Il sogno di Benedetto
Croce diventerà realtà? Infatti, fu proprio l'illustre
filosofo, quando nel 1920 ricopriva l'incarico di ministro della Pubblica
Istruzione, a raccomandare per primo l'istituzione dei parchi nazionali.
Già due anni dopo, grazie a una donazione di Vittorio Emanuele
III, nasceva quello del Gran Paradiso. Seguì a ruota, pochi
mesi dopo, quello d'Abruzzo.
Purtroppo, si è proceduto sempre a rilento. Se nel '34 e nel
'35 arrivarono i parchi del Circeo e dello Stelvio, nel dopoguerra
si è registrata la costituzione del solo e incerto parco della
Calabria (1968). Per il resto, solo ipotesi, progetti, discussioni,
bocciature. E polemiche a non finire: tra enti locali e potere statale,
tra ambientalisti e popolazione delle aree dei parchi, tra protezionisti
e speculatori immobiliari. Al punto che oggi i 3.860 chilometri quadrati
dei cinque parchi esistenti costituiscono solo l'1,3 per cento del
territorio nazionale. Un resto di niente, se paragonato al 21 per
cento della Gran Bretagna e della Germania Federale.
Eppure, i parchi possono anche essere un affare: quelli britannici
sono visitati da sedici milioni di turisti all'anno; inoltre, istituire
le 47 nuove aree che si intende proteggere costerebbe allo Stato solo
300 miliardi di lire, ma vi troverebbero lavoro 10.000 persone, più
altre 50.000 nell'indotto. Ma ecco le schede dei nuovi sedici parchi
che sarebbe necessario realizzare al più presto:
1) Alpi Marittime (Piemonte-Liguria): 30.000 ettari. La zona circostante
il massiccio dell'Argentera è già in gran parte protetta
da un parco regionale. Zona alpina molto vicina al mare, presenta
un'originale commistione di flora e fauna tipiche di entrambi gli
ambienti (le specie vegetali sono ben tremila). Ex riserva di caccia
reale dei Savoia, è abitata da stambecchi, camosci, aquile,
mufloni.
2) Valgrande (Piemonte): 10.000 ettari. A soli ottanta chilometri
da Milano, è ritenuta la più grande wilderness (area
selvaggia) italiana. In essa si può camminare per due o tre
giorni senza incontrare anima viva, in una vegetazione rigogliosa,
favorita dall'umidità del lago Maggiore. La flora è
quella tipica prealpina; vi si trovano aquile, camosci, galli forcelli.
3) Adamello Brenta (Trentino-Lombardia): 45.000 ettari. A sud del
parco nazionale dello Stelvio, l'area dell'Adamello e del Brenta è
molto conosciuta dai turisti e dagli alpinisti che affollano ogni
estate Madonna di Campiglio e Pinzolo. Eppure, nonostante la presenza
umana, ancora vi si trovano (in Val di Genova) gli ultimi orsi bruni
di tutte le Alpi, e poi aquile, camosci, caprioli.
4) Dolomiti Bellunesi e Feltrine (Veneto): 30.000 ettari. Altra zona
prediletta da alpinisti, turisti e sciatori, presenta tutta la varietà
della flora alpina e una ricca fauna comprendente camosci, cervi,
caprioli, aquile, daini, galli cedroni. Si va dalle Vette Feltrine
al gruppo della Schiara, fino alla Civetta.
5) Foresta Tarvisiana (Friuli): 30.000 ettari. All'estremo limite
nord-orientale dell'Italia, la Val Canale confina con Austria e Jugoslavia.
La sua foresta comprende migliaia di abeti rossi, abeti bianchi, pini
silvestri, pini neri d'Austria e faggi. Numerose le specie faunistiche,
tipicamente alpine.
6) Delta del Po (Veneto ed Emilia-Romagna): 30.000 ettari. Non vi
sono solo pesci e uccelli fluviali nella zona umida più ricca
d'Italia. Nel bosco della Mesola, infatti, si trovano anche daini,
cervi e lontre.Essendo ormai l'unico delta di grande fiume europeo
non ancora protetto, è divenuto un preciso punto di riferimento
degli ambientalisti, che vi sono impegnati da più di vent'anni.
Vi abita l'elegantissimo cavaliere d'Italia, insieme con numerosissime
altre specie di uccelli.
7) Falterona e Foreste Casentinesi (Toscana ed Emilia Romagna): 11.000
ettari. Nella più grande foresta di tutto l'Appennino si incontrano
daini e caprioli, cervi e mufIoni, ma anche i monaci dell'eremo di
Camaldoli. Rari i gatti selvatici e il lupo appenninico, un animale
recentemente divenuto caro ai protezionisti. Oltre che per la flora
e la fauna, si tratta di un ambiente interessante anche dal punto
di vista geologico.
