§ Maometto - La fine del mondo antico

Profeta del Medioevo




Francesco Gabrieli



Il Medioevo cristiano si raffigurò la vita di Maometto col colori della leggenda, che il D'Ancona studiò: un ambizioso prete o addirittura cardinale di Santa Romana Chiesa, che per la delusa aspirazione al pontificato lacerò il seno della Chiesa con la sua eresia, frutto di menzogna e ciurmeria. Da questa rappresentazione di fantasia e odio teologico, riflessa fin nel Maometto dell'Inferno dantesco, si passò via via, nel Rinascimento e in età moderna, a una conoscenza storica dell'uomo e dell'opera, con biografie che via via rispecchiano l'evoluzione spirituale d'Europa: abbiamo così avuto un Maometto in visione illuministica, romantica, positivista, marxista.
Sull'altro versante, cioè nel mondo stesso musulmano, la vita del Profeta fu naturalmente conosciuta e narrata con altre cognizioni e altro animo. La reverenza al Fondatore dell'Islam, e padre, si può dire, della sua civiltà, si congiunse laggiù fin dagli inizi a un genuino senso storico, che se non eliminò del tutto l'agiografia e la leggenda, conferì nell'insieme alla Sira (così si chiamò in genere l'antica biografia arabo di Maometto) un carattere di indiscutibile storicità. Lo scrupolo di appurare e raccogliere ogni memoria del Profeta, dei suoi fatti e detti, anche di tali che a noi possono apparire poco edificanti, diede luogo a una enorme letteratura biografica e di loghia di Maometto (in arabo, hadith), su cui doveva poi esercitarsi l'acume critico della scienza occidentale, ma che assicura sempre alla biografia orientale di Muhammad un valore di base documentaria forse superiore a quello che è accaduto in altre religioni. Non per nulla si è potuto chiamare l'Islam la sola fede nata nella luce della Storia.
Questa premessa valga a spiegare il carattere dell'ultima Vita di Maometto, a cura di Sergio Noia, nella serie dei classici Rizzoli. Si tratta, infatti, di una vera biografia orientale, di cui figura autore un Muhammad al-Tabari, ben noto come esegeta coranico ed estensore di una vastissima compilazione annalistica di storia generale musulmana, del nostro IX-X secolo. Da questa, sono stati estratti e raggruppati qui i capitoli sulla vita di Maometto, che negli Annali tabariani, dopo la parte relativa agli imperi preislamici, apre la storia di quello arabo-islamico, spina dorsale dell'intera opera. Questa Vita di Maometto così ricavata è dunque solo un estratto da un'opera maggiore (possiamo ricordare per analogia, a un più modesto livello, la Vita di Cola di Rienzo ricavata da una più ampia cronaca romanesca).
La molteplice trafila linguistica con cui tale estratto ci viene presentato (dall'arabo originario a una versione persiana, da questa al francese, dal francese all'italiano) farà forse arricciare un po' il naso agli addetti ai lavori. Ma proprio un addetto dovrò riconoscere la positività del risultato finale, che è di offrire al profano lettore una equilibrata e chiara sintesi del materiali che la Sira ci offre, spesso in concorrenti e prolisse versioni, sulla carriera del Profeta, dalla oscura nascita alla Mecca alle folgoranti prime rivelazioni sul Monte Hirà, alla lunga tenace lotta per affermare nella sua patria idolatrica l'austero e monoteistico suo credo, alla migrazione (ègira) a Medina, e al trionfa finale.
Tutta questa carriera dell'uom fatale, destinata a imprimere una svolta decisiva a tanta parte del mondo antico (anzi, secondo qualche storico fu essa sola a segnare la decisiva frattura con l'Antico e a introdurre l'Età di mezzo), ci è narrata assai più diffusamente in altri classici autori della suddetta Sira, come Ibn Ishaq e Waqidi, entrambi fonti di Tabari stesso; ma è appunto merito di Tabari l'aver saputo condensare nella sua narrazione la vasta materia, e di chi ci ha ora presentato, riveduta e annotata, questa parte "maomettica", dell'opera sua, improponibile nel suo insieme ai non specialisti.
Lo specialista che ha compiuto per noi questo lavoro finale è Sergio Noia, autore egli stesso, anni fa, di una buona biografia di Maometto, con tutti i crismi della islamistica e della storia delle religioni europea. Ma in quest'altro lavoro ha voluto darci il Maometto degli Arabi del Medioevo, in un'immagine rimasta ancor oggi sostanzialmente immutata. Il mondo musulmano moderno non ha ancor conosciuto uno Strauss, un Renan, un Loisy, e lo spirito critico e ipercritico, in questo campo, ha appena timidamente albeggiato a quelle latitudini.
Come impressione d'insieme di questo fideistico Maometto arabo, diremo che ne riesce riaffermata l'originalità e sincerità della ispirazione iniziale, la travagliata esperienza col divino (altro che delusioni di ecclesiale carriera!), l'invitta sua fede nella propria missione; e poi il sapiente e longanime rapporto con gli uomini, la resistenza all'avversità, l'abilità politica e diplomatica come capo di Stato e legislatore a Medina, il senso solenne ed esaltante della missione compiuta, nel discorso del Pellegrinaggio d'addio.
Anche chi trovi ardua la EinfuhIung col Libro sacro di Maometto, il Corano, deve riconoscere a queste testimonianze storiche un valore suadente e talor commovente nel valutare quella vita d'eccezione, non scevra di umane debolezze (e magari, secondo il nostro codice etico, di colpe), ma nel complesso votata a un alto ideale di elevazione spirituale, di illuminazione intellettuale, di fiducioso rapporto tra l'effimero e l'eterno. La nostra civiltà cristiana, che doveva poi così a lungo sentire l'Islam come "il nemico", ed esserne ripagata di pari moneta, affonda le radici nel comune humus del monoteismo semitico, e può con i suoi vertici anelare a una suprema meta comune.

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