così, la punibilità del riciclaggio è prevista
solo nei confronti di chi "compia fatti o atti diretti a sostituire
denaro o altri valori, al fine di procurare a sé o ad altri
un profitto o di aiutare gli autori dei reati suddetti ad assicurarsi
il profitto del reato". Non c'è ragione perché
i reati di provenienza debbano limitarsi a quelli indicati, che pure
sono stati l'occasione "storica" della legge, ma che oggi
sono largamente superati dai fatti di spaccio. Né, in un mondo
che fa circolare somme immense senza spostare una banconota, la fattispecie
può restare agganciata alla materiale sostituzione del denaro.
Infine, c'è da tener presente che la strada maestra del riciclaggio
passa per le banche. Ciò impone che tutto il settore sia reso
sensibile a questi problemi, che siano definite le responsabilità
degli operatori e che siano intensificati i sistemi di controllo.
Secondo Gaetano Pecorella, avvocato e docente di diritto e procedura
penale alla facoltà di Scienze Politiche dell'Università
di Milano, potrà anche introdursi una forma di riciclaggio
colposo, e cioè dovuto .ci negligenza nel valutare la provenienza
,dei fondi. l'ipotesi è contenuta nell'avanprogetto svizzero
predisposto da Paolo Bernasconi, avvocato ed ex procuratore pubblico
a Lugano, e ha suscitato tempestose polemiche. Nel nostro Paese, non
sarebbe uno strappo ai principii, perché ricalcherebbe nient'altro
che lo schema dell'incauto acquisto; in compenso, costituirebbe un
freno a certe prassi non proprio oculate che sono rintracciabili anche
nel costume bancario.
Non ci si può nascondere, del resto, che la caduta delle barriere
valutarie farà sì che anche le banche italiane diverranno
sedi del transito di capitali provenienti da tutto il mondo perché
siano ripuliti, cancellando il loro marchio d'origine. C'è
anzi il rischio che, per battere la concorrenza con la vicina Svizzera,
qualche istituto di credito possa far ricorso a coperture sofisticate.
A maggior ragione, dunque, sarà necessario predisporre le attrezzature
normative perché, pur nel rispetto del segreto bancario, la
piaga del riciclaggio sia vinta.
Giudice Istruttore a Milano, Renato Bricchetti si è occupato
di vari casi di criminalità economica; e insieme con Antonio
Pizzi ha avuto in mano l'indagine sul crack del vecchio Banco Ambrosiano.
Dice Bricchetti: "Moltissime volte ci siamo trovati nella necessitò
di dover ricostruire flussi di denaro la cui base iniziale era costituita
dal provento di crimini cosiddetti economici. Si trattava, tanto per
fare alcuni esempi significativi, di denaro ricavato da operazioni
simulate di vendita e riacquisto di azioni' "proprie", oppure
di riserve occultate, e così via. è difficile attribuire
dimensioni precise a questo fenomeno. .Sono senza dubbio rilevanti.
Le indagini si presentano sempre molto difficili: e spesso il provento
da ripulire si costituisce all'estero, e comunque nella maggior porte
del casi l'operazione di lavaggio avviene su territorio straniera.
Difficilmente, poi, i capitali rientrano. Nel dare le dimensioni al
riciclaggio, comunque, bisogna distinguere fra quello che viene realizzato
su territorio italiano e quello che ha luogo superando i confini nazionali.
li secondo ha senza dubbio proporzioni superiori".
Ma come si ripulisce la black money? "Si consideri, ad esempio,
che il denaro prenda la strada di una dei cosiddetti paradisi fiscali
o bancari (o si costituisca su questa piazza). Ad un certo punto,
ad una banca perverrà un accredito di una somma rilevante.
Con un'istruzione di questo genere: seguirò telefonata di un
nostro incaricato. Successivamente, arriva alla banca la telefonata
di un intermediario, che dà all'istituto l'ordine di trasferire
il denaro, presso una fiduciùaria. A sua volta, questa fiduciaria
trasferisce la somma presso una società che svolge un'attività
affatto particolare: la cosiddetto compensazione.
Questa società di compensazione ha propri corrispondenti nel
nostro Paese, attraverso i quali fa arrivare a destinazione il denaro
contante. Il meccanismo è semplice: da una parte, la società
deve trasferire soldi dal Paese estero all'Italia, dall'altra ha clienti
che devono compiere l'operazione inversa. Basta a questo punto compensare
addebiti e accrediti, e il gioco è fatto".