8) Maremma e Monti dell'Uccellina (Toscana): 10.000 ettari. Area tipicamente
mediterranea, accanto ai pini marittimi vede anche le rare palme nane,
reperibili solo in Sardegna. Splendida la varietà faunistica:
gatti selvatici, lontre, caprioli, istrici, ovviamente il cinghiale
maremmano, avocette, cavalieri d'Italia, falchi pellegrini, lodolai,
bianconi.
9) Monti Sibillini (Marche-Umbria): 60.000 ettari. Chi ritiene che
le stelle alpine stiano solo sulle Alpi, potrà ricredersi.
Lupi, lontre e gatti selvatici popolano gli altopiani e le gole di
uno stupendo ambiente selvaggio, paradiso dei rocciatori dell'Italia
centrale. In un laghetto dei Sibillini, il Lago di Pilato, addirittura
si trova un tipo di crostaceo unico nel suo genere.
10) Gran Sasso (Abruzzo): 30.000 ettari. Anche qui, tra rocce carsiche
e grandi praterie, si può trovare la stella alpina appenninica.
Incredibile a dirsi, ma la più alta montagna degli Appennini
è sempre stata priva di qualsiasi protezione. Vi si trovano
lupi, gatti selvatici, tritoni, vipere dell'Orsini, rapaci di ogni
tipo.
11) Maiella (Abruzzo): 60.000 ettari. Il carsismo di questa zona appenninica
ha scolpito le incredibili bellezze naturali, come gli inghiottitoi
della Valle Cannella, le doline del Vallone di Femminamorta. Il raro
piviere tortolino vi fa la gioia degli ornitologi, ma vi si trovano
anche qualche orso marsicano e alcuni lupi, anche se in misura minore
rispetto al parco nazionale d'Abruzzo.
12) Gargano (Puglia): 30.000 ettari. Il promontorio più turistico
d'Italia comprende la celebre Foresta Umbra, tutelata in qualche modo
dall'ultimo dopoguerra. Impressionante il gigantismo di alcuni alberi:
vi è persino un pino d'Aleppo di sette secoli con una circonferenza
di cinque metri e mezzo. Ricchissima la varietà di insetti
e fiori, spesso endemici. Caprioli, daini e uccelli.
13) Cilento (Campania): 100.000 ettari. I turisti estivi conoscono
soltanto Capo Palinuro, dove, fra l'altro, su qualche roccia, è
possibile incontrare gli ultimi esemplari della omonima "primula
di Capo Palinuro". Ma tutta la grande area del Cilento, all'estremo
sud della provincia di Salerno, presenta motivi di grande interesse:
pini d'Aleppo, foreste di faggi, fenomeni carsici, lupi e daini.
14) Pollino (Basilicata-Calabria): 50.000 ettari. Una delle aree più
singolari e meno conosciute d'Italia ha già un simbolo per
il suo parco: il raro pino loricato. Nel Pollino il paesaggio è
spesso strano, affascinante, eroso com'è stato dai ghiacci
e dai fiumi anche sotterranei. La vegetazione è mediterranea,
ma presenta anche foreste (in cima, l'unica foresta vergine della
penisola) e 710 specie di fiori. Lupi, caprioli, istrici.
15) Etna (Sicilia): 50.000 ettari. Il paesaggio vulcanico dell'Etna
è indubbiamente unico, e solo questo varrebbe a chiederne la
tutela. Ma importanti per il naturalista sono anche la sua vegetazione
e la sua fauna: al di sotto della fascia resa desertica dalle colate
di lava, ad esempio, si trovano la tipica betulla dell'Etna, il raro
Ilex Aquifolium, la farfalla Aurora di Sicilia.
16) Gennargentu (Sardegna): 100.000 ettari. Con quello del Cilento,
è il più grande fra i parchi proposti. Oltre al massiccio
montuoso, comprenderò anche la fascia costiera a sud di Cala
Gonone (nel Golfo di Orosei una riserva marina dovrebbe tutelare la
rarissima foca monaca). Fra l'altro, del parco del Gennargentu si
parla ormai da venticinque anni, ma finora senza esiti concreti.
