§ 1992: quali frontiere

Riserva intoccabile?




Giovanni Magnifico



In Italia, il mercato interbancario non è che in piccola parte un mercato di fondi effettivamente liquidi. I "conti reciproci" sono movimentati in relazione ai servizi che le banche si rendono; la liquidazione dei saldi avviene a fine anno, la chiusura effettuata con scadenza trimestrale avendo rilevanza fiscale. I depositi interbancari "a vista" sono tali solo nella denominazione; la convenzione per la quale i tesorieri delle banche prenditrici accettano in deposito fondi anche quando l'offerta è eccedentaria impone, come contropartita, che i tesorieri delle banche datrici si astengano dal ritirarli in fase di stretta della liquidità bancaria. Nel caso del depositi interbancari a termine, invece, denominazione e sottostante realtà coincidono; si tratta, peraltro, di fondi vincolati fino alla scadenza.
Queste caratteristiche del mercato interbancario traggono origine dalla circostanza che il peso delle banche locali è molto elevato e, quindi, le banche con articolazione nazionale della rete di sportelli sono in grado di assolvere solo in parte il compito di trasferire da un segmento all'altro del sistema i depositi che vi si formano. Essere chiamati a svolgere questo compito non è un'anomalia; ma i conti interbancari costituiscono normalmente anche il canale attraverso il quale i fondi liquidi sono trasferiti dall'una all'altra banca per ottimizzarne giornalmente la situazione di tesoreria. è questa la funzione primaria del mercato monetario, dove fondi a brevissimo termine sono comprati o venduti, in corrispondenza di deficit o di eccedenze di tesoreria. la peculiarità del mercato monetario italiano è costituita dal fatto che proprio questa funzione è carente.
I depositi overnight, depositi cioè che sono effettuati lo stesso giorno della negoziazione e sono estinti il primo giorno lavorativo successivo, transitando per la stanza di compensazione (mentre gli interessi sono liquidati, anch'essi giornalmente, sui conti reciproci), costituiscono il segmento effettivamente liquido del mercato interbancario del denaro.
Mentre in passato si sottolineava l'inefficienza con la quale erano gestiti i conti interbancari, per la scarsa reattività di tasso da essi mostrata al variare delle condizioni di liquidità del sistema, oggi si potrebbe addebitare l'inefficienza, di segno opposto, costituita dalla forte variabilità dei tassi sull'overnight. Ma poiché sui conti "a vista" e vincolati convergono flussi di fondi aventi in effetti carattere stabile, strutturale, sarebbe inappropriato far variare con frequenza e ampiezza elevate il loro tasso di remunerazione, in una con l'andamento mutevole della liquidità sul mercato monetario. Proprio perché su tale mercato si incontrano domanda e offerta marginali, i tassi d'interesse, ossia il prezzo del fondi domandati e offerti, tendono a essere molto variabili. La variabilità di quelli sui depositi overnight tende a sconfinare nell'erraticità a causa dello scarso spessore di questo segmento del mercato. La mancanza di spessore è dovuta soprattutto al fatto che le modalità di applicazione della riserva obbligatoria sono molto rigide, diversamente da quanto succede all'estero. Alle banche è richiesto di osservare l'obbligo di riserva giorno per giorno al livello che risulta dovuto per il mese, mentre negli altri Paesi esso può essere assolto mantenendo il deposito presso la Banca centrale, nella media del mese, al livello richiesto. Ciò dà alle banche estere la facoltà, negata a quelle italiane, di utilizzare il conto di riserva presso la Banca centrale come strumento di flessibilità nella gestione della tesoreria: i saldi inferiori in alcune giornate (o settimane) possono essere compensati con saldi superiori in altre, l'unico vincolo essendo appunto quello di mantenere il saldo, nella media mensile, al livello corrispondente alla riserva dovuta per il mese.
Inoltre, le aziende di credito, che tendono ad avere una formazione di liquidità eccessiva rispetto all'obbligo di riserva o, comunque, sono liquide nelle giornate in cui la liquidità bancaria capita essere scarsa, si fanno contropartita di quelle che si trovano nella situazione opposta, tramite un trasferimento di fondi tra i rispettivi conti di riserva obbligatoria.
Il presente autore presentò, a titolo personale, all'assemblea annuale dell'Associazione tesorieri delle istituzioni creditizie (Atic), tenutasi il 6 ottobre 1981, a Sorrento, la proposta di conferire alle banche italiane una facoltà analoga a quella di cui godono le banche estere. L'unica disposizione ad hoc proposta per la normativa italiana era quella di limitare all'equivalente di 5-6 punti percentuali della riserva dovuta la facoltà di utilizzo massimo del conto in ogni particolare momento; un vincolo inteso a limitare l'immissione, ad iniziativa delle banche, di base monetaria nel sistema, la quale potenzialmente sarebbe molto più elevata che negli altri Paesi, dato la percentuale di riserva molto più alta in Italia.