Ma chi sono i corrispondenti? Questo è un punto importante.
Dice Bricchetti: "Di frequente, si tratta di personaggi o di
enti puliti, a volte addirittura di istituti di credito. Ma molto
spesso il denaro non rientra in Italia. E se i capitali rimangono
nel Paese estero o vengono trasferiti in altri centri off shore, come
per esempio Panama, il lavaggio può diventare perfetto. Se
poi l'intermediario che dà le istruzioni alla banca è
a suo volta residente in qualche paradiso fiscale, oppure ha la possibilità
di rifugiarsi dietro al segreto professionale, il riciclaggio ha a
disposizione ogni atout per riuscire alla perfezione. Più volte
abbiamo inseguito le tracce di somme che venivano trasferite da un
Paese all'altra, passando magari per i cosiddetti paradisi fiscali.
L'obiettivo è di rendere impossibile la ricostruzione del passaggi
che consentano di risalire all'atto criminoso che ha generato il capitale.
Ha grande importanza, in questi casi, la collaborazione giudiziario
internazionale".
Collaborazione che, tuttavia, non sempre viene negata. Premesso che
il denaro finisce preferibilmente in Paesi che dispongono di un sistema
di tutela rigido del segreto bancario, "si deve riconoscere che
spesso c'è collaborazione". Qualche esempio: "Con
i giudici della Confederazione Elvetica c'è un buon rapporto
di collaborazione sul piano personale, i cui esiti sono però
spesso resi vani dal fatto che la legge interna in materia di assistenza
giudiziaria consente ai vari interessati, fra i quali le banche, di
interporre reclami contro le nostre richieste. I procedimenti giurisdizionali
e amministrativi possono così protrarsi per anni. Inoltre,
è esclusa l'assistenza in casi di reati valutari e fiscali.
In Lussemburgo, altra piazza europea interessante, l'assistenza è
piuttosto celere, sempre che anche qui non si tratti di illeciti attinenti
alla legislazione valutaria. A Panama, invece, la collaborazione è
nulla. Poi ci sono i Paesi di diritto anglosassone, come Inghilterra,
Irlanda e Bahamas, che non hanno figure omologhe alle nostre. Non
c'è il giudice istruttore. Ci siamo perciò trovati spesso
in serie difficoltà, anche se alla fine si è sempre
ottenuta una discreto assistenza giudiziario. Negli Stati Uniti, invece,
l'assistenza è assolutamente eccezionale".
E se il denaro torna in Italia? "Quando il denaro torna, o arriva
nel nostro Paese, scatta il problema del passaggio successivo. Questo
denaro va investito. Spesso si tratta di grosse somme, magari in contanti.
In banca, operazioni di deposito superiori ai venti milioni richiedono
obbligatoriamente l'accertamento dell'identità di chi le effettua.
E' ovvio, dunque, che si preferiscano altri canali: società
finanziarie, agenti di cambio, società fiduciarie, agenti di
vendita di fondi comuni possono compiere inconsapevolmente una tale
funzione. Su di loro i controlli sono decisamente minori".
Ma sul parabancario, da qualche tempo a questa parte, ha messo gli
occhi la Guardia di Finanza. "E' un canale che non può
essere trascurato. Possono circolare grosse somme in contanti. li
problema, in questi casi, è traducibile in una considerazione:
risalire alle origini del riciclaggio è difficile. Le tracce
si perdono fra intermediari, società, conti. Importante sarebbe
prevenire. Ci vorrebbero anche in Italia organismi di controllo preventivo
come può essere, nel suo settore, la Sec negli Stati Uniti.
Per la mancanza di controlli preventivi, infatti, i reati economici
in Italia si scoprono di solito quando la società è
ormai avviato al fallimento. Si può obiettare che esistono
i collegi sindacali.
Ma il collegio sindacale è ritenuto ormai un organo superato,
e che comunque difficilmente denuncia, ad esempio, i falsi in bilancio.
Un organo, dunque, non da abolire, ma da rinnovare".
Allo stato attuale, è impossibile stabilire quale sia la roccaforte
mondiale dei riciclaggio. le autorità americane l'hanno individuata
soprattutto nella piazza finanziaria di Miami. Quanto alla Svizzera,
secondo Bernasconi "è vero che negli ultimi anni le banche
e le autorità hanno scoperto alcuni milioni di franchi di origine
criminosa. Ma ciò significa innanzitutto che è aumentata
la sensibilità al problema e riciclaggio e che gli strumenti
di scoperto sono stati affinati. Per quanto riguarda i riscatti pagati
per sequestri di persona, la Svizzera, non fosse altro che per ragioni
geografiche, è stata spesso scelta come luogo di riciclaggio.