Parchi proposti
Alpi Marittime
(Piemonte-Liguria)
Valgrande (Piemonte)
Adamello Brenta (Trentino-Lombardia)
Dolomiti Bellunesi e Feltrine (Veneto)
Foresta Tarvisiana (Friuli)
Delta del Po (Veneto-Emilia Romagna)
Falterona e Foreste Casentinesi (Toscano-Emilia Romagna)
Maremma e Monti dell'Uccellina (Toscano)
Monti Sibillini (Marche-Umbria)
Gran Sasso (Abruzzo)
Maiella (Abruzzo)
Gargano (Puglia)
Cilento (Campania)
Pollino (BasiIicata-Calabria)
Etna (Sicilia)
Gennargentu (Sardegna)
Riserve proposte
Isola Gallinara
(Liguria)
Promontorio di Portofino (Liguria)
Cinque Terre (Liguria)
Isola di Montecristo e Arcipelago Toscano (Toscana)
Monti dell'Uccellina, Formiche di Grosseto, Bocca d'Ombrone, e Talamona
(Toscana)
Monte Argentario, Isola di Giannutri, Isola del Giglio (Toscana)
Secche di Torpaterno (Lazio)
Monte Circeo, Isole Pontine (Lazio)
Punta di Campanella, Isola di Capri (Campania)
Costa degli Infresci (Campania)
Costa di Maratea (Basilicata)
Isola Capo Rizzuto (Calabria)
Porto Cesareo (Puglia)
Penisola Salentina (Puglia)
Torre Guaceto (Puglia)
Isole Tremiti (Puglia)
Costa del Conero (Marche)
Golfo di Trieste (Venezia Giulia)
Isole Eolie (Sicilia)
Isole Egadi (Sicilia)
Isole Pelagie (Sicilia)
Pantelleria (Sicilia)
Promontorio Monte Cofano, Golfo di Custonacci (Sicilia)
Aci Trezza, Isole dei Ciclopi (Sicilia)
Arcipelago della Maddalena (Sardegna)
Tavolara, Punta Coda di Cavallo (Sardegna)
Golfo di Orosei, Capo Monte Santi (Sardegna)
Capo Caccia, Isola Piana (Sardegna)
Penisola del Sinis, Isola di Mai di Ventre (Sardegna)
Capo Spartivento, Capo Teulada (Sardegna)
Capo Testa, Punta Falcone (Sardegna)
Le altre associazioni
AAM Terra nuova.
Presidente, Rosalba Sbalchiero. Scopi: Salvaguardia del pianeta Terra.
Amici della Terra. Rosa Filippini. Agire in sede politica, scientifica
e d'informazione per la protezione dell'ambiente.
Associazione italiana per la wilderness. Giustino Mezzalira. Diffusione
di una filosofia che consideri la natura un valore in sé e
un patrimonio spirituale.
Club alpino italiano. Leonardo Bramanti. Fra gli altri scopi, la tutela
della montagna.
Comitato parchi nazionali e riserve analoghe. Franco Tassi. Consolidamento
ed incremento del sistema dei parchi e delle riserve.
Federazione nazionale pro natura. Francesco Corbetta. Studio e difesa
dell'ambiente naturale.
Gruppo energia e agricoltura. Ennio La Malfa. Razionale utilizzo delle
risorse in Italia.
Greenpeace Italia. Maurilio Cipparone. Battaglia contro il nucleare,
salvaguardia delle specie in via di estinzione.
I gabbiani del mare. Dino Emanuelli. Aiutare i giovani a vivere e
a difendere l'ambiente.
Italia nostra. Mario Fazio. Tutela del patrimonio storico, artistico,
naturale.
Kronos 1991. Virginio Fiocco. Rimboschimento, energia solare, riciclaggio
rifiuti urbani.
Lega per l'abolizione della caccia. Carlo Consiglio.
Lega antivivisezione. Alberto Pontillo.
Lega per l'ambiente. Ermete Realacci. Fermare il nucleare, impegno
nei settori dell'urbanistica, inquinamento, beni culturali e ambientali.
Lega italiana protezione uccelli. Mario Pastore.
Marevivo. Rosalba Giugni. Conservazione e tutela dell'ambiente marino.
Pro natura. Aristide Merchia. Diffusione dell'informazione protezionistica
soprattutto nella scuola.
Touring club italiano. Riccardo Ricas Castagnedi. Fra gli altri scopi,
la tutela dell'ambiente.
Unione naturalisti italiani. Tommaso Operti. Per una vita sana e naturale.
Da Quintino
Sella ai nostri giorni
Ecco una breve
storia delle tappe fondamentali della difesa della natura in Italia.
1863. Quintino Sella fonda il Club alpino italiano, che ben presto
comincia ad occuparsi della tutela dell'ambiente montano.
1875. Per interessamento di Giuseppe Garibaldi, nasce a Torino la
Società zoofila piemontese, dalla quale deriverà l'Ente
nazionale protezione animali.
