§ Ricordando Paolo Baffi

Un gentiluomo discreto e rigoroso




Raffaele Caroli Casavola



Nato a Broni, nel 1911, bocconiano, Baffi era stato Governatore dall'agosto 1975 al settembre 1979. Un grande Governatore. Non solo un sapiente di cose economiche, ma anche un uomo raro, che ispirò i suoi atti e le sue parole alla ricerca costante di quella nozione di pubblico interesse, senza la quale la gestione degli affari del Paese si sarebbe degradata a volgare esercizio del potere. Per questo l'Italia ha avuto in lui molto di più dell'esemplare servitore dello Stato. Baffi aveva in sé le due straordinarie qualità che, secondo la celebre definizione di Max Weber, contraddistinguono lo statista per vocazione. Possedeva l'etica della convinzione, intesa come radicata e argomentata fede nei principii generali che devono guidare l'azione pubblica; e possedeva parimenti l'etica della responsabilità, che lo aiutava a non distaccare mai la coerenza ai principii dalla concretezza degli interessi reali in conflitto nella società.
Questo magistero politico egli esercitò in una delle fasi più difficili e oscure della nostra vita nazionale: nel corso di una delle più gravi crisi valutarie del dopoguerra, e proprio mentre un esercito di debitori affamati e di bancarottieri senza scrupoli dava l'assalto alla cassa dello Stato. La sua fermezza rigorosa seppe salvare la lira con il minimo costo sociale, smascherando nel contempo quanti cercavano in Banca d'Italia dapprima omertà, poi indulto per le malefatte di un potere politico corrotto e affaristico-mafioso. Fu durante il suo governatorato che vennero alla luce le vicende limacciose di Sindona e di Calvi. Semplicemente applicando le regole e la legge, egli respinse i progetti orditi con trame che sarebbero state esiziali per il Paese, avendone in cambio non la riconoscenza ma i frutti di una vendetta freddamente premeditata. Lasciò la Banca d'Italia e rifiutò, in seguito, ogni lusinga, compresa la nomina a ministro finanziario. Tornò agli studi prediletti, dandoci la nobile lezione secondo la quale la libertà e la dignità dell'uomo si riscattano solo facendo fino in fondo il proprio dovere.
Ha ragione Carlo Azeglio Ciampi ad affermare che con la scomparsa di Paolo Baffi è mancato un esponente insigne della cultura non solo italiana. Egli - ha aggiunto - fu l'anima intellettuale e la coscienza critica della Banca, economista di prestigio e iniziatore delle moderne analisi della moneta e del credito, su cui si fonda la politica monetaria. A lui, il Paese deve l'impegno profuso nel conciliare la stabilità e la crescita attraverso il governo della moneta e la guida del sistema bancario in momenti di snodo dell'economia italiana. La comunità finanziaria europea lo ha annoverato fra le personalità che hanno concorso con il pensiero e con l'azione alla costruzione di un ordine monetario più coeso, meglio capace di promuovere il progresso economico e il benessere sociale.
"Ammirevole tra gli economisti e i finanzieri" lo ha definito il Premio Nobel e docente del MIT, Franco Modigliani, che ha ricordato "i suoi contributi analitici, la sua opera di banchiere centrale e soprattutto la sua onestà civile e intellettuale che non ha mai ammesso compromessi". Ha emblematicamente affermato Modigliani: "E' forse per questo che nella sua vita è stato messo in croce. Ma per me resterà sempre un indimenticabile esempio di uomo e di scienziato".
Ci sono uomini, per diversi aspetti esemplari, della cui vita, della cui opera, e soprattutto della cui inflessibile e schiva testimonianza morale, a livelli di altissima responsabilità pubblica e civile, un Paese democratico che non voglia rinnegarsi come "Stato di diritto" deve saper essere degno: pena il dissolvimento delle istituzioni, il crollo del contratto sociale, lo sgretolamento delle tensioni ideali. Paolo Baffi è stato uno di questi uomini, esempio prezioso anche di sofferta umiltà. Egli ci lascia un'eredità intellettuale e morale di grande lucidità e di grande rettitudine. Una stella nel cielo degli onesti, lo ha definito Massimo Riva: alla quale guardano tutti gli uomini che, in tempi di degrado dell'etica pubblica, non hanno perso la volontà di fare la propria parte, creando nuovi spazi di libertà e nuovi valori di democrazia.

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