La reazione è stata la condanna per ricettazione dei responsabili.
Per il traffico di stupefacenti, i fondi non provengono tanto dall'Italia,
quanto dagli Stati Uniti e da altre piazze finanziarie. Ogni affermazione
in questo campo richiede comunque grande prudenza, perché molti
meccanismi di riciclaggio restano tuttora sconosciuti. Si può
solo dire che oggi il denaro "segnato" è ridotto:
l'industria dei sequestri non è finita, ma incontra crescenti
difficoltà. è comunque un' industria troppo complessa,
che ha persino riconvertito i propri adepti al traffica internazionale
degli stupefacenti. E sono i narco-dollari i principali protagonisti
dei riciclaggio. Non sono segnati, ma resta il problema di trasformare
questo denaro in capitale presentabile alle autorità fiscali".
A parte Miami, i principali centri finanziari internazionali e quelli
off shore (che sono prima di tutto paradisi penali, prima ancora che
fiscali) sono situati soprattutto in America Centrale (Caraibi, Panama,
e altri ancora). Ma il loro destino è ormai segnato: la pressione
internazionale, specialmente statunitense, per una reregulation diventa
per loro insostenibile. Panama ha dovuto cambiare in fretta il codice
penale, inserendo norme sul riciclaggio, e le Isole Cayman hanno dovuto
"ingoiare" due trattati di assistenza giudiziaria con gli
Stati Uniti, che hanno provocato serie brecce nel segreto bancario.
E il Lussemburgo non può più sottrarsi alle iniziative
della Cee sulla totale collaborazione fiscale. Nel Liechtenstein,
gli Stati Uniti godono di un'assistenza particolarmente agevolata.
E non vanno dimenticati i trattati bilaterali, stipulati in materia
di reciproca assistenza, preventiva e giudiziaria, dall'Italia, con
gli USA, con i Paesi della Cee e con la maggior parte di quelli dei
bacino mediterraneo.
Per quel che riguarda, poi, la Svizzera, anche il banchiere elvetico
è tenuto a testimoniare di fronte al giudice penale. Pertanto,
"il segreto bancario non è in realtà per nulla
adatto a nascondere denaro proveniente da reati. Inoltre, le banche
elvetiche hanno sottoscritto nel luglio 1977 una "convenzione
di diligenza" per impedire l'utilizzo abusivo dei segreto bancario.
Questa convenzione, rinnovata nel luglio 1987, è stata giudicato
esemplare dalle autorità americane. E in effetti sarebbe ora
che anche gli altri Stati, compresi quelli che spesso puntano il dito
contro il segreto bancario svizzero, si munissero dello stesso strumento.
li punto centrale della convenzione consiste nell'obbligo di identificazione
della clientela, anche quando si tratti di società off shore.
Il banchiere stabilisce con il cliente l'identità dei reale
avente diritto economico (in inglese, il beneficial owner). Si elimina
così il possibile uso delle cosiddette "teste di legno",
o prestanomi, o fantocci. E la convenzione è sempre stata rispettata".
Ben altro discorso per altri tipi di conti. "Non si deve confondere
il conto cifrato con quello anonimo. La sostituzione dei nome dei
cliente con una cifra rafforza la privacy sull'identità dei
cliente, identità però che la banca deve conoscere e
deve riferire al giudice che procede per reati che non siano valutari
e fiscali. Non esistono, invece, in Svizzera, i conti anonimi, dei
quali cioè la banca ignori l'identità dell'avente diritto,
previsti invece in qualche Paese off shore". Sta di fatto che
nella Confederazione Elvetica per i reati fiscali e valutari viene
negata ogni assistenza a giudici stranieri. Questo tipo di denaro,
evidentemente, non olet.