All'estero, la facoltà di utilizzare con flessibilità i conti di riserva ha condotto allo sviluppo di un mercato delle riserve bancarie, nel quale le aziende di credito si scambiano fra loro le posizioni di riserva, in eccesso o in difetto, con la Banca centrale per far fronte a temporanee esigenze di tesoreria. Inoltre, la circostanza che il trasferimento interbancario di questi fondi transita per la Banca centrale conferisce implicitamente ufficialità alle modalità di funzionamento del meccanismo, con l'indubbio vantaggio per l'attributo di liquidità del fondi stessi. Questo meccanismo è noto negli Stati Uniti come mercato del Federal funds.
Poiché la facoltà in discorso consente alle banche di "gestire" la liquidità depositata sui fondi di riserva, esse non si trovano nella necessità di mantenere altri saldi liquidi presso la Banca centrale come working balances non retribuite; in altri termini, i fondi depositati a titolo di riserva obbligatoria assolvono anche la funzione originaria di riserva di liquidità. Ciò èriflesso anche nella denominazione usata nel caso, per esempio, della Repubblica federale tedesca, dove essi non si chiamano "riserva obbligatoria", bensì "riserve minime".
Poiché la rigidità con cui è gestito in Italia l'obbligo della riserva non è lenito che in misura molto lieve dal ricorso al credito aperto presso la Banca centrale, furono introdotte, all'inizio degli anni '80, le operazioni "pronti contro termine". Esse non sono un'esclusività del nostro mercato; ma, mentre all'estero hanno di regola un peso marginale, da noi sono diventate il canale normale per assorbire la liquidità bancaria, nei giorni in cui si forma in misura eccedentaria, e "riportarla" alle scadenze alle quali siano previsti rientri di fondi sul conto corrente del Tesoro con la Banca d'Italia. l'intensità del ricorso alle operazioni "pronti contro termine" ha determinato un forte sviluppo del turnover di fondi liquidi tra Banca centrale e aziende di credito. I responsabili delle tesorerie devono poter anticipare con sufficiente approssimazione i flussi di breve e brevissimo periodo a livello macro-economico, largamente dominati da quelli del settore pubblico, e le loro ripercussioni sulla liquidità aziendale. Questo impegno è considerato da alcuni come un'opportunità che il sistema offre affinché i tesorieri affinino le proprie capacità professionali. Al di fuori di un'ottica da eterogenesi dei fini, va osservato, peraltro, che il sistema non mette a confronto le banche fra loro, premiando quelle più efficienti nell'analisi e nella previsione del flussi di liquidità, bensì le banche da una parte, l'istituto di emissione dall'altra; esso istituisce un confronto continuo tra le une e l'altro, tra soggetti cioè che si trovano in condizioni di disparità con riguardo alle informazioni di cui dispongono.
A ben guardare, la peculiarità del caso italiano è costituita dal fatto che il mercato monetario non si è sviluppato come intermediazione interbancaria di fondi liquidi, ciò che è avvenuto negli altri Paesi, bensì come intermediazione tra aziende di credito e Banca centrale. Ne deriva che all'estero le operazioni di mercato monetario sono, dal punto di vista della redditività, neutrali per il sistema bancario nel suo complesso (se si eccettuano le operazioni normalmente di peso marginale, che vedono l'intervento dell'istituto di emissione); in Italia, invece, le operazioni di mercato monetario hanno come "sottoprodotto" trasferimenti di reddito tra aziende di credito e Banca centrale. Poiché le operazioni "pronti contro termine" di impiego di fondi da parte delle banche si hanno in condizioni di liquidità abbondante, mentre quelle di finanziamento si fanno quando la liquidità è scarsa, i tassi attivi per le banche tendono ad essere più bassi di quelli che esse pagano all'Istituto di emissione: si ha, dunque, un trasferimento di reddito non fra segmenti diversi del sistema creditizio, ma da questo alla Banca centrale. la dimensione del turnover fa supporre che il trasferimento in discorso abbia raggiunto valori molto elevati. Date queste implicazioni, sorprende che la proposta presentata nel 1981 non abbia avuto seguito. Essa viene qui riproposta oggi. Certo, non sorprenderebbe che, alla fine, fosse lo stesso Istituto di emissione a prendere l'iniziativa per eliminare nella prospettiva del 1992 le storture, almeno quelle derivanti dalle modalità di applicazione della riserva obbligatoria, che costringono il sistema bancario italiano su posizioni di svantaggio competitivo.

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