§ Il corsivo

Destinazione uomo




Franz J. Morgenthau



Il Premio Nobel Edelman afferma di aver "creato un cervello", cioè un robot che ha superato la programmazione del computer e che agisce in base all'esperienza. Ora vive in un suo mondo, che è un quadrato, cioè un "mondo a due dimensioni". Quando potrà agire in un cubo, dov'è presente anche la terza dimensione, quella della profondità, seguirà lo sviluppo dell'uomo, da neonato a fanciullo, ad adolescente, ad adulto, e così via, con la differenza che, mosso da neuroni, e non avendo cellule, non morirò mai. Come sarà utilizzato? Per quali fini?
Lo studio e la pratica dei trapianti valicano sempre nuove frontiere. Il nostro "codice della vita", il Dna, viene esplorato sempre più in profondità. Si è costruita in laboratorio un "supertopo". L'ingegneria genetica avanza. I batteri sano utilizzati anche in agricoltura. La biomedicina è sempre più sperimentata nel settore degli allevamenti. E forse non sappiamo tutto, perché le ricerche sono condotte spesso nel massimo segreto.
Di fronte a tutto questo, l'uomo non può non interrogarsi. La necessità della riflessione deriva dal fatto che le conseguenze delle scoperte e dei ritrovati tecnicoscientifici dell'ultimo mezzo secolo sono di una portata enorme per l'umanità, ma possono anche portare alla sua distruzione o alla sua alterazione. Nasce allora la domanda: è lecito proseguire senza limiti le ricerche che hanno portato a queste scoperte, oppure la ragione e il senso di responsabilità impongono un freno? Cioè: la totale libertà della scienza fino a che punto può convivere con la necessaria libertà dell'uomo? Intorno a queste domande si sono accesi numerosi dibattiti. C'è anche chi si è spinto fino a giudicare l'intera ereditò dell'illuminismo, perché a quell'età risale il principio della libertà della scienza. Sul fronte opposto, si afferma che ogni limite a questa libertà rappresenterebbe una sconfitta della ragione, come ai tempi del processo a Galileo. C'è poi anche chi teme che, lasciata a se stessa, la scienza possa sconvolgere le regole del vivere sociale, gettando la società nel caos.
Si dice che, mentre pochi anni fa il mondo era pieno di risposte, e dunque di ottimismo, oggi è pieno di domande, che presuppongono una certa dose di pessimismo. In questa condizione, nasce la preoccupazione morale, cioè il bisogno dell'etica come rimedio efficace allo strapotere della scienza e come antidoto al rischio che si perda di vista il fine stesso della scienza, che è sempre l'uomo. In realtà, si tratta di un dibattito che ha duemila anni, ma che secondo alcuni studiosi è diventato più urgente nel momento in cui la scienza, da pura teoria, è divenuta esperimento diretto sul corpo umano. Il campo delle discussioni si è a mano a mano allargato, coinvolgendo oggi, oltre all'ingegneria genetica, anche lo sviluppo industriale e i suoi rapporti con l'ecologia, la medicina, l'eutanasia, e il diritto, compreso quello degli animali, i quali non dovrebbero essere più considerati come destinatari diretti di doveri verso gli uomini.
La realtà attuale, nel confronto-scontro tra scienza e morale, è di un forte ritardo del diritto e della filosofia. Si pensa di poter superare questa situazione redigendo una "carta dei diritti e dei doveri dello scienziato nel tempo presente". Può darsi che questo codice di comportamento sia un utile punto di partenza per la ricerca di una soluzione soddisfacente per tutti. Per ora, agli scienziati, ma anche ai filosofi, ai giuristi, ai sociologi, ai politici e alle comunità, non resta che fare appello alla ragione. La posta in gioco è molto alta, ci costringe a valutare il bilancio dei benefici e dei rischi. Allora, in attesa di quella soluzione, occorre fare della riflessione un preciso punto di riferimento. E se è vero che la scienza moderna, con le sue più ricche e più varie applicazioni, è una delle massime conquiste della ragione umana, essa deve anche essere valutata in termini rigorosamente umani. Perché la sua destinazione finale continui ad essere l'uomo.

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