"Money
laundering"
Il denaro frutto di un reato non porta tracce, ad esclusione dei sequestro
di persona, della sua origine. Esistono tuttavia tracce indirette,
che potrebbero portare le autorità a risalire agli autori dei
reato stesso. Per esempio, l'identità dei possessore attuale
e di quelli precedenti, la data e il luogo di consegna o di trasferimento
dei fondi, e via dicendo. Le cosiddette "operazioni di laundering",
vale a dire "di lavaggio", tendono a cancellare queste prove
indirette e a far perdere le tracce dei crimine che ha dato origine
a questi capitali. In che modo? Per esempio, col trasferimento clandestino
dei provento del reato dalle mani dell'autore a quelle del riciclatore;
con la conversione del denaro in banconote di piccolo taglio (tipico,
per esempio, dei commercio al dettaglio della droga) in valuta diversa
o in altro taglio; con la conversione dei denaro contante in altri
mezzi di pagamento (assegni, libretti di banca) o in valori mobiliari
facilmente commerciabili (azioni, titoli di Stato, ecc.); con l'apertura
di conti presso banche.
"Ricycling"
E' la trasformazione del provento dei reato in reddito legale. Una
parte (minore) va a coprire i costi dell'organizzazione. il resto
viene riciclato. Di solito, le attività di investimento del
denaro ripulito presentano queste caratteristiche: hanno una forte
capacità di assorbimento di liquidità e una relativa
rigidità dei costi di gestione (così l'aumento delle
entrate, e cioè dei fondi illeciti, non può essere scoperto
verificando i costi). Inizialmente, le attività che rispondevano
a simili requisiti erano ristoranti (si veda il caso della "Pizza
connection"), edilizia, commercio di alimentari, ma anche pelliccerie,
gioiellerie, supermarket. Insieme con queste attività, vengono
utilizzati i casinò e soprattutto la finanza.
La mafia imprenditrice
Giuseppe Ayala (Pubblico Ministero, Magistrato del Pool antimafia)
Dal corriere che
trasportava valige di dollari al di là delle frontiere, si
è passati al trasporto con aerei privati verso quei Paesi in
cui esiste una legislazione "morbida", dove il denaro va
a finire nelle banche e viene poi accreditato, per telex, presso istituti
bancari svizzeri. la tecnica, via via, si è sempre più
raffinata. Si sono infatti aperti conti presso società americane
di brokeraggio, che poi trasferiscono in Svizzera il denaro da riciclare
col sistema delle compensazioni internazionali.
Una volta giunti in Italia (in particolare in Sicilia, ma anche altrove),
i capitali si concentrano nelle mani di pochi gruppi mafiosi, che
si trasformano in veri e propri potentati economici. le grandi somme
danno inoltre alla mafia un rilevante potere politico e militare dei
tutto inimmaginabile fino a un decennio fa.
Accade dunque, oggi, che alcune imprese dispongono di denaro a costo
zero, stando accanto ad altre che devono invece sopportare un oneroso
costo dei denaro e, spesso, anche il pagamento delle tangenti. In
un certo senso, nascono oligopoli illegali che rendono vana la concorrenza.
Ma c'è di più: per le note infiltrazioni mafiose nella
pubblica amministrazione, per le imprese illegali che concorrono,
apparentemente sane, agli appalti di opere pubbliche, diviene più
facile e meno gravoso il ricorso alla corruzione. In un certo senso,
quindi, la gestione dei pubblico interesse può venire condizionata
dai gruppi mafiosi e si ritrova inoltre a dover fare i conti con i
capitali riciclati. Si crea, cioè, un effetto moltiplicatore
dell'illecito.
Crimine e finanza
Mafia a Piazza degli affari
Le connessioni
mafiose collegano Palermo e Catania con Milano: questo, il grido d'allarme
lanciato poco tempo fa. E le indagini si sono dirette anche verso
Piazza degli Affari, nel tentativo di recidere i tentacoli più
sofisticati della piovra.
Dicono i responsabili della Guardia di Finanza: "Le principali
operazioni di riciclaggio risultano essere effettuate attraverso il
settore bancario nazionale e internazionale, quando la pulitura riguarda
il denaro, e attraverso il settore borsistico quando il riciclaggio
ha per oggetto titoli al portatore o quote di società di capitali".
Ma se per quanto riguarda il settore bancario la criminalità
del colletti bianchi è un fatto già accertato e si è
manifestato con l'obiettivo di dare una ragione apparentemente plausibile
ai facili arricchimenti e con quello di far ottenere irregolari agevolazioni
ad alcuni personaggi e ad alcune aziende, per quanto riguarda l'attività
borsistica il fenomeno è ancora tutto da studiare e da valutare,
anche se in alcuni casi si è riscontrata una manipolazione
abusiva dei mercato, insieme con lo sfruttamento dell'inesperienza
del pubblico. li dito, dunque, è puntato anche contro il settore
dell'intermediazione finanziaria, anche perché, come sostengono
gli investigatori, "indicatori sintomatici dei fenomeno dell'intromissione
malavitosa e mafioso nel settore si rilevano fra l'altro dall'avvenuta
scoperta di collegamenti con operatori per certi aspetti non tradizionali,
ai quali si sarebbero rivolte alcune organizzazioni per acquistare
pacchetti societari, all'unico scopo di spogliare le aziende di ogni
contenuto patrimoniale".