1894. Battesimo, a Milano, del Touring club ciclistico (poi Touring
club italiano), che dal 1904 si impegna per la protezione dei paesaggi
e dal 1909 per la protezione dei boschi a fini idrogeologici.
1898. Si costituisce, a Roma, l'Associazione nazionale pro montibus
et silvis, considerata la capostipite di tutte le organizzazioni naturalistiche
italiane. Nel 1899 istituisce la "Festa degli alberi". Firma
la prima inchiesta sulla fauna italiana e il 2 ottobre 1921 prende
in affitto la Camosciara per costituire il nucleo del parco nazionale
d'Abruzzo, istituito con legge l'anno successivo e per il quale operano
anche la Società botanica, l'Unione zoologica, il Tci. Tutte
queste associazioni rivestono un ruolo fondamentale anche per la creazione
del parco nazionale dello Stelvio (1935).
1913. Fondazione, a Roma, dell'Associazione per i paesaggi e i monumenti
pittoreschi d'Italia. L'anno successivo è la volta della Lega
nazionale per la protezione dei monumenti nazionali. Scompariranno
presto.
1948. Il 25 giugno nasce nel castello di Sarre (Val d'Aosta) il Movimento
italiano per la protezione della natura, aderente all'Unione internazionale.
A Bologna, Alessandro Ghigi fonda l'Unione bolognese naturalisti.
1951. Alessandro Ghigi ottiene che presso il Cnr venga istituita una
Commissione di studio per la conservazione della natura e delle sue
risorse.
1956. Per iniziativa di un pugno di uomini, presieduti dal senatore
Umberto Zanotti Bianco, nasce a Roma l'associazione Italia nostra.
1959. I rappresentanti di sei associazioni di settore danno vita alla
Pro natura italica.
1965. Giorgio Punzo, professore napoletano, fonda la Lega nazionale
contro la distruzione degli uccelli, poi (1975) Lega italiana per
la protezione degli uccelli.
1966. Istituito il World Wildlife fund-Italia.
1977. Da una costola del Partito radicale nasce l'Associazione degli
Amici della Terra.
1980. L'Arci crea la Lega per l'Ambiente.
1986. L'8 luglio è istituito il ministero per l'Ambiente, presso
il quale è costituito il Consiglio nazionale dell'ambiente.
1987. Con le elezioni politiche del 14 giugno, i Verdi mandano in
Parlamento 13 deputati e un senatore.
Ecologia o
Day After
Sul tavolo, con
la bandiera colora fucsia del WWF, c'è un orso marsicano, uno
degli ultimi uccisi dai bracconieri. è una denuncia impagliata
portato da Francesco Tassi, direttore del Parco nazionale d'Abruzzo.
L'occasione è la conferenza stampa organizzata dal "Fondo
mondiale per la natura" per lanciare un grido d'allarme: si tento
di estromettere le associazioni ambientaliste dagli enti di gestione
dei parchi nazionali. E per le oasi naturali, si punta ad affidare
alle Regioni la pianificazione del settore. Inascoltato chi sostiene
che si finirà allo sfascio, come per le Usl, perché
si preferiranno la lottizzazione alla democrazia e i burocrati agli
esperti qualificati.
I cervelli della vera ecologia, comunque, hanno messo tutto nero su
bianco in un dossier dal titolo "Allarme per i parchi".
In copertina, l'immagine di un grande albero fatto di bla-bla, grigio
e non verde, quasi a dire che i parchi non crescono sulle chiacchiere.
Vi è una "pagella" per regioni, come assaggio di
quel che potrebbe accadere se non si lavorerà concretamente.
Bene il Piemonte, che ha già istituito sedici parchi regionali
e una quindicina di riserve naturali. Male Sardegna, Calabria, Campania
e la ricca Valle d'Aosta, che non hanno fatto nulla. Malissimo il
Veneto, che a tutt'oggi non ha protetto un solo centimetro quadrato.
Eppure, realizzare parchi, oasi protette e riserve marine significa
non solo proteggere il territorio e chi lo abita, ma creare un economia
con occupazione e redditi, soprattutto in aree nelle quali le attività
produttive tradizionali stentano a sorgere o a decollare, e nelle
quali la domanda di lavoro è forte e continua a crescere, insoddisfatta.
Conosciamo il degrado ambientale italiano. E conosciamo molto, se
non tutto, dell'abnorme mole di convegni, congressi, studi e dibattiti
che sono diventati la vera e propria industria indotta di quel degrado.
