I prezzi avvertono tutti




Giovanni Magnifico



"Piegare verso il basso, sin dall'estate prossima, la dinamica dei prezzi è l'obiettivo dell'impostazione restrittiva della politica monetaria": ecco il punto chiave delle considerazioni finali del Governatore, quest'anno. Esso contiene un messaggio chiaro per le autorità del governo, per gli industriali, per gli intermediari creditizi.
L'analisi presentata mostra inequivocabilmente che siamo in presenza di inflazione da domanda: tensioni sul lato dell'offerta, con il tasso di utilizzo degli impianti che ha toccato le quote più elevate del decennio; surriscaldamento della domanda; alta redditività delle imprese. In queste condizioni, "ogni corretta impostazione assegna allo strumento fiscale e di bilancio" il compito di frenare la domanda per consumi. Per assolvere tale compito nella restante parte del 1989 può non essere sufficiente - si osserva nelle considerazioni finali - l'anticipo dell'autotassazione da novembre a maggio. Occorrerà contenere la dinamica delle retribuzioni; mantenere rigorosamente sotto controllo il deficit pubblico; tagliare il fabbisogno tendenziale per il 1990 con interventi incisivi, la cui portata stabilizzatrice si farebbe sentire anche attraverso l'effetto sulle aspettative.
Il costo di un'azione governativa carente sarebbe un aggravio dell'onere del debito pubblico a seguito del rialzo dei tassi d'interesse; dato il peso della componente a breve o indicizzata sui tassi a breve termine, l'aggravio tende a essere molto elevato e, quindi, forte l'incentivo a svolgere la funzione anticiclica, cui la finanza pubblica è chiamato. Che la Banca centrale non pensa a provvedimenti amministrativi per facilitare la gestione del debito pubblico si desume dall'intelaiatura logica sottostante all'analisi presentata; essa emerge in superficie laddove si accenna alla capacità della politica monetaria di "incidere sulla dinamica del credito bancario complessivo, costituito da impieghi e titoli, più che sulla sua composizione", alla "possibilità delle banche di continuare ad alimentare gli impieghi cedendo titoli, a quanto siano difficoltosi la formulazione degli obiettivi intermedi ed il loro puntuale e simultaneo conseguimento".
Non meno chiaro è il passaggio per l'industria. Per contrastare non solo l'inflazione importata, ma anche le spinte sui prezzi di origine interna, la Banca d'Italia ha lasciato apprezzare la lira. Dal settembre 1988 l'apprezzamento del cambio effettivo si ragguaglia all'1,3%; esso ha costituito il principale fattore dell'azione restrittiva della Banca centrale e ha rafforzato la manovra all'aumento dei tassi d'interesse. Il costo dell'apprezzamento del cambio è nel deterioramento della bilancia commerciale. Nel 1988, il disavanzo delle partite correnti si è commisurato allo 0,6 del prodotto lordo; questo rapporto, pur elevato, potrebbe crescere ulteriormente prima che esso tocchi valori da considerare insostenibili. Si può perciò ritenere che la prospettiva di un ulteriore peggioramento della bilancia corrente non farebbe desistere la Banca centrale da una manovra del tasso di cambio finalizzata a quello che ormai si conferma l'obiettivo prioritario della sua azione: la lotta all'inflazione.
Insomma, la Banca d'Italia è ora in una posizione favorevole per mettere a profitto tutta la potenzialità anti-inflazionistica dell'apprezzamento del cambio della lira, data anche l'adeguatezza delle riserve valutarie. La manovra monetaria anti-inflazione potrebbe svilupparsi secondo il ben noto schema: aumento dei tassi d'interesse; conseguente afflusso tendenziale di fondi dall'estero; assenza di interventi in acquisto di valuta da parte della Banca centrale; apprezzamento del cambio. Gli industriali non potranno non tener conto, nel formulare le politiche di prezzo e nel regolare le variabili a monte, delle implicazioni di tale manovra sulla loro competitività nel mercato interno e su quelli esteri. Per le banche, i messaggi sono molteplici, investendo anche aspetti strutturali. Questi ricevono un'attenzione ben maggiore che in passato e meritano una riflessione a sé. A cavallo fra aspetti ciclici e strutturali si collocano le considerazioni svolte in tema di credito al consumo che, "influendo negativamente sulla propensione al risparmio", sia pure implicitamente non viene additato alle banche come un obiettivo meritorio. In un'ottica congiunturale, si avverte che "la dinamica del credito, in particolare quella degli impieghi bancari, dovrà flettere rispetto ai ritmi attuali".
Si dichiara che la creazione di base monetaria sarà contenuta entro la fascia del 6-9% che, essendo stata annunciata nel settembre 1988, quando le previsioni sullo sviluppo del reddito nominale e del fabbisogno pubblico erano minori, avrà ora una portata più restrittiva.
Si avverte, inoltre, che la flessibilità, lodevolmente non dottrinale, dell'intervento monetario, che "ha evitato nel marzo scorso il rischio di una crisi finanziaria, non pregiudicherà il mantenimento della creazione di base monetaria nei limiti previsti per l'anno". Perciò, ove il compito di frenare la domanda dovesse ancora ricadere sulla politica monetaria, le implicazioni per la liquidità, per i tassi d'interesse e, quindi, per le quotazioni dei titoli, sono chiare. Fra l'altro, un nuovo scossone sul mercato dei titoli di Stato avverrebbe in un periodo dell'anno in cui difficilmente un'inversione di tendenza potrebbe sopraggiungere in tempo per rimuoverne le conseguenze sui bilanci e sui conti economici degli intermediari creditizi. L'alleggerimento dei portafogli-titoli di proprietà delle banche le rende, peraltro, meno vulnerabili in condizioni difficili del mercato finanziario; d'altra parte, essendo essi scesi a un livello non molto discosto da quello coerente con i volumi dell'operatività corrente, si va attenuando sotto questo profilo l'incentivo a cedere titoli per accrescere gli impieghi.
Il Governatore conclude ribadendo che la Banca d'Italia "continuerà a mantenere stretta la regolazione della liquidità, per combinarne l'azione con gli effetti antinflazionistici di un cambio stabile. L'obiettivo di piegare nella seconda parte dell'anno la tendenza al rialzo dei prezzi non deve essere mancato". Su tale obiettivo la Banca centrale ha deciso, quindi, di impegnare tutta la sua credibilità. La preoccupazione di non lasciare adito a dubbi circa la sua determinazione traspare anche nel paragrafo sulla propensione al risparmio allorché, sostenendo che i rendimenti reali pur elevati non sarebbero in grado di accrescerlo significativamente, il Governatore ritiene necessario aggiungere, a scanso di equivoci, che essi lo "potranno salvaguardare", alludendo così alla funzione che alti tassi di interesse potrebbero essere chiamati ad assolvere a breve termine ove la politica di bilancio non facesse la sua parte.
La Banca d'Italia percepisce con lucidità e profondità le implicazioni dell'unione monetaria e del mercato unico europeo. Il notevole capitale accumulato, in termini di stabilità finora mantenuta e di stabilizzazione delle aspettative per il futuro, non può essere vanificato dal risveglio dell'inflazione; questo renderebbe difficile onorare gli impegni assunti per la liberalizzazione totale dei movimenti di capitali e per il mantenimento di tassi di cambio sempre più stabili. La posta in gioco questa volta è altissima perché essa investe, in ultima analisi, la credibilità della stessa partecipazione italiana al mercato unico europeo.

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