I più attenti controlli riguardano comunque le transazioni
valutarie, strumento tradizionale per il riciclaggio dei denaro proveniente
da. operazioni illecite. Un canale che, ovviamente, ha bisogno della
complicità di alcune banche o, almeno, di alcuni dirigenti
di istituti di credito. Il trasferimento delle somme è semplice,
se la "copertura" funziona. E' sufficiente, come abbiamo
detto, un telex. E spesso una sola telefonato.
La mafia non
cambia mai
Danilo Dolci (Scrittore)
Non so cosa succede
oggi a Palermo. So però che cos'è la mafia. è
un modo di comportarsi del potere che esiste anche fuori della Sicilia.
Basta che ognuno rifletto sui sistemi che regolano il gruppo in cui
vive: se legge in profondità, troverà tracce più
o meno marcate di mafia. Se scandaglia i meccanismi di violenza e
di segretezza, chiunque può capire dove e quando nasce la mafia.
Essa non è un fatto chiuso o locale della Sicilia. Ne ho parlato
di recente a Stanford e poi all'Università di Oslo: con gli
studenti abbiamo visto che quanto avviene in Sicilia è uno
scherzo rispetto a quanto avviene sul piano internazionale. Anzi:
il modello è lo stesso, mentre il microlivello siciliano e
il macrolivello nazionale o internazionale interagiscono tra loro.
lo non voglio cercare polemiche, ma Sciascia è uno che sa tante
cose. Forse è pessimista per questo. Ma se sa, dica e denunci.
Tacere in questa Sicilia serve solo ad alimentare quello che ti fa
diventare pessimista. E' solo la denuncia specifica e preciso che
combatte. Perché la mafia è dominio, non cambia mai.
L'export-ombra
Accanto ai sistemi
tradizionali di riciclaggio, in buona parte in via di estinzione,
(come il settore edilizio, che negli anni Sessanta, ad esempio, rappresentò
a Palermo l'edilizio selvaggia di via Lazio, con le fonti criminose
del capitale e con i delitti e le stragi connesse), vanno prendendo
sempre più piede nuove forme di investimento della black money,
più sofisticate e articolate, ma anche più sicure e
defilate al controllo di polizia, e perciò più difficili
da scoprire. Ci riferiamo al crescente, surrettizio utilizzo da parte
di alcune grandi imprese del canali bancari e valutari, al fine di
simulare, attraverso documenti alterati o contraffatti, o con la connivenza
di impiegati corrotti, esportazioni di prodotti nazionali in realtà
inesistenti, mai posseduti, se non - in modo simulato - nelle scritture
contabili e, in particolare, nel carico di magazzino che, alla prova
del fatti, si rivela solo cartolare, falso. In altri termini, c'è
la copertura contabile della merce, ma non esiste la merce.
Perché tutto questo? Qual è il fine perseguito da questo
tipo di imprese? Prendiamo il classico esempio della produzione e
della commercializzazione degli agrumi e del loro derivati. Qui ci
troviamo di fronte a un meccanismo polivalente di frode, in quanto
ogni singolo comportamento delittuoso, pur essendo esaustivo rispetto
a una specifica fattispecie penale (per esempio, il falso in comunicazioni
sociali), è sempre strumentale rispetto ad altre fattispecie
(per esempio, frode fiscale, valutaria, comunitaria), e tutti concorrono
a un unico, insostituibile obiettivo: la pulitura del denaro sporco
proveniente in massima parte dal traffico di stupefacenti. In che
modo ciò si realizzi, è spiegabile in parole semplici:
i produttori agrumari e le fabbriche di derivati agrumari conniventi
con la ditta esportatrice simulano la vendita a quest'ultima (quindi
emettono fatture per operazioni inesistenti) di una certa quantità
di prodotti. La ditta esportatrice annota nelle proprie scritture
le fatture per operazioni inesistenti, così precostituendosi
un carico di magazzino, fittizio - si capisce - ma cartolarmente congruo
e assolutamente indispensabile per giustificare le fittizie esportazioni.