Uno studioso americano affermava che gli italiani sono bravissimi,
e forse unici al mondo, quando si tratta di sviluppare analisi di
un fenomeno, ma molto meno quando si tratta di por mano ai fatti,
cioè di risolvere i problemi. Ebbene: quel che va emergendo
dalle cronache quotidiane degli ultimi tempi indica che, se non attueremo
una politica delle cose, se non passeremo dai progetti teorici a quelli
esecutivi, ci troveremo da un momento all'altro oltre la soglia del
non ritorno. Le nostre coste sono devastate, i mari spopolati dall'inquinamento
e dalla pesca indiscriminata, i fondali impoveriti o spesso disanimati;
ci sono in Italia regioni con bassissimi indici di forestazione; scarichi
industriali, scorie tossiche, scavi di ghiaia stanno uccidendo i fiumi,
e per molti laghi il discorso non è diverso; piogge acide,
incendi dolosi, speculazioni edilizie divorano il verde. Il panorama
è desolante.
Il Mediterraneo è il mare più giovane del mondo. Cinque
milioni di anni fa non si era ancora formato. Ed è anche uno
dei mari più ricchi. Ha nel sottofondo oltre 200 miliardi di
metri cubi di idrocarburi gassosi e riserve di 50 milioni di tonnellate
di petrolio. E' ancora un mare pescoso, anche se saccheggiato. Sulle
sue pianure custodisce ferro, manganese, piombo, cromo, stagno. E,
secondo la nuova farmacologia, nasconde erbe e organismi medici, fra
cui anche elementi per una possibile cura del cancro. D'altro lato,
è un mare "chiuso" e anche uno dei mari più
sporchi del mondo. Le sue coste sono abitate da 100 milioni di persone,
che d'estate raddoppiano. Ogni anno fanno defluire in mare 37 miliardi
di metri cubi di acque di fogna. A tutto questo, vanno aggiunti l'inquinamento
chimico delle industrie, quello del petrolio perduto dalle navi in
transito e delle acque oleose dei lavaggi delle stive, quello degli
sbocchi fluviali. Moltissimi fiumi sono gigantesche pattumiere. Come
il Reno nell'Europa del Nord, il Po si può considerare un "fiume
operaio", nel senso che viene utilizzato per i trasporti, per
l'irrigazione, per la produzione di energia elettrica. Ma è
anche un'immensa discarica che distrugge ]'Alto Adriatico. Insieme
con i suoi affluenti, il maggiore fiume italiano rappresentava un
perfetto eco-sistema. Oggi, in tutta l'area padana le massicce concentrazioni
industriali e là diffusione dei concimi chimici in agricoltura
hanno sconvolto gli antichi equilibri. Altrettanto è accaduto
nelle aree interessate dall'Adige, dall'Arno, dal Tevere, dal Volturno.
E anche il turismo contribuisce ad aggravare la situazione. L'incultura
del consumismo sfrenato, la pratica incivile dell'"usa e getta",
il trionfo della plastica, il disprezzo della natura, hanno prodotto
effetti disastrosi. Così, se sulle nostre spiagge si arenano
delfini morti, se il prodotto pescato diminuisce di anno in anno,
se lungo le coste si formano banchi enormi di alghe Posidonie atrofizzate,
quasi per contrappasso sulla terraferma ci si accanisce contro paesaggio,
flora e fauna, facendo del "giardino d'Europa" poco più,
ormai, di una memoria storica.
L'uomo non può vivere al di fuori di un equilibrato ecosistema.
La distruzione progressiva della fascia di ozono al Polo Nord, l'assalto
indiscriminato alle ricchezze minerarie del Polo Sud e a quelle alimentari
dei suoi mari, l'insensata violazione della Foresta Amazzonica, con
l'abbattimento di milioni di alberi e di arbusti per la costruzione
di una strada sterrata che serve solo ai trafficanti di armi e di
droga, l'arretramento di fronte all'avanzare dei deserti, l'impoverimento
progressivo delle acque dolci e marine, più che segnali, sono
ormai le tendenze colpevoli dell'uomo all'alterazione della vita,
forse tragico preludio alla sua scomparsa dal pianeta. Non per nulla
si parla di "bomba ecologica", cioè di una minaccia
che incombe sull'umanità, e che una volta non disinnescata
in tutti i suoi meccanismi perversi non vedrò né vincitori
né vinti. Si commettono troppi delitti in nome dello sviluppo,
che poi è uno sviluppo che emargina almeno due terzi dell'umanità.
E' tempo che anch'esso abbia un codice etico rigoroso e invalicabile,
senza distinzioni di latitudine o di pelle. O saremo gli impietriti
testimoni del day after.