Lo scopo è questo: mascherare sotto forma di surrettizi pagamenti
dall'estero i conseguenti introiti valutari, che sono, da un punto
si vista dei rispetto formale, regolari, anzi ineccepibili; solo che,
non disponendo dei rapporto d'affari sottostante, perché simulato,
devono evidentemente riferirsi a un altro rapporto dissimulato.
Quale vero rapporto è stato dissimulato? L'esame accurato dei
fatti di gestione, le indagini bancarie, valutarie e doganali, i riscontri
effettuati anche all'estero per rogatoria, permettono di stabilire,
almeno sul piano delle ricerche finalizzate alla verifica processuale,
che alcune imprese senza scrupolo si sono prestate al gioco dei grande
business della droga, facendo apparire come normale introito valutario
quello che è invece il prezzo della vendita degli stupefacenti.
Più semplicemente, il riflusso di denaro dall'estero viene
apparentemente in contropartita del l'esportazione di agrumi e derivati,
di fatto costituisce il pagamento, da parte di organizzazioni mafiose
d'oltreoceano, delle partite di eroina ivi vendute. Altro sistema
seguito, poi, è quello dei cosiddetto conto di compensazione,
del quale si è parlato giù.
Accanto a questi sistemi, che implicano necessariamente una presenza
mafiosa nell'impresa interessata (non sempre è possibile stabilire
se per libera scelta dell'impresa stessa, o per imposizione esterna),
devono essere ricordati anche i cosiddetti sistemi alternativi (fondi
comuni, titoli atipici, leasing, ecc.) offerti al mondo dei malaffare
e del capitali provenienti da attività illecite.
Quali possono essere i rimedi? Innanzitutto, è necessario premettere
che la nuova criminalità organizzata assume sempre più
le vesti di criminalità economica, nel senso che ha abbandonato
ormai da tempo altri settori (edilizia e contrabbando di sigarette,
in particolare). Carattere residuale assumo le forme dell'estorsione,
della rapina e dello sfruttamento della prostituzione. Con le esportazioni
fittizie e con i sistemi finanziari alternativi, grande importanza
assume invece l'inserimento della criminalità organizzata nei
flussi della spesa pubblica e delle sovvenzioni comunitarie. Sul piano
oggettivo, dunque, vanno approntati alcuni rimedi legislativi, quali
l'estensione all'imprenditore mafioso che opera con l'estero della
sospensione e della decadenza della licenza, così come dispone
la legge n. 646/82 per alcune categorie di operatori economici. Nella
normativa, peraltro, non esiste un'ipotesi autonoma di reato di riciclaggio
per i proventi di attività mafiosa, in quanto l'art. 648 bis
del Codice penale fa riferimento solo alle ipotesi di riciclaggio
di valori provenienti da rapina aggravata o da sequestro di persona.
Sicché attualmente non è il riciclaggio da stupefacenti
in se stesso che viene perseguito, ma il reato o i reati cui esso
è collegato.
Sempre per quanto riguarda il traffico di droga, attualmente e paradossalmente,
in base alle convenzioni internazionali vigenti, il controllo in alto
mare da parte delle forze di polizia è possibile solo per i
reati di pirateria o di tratta degli schiavi. Non esiste per il traffico
di stupefacenti, un reato attuale gravissimo, dirompente, pluridimensionale
per gli effetti dannosi che produce alla società, un'analoga
convenzione internazionale. Le stesse convenzioni esistenti sono settoriali
e bilaterali e prescindono da una visione globale e unitaria dei problema
che, sia pure nelle sue diverse sfaccettature, (droga, armi, frodi
valuta rie e fiscali, truffe alla Cee, ecc.) è unico e, pertanto,
andrebbe affrontato e risolto con un'unica strategia.
Allo stesso modo, il legislatore dovrebbe rivedere alcune norme, come
quelle relative alla figura dell'agente sotto copertura o a quelle
della consegna controllata, che sono abbondantemente praticate dalle
polizie degli States sotto lo stretto controllo dell'autorità
giudiziaria.
Un programma di collaborazione internazionale adeguato dovrebbe, inoltre,
prevedere uno schema legislativo uniforme per tutti gli Stati, con
previsioni omogenee di illeciti e di sanzioni. La mancata corrispondenza
di talune fattispecie di reati tra ordinamenti internazionali crea
tensione e problemi procedurali, che inevitabilmente ostacolano anche
il buon esito dell'attività di polizia giudiziaria.